Creato da Nekrophiliac il 21/02/2005

DARK REALMS V2

So, I've decided to take my work back underground. To stop it falling into the wrong hands.

 

 

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Post N° 49

Post n°49 pubblicato il 29 Aprile 2005 da Nekrophiliac
 
Foto di Nekrophiliac

RHAPSODY: POWER OF THE DRAGONFLAME (2002)

<< O tenebra, lasciami aprire la porta oscura e così attraversare le cripte della terra dei fantasmi. Lasciami adesso vedere il suo volto. Furia cieca, caos in me. Demoni, conducetemi dalla vostra bestia cornuta chiamata Re. Chiamerò il mio fuoco, aria e terra, l'acqua degli oceani per fermare il respiro dell'inferno. O tenebra, liberami! >> È giunta l’ora dello scontro finale, della battaglia definitiva, della vera vittoria sulle forze del male. Insomma, a cinque anni di distanza da quel fulmine a ciel sereno intitolato Legendary Tales (1997), che ha segnato in modo indissolubile la scena metal italiana e internazionale, si giunge alla più che degna conclusione della Emerald Sword Saga, ideata dal geniale Luca Turilli. Dunque, quarto capitolo per i Rhapsody. Inutile dire chi sono, ne ho parlato alla nausea. I triestini sono uno di quei gruppi “o li ami, o li odi”, senza mezzi termini. Tuttavia, i Rhapsody sono, pur sempre, il gruppo metal italiano con il maggior seguito sia nel Bel Paese che all'estero. Fatte le dovute premesse, posso esternare liberamente la prima affermazione incontestabile, questo album spacca di brutto. Il suo successo è dovuto ad una riuscita miscela di musica metal sinfonica, medioevale e classica con contaminazioni sonore provenienti dal cinema a stelle e strisce. La band, infatti, definisce il genere da loro stessi interpretato come "symphonic epic hollywood metal", personalmente io lo classifico come “fomento epico”. Niente di meglio. Con Dawn Of Victory (2000) avevano diviso la critica - figuriamoci il sottoscritto, che si alza al mattino con la violenza di Holy Thunderforce - conferma definitiva o prova sottotono? Con Rain Of A Thousand Flames (2001) – il mio scrigno di emozioni - le opinioni sono state divergenti: gustosa anticipazione di un capolavoro atteso a breve o fine della storia in occasione del Natale? Ora è finalmente giunto il lavoro della conferma a pieni voti: Power of the dragonflame. Come facilmente si può notare solo dal titolo, i temi trattati, l'atmosfera eroica e anche una massiccia dose di magnifica epicità non sono venute a mancare al nostrano quintetto. Breve discorso generale sul disco. I camaleontici Rhapsody si sono spostati verso sonorità più aggressive. I toni sono molto cupi, i riffs, in alcune song, arrivano a sfiorare il thrash, i cori sempre di un’impressionante portata emotiva si sono fatti ancor più intesi e quasi violenti. Alla batteria, un roccioso Alex Holzwarth dimostra tutto il suo valore, sfoderando la durezza di una furiosa doppia cassa, mentre il superbo Fabio Lione tira fuori una voce più aggressiva, senza mai avventurarsi in tonalità che non gli si addicono e faccio fatica a dimenticare un valore aggiunto apportato dall'innesto di un elemento di classe e bravura come il nuovo bassista Patrice Guers che ha rimpiazzato Alessandro Lotta e le solide certezze rappresentate dallo immortale duo di talento Alex Staropoli – Luca Turilli. L'apporto tecnico del primo è enorme, dato il continuo incedere parallelo alle ritmiche di parti tastieristiche ad arrangiamenti orchestrali, il secondo, ovviamente, è impeccabile, consacrandosi come erede naturale di Yngwie J. Malmsteen. Non scherzo. Notevole è anche il contributo del chitarrista “aggiunto” il francese Dominique Leurquin che, pur operando dietro le quinte, ha contribuito ad una maggiore perfezione e compattezza dei suoni. Il disco fin dalle prime note risuona poderoso, denotando la crescita musicale compiuta: non si aspira più a "raccontare solo una storia", ma a regalare maggiori emozioni, lasciando attonito l’ascoltatore fino in fondo tale avventura giunta all’epilogo finale. A distanza di anni dal primo ed acerbo album, qui è riscontrabile, una maggiore maturità artistica in termini propriamente sonori. Un disco ispirato che riconsegna una band in salute, che i “più” avevano dato per spacciata o quasi. Ignoranti. Le sonorità, per l’appunto, sono abbastanza diverse dai tre precedenti album ufficiali, pur non discostandosi troppo, invece, dal mini-cd natalizio: sembrano messe alle spalle le atmosfere arcadiche presenti del disco di debutto e di Symphony Of Enchanted Lands (1998). Alla base c'è la scelta della band di orientarsi verso un tipo di metal più tradizionale, tralasciando il genere certamente più suggestivo e laborioso degli altri lavori, che richiedevano un attento lavoro di ricerca culturale e musicale atta a riscoprire i vari archetipi delle tradizioni medievali e nordiche e declinarli in un linguaggio musicale consono. In questo modo, i Rhapsody hanno ottenuto un suono più "normale" e certamente di più immediata comprensione, anche se meno un pochino “povero”. L'aspetto che spicca principalmente è la presenza di atmosfere maggiormente gotiche, cupe e ottenebrate, ottenute grazie alla maggior presenza delle chitarre che hanno ripreso la predominanza nel contesto degli arrangiamenti, soppiantando lospiccato senso delle orchestrazioni, qui più contenuto. Grande, come al solito, la presenza corale che empie le canzoni conferendo loro potenza e solennità. Per quello che riguarda i testi non ci sono grosse novità: sono sempre gli stessi, identici nello stile, nel lessico, nella forma e nell'atmosfera. Mitici. In ogni caso, da non sottovalutare, è la presenza di alcuni versi, sparsi per tutta la durata del disco, cantati in italiano, fino ad arrivare a un’intera canzone in lingua madre. Un azzardo? Tutt’altro. Questa è, per forza di cose, la miglior realizzazione nell'ormai nutrita discografia dei Rhapsody, il manifesto della loro evoluzione artistica. Di fatti, mai come ora i Rhapsody riescono ad andare diritti al bersaglio, focalizzando al meglio il proprio inconfondibile stile ed inserendo anche alcune novità, proponendoci poi il tutto sul piatto di una produzione eccezionale, affidata, per l’ennesima volta, all’inossidabile coppia Paeth/Miro, che rende sempre il tutto impeccabile e straordinariamente efficace. Cambiano gli ingredienti, ma non la sostanza. Nota a lato. Marc Klinnert è, oramai, da qualche album l'autore delle copertine dei cinque, che con il nuovo disegnatore hanno altresì posto l'accento sulla loro creatività. Il suo tratto è notevolmente più dark e va di pari passo con la musica proposta dai Rhapsody oggigiorno. Tutto è curatissimo, dal book con un interno curato ed esteticamente appagante al dvd della limited editino dove finalmente si vedono i Rhapsody in video all'altezza della loro professionalità. Francamente, il primo video non rendeva loro giustizia e neanche i componenti della band lo avevano apprezzato. Nel dvd allegato, il video d'apertura Rain Of A Thousand Flame si allaccia alla Emerald Sword Saga con i seguenti Epicus Furor - Emerald Sword (Live), Wisdom Of The King, Power Of The Dragonflame per concludere con lo spettacolare scontro tra eserciti ai piedi di un castello di Holy Thunderforce. Per i fan, insomma, una chicca da avere, poiché ne vale l'acquisto. Un po’ di musica ora.

In Tenebris è la classica e immancabile overture sinfonica dei Rhapsody. Solenni cori polifonici da brivido ed orchestrazioni a farla da padroni. Una suggestiva tmosfera impregnata da una forte componente oscura, arricchita dal recitato in latino, sfocia in Knightrider Of Doom, brano veloce ed epico di sicuro impatto, canzone che difficilmente sarà dimenticata per la sua sinfonia inebriante e le sue cavalcate incredibilmente descritte dalla musica del quintetto. Inizia in un trillare di chitarre con una frase orchestrale. Strofa suggestiva con musica simile ad una colonna sonora e continui cambi di tonalità che contribuiscono a far rivivere le atmosfere anti-liturgiche di organo del periodo della controriforma. Il ritornello è particolarmente solenne e lancerà più avanti una serie di assoli alternati di tastiere e chitarre. Qui è presente la prima seppur lieve contaminazione della lingua italiana: << destino, mi arrendo al tuo dominio del tempo! >>. Dirompente. Si prosegue alla grande con l’aggressiva title-track, Power Of The Dragonflame è veloce, diretta, contrassegnata da un ottimo e rapido drum work e dal continuo intercalare fra strofe simili a eserciti cavalcanti, sezioni prettamente power e l'incedere di cori, questi ultimi sfruttati a pieno nell’arioso ritornello, che suona come se fosse il destarsi di una forza insperata che porta alla carica un esercito altrimenti votato alla sconfitta. Anche qui e presente un distico in italiano: << Energie di cosmi estinti gridano sangue. Dalle terre dell'ignoto senza pietà >>. Indimenticabile.

Al seguito di un inizio decisamente al fulmicotone, a farci tirare il respiro ci pensa The March Of The Swordmaster, più avvicinabile alla lirica che al metal, ricca di pathos e con una strepitosa interpretazione di tutti i musicisti. L'episodio si presenta regale, trionfale, contenuto quanto imponente come ciò che un'epica e medievale marcia potrebbe presentare (Manowar sì, Manowar no?). Inizio certamente arcadico di violini, arpe e cembali di ispirazione celtica. La strofa è lenta, oscura e trascinata; anche Fabio Lione abbandona i suoi canoni tradizionali per "indurire" e "graffiare" la sua bellissima voce. Il ritornello riprende il tema arcadico dell'introduzione e si contrappone, per atmosfere, all'ambiguità della strofa. Un canovaccio. Viene poi il turno di When Demons Awake, che è forse il pezzo più strano e particolare del disco. Inizia con un tema ambiguo e pauroso affiancato da un canto femminile particolarmente aulico. La canzone fila liscia attraverso riffs di chitarra e temi orchestrali fino alla strofa dove si vede l'aspetto più strano dell'intera discografia dei Rhapsody: un accenno di black-metal. Si tratta del primo esperimento della band in questo genere di musica dove si può analizzare Fabio Lione nella sua capacità istrionica e camaleontica di diventare, all'occorrenza, cattivissimo con il suo deciso growl. Ritornello più "aperto", pomposo ed esaltante, seguito da assoli veloci il cui unico scopo è dimostrare la sapienza tecnica dei triestini. Un passo in avanti. Dalla quinta traccia traspare l'amore di Luca Turilli per Claudio Simonetti - padre fondatore degli storici Goblin e attuale tastierista dei nostrani Daemonia - e tutto ciò che egli ha rappresentato per il prog-rock degli gli anni ‘70 e ‘80, Suspiria, Phenomena e Profondo Rosso, solo per citare alcune oscure creature di questo splendido artista. Dopo quest'omaggio il brano si snoda tra parti veloci di doppia cassa e voce aggressiva, a ritmi più cadenzati scanditi da cori epici e un Alex Holzwart alle pelli disarmante. Horrorifica. Più semplice ma di sicuro impatto è la forte Agony Is My Name. Che unisce tutte le caratteristiche della musica dei Rhapsody, velocità, cori in latino, musica medioevale e musica classica. Il pezzo ha un inizio molto potente ed emozionante, che, a seguito di una ricca strofa e del consueto inserto corale, dà vita ad un interludio di cembali e archi di stampo rinascimentale, più unico che raro in quest'album. Il ritornello è modesto, ma armonioso. Orecchiabile. E’ la volta di Lamento Eroico, la sopraccitata canzone tutta in italiano, che fa tirare nuovamente il respiro. Pezzo spaventosamente intenso ma lento, con un Fabio Lione assolutamente impressionante nel lirico ritornello: << Urla il tuono. Al mio lamento eroico. Sorte, consuma la realtà! >>. Pittoresco. Brano particolarmente apprezzato all'estero dove la musicalità della nostra lingua è amata. Esperimento interessante, tuttavia, da sviluppare in maniera migliore. Peccato che il resto della canzone non riesca a catturare pienamente l'ascoltatore, che rimane in attesa del solo refrain. Piuttosto, Steelgods Of The Last Apocalypse, l’ottava traccia, ha un’introduzione veramente eccellente con riffs di chitarra ed un echeggiare di rullante tipico di una marcia militare. A seguito di un fraseggio di archi ed un tema con "sedicesimi" di gran cassa inizia la vera e propria canzone con una strofa dapprima col solo pianoforte che poi si arricchisce, o per meglio dire si riempie, degli altri strumenti. Ritornello energico con un grande coro a sostegno, preludio al magico duetto tastiera-chitarra, Alex Staropoli – Luca Turilli. Metallo "da colonna sonora cinematografica". Più classica e corale è The Pride Of The Tyrant, canzone dall’incredibile crescendo fino all’esplosione nel fantastico ritornello. Se qualsiasi altra band avesse presentato questo brano tutti congiuntamente avrebbero gridato al miracolo, ma siamo di fronte ai Rhapsody, niente sorprende ormai. Nella versione limitata del cd, alla decima posizione, è presente la bonustrack intitolata Rise From The Sea Of Flames, l’ennesimo brano che, con una potente e meticolosa doppia cassa, ricorda molto le ritmiche del fantasy movie sound, suoni puliti, veloci ritmiche e tappeti di tastiera intervallati qua e la da assolo di chitarra. Il disco “standard” presenta, invece, come traccia finale, la suite Gargoyles – Angel Of Darkness, indescrivibile a parole e che si divide in tre parti: "Angeli Di Pietra Mistica", "Warlords' Last Challenge" e "…And The Legend Ends…". In questa canzone, lunga al punto da sfiorare i venti minuti di durata, regna silente quanto di meglio i Rhapsody abbiano saputo offrire in tutto l'album, splendido esempio della genialità della band, legata al filo conduttore della incantata storia scritta da Luca Turilli. Il risultato è, dunque, più compatto rispetto a quanto accadeva per le suite presenti sui vecchi lavori. Nella prima parte della canzone, Angeli Di Pietra Mistica, i due minuti iniziali sono esclusivamente dedicati ad un elegante arpeggio di chiatarra spagnola, per essere poi soppiantati dall’alternanza tra l'inglese (predominante) e l'italiano; mentre nella seconda parte strumentale del brano, Warlords' Last Challenge, consta di una serie di assoli veloci e ricchi di pathos. Puro piacere sonoro. La terza ed ultima parte, …And The Legend Ends, inizia con un monologo recitato in inglese e continua con una parte solenne e incessante: << Oh, dio, mio dio... è successo... è successo! ...le potenti energie del più lontano cosmo segreto ascoltarono la preghiere della nostra madre Gaia, il supreme spirito che ci ha dato il miracolo della vita… e il uso fratello oscuro respira nuova vita… La potenza della fiamma del drago realizzò ciò che sembrava essere impossibile, Dargor morente colpì la regina della morte e chiamò i potenti gargoyles contro le legioni dell'oscurità…Lui gettò Akron nelle mani del guerriero del nord, ora a vittima delle terribili torture… il prescelto fece cadere se stesso dentro le profonde paludi forzando il re nero,con la Emerald Sword nuovamente nelle sua mani, … diventando presto cibo per i viscidi serpenti degli abissi…ma questo sacrificio ebbe un tragico e grande effetto che significava la vittoria delle forze del male degli abissi… >> E così, tra qualche sussulto, qualche coro femminile e qualche invocazione della voce narrante; la canzone volge al termine, o meglio al principio, riprendendo il brano iniziale, In Tenebris. Il giudizio finale è destinato alle vostre orecchie. C’era poco da dire.

 
 
 
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