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« D'Annunzio al Mediamuse...Minima Aesthetica et Mor... »

Dante, Munch, Grande Vecchio (secondo Gautier)

Post n°908 pubblicato il 03 Maggio 2016 da giuliosforza

 

Post 837

    Ancora una volta voglio tessere le lodi del mio ex allievo Luciano Pranzetti, saggista, poeta, pittore, scultore et coetera et coetera.

    Mi ha inviato, fresco di ristampa, il primo (Inferno)  dei tre volumi che egli ha in mente di dedicare alle corrispondenze tra la Commedia, la Bibbia e la Teologia, soprattutto quella tomistica. Il titolo, da lui stesso  classicamente illustrato (la copertina, a colori, sembra l'opera d'un miniaturista del Trecento) è DANTE. LA DIVINA COMMEDIA TRA SACRA SCRITTURA PATRISTICA E SCOLASTICA, ed è stampato a cura del Centro Incontri Culturali di Civitavecchia. Dell'iconografia di copertina così egli illustra il senso:

 

    "E' noto come una copertina, di qual che sia libro, debba in genere rappresentare ed anticipare, iconograficamente, l'argomento trattato. Sicché anche  noi, in tutti i nostri testi, abbiam cercato di indicarvi una certa qual idealità di massima attraverso simboli e figure di elaborata concezione di antica esecuzione. Nella presente opera, il cui tema è l'Inferno dantiano della Divina Commedia. Il disegno si connota per riferimenti pertinenti alla cantica prima quasi a costituirne una guida per immagini. La struttura architettonica, come ben si vede, è volutamente corrispondente alla grandiosità e alla preziosità dell'opera dell'Alighieri, un arco trionfale su cui sono fissati gli elementi di cui tratta il tema. Le due paraste presentano decori di stucco in stile "grottesca" su un fondo d'oro, poggianti su un basamento leggiadro, in cornicioni marmorei e con riquadri in cui sono indicate varie figure. In basso a sinistra, nel piccolo riquadro v'è il Minotauro (canto VII) mentre, corrispondente, alla destra sta Gerione (canto XVII). Verso il centro si osservano, entro un ovale il cane tricefalo Cerbero (canto VI) a sinistra e, a destra, Minosse  giudice. Al centro domina l'idea stessa dell'Inferno, che ritrae la figura del mostro in pietra del bosco sacro di Bomarzo appeso a una catena quale porta d'entrata a Satana stesso. A ridosso interno delle paraste sta un possente nudo michelangioniano a testimoniare la possanza bruta dei Giganti custodi del nono cerchio, l'ultimo e più profondo (canto XXXI). Poiché il presente studio esamina i rimandi biblici, patristici e scolastici abbiam rappresentato, nel coronamento dei pilastrini, i due massimi esponenti della Teologia cattolica: San Tommaso d'Aquino autore della Summa teologica a sinistra, e Sant'Agostino autore de La Città di Dio a destra. La trabeazione, orizzontale, è divisa in tre scomparti e vi son rappresentati Mosè, simbolo del V. T. a sinistra, e i 4 Evangelisti quali autori del N. T. a destra. Al centro campeggia uno scudo in azzurro "oriental zaffiro"  (Purg. I, 13) che contiene il volto del poeta tratto dalla statua (scultore Enrico Pozzi - 1865) posta davanti al tempiuo di Santa Croce in Firenze, con due fasci di lauro a significarne eterna gloria. Dallo scudo si diramano due lemnischi, o nostri, sui cui è riportato l'incipit della prima cantica.

 

    Ai motivi per cui Pranzetti usi dantiano e non dantesco, michelangioliano e non michelangiolesco è dedicata una meticolosa e dotta postilla alla quale son obbligato a rimandare. Si tratta delle stesse puntualità,  meticolosità, dottrina con cui egli è solito trattare  ogni suo argomento.

 

    Gli ho scritto a caldo :

    Mi sto godendo da morirne le tue introduzioni, prefazioni, postille, postfazioni: sei un fenomeno e uno spasso: Bloy e Monsignor Lefèbvre ti fanno un baffo! La tua verve di polemista, sorretta da una sterminata erudizione, è impressionante e io ne godo perché, pur al di fuori da secoli ormai dalle tematiche che tratti, condivido completamente la tua posizione coerentemente intransigente. Il depositum fidei non si tocca, nemmeno dai suoi custodi populisti: a coloro cui non sta bene s'apre dinnanzi un vastissimo vestaglio di scelte: se ne vadano, chi li obbliga a restare?

Proseguirò con calma e diletto la lettura. Ti ringrazio per essermi di così intensa compagnia nelle mie solitudini (che non sono sempre e  sole beate!).

 

*

    Edvard Munch su rai5.

   Buona biografia e buona bibliografia, senza eccessivi approfondimenti. Un Munch...di massa.

 

 

 

 

Nato come D'Annunzio nel 1863, nonostante i suoi non minori e non meno numerosi eccessi, aggravati dal  crollo nervoso, morì a ottanta anni, cinque più del Vate. Che la pittura sfibri meno della poesia?  Non forse ut pictura poesis?

    Quando nel 1986 visitai il suo Museo ad Oslo rimasi sconvolto: circa 30.000! . Nulla dies sine linea, evidentemente, che per nessun altro più che per lui sembra valere. Come non vero musicista è colui che  non pensi e non respiri in suoni, così non è buon pittore chi non pensi e non respiri in colori:  ogni pensiero, ogni respiro una partitura, ogni pensiero, ogni respiro un quadro. VitArte.

    Trovo in rete due belle affermazioni senza documentazione di  fonte che il pittore deve aver scritto dopo la cura Jacobson. La prima ricalca Beethoven, la seconda pare uscita dalla bocca dal più sereno dei monisti panici. Mi sono ambedue particolarmente care, perché sono state e sono alla base della mia estetica e della mia metafisica:   

    « Ogni forma d'arte, di letteratura, di musica deve nascere nel sangue del nostro cuore. L'arte è il sangue del nostro cuore".

    "Dal mio corpo in putrefazione nasceranno dei fiori e io sarò dentro di loro: questa è l'eternità"

 

 

*

­­­­­­­­    Quelli della mia generazione, che attraversarono due terzi del secolo XIX, portano nel corpo e nell'anima, più o meno visibili e vistose, le cicatrici di tre guerre: di quella d'Africa del '36 e della Seconda Guerra mondiale, direttamente sofferte nei periodi più delicati dell'esistenza, la prima infanzia e la fanciullezza; e di una terza, la prima Guerra Mondiale, vissuta attraverso le memorie e le testimonianze dirette di quanti scamparono alla morte nelle trincee e negli scontri in campo aperto ma feriti, alcoolizzati, abbrutiti, come fantasmi trascinarono la loro restante esistenza fra gli incubi dei ricordi.

    Per lo più all'osteria del mio paese (più che dalle lettere segrete dal fronte di mio padre e di mio zio finito decapitato da uno schrapnell nella battaglia di Bligny, a conclusione dell'ultima, decisiva, campagna delle Ardenne) dove, per dimenticare, contadini boscaioli vaccari pecorai si incontravano la sera  e  si ubriacavano dopo una  stremante giornata di lavoro sui monti, nella selva, a valle, cantando struggenti canzoni di guerra d'emigrazione d'amore e del lavoro, io appresi della terribile realtà di una guerra combattuta tra mille atrocità, di cui non fu la minore la giornaliera vessazione cui i morituri venivano sottoposti: nelle attese tra una attacco e l'altro, immersi  nel sudiciume e nel fango, li si drogava di alcool e di tabacco che, per non essere visti dal nemico, dovevano  'ciccare', vale a dire masticare fino a trarne l'ultima essenza ; e, nel caso dei sigari,  fumarli con la parte accesa in bocca, per lo stesso motivo e perché durassero più a lungo.

   Le tecniche di stordimento da droga dei soldati sono antiche quanto il mondo. Muta solo la loro efferatezza e "raffinatezza". L'entusiasmo con cui, per esempio, nell'attuale guerra  mondiale non dichiarata i moderni kamikaze  si fanno esplodere dipende più da droga ideologica che da droga chimica, di cui non escluderei per altro la presenza. Ma  l 'esito è identico, come identiche furon le cause: sempre  dietro un kamikaze fu ed è un Grande Vecchio, fu ed è un Potere 'taumaturgico' nel senso originario del termine, capace cioè di incutere thauma, paura e sgomento. e plagiare fino al martirio. 

Théophile Gautier nel capitoletto di Hashish  (Passigli - Sole 24 Ore 2016, pp 13-15) così scrive:

   "Un tempo esisteva in Oriente un ordine di temibili settari comandati da uno sceicco che aveva il titolo di Vecchio della Montagna o principe degli Assassini.

    Il vecchio della montagna era ubbidito senza discutere; gli Assassini suoi sudditi correvano a eseguirne gli ordini, quali che fossero, con un totale spirito di sacrificio: nessun pericolo li fermava, nemmeno la certezza assoluta della morte. A un cenno del loro capo si precipitavano dall'alto di una torre, andavano a pugnalare un sovrano nel suo palazzo, in mezzo alle sue guardie.

   Con quali espedienti il Vecchio della Montagna otteneva un'abnegazione così completa?

    Per mezzo di una droga meravigliosa di cui possedeva la ricetta. E che ha la proprietà di provocare allucinazioni strabilianti.

   Chi la prendeva trovava, al risveglio dall'ebbrezza, la vita reale così triste e incolore che la sacrificava con gioia pur di tornare nel paradiso dei suoi sogni; infatti ogni uomo ucciso mentre adempiva gli ordini dello sceicco andava in cielo con pieno diritto, o, se scampava alla morte, era nuovamente ammesso a godere le gioie della misteriosa sostanza.

   Ora, la pasta verde che il dottore ci aveva appena distribuito era per l'appunto la nstessa che il Vecchio della Montagna somministrava un tempo ai suoi fanatici senza che se ne accorgessero, facendo credere di avere a sua disposizione il cielo di Maometto e le urì di tre sfumature - ovvero l'hashish, da cui viene hashishin, "mangiatore di hashish, radice della parola assassino, la cui accezione feroce è perfettamente spiegata dalle abitudini sanguinarie dei sicari del Vecchio della Montagna.

Certamente la gente che mi aveva visto uscire di casa nell'ora in cui i semplici mortali consumano un pasto, non immaginava che sarei  andato nell'isola di Saint- Louis, luogo virtuoso e patriarcale se mai ce ne fu, per mangiare una strana pietanza  che, parecchi secoli fa, era usata come mezzo di eccitamento da uno sceicco impostore  per spingere alcuni esaltati all'assassinio. Nel mio abbigliamento perfettamente borghese non c'era niente che avrebbe potuto rendermi sospetto di un eccesso di orientalismo, avevo anzi l'aspetto di un nipote che vada a cena dalla vecchia zia più che quello di un credente sul punto di assaporare i sapori del cielo di Mohammed in compagnia di dodici arabi quanto mai francesi.

   Prima di tale rivelazione, se vi avessero detto che esisteva a Parigi nel 1845, in quest'epoca di aggiotaggio e di ferrovie, un ordine di hashishin, di cui Hammer non ha scritto la storia, non lo avreste creduto, eppure non c'era niente di più vero - come accade di solito con le cose inverosimili".

______________

Chàirete Dàimones!

Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)  

 

 

 

 

 
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