Creato da giuliosforza il 28/11/2008
Riflessione filosofico-poetico-musicale

Cerca in questo Blog

  Trova
 

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 3
 

Ultime visite al Blog

fantasma.ritrovatogiuliosforzam12ps12patrizia112maxnegronichioooooannaschettini2007kunta.mbraffaele.maspericotichPoetessa9avv.Balzfamaggiore2dony686cassetta2
 

Ultimi commenti

Non riesco a cancellare questo intruso faccendiere che...
Inviato da: Giulio Sforza
il 20/11/2023 alle 07:25
 
Forse nei sogni abbiamo una seconda vita
Inviato da: cassetta2
il 01/11/2023 alle 14:32
 
Ciao, sono una persona che offre prestiti internazionali. ...
Inviato da: Maël Loton
il 18/09/2023 alle 02:38
 
Ciao, sono una persona che offre prestiti internazionali. ...
Inviato da: Maël Loton
il 18/09/2023 alle 02:34
 
Ciao, sono una persona che offre prestiti internazionali. ...
Inviato da: Maël Loton
il 18/09/2023 alle 02:31
 
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

 

« Ancora di Bruno. Goethe e LuteroRomain Rolland, 'Jean-C... »

Rétif de la Bretonne. Alphonse Rabbe. D'Annunzio e Padre Pio. Versi blasfemi

Post n°936 pubblicato il 28 Febbraio 2017 da giuliosforza

Post 865

Grazie a Selvaggi lettori scopro, insieme ad altri refusi ( un divertente ‘pece della notte’ per pace della notte,  un meno divertente  ‘arcaizzanti’ per arcaicizzanti) due personaggi fuori dell’ordinario che a uno come me non sarebbero dovuti sfuggire: Rétif, o Restif, de la Bretonne, e Alphonse Rabbe, l’uno feticista del piede femminile (donde retifismo), l’altro, “bello come un Antinoo…alto atletico sbruffone esibizionista”, autore d’un sol testo, e postumo, Album d’un péssimiste,  lodatore del demone della perversità, apologeta del diritto al suicidio,  devastato in volto da una terribile sifilide, poco simpatico  retaggio d’un viaggio in Spagna, per una sbornia di oppio finito suicida nel 1829, a quarantaquattro anni, l’ultima notte dell’anno. Due autori da approfondire. Il feticismo tetifiano del piede femminile mi ricorda quello del mio Gabri della mano femminile, e  tra i due non saprei quale scegliere. Ma è proprio necessario scegliere?

Dall’ Album d'un Pessimiste, che piacque a Baudelaire, e se ne può ben capire il perché, apparso postumo nel 1835, mi piace riprodurre  parte della prosa poetica   La pipe, ove è una critica feroce dei vizi di quell'epoca che potrebbe parola per parola pensarsi scritta stamane per la nostra:

Jeune homme, allume ma pipe ; allume et donne, pour que je chasse un peu l'ennui de vivre ; pour que je me livre à l'oubli de toutes choses, tandis que ce peuple imbécile, avide de grossières émotions, précipite ses pas vers la pompeuse cérémonie du sacré coeur, dans l'opulente et superstitieuse Marseille. Pour moi, je hais la multitude et son stupide empressement : je hais ces tréteaux sacrés ou profanes, ces fêtes, aux prix desquels un peuple malheureux consent si aisément à l'oubli des maux qui l'accablent. Je hais ces marques d'un servile respect, que la foule abusée prodigue à qui la trompe et l’opprime. Je hais ce culte d'erreur qui absout le crime, contriste l'innocence et pousse au meurtre le fanatique, par ses inhumaines doctrines d'exclusion.

Pardonnons aux dupes ! Tous ceux qui vont là, se sont promis du plaisir. Infortunés humains ! nous poursuivons sur toutes les routes ce fantôme attrayant. N'être pas où l'on est, changer de place et d'affections, quitter le supportable pour le pire ; voguer de nouveautés en nouveautés pour obtenir une sensation de plus ; vieillir chargé de désirs non satisfaits, mourir enfin d'avoir vécu, telle est notre destinée.

Que cherché-je moi-même au fond de ton petit fourneau, ô ma pipe ? Je cherche, comme un alchimiste, à transmuer les chagrins du présent en passagères délices. Je pompe ta vapeur à coups pressés, pour porter dans mon cerveau une heureuse confusion, un rapide délire préférable à la froide réflexion. Je cherche le doux oubli de ce qui est, le rêve de ce qui n'est pas, et même de ce qui ne peut pas être.

Tu me fais payer tes consolations faciles : le cerveau s’use et s'alanguit peut‑être, par le retour journalier de ces mouvements désordonnés. La pensée devient paresseuse, et l'imagination se fait vagabonde, par l'habitude d'ébaucher en vacillant d'agréables fictions.

La pipe est la pierre de touche des nerfs : le véritable dynamomètre de la fibre déliée. Jeunes gens qui cachez une organisation délicate et féminine sous des vêtements d'hommes, ne fumez pas, ou redoutez de cruelles convulsions ; et, ce qui serait plus cruel encore, la perte des faveurs de Vénus.

Fumez, au contraire, amants malheureux, esprits ardents et inquiets, obsédés du poids de vos pensées.

*

Un’altra cosa che ignoravo

Da un Veggente a un Veggente.

Non vorrei risultasse irriverente l’accostamento . Ma la curiosa notizia, riportata  nel gruppo Il Vittoriale di FB, me non meraviglia affatto: solo chi  non conosce il tanto da ogni parte e con ogni intento  discusso  “francescanesimo” del Vate, e non ne intende la natura, può meravigliarsene (per quanto mi riguarda io in certi versi blasfemi ma traboccanti d’amore, che possono leggersi qui in calce, scritti sotto i fumi di una ubriacatura nicciana, glielo rimproverai, prendendomela con un Francesco presunto traditore, nell’opera, della sua più vera natura, in quanto allevatore di greggi e dispregiatore, in senso nicciano-d’annunziano, della Vita: “)

 

 

 Leggo:

«Il Vate scrisse da Gardone Riviera il 28 novembre 1924 la seguente lettera a Padre Pio.

“Mio fratello, so da quante favole mondane, o stupide o perfide, sia offuscato l’ardore verace del mio spirito. E perciò m’è testimonianza della tua purità e del tuo acume di Veggente l’aver tu consentito a visitarmi nel mio Eremo, l’aver tu consentito ad un colloquio fraterno con colui che non cessa di cercare coraggiosamente se medesimo. Caterina la Senese mi ha insegnato a “gustare” le anime. Già conosco il pregio della tua anima, Padre Pio. E son certo che Francesco ci sorriderà come quando dall’inconsueto innesto prevedeva il fiore ed il frutto inconsueti. Ave. Pax et bonum. Malum et pax”

Questa lettera è stata rinvenuta nell'archivio del Vittoriale, a Gardone Riviera, dal ricercatore Antonio Motta, autore del libro Scrittori per Padre Pio nel 1999, anno della beatificazione del Frate. Doveva essere consegnata a mano a Padre Pio da un ex legionario pugliese dell’impresa di Fiume, fattosi frate con il nome di “Fra’ Luciano” ma non fu recapitata.

Padre Gerardo de Flumeri, assistente di Padre Pio, disse che la ricevette solo nel 1955, trent’anni dopo, e che non fu portata prima per motivi imprecisati.
Il 28 novembre 1924, sull'onda di letture di giornali popolari, D'Annunzio con questa epistola invitava, con toni affettuosi e confidenziali, il frate di Pietrelcina a fargli visita. E se il religioso avesse ritenuto quell'invito scomodo, a causa delle tanti voci che lo riguardavano, relative a eccessi e scandali, il poeta lo rassicurava: il suo scopo era solo benefico e l'incontro sarebbe avvenuto nella massima riservatezza.

La Chiesa non ha voluto mai pubblicizzare l’incontro tra due soggetti Veggenti ‘sotto indagine’ da parte delle autorità vaticane.

All’epoca, nel 1924, D’Annunzio , le cui opere erano state messe all’indice , venne preso da improvviso misticismo e visitava i conventi nei dintorni di Gardone. Cronicamente malato e oppresso da dolori e soprattutto impreparato al declino il poeta si trova in uno stato depressivo: si sente un «invalido».

In questo momento critico , fu aiutato dal suo amico l’architetto Maroni; cultore di studi esoterici egli diventa riferimento spirituale e fonte letteraria per il suo misticismo e lo supporta nella ripresa intellettuale e spirituale e nell’ ’elaborazione della sua ultima opera: “Il libro segreto”.

Gabriele si avvia verso un percorso mistico e, come volesse dare il buon esempio scelse, quale prima mèta di pellegrinaggio, l’antica abbazia benedettina di Maguzzano (BS) sede dei Frati trappisti algerini. Ricevuto con grande deferenza, donò loro il proprio ritratto e disse di volersi considerare un terziario francescano . A questo proposito Antona Traversi, biografo del vate ,nella sua opera “Vita di Gabriele d’Annunzio” ammette : “Più d’uno credette che il Poeta avesse intenzione d’entrar in un vero e proprio ordine religioso, e si parlò a dirittura di ‘conversione”.

Anche Piero Chiara, autore di una circostanziata “Vita di Gabriele d’Annunzio” ci rivela che il ‘vate’ “ Fu occupato, in quei mesi del 1924 dai lavori di ampliamento e di adattamento del Vittoriale … nel fervore di motivi francescani che lo aveva preso e che lo animava a trasformare il Vittoriale in un convento, mettendo il cordone a tutti: amanti, servi, giardinieri e perfino agli ospiti per il tempo in cui si trattenevano nel suo mistico castello. “Orbene, continua il Chiara, sembra che Padre Pio abbia risposto al Poeta, “consentendo ad un colloquio fraterno”, come chiede nella lettera , probabilmente aspirava a convertire il Vate.

Ma l’incontro non avvenne, a meno d’un miracolo di ‘bilocazione’ che non è noto, non estraneo al francescano di San Giovanni Rotondo. D’altra parte al pescarese interessava mettere in risalto “l’acume di Veggente” del Frate di Pietrelcina, suo ‘fratello’ in spirito, essendo lui ‘vate veggente’ nell’intelletto”.

La lettera, piccolo ma significativo capolavoro, ha come suggello il motto francescano “Pax et Bonum”, seguito subito da quello personale, di chiaro stampo dannunziano: “Malum et Pax”. Così sia».

(Ricerca storiografica a cura di Elisabetta Mancinelli)

*

Ecco ora i miei versi, satanici ma fino a un certo punto:

Frate Francesco non ti canterò. / Te cantarono in coro il Ghibellino / il Maremmano e il Pescarese, ahimé! / Non io te canterò / che la vita sprezzasti, pur il Sole / e la Luna e la Morte celebrando / e gli uccelli ed i lupi / proh pudor fatti agnelli; che di greggi / vasta schiera educasti / (ed a Chiara i capelli / belli tondesti!) prone / mandrie per l’indefesso / Pastore Caifa che di Cristi strage / fa nei secoli e il lieto Iddio bestemmia / che gioca con la luce e di colori / in cielo in terra e in mare disfavilla. / Frate Francesco te sognai bambino / di nudità vestito, confidato / come un profuno agli elementi. Ed ecco / ammorbare la Terra ora te sento / di pestiferi umori: ria ventura / a chi auscultò sopra la nuda terra / il cuore della Terra, a chi il fugace / fu simbolo d’eterno, di mammona / l’epa immane impinguare della lupa / famelica che il Tevere / troppo tardi nel ventre limaccioso / accoglierà. Francesco pellegrino, / come la plebe ignava / non scacci dai tuoi templi? / Il pesante suo fiato i giotti ammorba / del luogo santo a monte / ove il pugno di ceneri che fosti / (tu che vivi nel vento ed Ariel sei) / tetra tomba di vermine nutrisce / e d’ombra stigea inghiotte.  Ed a valle di germi fa corrotta / quant’aria tra sue vaste mura accoglie / la basilica chiara del Vignola. / E sull’ombrato clivo che sirocchia / Chiara allietò di mistici sospiri / del chiostro silenzioso le pie rose / dissecca. /Ed erra la mia mente e l’ombra / di fra Ginepro dentro un verde anfratto / lungi dal guardo barbaro a me viene / e dilatando la pupilla chiara / fasci di luce intorno spande ed apre / al canto le sue labbra  ed ecco tutta / la Terra intorno di sua forza antica / riesplodere, di voci e di presenze / ancor la Selva risuonare e il vario / stormo cui predicasti nella sera / dolce subasia il coro melodioso / alla Vita intonare e delle cose / il Signore osannare nel tripudio / delle cose che Egli è splendidamente. / Frate Francesco abbattere / ora è d’uopo. Distruggi in San Damiano / ogni chiesa, riscopri l’universo / tempio santo del Dio che a te apparì / nelle albe nei tramonti nei gorgogli / dell’acque dentro al fremito / dei venti e di sirocchie / chiare negli occhi di passione accesi. / Frate Francesco, o animula / o titano che sono!

(da  Giulio Sforza, Canti di Pan e ritmi del thiaso. Liriche neoclassiche)

 

 

­­­_______________________

 

Chàirete Dàimones!

Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano) 

 

 

 

 

 

 

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
La URL per il Trackback di questo messaggio è:
https://blog.libero.it/disincanti/trackback.php?msg=13507236

I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
 
Nessun Trackback
 
Commenti al Post:
thirsenos1
thirsenos1 il 08/03/17 alle 23:48 via WEB
Bhè a quanto vedo Pan è vivo. Continua a sollecitare il "demone" nascosto che è in noi. Lo ascolteremo?
(Rispondi)
giuliosforza
giuliosforza il 11/03/17 alle 21:20 via WEB
Persefone risorse e il mondo infiora / Pan non è morto, non è morto Pan...
(Rispondi)
Gli Ospiti sono gli utenti non iscritti alla Community di Libero.
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963