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DARK REALMS V2

So, I've decided to take my work back underground. To stop it falling into the wrong hands.

 

Messaggi del 30/09/2007

Post N° 97

Post n°97 pubblicato il 30 Settembre 2007 da Nekrophiliac
 
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HOLDEN: THE IDIOTS AREWINNING (2006)

Twothousandeight. Un anno è trascorso. Tante, troppe cose, positive e negative, sono accadute. L’unica costante, la c.d. “k” in matematica, è la “mia” musica. Giunge, infine, mai tardo, il tempo di riprendere il discorso da dove l’avevo volutamente lasciato. Per la “resurrezione”. Figlia di cambiamenti. Rispetto un’età neanche troppo lontana, «ciò che mi sembrava bello, d’un tratto, m’apparve brutto, mentre ciò che mi sembrava brutto m’apparve improvvisamente bello». Uno scrittore di nerbo come Tolstoj insegna. Occorreva riscoprire passioni mai sopite, forse dormienti, in attesa di uno scossone. Avvenuto e concretizzatosi ormai a pieno. Non ho più incertezze, né dubbi. Sono a conoscenza, nonché in possesso, di tutto ciò che fa per me. Davvero. Ed è qualcosa di elettronico, minimale, tecnologico. Il passato non mi rappresenta più. Il passato non mi rappresenta al meglio. Il futuro è già iscritto presente. Il futuro è adesso.

Facile a dirsi, difficile a farsi. Un disco che resti nelle menti e nei cuori. Con le sue dovute novità e variazioni sul tema. Oggigiorno può sembrare scontato. Alcuni artisti, più o meno quotati, hanno deciso di addentrarsi in nuovi suoni che hanno maggiore “appeal”, da tradurre sempre e solo in soldini, snaturando le loro carriere. Anche all’interno della scena elettronica. Per altri, invece, non occorre “riciclarsi”, perché le idee non sono mai venute meno. Anzi. James Holden – fondatore della psichedelica etichetta Border Community che annovera ricercati artisti del calibro di Extrawelt, Fairmont, Nathan Fake e Petter – ha sopraffina classe da vendere. A partire dai suoi teneri 19 anni, armato di software gratuiti, non è poteva essere considerato l’ “outsider” di turno nel panorama underground londinese, perennemente in bilico tra techno e progressive house. Era già sufficientemente visionario. Per remixare brani dei Depeche Mode, Madonna, New Order. Per innestare una spina dorsale costituita di ferreo minimalismo berlinese. A 26 anni suonati realizza la “summa” dei suoi ingenti sforzi concentrati in soli 45 minuti, imbevuti di fantasia ed inventiva assolutamente fuori dall’ordinario. Di fronte all’inequivocabile arte moderna c’è poco da commentare, molto da ascoltare. E da imparare. Geneticamente, gli inglesi, così come i tedeschi, sono i padroni incontrastati e incontrastabili. Hanno una marcia in più, attingendo in un altrove metafisico di suoni già plasmati e re-inventandoli con vigore e “sapientia”. Il punto di partenza è qui decisamente minimale, il risultato finale, però, è scarsamente collocabile. Terra di nessuno? The Idiots Are Winning è in bilico tra sperimentazioni e dinamismi vari, appagabili entrambi per un ascolto anche casalingo. Perché introversi ma, pur sempre, schizoidi da lasciar tracce indelebili per ogni singola nota. Miracolo divulgativo? Le sempreverdi “belle speranze” divengono tangibili certezze. La lezione di Aphex Twin e Murcof è stata ben recepita. Frammentando e componendo qualcosa di davvero nuovo: sintesi integrativa di schegge impazzite e scintille urticanti. Micro-beat? Eterogeneo a tratti. Impressionante è la maestria nell’intrecciare distorte voci, deliranti sirene, astratte melodie d’aere in un gioco che sembra non avere fine. Sincopato e incalzante. Non tralasciando la possibilità d’inserire qualche pausa di tanto in tanto. Comunicando la grandezza del vuoto.

Un colpo in un istante. Lump. È come penetrare nell’altrui claustrofobico incubo a forma di tunnel e non riuscire più ad uscirne perché tanto intimoriti, quanto stupiti. Un crescendo di rumori storpiati, infermi, soggiogati da una sorta di cantilena frastornata. È all’apice del caos che il ballo incontra lo sballo da cameretta attraverso suoni acidi che non c’è bisogno di ecstasy. Trattasi di pura manomissione di apparecchi elettronici, sottomessi, piegati, alle sapienti mani di un indottrinato dj. Il brano possiede pesante dinamica e prepotente volume: vivide distorsioni della trama si muovono sotto l’incessante calpestio ritmico. I venti secondi Quiet Drumming Interlude introducono la seguente 10101, sfaldata in milioni di particelle glitch. Tonalità morbide ed altamente fascinose, che non sfigurerebbero quale colonna sonora di un film di fantascienza. La sghemba decostruzione melodica si richiama ai primissimi lavori dei Boards Of Canada, salvo poi irradiare le frequenze medie di una sublime orchestra di bollicine, immaginando di ritrovarsi nel bel mezzo delle profondità abissali, immersi al buio, e fra brulicanti microscopici esseri sconosciuti. Corduroy, intrisa del fascino dei videogame d’antan, è indiscussa stratificazione sonora proiettata in uno limbo estraneo, tra frizzanti tastiere ed egregi fruscii. Una battaglia spaziale combattuta a colpi di raggi laser che lascia poi spazio all’inquietante ambient di Flute, esangue thriller lacerato da rapide ed affilate rarefazioni sonore, saturato progressivamente da distorsioni e feedback. All’improvviso irrompe Idiot: techno minimale dall'inaspettato affondo lirico e dall'elevato tiro epico, inverosimile melodramma per psicotici e stravolti synth, vale a dire, sette minuti di puro delirio orgiastico, d’implacabile tensione portata al limite, per un beat martellante ed ossessivo che assume i contorni da charleston e il rincorrersi di scale senza fine, ricordando un clavicembalo medievale. Acutissimo. James Holden è al limite ed, infatti, Lumpette, versione a cappella di Lump segna lo stacco, confermato anche con Intentionally Left Blank. Due minuti di silenzio assoluto, ennesimo segnale di libertà di un disco senza limiti. Una dovuta cesura per marcare idealmente l’ostico epilogo in due pezzi. Dai tamburelli ossessivi di Idiot Clapsolo a quelli implosi di Quiet Drumming in chiave Vegetable Orchestra, iscritti all’interno di un lavoro entusiasmante che, per l’ennesima volta, dimostra che persino le drum machine sono in grado di trasmettere appaganti, intense emozioni, se ben manovrate. James Holden rievoca, tecnicamente, seppur in ordine sparso, tutte le suggestioni dell'elettronica sperimentale dei tempi recenti e le fonde in un suono mutante e versatile in grado di travolgere anche ascoltatori non particolarmente avvezzi a cotante sonorità e di sorprendere i più scafati: è di dischi come questo che si nutre la feconda storia dell'elettronica, capaci di condensare genio musicale e talento melodico, amore per la sperimentazione ed eclettismo. Incontaminato.

 
 
 

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