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D'Annunzio al Mediamuseum. Cimitero acattolico

Post n°907 pubblicato il 24 Aprile 2016 da giuliosforza

Post 836

Tutti sanno chi sono le naiadi: sono, con ninfe driadi amadriadi oreidi e via discorrendo, le più leggiadre tra le energie vive personificate dalle menti imaginifiche dell'uomo ancora felicemente pagano, immerso nel Tutto e traspirante del suo stesso respiro; le forze che penetrano le cose, le vivificano e le agitano dal di dentro come mille aspetti dell'unica Mens che agitat molem totoque se corpore miscet (Virgilio, Eneide, VI). Le naiadi muovono le acque, dalle sorgenti al mare, generano le correnti precipiti e sconvolgono le onde per poi, placatele, con esse giocare e da esse lasciarsi cullare .
Ho assistito in Tivoli a un aristocratico evento, creato dalla famiglia Perini in ricordo del patriarca Oreste, della madre e di una sorella precocemente scomparsa. Un quartetto di arpe, quattro angiole musicanti poco più che fanciulle del Conservatorio aquilano (Beatrice Dionisi, Erika Fossi, Valentina Gulizia, Letizia Martinangeli), ha suonato brani noti di Haendel, Respighi, Bizet, Ortiz se non con perizia e maestria somme (hanno tutta una vita le fanciulle davanti a sé per crescere), certo con grazia commovente onorando in tal modo il nome del loro complesso, Naïades, così da esse denominato forse perché memori del Concerto per flauto e arpa di William Alwyn o di quel Tombeau des Naïades di Débussy che fa parte, con La flûte de Pan e Chevelure, del trittico Trois chansons de Bilitis tratte dalla raccolta poetica che Pierre Louÿs pubblicò nel 1894 spacciandola per una sua traduzione dal greco antico di testi di una fantomatica poetessa chiamata Bilitis. Davvero onde gli arpeggi, naiadi, wagneriane ondine, le fanciulle sensuosamente all'onde abbandonate e nel loro gioco coinvolgenti un pubblico sensibile e attento, fin troppo numeroso per un evento di natura essenzialmente cameristica.
*
Il tram numero 3 di Roma compie uno dei percorsi più belli al mondo. Partitosi da Valle Giulia, nel cuore della Roma verde, raggiunge la Piramide Cestia, Porta San Paolo e il Cimitero acattolico di Testaccio. E il tratto compreso poi fra Porta Maggiore e il capolinea di Piazzale Ostiense ritengo il più bello in assoluto. Abbandonata la grandiosa Porta con la tomba del fornaio e costeggiati Santa Croce in Gerusalemme e San Giovanni in Laterano a sinistra, discende per Via Labicana al Colosseo, lo aggira, costeggia il Colle Celio dominato dalla Basilica dei SS Giovanni e Paolo (ove mi sposai, e non mi portò bene) e l'antichissima basilica gregoriana , saluta a destra il Palatino, il Circo Massimo con la visione a distanza del Cupolone, l' Aventino e, a sinistra, il mussoliniano palazzo destinato al Ministero per l'Africa Italiana, già vigilato dall'obelisco di Axum ora improvvidamente reso all'Etiopia (perché non allora i cento obelischi egizi all'Egitto?) attuale sede della Fao; e per il Viale Aventino raggiunge il capolinea. In due o tre kilometri condensati oltre duemila anni di Storia, e che Storia.
La mia meta è il Cimitero acattolico, anche detto impropriamente degli Inglesi, essendo oggi questi in minoranza. Torno a salutare dopo troppo tempo le Ombre di Keats e Shelley ‘Cor cordium' , di August von Goethe premorto di tre anni al Padre, di Malwida von Meisebug, la nobile e generosa mezzana dell'incontro romano prima, per un lungo anno  sorrentino poi, del Folle di Röcken con Lou Salomé suo grande amore, sua illusione e sua dannazione, e Paul Rée. Ma saluterò anche, per la prima volta, le ceneri di Labriola e di Gramsci, a me non discaro per il suo gentilesimo di sinistra ma non certo sodale per concezione politica (ho in uggia l'intellettuale organico); e di Dario Bellezza e di Arnoldo Foà...acquisti recenti. E' un limpidissimo giorno infrasettimanale di calda primavera, non v'è ressa turistica e trascorro due ore di grande serenità all'ombra dei cipressi del cimitero vecchio e tra i vialetti del nuovo intersecantisi fra cespugli di rose e fiori di ogni tipo, che rendono ameno pacificante e rasserenante questo luogo di morte dedicato alla Amore e alla Fama. Un ignoto francese mi saluta dal suo cippo con un birichino e beffardo ‘au revoir', e io gli rispondo con un malinconico . malinconico e nostalgico, ‘à bientôt!'.
*
Sotto la presidenza del geniale Giordano Bruno Guerri il Vittoriale degli Italiani è diventato un centro fin troppo attivo (ma do atto allo Storico di aver fatto, per tale attivismo, del sito uno dei parchi più belli e suggestivi d'Italia, che via via si arricchisce di contributi e iniziative d'arte di ogni genere che ne fanno una sorta di museo-laboratorio permanente) di diffusione principalmente della la figura del D'Annunzio amante e guerriero , a tal punto da aver l'impressione che il poeta non abiti più lì; e così mi vedo costretto, obtorto collo, a ricorrere al Mediamuseum di Pescara, per suo conto spesso dedito, come l'attuale amministrazione della città a guida Alessandrini, più alla denigrazione che alla celebrazione di quel Vate in cui volle l'Iddio "del creator suo spirito / più vasta orma stampar".
Tra le iniziative del Mediamuseum è da sempre un Centro di Studi d'annunziani che cura, tra l'altro, i lunedì letterari, quest'anno dedicati (in 15 incontri) a temi d'annunziani di vario genere. Oggi l'argomento è " D'annunzio, la Francia e Maupassant", affidato a un relatore di cui non farò il nome. Dire di delusione è forse troppo, ma di quasi delusione no. Nulla assolutamente di nuovo e il vecchio né ripensato né ridetto. Il relatore illustra i risultati di una sua ricerca e, motivo principale della mia presenza, dà notizia di una edizione bernese (Peter Lang editore, euro 90) da lui introdotta per il lettore italiano, del volume-epistolario di Georges Hérelle, il noto traduttore e amico di una vita, Gabriele D'Annunzio ou la théorie et la pratique de la surhumanité. Ma purtroppo dalla sua bocca escono solo ovvietà, e le poche citazioni originali son fatte in un francese talmente barbaro che un patito del dolcissimo idioma della douce France 
qual io mi sono non può non inorridire: nessuna nasale, nessuna muta, nessuna liaison, nessuna attenuazione, la u pronunciata senza dieresi e la eu assimilata alla au, sicché cheveux diventa chevaux, i capelli diventano cavalli. 

Ma il mio soggiorno pescarese non è stato del tutto inutile. A parte l'ennesima visita alla Casa dell'Annunciazione e del Parto e l'incontro con le carissime amiche mie e non della ventura Conti, ho scoperto un B&B davvero incantevole dal nome Jolie, jolie come la signora che lo gestisce. E' prossimissimo all'Aurum. Tornerò.
______________
Chàirete Dàimones!
Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)


 

 
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