Creato da giuliosforza il 28/11/2008
Riflessione filosofico-poetico-musicale

Cerca in questo Blog

  Trova
 

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Novembre 2016 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
  1 2 3 4 5 6
7 8 9 10 11 12 13
14 15 16 17 18 19 20
21 22 23 24 25 26 27
28 29 30        
 
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 3
 

Ultime visite al Blog

giuliosforzam12ps12patrizia112maxnegronichiooooofantasma.ritrovatoannaschettini2007kunta.mbraffaele.maspericotichPoetessa9avv.Balzfamaggiore2dony686cassetta2
 

Ultimi commenti

Non riesco a cancellare questo intruso faccendiere che...
Inviato da: Giulio Sforza
il 20/11/2023 alle 07:25
 
Forse nei sogni abbiamo una seconda vita
Inviato da: cassetta2
il 01/11/2023 alle 14:32
 
Ciao, sono una persona che offre prestiti internazionali. ...
Inviato da: Maël Loton
il 18/09/2023 alle 02:38
 
Ciao, sono una persona che offre prestiti internazionali. ...
Inviato da: Maël Loton
il 18/09/2023 alle 02:34
 
Ciao, sono una persona che offre prestiti internazionali. ...
Inviato da: Maël Loton
il 18/09/2023 alle 02:31
 
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

Messaggi di Novembre 2016

Il Palazzo. Merezkovskij. Alberto Magno. Freuden des junges Werters

Post n°927 pubblicato il 24 Novembre 2016 da giuliosforza

Post 856

Cinque volte credo d’aver varcato nella mia vita le soglie del Palazzo.

La prima fu negli anni Sessanta per assistere ad un dibattito parlamentare, e ne godetti. Era  l’epoca in cui il Parlamento era popolato da personaggi  d’uno spessore e d’una cultura politica oggi inimmaginabili, che avevano appreso nelle scuole del Fascismo (pochi di essi, anche di Sinistra,  quelli non provenienti  dai Littoriali della Cultura) o dell’Antifascismo , dai Togliatti  ai Longo ai Paietta ai Berlinguer ai Fanfani ai Moro agli Andreotti agli  Scelba ai Tambroni (non ebbi occasione di sentire De Gasperi e Croce, premorti),  ai Nenni ai Pertini ai Saragat  ai La Malfa ai Pacciardi agli Almirante, ai Michelini ai Romualdi ai Rauti ai De Marsanich ai Covelli ai Lauro agli Spadolini ai La Malfa… Negli anfiteatri di Montecitorio e di Palazzo Madama avevano luogo agoni dialettici, magnifici anche nelle invettive, non indegni delle epoche dei Catoni e dei Ciceroni.

La seconda volta mi recai a Palazzo Chigi per ricevere un premio letterario da me non sollecitato.

La terza, sempre a Palazzo Chigi, per onorare le spoglie di La Malfa ivi esposte (ai morti si perdona e noi, i pacciardiani, gli perdonavamo il tradimento della causa repubblicana mazziniana), e rischiai brutto : avevo nel borsello una pistola a salve appena comprata  e destinata a spaurire i cani randagi  durante le  mie passeggiate solitarie pei colli  le valli le selve della mia terra. Accortomi che la polizia ispezionava le borse, tentai di  uscir  dalla lunga fila per evitar l’imbarazzo delle spiegazione, ma fui fermato, e non vi dico la scena tragicomica che ne seguì. Allora ero capellone e barbuto, e fui scambiato per un terrorista. Dovetti inventarmi una bugia e dire d’essere atteso dal capo dell’Ufficio stampa, il dott.  I.  Non era vero, ma conoscevo il dottore. E tanto bastò perché mi si introducesse con mille scuse senza farmi fare la fila.

La quarta, qualche anno fa, per portare ad un mio amico direttore didattico, diventato consigliere d’un sottosegretario, i volumi delle mie poesie destinate alle biblioteche di parlamento e senato (sarei curioso di vedere se vi son finite!).

La quinta recentemente, invitato alla presentazione del libro Teresina Tua, l’angelo del violino, di Luca Bianchini e Anna Trombetta. L’incontro si svolgeva nella nuova sala dei gruppi parlamentari al ’74 di via di Campo Marzio. Non conoscevo la Tua, enfant prodige, vissuta novanta anni dal 1866 al 1966, concertista già dai cinque, osannata in tutto il mondo, lodata da Wagner, Liszt, Verdi, Bossi, Toscanini, andata sposa giovanissima prima a un Valletta, poi al conte Quadrio di Sondrio che le avrebbe alla sua morte prematura lasciato un patrimonio sconfinato, madre suicida, due gemelli morti in tenerissima età, dal ‘15 al ’40 insegnante ai Conservatori di Milano poi di Santa Cecilia, e dal ’40 fino alla morte suora, col nome di Suor Maria di Gesù, nel convento delle Adoratrici del Sacramento a Porta Pia. L’incontro era patrocinato dall’on. Bechis, giovane donna dimessa ed illetterata (diploma di istituto tecnico alberghiero)  ex cinque stelle, passata direttamente dalla guardiola di una portineria allo scanno di Montecitorio, il che le fa sommamente onore.

La nuova sala dei gruppi parlamentari, ad anfiteatro, ha una architettura essenziale, con scanni assai scomodi (vi è difficile sonnecchiare e smanettare coi cellulari!) ma dotati di tutti i più moderni accessori elettrici ed elettronici. Un’aula dal tono francescano, senza alcuno sfarzo e alcun ornamento. Ma per accedervi (si era non più di quaranta invitati, per lo più vecchiotti), il solito cerimoniale che mi fa saltare i nervi: giacca e cravatta obbligatori (che risibile anacronismo!) uscieri bardati come ammiragli (e come ammiragli, mi si dice, remunerati), stretto servizio di sicurezza, controlli di identità, metal detector, check in...  Mancando registrazioni dell’Artista, una giovanissima violinista, la cui esibizione lasciava molto a desiderare, suonò qualche pezzo degli autori dalla Tua preferiti, mentre una attrice-doppiatrice di cui non ricordo il nome,con una impostazione eccessiva per la natura  dell’evento ne ripercorreva le tappe  fondamentali dell’esistenza dal violino sottolineate.

M’aspettavo assai di più. Qualcuno lamentava l’assenza della stampa, che a me invece piacque. La seconda giornata di celebrazioni si sarebbe tenuta nella cappella del Convento del Sacramento il sabato successivo, con la partecipazione, tra l’altro, dell’ottimo coro “ Entropie armoniche” . Ma l’ora tarda della manifestazione mi impedì di partecipare. Un  peccato?

*

Terminata la lettura del romanzo storico di Merezkovskij su Giuliano l’Apostata, che ho trovato persino più avvincente  del capolavoro di Gore Vidal;  e la ricomincerei, se non mi restassero da leggere altre mille cose per le quali potrei non aver tempo. Il tentativo di restituzione  di un paganesimo filosofico e religioso illuminato e tollerante operato dal nipote di quel Costantino le cui, e di sua madre Elena,  infinte crudeltà non impedirono che fosse annoverato, come  la madre stessa, fra i santi, era destinato a fallire; ma non  certo avrebbe, il colpo di giavellotto che giovanissimo come Alessandro lo trapassò, cancellato l’orma indelebile da lui impressa nella storia. Leggere i libri dell’Imperatore filosofo, di una attualità sconcertante, può fare immenso bene all’uomo di un secolo che intolleranza fanatismo  e oscurantismo minacciano di ridurre ad uno dei più bui della storia.

Fossi vissuto nei primi anni del cristianesimo paolino, e avessi partecipato ai primi accesi dibattiti teologici, fossi stato pusillanime mi sarei allineato all’arianesimo del sanguinario  Costanzo secondo, che non fece in  tempo ad eliminare il suo consanguineo Giuliano, contentandomi di negare la consostanzialità del Cristo col  Dio delle Trascendenze. Ma da non pusillanime mi sarei  spinto più in là e avrei già detto di Lui quel che adesso dico: Lui essere, con Lao Tse, Zarathustra, Buddha e pochi altri, uno dei più grandi, forse il maggiore,  degli Oltre-uomini (super-Uomini?),  in questo senso perciò “divino”; Lui, il Gran Ribelle, umiliato dai suoi seguaci ad allevatore di greggi.

*

Nel corso della mia breve passeggiata mattutina, per la seconda volta sono entrato nella chiesa parrocchiale del mio quartiere dedicata ad Alberto Magno, il grande filosofo e teologo di Colonia di cui per tre anni fu discepolo Tommaso d’Aquino, quel “bue muto” (così schernito, visti la sua stazza e il suo carattere, dai condiscepoli), il cui muggito, nelle previsioni di Alberto, avrebbe riecheggiato in tutto l’orbe terracqueo. Trovo la chiesa  orrenda, una di quelle chiese nuove di pessimo gusto, tra il garage e grande magazzino, che dovrebbero abbellire le periferie romane. Non male invece tre grandi  affreschi classicheggianti  e il piccolo organo a canne, le cui sonorità si usa oggi collegare, per accrescerne ricchezza e potenza, a quelle di un organo elettronico, con esito per la verità non disprezzabile. E orrende le via crucis in acquerello, ognuna replicata, non so perché, da   una sottostante sculturina , non ho ben capito se lignea o in terracotta dipinta, in grezzo stile etnico.

Delle sette donne presenti componenti il pubblico cinque, assai anziane, occupavano il secondo banco  e due, di mezza età, il primo, accanto a un giovane prete, difficile dire se  italiano meridionale o  mediorientale, assai sciatto nei modi e nel vestire. Stavano recitando il Mattutino, la prima delle Ore canoniche. In ciò nulla di strano. Ciò che in un primo momento invece mi è apparso esilarante, divertente  e irriverente insieme è che degli otto oranti il prete e le due donne di mezza età smanettavano  col cellulare mentre ginocchioni recitavano i salmi. Pensavo: ma dove siamo arrivati? Nemmeno durante una funzione sacra si può fare a meno dell’aggeggio diabolico? Non avevo capito che il cellulare sostituiva il breviario, tutto il breviario essendo stato in esso scaricato. Potenza della figlia maggiorata della Scienza, la Tecnologia! Sacrilegio e miracolo della risoluzione del sacro nel profano e viceversa! Ché se il medium è il messaggio, come vuole il buon  Mc Luhan luminare, dopo la conversione al cattolicesimo,  della prestigiosa gesuitica  University of St Louis, nasce un grave problema epistemologico e insieme teologico: la liturgia del Libro divino può così semplicemente converti in quella laicissima della tecnologia digitale? Può apparire un falso problema di lana caprina, ma non lo è. Almeno per il trascendentista cattolico legato al concetto metafisico del Logos come arché.

L’arte di trarre profitto dai propri peccati, di un Autore che si rifaceva a Francesco di Sales, e l’Imitazione di Cristo del Da Kempis col suo terrorismo psicologico e culturale, furono solo due dei numerosi libretti con cui si tentò, senza riuscirci, per la verità, di avvelenare  la mia adolescenza, di oscurare l’alba della mia vita; quando ben altro avrei avuto bisogno di leggere, per esempio il Versuch über die Kunst stets frölich zu sein, Ricerca sull’arte di esser sempre felici di J. Peter Uz, l’ Ars semper gaudendi, l’Arte di sempre godere  di Alfonso De Sarasa, e magari il Freuden des jungen Werters, Le gioie del giovane Werter, parodia del Nicolai del Werter goethiano. Suggestioni venutemi dalla lettura de Gli elisir del diavolo di Hoffmann, che sto rileggendo con grande diletto: sembra la mia autobiografia.

 _______________________

Chàirete Dàimones!

Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano) 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Kant. Buttafuoco. Collalto. Congedo

Post n°926 pubblicato il 11 Novembre 2016 da giuliosforza

Post 855

Molti scrivono libri coi libri, pochi con la propria testa. Io son dei pochi.  Mi viene in mente questa celebre affermazione kantiana  scorrendo l’ennesimo libro di un “amico” dove si trova tutto quel che altri sull’argomento di cui egli dice han pensato, nulla di ciò che egli pensa. La dicono oggettività.

*

Pierangelo Buttafuoco, 53enne siciliano di Catania, è un giornalista, romanziere, saggista, opinionista assai  curioso e  farouche , in ogni accezione del termine. Da giovane l’abbiamo letto sul ‘Secolo d’Italia’, poi su ‘Panorama’, poi sul ‘Giornale’, poi su l ‘Foglio’, poi su ‘Repubblica’ poi su ‘Il Fatto Quotidiano’. Non può certo negarsi che sia uno spirito vivace ed irrequieto (o solo un versipelle?). Partito cattolico tradizionalista missino è finito musulmano, e in quanto tale,  si è scelto il nome di Giafar el-Siquilli, Giafar il Siciliano. Del mistico sufi ha l’aspetto, ma lo vedrei meglio come un derviscio danzante. Sotto la sua maschera affiorano un sorriso,  una serenità , finti o veri non saprei,  forse frutto della sua nuova fede. Ma non voglio dilungarmi sulle vicende private del personaggio Buttafuoco, anche se in lui ‘arte’ e vita coincidono.  Ne parlo qui solo per una battuta che ho udito dalla sua bocca in tv, che mi è molto piaciuta. Richiesto dal conduttore di una nota trasmissione de La7 di scegliere fra Trump e Ilary Clinton ha risposto sornione: non mi sbilancio, peggio di Trump c’è solo la Clinton. Non si tratta semplicemente di una battuta, di una risposta ad effetto. Io condivido in pieno.

*

Che io non sia un patito dell’Opera, a men che non si tratti di Beethoven e di Wagner, nei quali la voce non è a servizio della musica o viceversa ma strumento fra strumenti, sì da rientrare perciò totalmente nel gioco sinfonico, è notorio; ma ciò non significa che la disdegni. Ogni aspetto della complessa figura di Frau Musica mi alletta. Ma gli è che sono stato retto a battesimo dal Corrucciato di Bonn (donde il mio soprannome infantile ‘ ngrifone, -grifone, ingrifato?) che anziché bagnarmi il capo con acqua benedetta mi inoculò stille di suo sangue nelle vene. Dunque l’Opera non mi è aliena, soprattutto quella romantica, colma di tragiche e possenti  passioni, di tensioni, di aneliti, in altra parola di Sehnsüchte, irrisolte ed irrisolubili  se non dopo l’affogamento nella Notte novalisiana, nel gran mare dell’Assoluto wagneriano (isotteo  Ertrinken Versinken, Unbewusst, Höchste Lust!).

Queste considerazioni mi sono suggerite da una delle tante trasmissioni, più o meno divulgative, dedicate da Rai5 al fenomeno musicale in tutti i suoi aspetti. Fra di esse  una ve n’è ( si tratta di una serie curata dall’ex baritono spagnolo Ramon  Gener Sala, garbatissimo e informatissimo, che va in onda già da qualche stagione, di fronte alla quale molti barbassori accademici storcono il naso, dal titolo This is Opera) che, nonostante la mia concezione fondamentalmente esoterica del fatto musicale ed estetico in generale (vedrei la musica  volentieri vietata per legge, come celia il mio amico Antonino Riccardo Luciani, sicché solo noi  iniziati se ne possa celebrare in catacombe  i Misteri) apprezzo molto, e mi sentirei di condividerla. Come invito essoterico all’opera, come educazione all’ascolto per i non addetti la trasmissione di Gerner è fantastica. Poche di più efficaci ne ho trovato nella mia lunga esperienza nel campo. 

*

Le tante, troppe,  manifestazioni estive promosse da Comuni e Pro loco del contado, avviene raramente  che vadano oltre il mangereccio, che non depreco, naturalmente, ma che, non inserito in un più ampio contesto culturale, fine perciò a se stesso, non fa che vieppiù ingaglioffire chi s’accontenta del  “panem et circenses”. Lodevoli eccezioni, tra i paesi da me frequentati, Roviano, di cui ho già abbondantemente detto di recente , Arsoli, più volte ricorso in questo mio diario come uno dei centri della Valle dell’Aniene dove comune e proloco fanno a gara a chi organizza i migliori eventi, e Collalto Sabino, del quale voglio dire brevemente qui.

Collalto è con Nespolo l’estremo borgo del reatino ai confini con l’Abruzzo aquilano. Appartiene ad uno dei “borghi più belli d’Italia”, possiede un palazzo baronale ancora in ottimo stato, dall’alto dei suoi mille metri offre uno splendido panorama, dominando insieme la Valle del Turano col suo lago e la Piana del Cavaliere. A Collalto, la sera del 18 agosto, si tenne un “Gran Galà Lirico” dal titolo “La Musica es Vida”, un noto brano dell’argentino Rolando Nicolosi maestro concertatore ed accompagnatore al pianoforte dei pezzi d’opera e delle romanze e canzoni in programma, per lo più napoletane, cantate da Giada Bruni, Silvia Lo Giudice, ambedue soprani, Fabio Serani tenore, Cristian German Alderete baritono e Pietro Colucci tenore, in maggioranza del Nicolosi stesso allievi. I brani eseguiti quelli tra i più popolari di Verdi, Puccini, Rossini, una decina in tutto , e, nella seconda parte , assieme a un brano di C. Gardel elaborato per il piano dal Nicolosi, “El dia que me quieras”, di Bovio-Lama “Reginella”, di C. A. Bixio “Mamma”, di Furnò-De Curtis “Non ti scordar di me”, di Di Giacomo Tosti “Marechiaro”, di Leoncavallo “Mattinata”, ancora di Tosti “’L’alba separa dalla luce l’ombra”, di De Curtis-De Curtis “Torna a Surriento, di Di Lazzaro “Chitarra Romana”.

Vista la destinazione popolare del concerto la scelta non originalissima del materiale era del tutto giustificata. E meritatissimo ne fu dunque il successo. Ma anche l’orecchio più esigente del critico poteva ritenersi soddisfatto, per l’ attenuante rappresentata dalla difficoltà di una perfetta diffusione del suono all’interno di un cortile assai suggestivo ma non certo progettato per tale scopo. Particolarmente lodevoli le prove della bella soprano (“noi siam qui ninfe e nel ciel siamo stelle”, Purgatorio XXXI, 106), assai giovane di età, ma molto matura di voce e di stile, Silvia Lo Giudice, e del baritono Cristian German Alderete. Complimenti sentiti a tutti, dunque, agli artisti, agli organizzatori, ai ragazzi della Proloco ed alla neo Sindaca  prof.  Maria Pia Mercuri, che ebbi il piacere di avere allieva all’Università, della quale già, ad appena due mesi dall’insediamento, si avverte quel tanto di grinta e determinazione necessari  non solo per la salvaguardia dell’esistente, ma per una sempre sua maggiore valorizzazione, e per l’avvio di un nuovo ciclo che farà di Collalto, già modello  per le realtà circostanti, una perla sempre più rilucente della Valle del Turano.

*

CONGEDO

“Nulla esiste. E se qualcosa esiste non è conoscibile. E se qualcosa è conoscibile non è comunicabile”.
Con questo, per nulla sofistico e nichilistico, aforisma di Gorgia di Leontini chiudo una vita dedicata a quella comunicazione di niente a nessuno chiamata insegnamento, che a me peraltro ha consentito di esaudire l’innato bisogno di affabulazione, la narcisistica necessità di ascoltarmi nell’atto di creare, o di creare nell’atto di ascoltarmi: ché per me supremo atto creativo ha sempre rappresentato il discorso a braccio, e quelle poche cose che ho scritto per dovere professionale (non dico perciò dei miei diari, delle mie poesie e dei ludicoli musicali, mediante i quali mi divertii -Ihr steifen Weisen, mir ward alles Spiel, come al Dioniso dei Ditirambi - a tradurre liricamente in versi neoclassici la mia filosofica neo pagana visione del mondo) sono quasi sempre state di essi discorsi a braccio la trascrizione rielaborata, riveduta e corretta. 
Insomma, il grande dilemma, lascio o non lascio, è risolto. Lascio. Me ne convince un incidente fisico non nuovo e che spero non letale, mediante il quale prendo finalmente atto che il mio corpo è stanco, e che non mi è più consentito abusarne. Decido di lasciare sereno, salutando col Chàirete Dàimones e l’Es lebe das Leben, che riassumono il senso della nostra provocazione culturale, quanti mi hanno ascoltato, spontaneamente o per obbligo, lodandomi o vituperandomi, amandomi od odiandomi, dandomi del genio o del cialtrone, dell’ispirato o dell’esaltato. La mia voce (la cosa di me a me e non solo a me più cara) da oggi tacerà. Favète linguis, ché iniziano i riti…

 _______________________

 

Chàirete Dàimones!

Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano) 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963