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Riflessione filosofico-poetico-musicale

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Statuti traduce Lermontov. Primavera

Post n°938 pubblicato il 31 Marzo 2017 da giuliosforza

Post 867

Stanotte con Bruno Blanqui e Nietzsche ho riscoperto l’ “eternal vicissitudine” e l’ “eterno ritorno dell’identico”; e con Gérard de Nerval ho inseguito il mio doppio.

*

Gli aliti della Primavera mi penetrano le ossa e risvegliano i miei antichi dèmoni dai loro letarghi. I prati della mia anima rifioriscono e canti nuovi intonano le cose che erroneamente dicono inerti e gli esseri che si muovono in  terra in acqua in cielo. E il Dio stesso che quelle cose e quegli esseri è, che dall’interno li muove, par risorgere dal suo sepolcro e al suo soffio creatore di fiori rosa e bianchi esplode il giardino d’Arimatea. Santità delle Cose ad ogni cominciamento. Santità delle Cose a Primavera.

*

Rileggere Rousseau (Contrat social), Tocqueville (La democrazia in America) Simone Weil (Manifesto per la soppressione dei partiti politici) per rendersi conto che ogni partito è tendenzialmente totalitario e totalitaria è la democrazia che su di essi si fonda. Soprattutto la riflessione più che anarchicheggiante della Weil, da taluno ritenuta forse non ingiustamente il più grande filosofo del Novecento,  è a tal riguardo illuminante.

*

Il Demone  di  Lermontov nella interpretazione di Paolo Statuti.

Conobbi Statuti in rete e ne nacque una amicizia intellettuale non indifferente. Discepolo di Angelo Maria Ripellino col quale si laureò in slavistica dopo una prima laurea in Scienze politiche,  cessato  un impiego in Alitalia si trasferì definitivamente in Polonia ove esercitò l’insegnamento in un Liceo ma soprattutto poetò musicò tradusse dipinse. Una delle sue ultime letificanti fatiche è stata una nuova resa nel nostro idioma de Il Dèmone di Lermontov,  vera e propria sua reinvenzione- trascrizione , come egli ama dire, in una sorta di sinfonia verbale: “Per tradurre questo poema ho indossato i panni del musicista e del poeta. Infatti, anziché con le note, penso di aver composto una sinfonia con le parole”.

Il 27 u. sc. Il volumetto è stato presentato in un’aula dell’Istituto di Russo a Villa Mirafiori, ove momentaneamente, insieme al corso di laurea in Lettere e Filosofia della Sapienza, è ospitato. Nell’attesa , vagando per i giardini e le aule, avevo avuto modo di lamentare lo scempio che l’uso didattico ha fatto della sfarzosa residenza della “bella Rosina”, amante poi moglie morganatica del Padre della Patria -le cui truculente imprese di talamo illustrai con Carlo Dossi circa due anni fa su queste stesse pagine. Presentavano il volume laconicamente una professoressa, e più diffusamente un non accademico, il poeta Antonio Sagredo (celebratore, tra l’altro, in una lunga ode, di Giulio Cesare Vanini, l’ex carmelitano  arso  dopo aver avuto  mozzata la lingua e subìto lo strangolamento -una delicatezza non usata col Nolano- a Tolosa nel 1619, l’anno di nascita, si dà il caso, del razionalismo moderno col Cogito cartesiano). Da quel poco che ho potuto intendere e godere (la mia ignoranza del russo non mi consentiva valutazioni) la scelta di Statuti è stata quella di rendere i novenari piani e tronchi  a rime baciate o variamente alternate dell’originale lermontoviano con una versificazione più libera e ariosa al fine dichiarato di esaltarne la musicalità. Una scelta secondo me discutibile: ritengo infatti che una poesia  vada tradotta o in prosa, il che consente una più fluida resa delle differenze linguistiche  e delle peculiarità fraseologiche, o con la fedeltà anche alla cifra ritmico-rimica originale.  A parte queste considerazioni, la bella rievocazione statutiana nella nostra lingua della vicenda dell’arcangelo decaduto cui è vietato l’amore ma che non resiste alle grazie di Tamara, la principessa caucasica destinata ad un principe orientale, la bacia alla vigilia delle nozze condannando lei alla morte e alla successiva glorificazione e sé all’eterna depressione, mi ha fatto bene, ha arricchito il ventaglio dei miei ritornanti  interessi romantici facendomi riscoprire quell’aspetto slavo del romanticismo, già osservato  in Puskin, di cui Lermontov è da taluni detto epigono, che va oltre i puri e semplici ossianismi  nelle loro derivazioni e interpretazioni occidentali, apporta ai temi una profondità maggiore, una carica psicologica precorritrice, un aggrovigliamento introspettivo, un sofferto quando non tetro misticismo, una “religiosità” inquieta ai limiti della nevrosi, quella che in Dostoevskij e Tolstoi raggiungerà l’acme.

Sono molto grato a Statuti per questo nuovo dono che s’aggiunge ai numerosissimi che egli nel suo ricco blog “Un’anima e tre ali” (https://musashop.wordpress.com/tag/paolo-statuti) va a larghe mani distribuendo.   

   ­­­_______________________

 

Chàirete Dàimones!

 

Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano) 

 
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