Creato da giuliosforza il 28/11/2008
Riflessione filosofico-poetico-musicale

Cerca in questo Blog

  Trova
 

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Marzo 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
        1 2 3
4 5 6 7 8 9 10
11 12 13 14 15 16 17
18 19 20 21 22 23 24
25 26 27 28 29 30 31
 
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 3
 

Ultime visite al Blog

patrizia112giuliosforzamaxnegronichiooooofantasma.ritrovatoannaschettini2007kunta.mbm12ps12raffaele.maspericotichPoetessa9avv.Balzfamaggiore2dony686cassetta2
 

Ultimi commenti

Non riesco a cancellare questo intruso faccendiere che...
Inviato da: Giulio Sforza
il 20/11/2023 alle 07:25
 
Forse nei sogni abbiamo una seconda vita
Inviato da: cassetta2
il 01/11/2023 alle 14:32
 
Ciao, sono una persona che offre prestiti internazionali. ...
Inviato da: Maël Loton
il 18/09/2023 alle 02:38
 
Ciao, sono una persona che offre prestiti internazionali. ...
Inviato da: Maël Loton
il 18/09/2023 alle 02:34
 
Ciao, sono una persona che offre prestiti internazionali. ...
Inviato da: Maël Loton
il 18/09/2023 alle 02:31
 
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

Messaggi del 09/09/2017

Muzio Clementi-Louis Raffy, 'Prélude funèbre'. Diderot, 'La Religieuse'. A che punto sta la musica in Italia.

Post n°962 pubblicato il 09 Settembre 2017 da giuliosforza

Post 882

Da molto tempo non rimettevo le mani sul mio organo Farfisa. Notato con piacere che il caldo non ha influito sulla intonazione. Ed ho riaperto il mio antico Raffy, Organistes célèbres et grands maîtres classiques, volume quarto, al “Prélude funèbre” (do minore, andante sostenuto) di Muzio Clementi, dall’aspetto assai curioso dovuto al suo ritmo sincopato che gli conferisce un carattere di una originalità poco comune: sembra dipingere un dolore rassegnato, quello di un’anima che si sottomette, senza riserve, alla volontà di Dio. Secondo il suo costume, Louis Raffy è solito premettere a ogni pezzo, per l’interprete, presunto dilettante, delle note didattico-esplicative che in questo caso recitano: “Suonare il brano lentamente e a media sonorità, osservando le sfumature del testo. Ai fini di una esecuzione ben legata il pezzo offre una certa difficoltà di esecuzione per la mano destra; in effetti, riunendo questa due parti che si muovono a intervalli molto distanziati, deve osservare numerosi scambi di diteggiatura  in posizioni spesso molto scomodi.  Si dovrà lavorare prima molto sulla mano destra sola, prima di riunire le due mani; agire diversamente complicare lo studio di questo pezzo.

Ho sempre amato il romano Clementi (1752-1832), e non ritenuto quel “cialtrone, come tutti gli italiani”, che un poco sbavando lo riteneva Mozart, geloso oltretutto del suo genio pianistico. Il Prélude funè bre (non so se sia il titolo originale) mi strappa il cuore. Oggi risonandolo mi sono commosso fino alle lacrime, immaginandolo suonato al mio funerale. Anche  da morto …mi ascoltavo e mi piangevo addosso. E Maria la romena, sospendendo le pulizie, piangeva con me.  

*

Per tutti gli amici musicisti, musicofili e musicomani pubblico una recensione di Quirino Principe, (da molti, me compreso, ritenuto, spero non solo per simpatia di coetaneità, …principe -con Paolo Isotta, al quale l’accostano una sconfinata cultura non solo musicale, e una rara indipendenza di giudizio- dei musicologi e degli storici della musica) che da una vita dedica il suo multiforme ingegno alla causa dell’arte di Euterpe. Lo ammirai, e non smisi poi mai di seguirlo in ogni tipo della sua varia attività pubblicistica, dopo aver letto il suo compendioso Mahler. Questo non mi ha impedito di trovare alcune sua dissacrazioni eccessive, e le mie prese di distanza non è difficile trovar documentate qua e là in questo diario. Del breve articolo recensivo che qui riporto condivido, ad una prima veloce lettura, sostanzialmente tutto, contenuto e stile. Ma dovrei leggere il volume curato dalla Zarletti (Ars nova. Ventuno compositori italiani di oggi raccontano la musica, Castelvecchi, Roma, pagg.284) per confermarmi o no in questa opinione. Troppo pochi di fatti gli autori di cui Principe riporta qualche pur minima opinione  atta a far intendere quale davvero sia lo stato della musica italiana, se la scontata minima o nessuna attenzione riservatale dalle istituzioni in Italia basti a giustificare il suo stato di crisi. Troverete la recensione di Principe  sul Sole 24 Ore domenicale del 27 Agosto sotto titolo Come sta la musica italiana.

«Qui, tutto è difficile. Amaro, né potrebbe essere diversamente, è il vissuto dei compositori italiani, di quelli veri che conoscono la musica poiché l’hanno studiata come va studiata: tecnicamente, matematicamente, filosoficamente. Muniti di ferri del mestiere lucidi e collaudati, lavorano curiosi e animati dall’impegno didattico e comunicativo. Si ascolti come si commuovono, chiaroveggenti. Nicola Sani che tiene una conferenza, o Letizia Michelon che inaugura un convegno dalle idei fortissime. O Alessandro Solbiati che parla a Radio3 per “Lezioni di musica”, e la commozione, contagiosa. Si trasmette a chi ascolta. Eccoli con la schiena dritta e un bel sorriso malgrado tutto, pronti a motivare ogni particella del loro lavoro, reggendo, come reali e oscuri eroi di un V secolo dopo Cristo che oggi è revenant. Li vediamo come  reincarnazioni di Simmaco e Celso combattenti contro il vescovo impostore e i tre imperatori suoi lacchè. Oggi, l’incubo è un Occidente condannato a morte e già da tempo maleodorante di un’americanizzazione che è prodromo di una islamizzante putrefazione. Ci lascia senza fiato, in questo libro, la Lettera sulla Musica di Salvatore Sciarrino, o la dolente autoapologia di Mario Guido Scapucci che sembra volersi bruciare alla fiamma di un’ellenica lampada, in nome della propria verità, o Silvia Colasanti che narra il proprio metodo di lavoro. Eppure nessuno di loro nasconde, né vuole farlo, il senso di gelo, né la paurosa solitudine che circonda oggi gli autori di musica forte in questo infelice Occidente, “morto che cammina”, come direbbe quella cosa sempre un po’ mafiosa che è la Storia. Questa solitudine di artisti colti e civilissimi, che lanciano la propria musica in una cantina buia popolata da ciechi e sordomuti, guida vendetta contro l’oscena e miliardaria insipienza allo stato brado ostentata da buffoni ritinti e sgambettanti caricature che da altri cretini ricevono acclamazioni o il Nobel.

Difficilissimo è stato il compito che si è assunta la curatrice, Sara Zurletti: pensando a come questa studiosa, sorretta da una conoscenza di livello superiore e allenata all’interpretazione della cultura musicale, filosofica, letteraria e artistica di epoche diverse, ha organizzato negli ultimi anni simili imprese di testimonianza e di sintesi, diciamo che soltanto lei poteva scegliere, con tanto sottile equilibrio di diverse generazioni, tendenze e sensibilità filosofica, i ventuno compositori. Sara Zurletti apre la sua introduzione illuminandoci sull’idea originaria del libro, ed è una illuminazione destinata a ritornare in seguito: che l’attuale situazione della musica abbia tratti comuni con quella del XIV secolo, quando uscì “il più importante trattato musicale del passato”, Ars nova (1329) di Philippe de Vitry, il quale, liberandola musica della teologia, proponeva un esempio di quel “superare conservando”, prossimo all’’Aufhebung hegeliana, che la musica occidentale ha oiù volte rifiutato negli enunciati teorici, ma ha finito per accogliere nella realtà di fare musica. Aggiungiamo, ringraziando Sara Zurletti, che “superare conservando” significa Occidente e soprattutto Europa».

Attendo le opinioni degli amici compositori Federico Biscione e Alberto Cara, tra i più attivi rappresentanti della generazione che dirò dei più riflessivi, dediti ad una intelligente opera di innesto di classicità sui non sempre svelti virgulti delle nuove tendenze.

*

Appena uscito dalla fornace ardente di una estate per il mio vecchio cuore tra le più inique (inutile la fuga-rifugio fra le colline del mio paese natio -800 metri sul mare, dirimpettaio il Velino) e ripiombato nel deserto popolatissimo d’impresenze in quel di Porta di Roma ove, ben lo avverto,  sono stato destinato a chiudere i miei giorni, torno alle mie dilette letture. Abbandono per un momento i contemporanei (ho appena terminato l’autobiografia di Jean d’Ormesson e il suo romanzo-saga sulla sua famiglia A Dio piacendo – al qual proposito andrò presto a visitare i luoghi romani da lui citati, soprattutto San Giovanni a Porta Latina e San Giovanni in oleo, legati alla sua origine) e torno a Diderot; ma non alla sua Encyclopédie, bensì a La Religieuse, storia di una monaca per forza senza vocazione e delle sevizie di ogni tipo, di una crudeltà inimmaginabile, fisiche e morali, a cui è sottoposta perché receda dalla sua volontà di rinuncia ai voti. Il lettore moderno resta allibito a quella lettura, dinanzi alla malvagità che superiora e consorelle son capaci di esercitare sulla povera vittima. Ma resta allibito solo se non conosce le vessazioni e le persecuzioni a cui gli/le attuali rinuncianti sono sottoposti, meno vistose e più sopraffine, ma capaci di distruggere la vita di chi, non appigionato e non appigionabile, “…non nato a percuotere/ le dure illustri porte / nudo accorrà, ma libero / il regno della morte”. Ma che costo, quella libertà, e quanto inutile! So di una mia ex allieva indiana suora che, decisa a “tornare nel mondo”, non per una crisi di fede ma per una crisi di identità, non solo non è stata aiutata economicamente a reinserirsi, ma le sono stati messi ogni sorta di bastoni tra lo le ruote perché non trovasse lavoro. Disperata, è finita sul marciapiede. Fossi Denis ne racconterei minuziosamente la storia che, fra tutte quelle che non fanno notizia in un periodo come il nostro in cui peraltro non fa che parlarsi (santissima causa, per carità) di violenze esercitate sulle donne, è sicuramente una delle più inumane ed anticristiane.

__________________

Chàirete Dàimones!

Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963