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Minette "apis argumentosa". Lady Macbeth. Maria Callas. Due suites (Salomé, Uccello di Fuoco). Georges Pretre

Post n°932 pubblicato il 10 Gennaio 2017 da giuliosforza

Post 861

  Atmosfera nivale.

Cessata la tramontana, nel piccolo parco delle tartarughe pesa un silenzio surreale. Risospinto al calduccio tra le mura domestiche, trascorro la mattinata, in un accesso di masochismo, con le note tragiche e ironiche della Lady Macbeth di Sostakovic,  e il pomeriggio con le parole disperate  del dramma shakespeariano, tra le infamie di una lady ambiziosa e sanguinaria, l’ombra vendicatrice di Banquo e una foresta che avanza. Davvero una bella conclusione del periodo natalizio, della quiete alcyonia, di Mitra,  del Sole invitto. Cupa tristezza, nefasti presentimenti. Fosse davvero, la vita,  “una favola… raccontata da un idiota, e che non significa nulla”?

 *

Quarant’anni dalla scomparsa  di Maria Callas

Stanotte ho improvvisamente capito perché Marias Callas mi incantasse  e mi emozionasse così tanto, e continui a incantarmi  ed emozionarmi:  fu certo a causa della  sua intelligenza e della sua classica maschera tragica, ma soprattutto della fluidità della compattezza della trasparenza, e naturalmente della dolcezza,  della sua voce, fluidità trasparenza compattezza e dolcezza che son quelle di una  colata di miele.

Il paragone  della colata di miele è perfetto: mi viene alla mente ricontemplando l’immagine fatta incidere per me da  Minette  su una medaglia argentea: un’ape dell’Imetto, di quelle che deposero  un favo di miele sul labbro di Platone bambino, assicurandone dolcezza e facondia. Generosa  Minette! Ella (a cosa non può condurre l’amore!), ardiva stabilire, nella dedica che accompagnava il dono, un paragone tra me e il Filosofo platùs, “dalle ampie spalle”!…(O forse Minette, la birbona di questo e d’altro  capace, accennava  a sé medesima, alle proprie labbra di apis…argumentosa, “che fruga per compilar melliflua dolcezza”?).

 *

La notte mi rifaccio, sempre per bocca della Divina, con Bellini e Donizetti, le due vette del melodismo italiano, l’una dell’estremo nord, l’altra dell’estremo sud. Le due vette dell’italico Elicona.

 *

Ineguagliabile regalo di Rai5: due suites (Salomé e Uccello di Fuoco) e una Carmen in forma di concerto diretti da uno sorprendente Georges  Prêtre, il cui Fantasma, da poco liberatosi della gabbia corporea, ormai plana negli spazi musicali delle Sfere. Che di più di Oscar Wilde e Richard Strauss insieme, di Igor Strawinski nelle sue pagane fantasie, e di un Bizet all’apice della sua creatività? Non ricordavo un Prêtre tanto partecipe, anima e corpo, tanto ispirato: ogni gesto della sua mano, ogni espressione del suo viso, carichi della sua quasi centenaria ironia, del suo quasi centenario distacco, non potevano essere più adeguati al momento lirico evocato, non potevano maggiormente coinvolgermi e con- muovermi . Che  fossi travolto e abbruciato dal magma sonoro è dir poco. Fui fiamma con Fiamma.

 *

Forse dovrei farmi un altro regalo, Lettori selvaggi, di Giuseppe Montesano, Giunti editore, Roma 2016, pp. 1950, euro 70,50

  Leggo:

  “Quest'opera-mondo, che racconta la creatività umana, la letteratura, il pensiero, le arti figurative e la musica, dai lirici greci a Bob Dylan, da Catullo a Maria Callas, dal Gilgamesh a Roberto Bolaño - ognuno può trovare il ''da/a'' che preferisce, il più divertente, il più coerente, il più assurdo, il più iperbolico - è forse, prima di tutto, un atto d'amore. Amore verso la vita, prima ancora che verso la lettura, perché non c'è pagina, che parli di poesia T'ang, di sapienti indiani, di Marziale o di Friedrich Nietzsche, in cui non si intraveda nitidamente la vita del ragazzo, del giovane, dell'uomo che su quelle pagine si è entusiasmato, si è interrogato e ha sognato, e che di quelle pagine si è nutrito fino a tramutarle in sua carne e suo sangue...”.

  E il primo capitolo, reperibile in rete:

  “La vita è altrove, diceva Rimbaud: ma se la vita vera è altrove non vuol dire che questo mondo miracoloso va abbandonato! Al contrario: vuol dire amare ancora di più le apparenze e le superfici, l’ordine e la bellezza, il lusso, la calma e la voluttà. Il mondo falso che ci viene inflitto non basta a nessuno, a tutte le vite manca qualcosa di essenziale, e per trovare ciò che manca bisogna saperlo immaginare. Leggere vuol dire evocare apparizioni che ci mostrano tutte le vite che potremmo avere, e tutti i mondi che ci sono dentro il mondo. Non è un’operazione facile, perché la solitudine in cui si attua quella sorta di stregoneria evocatoria che è la lettura viene temuta da chi può concedersela, e tolta a chi potrebbe desiderarla. 

  Tutto sembra congiurare contro la magia che moltiplica il nostro io quando siamo l’avventuroso viaggio di Ulisse o quando siamo l’avventuroso pensiero di Platone, la magia che sale come un brivido estatico e voluttuoso quando siamo Beethoven o Coltrane, la magia che ci fa uscire da noi stessi quando l’occhio sprofonda nel mare da cui nasce eternamente la Venere di Botticelli e nella notte in cui si inabissa luminoso il campo di grano con corvi di Van Gogh. La vita vera è altrove, eppure l’unico altrove che esiste è qui: bisogna trovarlo o si è morti. La letteratura deve evadere dall’obbligo dell’attualità che è solo la decrepitudine che la nube mediatica vuole vendere come new: leggere è una delle poche armi rimaste a chi non voglia soccombere all’onnipresente sistema della menzogna che cambia persino il senso delle parole. Nell’immensa prigione a cielo aperto della Russia sovietica Platonov scriveva: ”Da noi si decide ogni cosa a maggioranza, ma quasi tutti sono analfabeti, e una volta o l’altra andrà a finire che gli analfabeti stabiliranno di fare dimenticare le lettere agli istruiti. Tanto più che fare disimparare l’alfabeto a pochi è più comodo che insegnarlo daccapo a molti…”. 

  Le parole di Platonov sono confinate in uno ieri fisicamente totalitario? O sono attuali nell’oggi di un pensiero totalitario che domani sarà anche fisico? In questo che è ormai quasi un post – mondo il gesto di sottrarsi per qualche ora alla giostra della realtà per vedere la realtà smascherata nelle pagine dei libri, è un gesto ribelle. Nella lettura il lettore si ferma, ferma il mondo e lo guarda e lo ascolta nel silenzio, senza lasciarsi trascinare in esso a occhi bendati. Le opere di scrittori e musicisti e filosofi, quando raggiungono l’incandescenza sensuale e conoscitiva che hanno nei Maestri, sono una via concreta di fuga dal pensare e sentire da ipnotizzati: svelano come la menzogna delle parole imprigiona le nostre vite, ma mostrano anche come le parole in rivolta possono scioglierci dalla rete di una realtà spacciata come l’unica possibile da ipnotizzatori ipocriti e ipnotizzati consenzienti.  

  Ma chi parla di letteratura e musica e filosofia oggi, in questo momento, in questo mondo, in questo orrore, non può fare a meno di sentirsi rintoccare in testa un’immagine di Céline:”A Bisanzio discutevano del sesso degli angeli mentre i Turchi stavano già spaccando le mura…”. Allora bisogna lasciar perdere tutto? No, perché c’è un’altra immagine che viene a visitarci in questo crepuscolo luccicante, quella di Socrate che, condannato a morte, certo della fine, pensa che sia venuto il tempo di imparare a suonare il flauto. Oggi la letteratura assomiglia molto a quel “suonare il flauto”: nel cono della lampada che chiude nel buio il mondo esteriore per qualche ora, nell’insonnia nevrotica che ci perseguita o in uno dei rari momenti di pace fatta con noi stessi e con tutto, si entra in altre realtà per scoprire chi siamo davvero. Forse il Sileno logico che vagava per Atene cercando una cura per la verità malata, voleva restare attento e vigile anche se tutto intorno a lui precipitava nell’insensato e nell’approssimativo: e fare una cosa inutile, o che a tutti sembrava tale, e farla con tutte le facoltà sveglie nonostante il pericolo, era per il vecchio Sileno logico la massima forma di resistenza, l’estremo modo per restare fedele a bellezza e verità”.  

Deciso. Mi regalerò Selvaggi lettori.

 

_______________________

 

Chàirete Dàimones!

Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano) 

 

 

 
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