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Riflessione filosofico-poetico-musicale

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Messaggi del 05/07/2016

Biscion e Cara. Pan-ina. Goethe e Constant

Post n°915 pubblicato il 05 Luglio 2016 da giuliosforza

Post 844
Importante evento musicale a Roma, all'UNAR di via Ulisse Aldovrandi, nella raccolta sala alla quale s'accede per una terrazza aperta sui pini e sul mare di verde e di colori di Villa Borghese e di Valle Giulia. Ivi per "Percorsi contemporanei" un trio di Clarinetto (Irene Tiberini), violoncello (Francesco Malerba), pianoforte (Annie Corrado) ha eseguito egregiamente musiche di Paolo Coggiola (Quattro interludi sottomarini"), Alessandro Cusatelli (Trio per clarinetto, violoncello e pianoforte), Alberto Cara (Piccole contraddizioni), Federico Biscione (Preludio, Notturno e Finale).
Se è questa la musica contemporanea, che essa sia benedetta, e Frau Musika sempre se ne compiaccia. Tutta l'ho gustata, trovandola né d'avanguardia né di retroguardia, ma felicemente attuale ("attuosa", dirò meglio col Filosofo dell'Atto), viva e presente, in grado di assimilare il meglio del passato e di preavvertire ( ahnen, più icasticamente) le aure dei paesaggi musicali avvenire. In particolare (e non solo per motivi affettivi) ho amato i brani di Federico e di Alberto, il più giovane dei quattro, convertitosi anima e corpo ormai al culto dell'Isi Velata. Nei loro brani freschezza ironia potenza (il diabolico ‘finale' di Federico, oltretutto una sfida per la capacità tecnica degli esecutori, m'è ancora nell'orecchio sano) si risolvono in un godibilissimo intreccio di emozioni ove ‘musica pensante' e ‘pensiero musicante', mi si passi la parafrasi heideggeriana, felicemente s'abbracciano consentendo il disposarsi delle ragioni della mente con quelle del cuore
Complimenti, e grazie, Maestri e amici! E che Euterpe vi sia sempre più intima.
*
Di tanto in tanto, per esercitare il mio intelletto e sentirmi ancora battere in petto un cuore, torno alle rime petrose ("ei dice cose e voi dite parole", così il Berni ai petrarchisti)) di Michelangelo, che amo, e che posseggo di varie edizioni fra le quali una della insel taschenbuch curata, nelle note critiche e nella traduzione tedesca ritmata e rimata -che oltre tutto possiede il pregio, non ci crederete, di rendere chiari molti concetti ostici nel duro italiano del Gigante corrucciato- da Michael Engelhard. Stamane ho riletto alcune delle liriche ove si accenna a Vittoria Colonna, colei che teneva, amore altissimo e purissimo, ambo le chiavi del cuore del Capresano; e tra queste quella breve (tre strofe di tre versi, un endecasillabo e due settenari, più una coda di due) che inizia col famoso verso "Un uomo in una donna, anzi uno dio". Una mia alunna femminista ebbe da ridire su questo verso: non celebrerebbe la donna di per se stessa. Per la verità io non credo si possa meglio inneggiare alla "evità" ( m'inventai questo neologismo per la mia seconda raccolta poetica: trovavo il termine più intenso che femminilità), e celebrare nella donna il compendio della creazione, creatore compreso. Se è vero che a Eva si deve la Conoscenza, ottenuta mediante una trasgressione all'ordine d'un improbabile Iddio (che prima farebbe l'uomo a sua immagine e somiglianza poi gli vieterebbe la sua "scienza", se non l'onniscienza, che è una vera e propria insensatezza), nessuna meglio della Principessa di Ischia e di Pescara (sangue sforzesco per via di nonna materna) ne incarna la figura. Non di una diminutio dunque, si tratta, se mai di una sopravvalutazione dettata da Amore, che nessuna donna meritava più della vedova di Francesco d'Aragona, animatrice a Roma e nel castello ischitano di uno dei più celebrati circoli culturali del Rinascimento.
Un uomo in un donna, anzi uno dio / per la sua bocca parla, / ond'io per ascoltarla / son fatto tal che ma' sarò più mio. / I' credo ben, po' ch'io / a me da lei fu' tolto, / fuor di me stesso aver di me pietate; / sì sopra il van desio / mi sprona il suo bel volto, / ch'i' veggio morte in ogni altra beltade: / O donna che passate / per acqua e foco l'alme ai lieti giorni, / deh, fate c'a me stesso più non torni.
*
Leggo nei Diari di Benjamin Constant che egli era solito rivolgersi a Madame de Staël, all'epoca della loro intensa e contrastata relazione, col vezzeggiativo di Minette. Mi plagiava! Minette io chiamai, ignaro, una mia donna, realissima e immaginaria, con la quale concepii una bimba, realissima e immaginaria, dal nome Pan-ina che ancora, in forma di ciottolino ben levigato, vive la sua immaginaria, quanto reale, vita dentro una minuscola teca d'argento sul mio pianoforte. Oltre vent'anni ha ormai Pan-ina, ma ella preferisce non crescere e non uscire dal suo bozzolo d'argento, dal suo argireo sogno, felice accanto alla sua immaginaria e reale sorella di padre nomata Désirée.
*
Afferma il Francofortese:
"Wer Wissenschaft und Kunst besitzt der hat auch Religion. Wer jede beiden nicht besitzt der habe Religion (Goethe, Zahme Xenien IX) che mi pare di poter correttamente così rendere: "Chi possiede scienza e arte, ha già (in esse) la sua religione. Chi non possiede nessuna delle due abbia una Religione". Si tratta sostanzialmente della stessa interpretazione dei bruniani tedeschi della Giordano Bruno Stiftung che esplicitano meglio, nella logica della distinzione bruniana tra religione del dotto e religione dell'ignorante, il concetto sostituendo il "der hat auch Religion" con "der braucht keine Religion", non ha bisogno di alcuna religione. Nell'illuminista Benjamin Constant trovo una opinione alquanto diversa. In Adolphe, riferendosi ai riti dell'estrema unzione richiesta da Eléonore, egli scrive: "La lasciai e non rientrai che con tutta la sua gente per assistere alle ultime solenni preghiere. In ginocchio in un angolo della sua camera, a volta a volta mi inabissai nei miei pensieri, o guardai con una sorta di curiosità involontaria, tutte quelle persone riunite; il terrore degli uni, la distrazione degli altri e quella strana indifferenza che l'abitudine introduce in tutte le pratiche prescritte e che fa riguardare le cerimonie più solenni ed auguste come delle cose convenzionali e puramente formali: intesi quella gente ripetere macchinalmente le parole funebri come se essi non dovessero mai essere attori di una scena consimile, come se anch'essi non dovessero morire un giorno! Io era ben lungi dal disdegnar quelle pratiche, ve ne è dunque una sola, di cui l'uomo, nell'abisso della sua ignoranza possa proclamare l'inutilità? Esse davano a Eleonora un poco di calma; esse l'aiutavano a varcare quel terribile passo verso il quale noi tutti marciamo senza che nessuno di noi possa presentire ciò che proverà in quell'or! La mia sorpresa non è nel fatto che l'uomo abbia bisogno di una religione: ciò che mi stupisce è che egli possa talvolta credersi così forte, così al riparo dalla sventura da osare di rifiutarne una: mi sembra che egli dovrebbe essere portato dalla sua debolezza a invocarle tutte; nella notte fonda che ci avviluppa vi è forse una luce che noi possiamo respingere? Nel gorgo del torrente che ci trascina vi è una mano a cui possiamo rifiutare di abbrancarci?" (pp. 93-94) .
Molto ci sarebbe da riflettere su questi concetti (concetti poi od emozioni?) di Constant... Sul piano del sentimento non è difficile concordare. Ma su quello della ragione qualcosa stride. L'affermazione pascaliana che "esistono delle ragioni che la ragione non può comprendere", combinata con quella del Piccolo Principe ("non si vede bene che col cuore, l'essenziale è invisibile agli occhi"), afferma qualcosa che può facilmente rovesciarsi nel suo contrario: si danno delle ragioni che il cuore non può avvertire, un'essenza che non sfugge agli occhi della mente e che il cuore vela. Oggi non mi sento però di prender parte per l'una o per l'altra opinione. Raccontano che il cardinale Cusching si dimettesse e si recasse missionario in Africa dopo aver confessato un vegliardo sul letto di morte alla maniera tradizionale chiedendogli conto della sua fede nei dogmi contenuti nel Simbono niceno. A un certo punto il vegliardo non rispose più; e al cardinale che lo scuoteva per accertarsi se fosse ancor vivo disse: padre, io sto morendo e lei si diverte con gli indovinelli...
Ecco, oggi i lascerei le Essenze al loro Mistero.
_______________________
Chàirete Dàimones!
Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (
Bruno Nolano)

 

 

 
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