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Messaggi del 13/02/2018

Dorian Gray sessanta anni dopo

Post n°974 pubblicato il 13 Febbraio 2018 da giuliosforza

Post 894

 

Ripongo con grande delusione il pruriginoso romanzo di Giuseppe Conte Sesso e apocalisse a Istambul: mi pare un modesto giallo che gira intorno a un duplice centro, gli orifizi anteriori e posteriori, ossessivamente manipolati e frugati, come meglio non farebbero urologi e ginecologi, dei due protagonisti, cinquantenni assatanati, lei ricchissima moglie di senatore, lui sfigato libraio fallito. Non sono un moralista. Semplicemente  uomo di buon gusto che ancora sa apprezzare il fren dell’arte.

 *

 Dorian Gray sessanta anni dopo.

 Lessi l’unico  romanzo di Wilde agli inizi degli anni sessanta, in uno di quei deliziosi volumetti tascabili di Rizzoli, dall’inconfondibile color grigio, nella traduzione di Ugo Dèttore. Ora ne ho tra le mani una edizioncina di Giunti (2016) con prefazione di Luca Scarlini. E tanto tempo è passato dal mio primo incontro con esso  che avevo quasi  dimenticato di averlo letto.

Chi ama D’Annunzio ‘decadente’ e il suo estetismo (non l’arte imitare la vita, la vita imitare l’arte: vita come opera d’arte) ama naturalmente Wilde. Quanto l’Abruzzese e l’Irlandese a vicenda si richiamino non è difficile notare, ma ciò che li accomuna non è certo lo stile: il lungo respiro del primo non a nulla a che vedere con lo stile aforistico del secondo, tanto aforistico che potrebbe pensarsi tutte le vicende del suo famoso romanzo essere state pensate come collante, trait- d’union, cemento tra un aforisma e l’altro. Ma Lord Henry Wotton non sgrana solo aforismi (i famosi aforismi che passando di bocca in bocca, pur rischiando di diventar lisi, riescono a mantenere ancora una grande freschezza) non cessa di lasciarmi divertito e ammirato, e dalla sua bocca ancora ascolto con grande piacere il programma …diabolico che, insieme a quello proposto da Rimbaud al ‘poète maudit’(un longue, immense, raisonné dérèglement de tous les sens), rappresentò il modello per quella  mia ‘Dis-educazione (leggi de-gregazione) estetica’ che tutta la vita tentai (inutilmente?) di perseguire nell’azione didattica e non solo. Ecco le pagine per me a tal fine decisive:

 «Eppure», continuò Lord Henry con la sua voce bassa e musicale e con quel movimento della mano, simile a un’onda leggera, che era un suo gesto caratteristico fin dai tempi dei suoi studi ad Eton «io credo che se un uomo vivesse la sua vita con totale pienezza, se desse forma ai suoi sentimenti, espressione a ogni suo pensiero, realtà a ogni suo sogno, ebbene io credo che il mondo sarebbe rigenerato da impulsi tanto gioiosi da costringerci ad abbandonare tutte le nostre malattie medievaleggianti per ritornare all’ideale ellenico, o addirittura a qualcosa di più raffinato e più ricco dell’ideale ellenico, probabilmente. Ma anche i più coraggiosi di noi hanno paura di se stessi. La mutilazione dei selvaggi sopravvive tragicamente nella negazione di sé che impoverisce le nostre esistenze. Siamo pronti per ciò che ci proibiamo. Gli impulsi che ci affanniamo a reprimere rimangono a covare nella mente e ci avvelenano, viceversa, il corpo che cede al peccato si libera di quel peccato perché l’azione è una forma di purificazione: ci lascia, tutt’al più, la memoria di un piacere o il lusso di un rimpianto. L’unico modo di  liberarsi da una tentazione è cedervi. Rinuncia, e la tua anima si ammalerà rimpiangendo le cose che si è vietata e languendo nel desiderio di cose che solo leggi mostruose hanno bollato come illecite e mostruose. E’ stato detto che i grandi eventi dell’umanità si compiono nella mente. Ma anche i grandi peccati dell’umanità si compiono nella mente, e soltanto nella mente. Voi stesso, signor Gray, nella vostra giovinezza scarlatta e nella vostra candida fanciullezza, avrete conosciuto passioni che vi hanno fatto paura, pensieri che vi hanno riempito di terrore, e sogni –nel sonno, o a occhi aperti- il cui solo ricordo vi farebbe arrossire di vergogna…»  (pp. 49-50).

…………

«Perché la vostra giovinezza è splendida, e la giovinezza è l’unico bene che abbia valore [….] un giorno, quando sarete vecchio, rugoso e brutto, quando i pensieri avranno avvizzito la vostra fronte e le passioni con i loro odiosi ardori avranno segnato le vostre labbra, allora sì, ne avrete una grande considerazione. Eccome! Oggi, ovunque andiate, voi stregate il mondo: Sarà sempre così?... Avete un volto di una bellezza straordinaria, signor Gray. No, non vi incupite, è la verità. E la Bellezza è una forma di Genio… Direi, addirittura, che è qualcosa di superiore al Genio poiché non richiede spiegazioni. E’ uno dei grandi fenomeni della natura, come la luce del sole o la primavera o il riflesso nell’acqua cupa di quella conchiglia d’argento che chiamiamo luna. E’ indiscutibile. E’ sovrana per diritto divino, ed eleva al rango di principi coloro che la possiedono. Sorridete? Ah! Quando l’avrete perduta non sorriderete più….Si dice a volte che la Bellezza sia soltanto superficialità.  Può anche darsi, ma non è mai tanto superficiale quanto il pensiero. La Bellezza, per me, è la meraviglia delle meraviglie. Sono solo i superficiali a non giudicare dalle apparenze. Il vero mistero del mondo è il visibile, non l’invisibile…Sì, signor Gray, gli dei sono stati benigni con voi. Ma gli dei si riprendono presto ciò che hanno elargito. Avete pochi anni da vivere realmente, perfettamente e pienamente….Ogni mese che passa vi avvicinerà sempre più a qualcosa di orrendo…il tempo è invidioso di voi e aggredirà i vostri gigli e le vostre rose….Dovete vivere, vivere la Vita meravigliosa che è in voi! Fate in modo che niente vada perduto…Un nuovo Edonismo, di questo ha bisogno il nostro secolo…Per una stagione il mondo vi appartiene…I più umili fiori di campo appassiscono, ma ritornano a fiorire. I maggiociondoli, il prossimo giugno, saranno gialli come ora. Tra un mese la climatide sarà coperta di stelle purpuree e, anno dopo anno, il vere notturno delle sue foglie racchiuderà altre stelle purpuree. Ma la giovinezza non ritorna…Degeneriamo in ripugnanti fantocci, ossessionati dalla memoria di passioni di cui abbiamo avuto troppa paura e tentazioni sublimi alle quali non abbiamo avuto il coraggio di cedere. Giovinezza! Non c’è nulla al mondo che valga la giovinezza!» (pagg. 53-55)

E via dicendo.

Non che tutti questi paradossi vadano presi sul serio. E’ lo stesso Dorian a farlo osservare a Lord Henry. Scherza molto, Wilde. Ma quanta verità sotto la maggior parte dei suoi scherzi! E’ l’aspetto ludico del Ritratto che di più ammiro, come nel Kafka di Metamorfosi (che è un bel modello di presa in giro del lettore, ma i barbassori non vogliono accorgersene e non smettono di scervellarsi per  trovarvi chissà quali significati reconditi), è il fuoco pirotecnico delle provocazioni mirate a épater le bourgeois, a scandalizzare il borghese bigotto camuffato da benpensante. Per il resto non trovo né grande né originale la trama: il tema dell’anima venduta al diavolo   è antico quanto e il mondo, e solo i geni di Goethe e di Mann sono stati capaci di profondamente rinverdirlo. E non può dirsi certo nuovo il tema della fugacità della giovinezza,  anche se sempre nuova può  essere, e qui in bocca a Lord Wotton lo è, la maniera di trattarlo. Vera novità sarebbe stata la richiesta di una giovinezza eterna, ché il ritratto, pur vivendo più a lungo, eterno non sarà. Gravissimo errore non mettere tale clausola dell’eterna giovinezza nel contratto. Senza di essa Dorian farà la fine della sibilla cumana che, ottenuta da Giove l’immortalità ma non l’eterna giovinezza (aveva dimenticato di chiedergliela) sarà condannata a diventar sempre più decrepita ed avvizzita  sì da finire dentro una minima ampolla dalla quale, con una vocina flebile ed esile come un pensiero, ai devoti che la interrogheranno sui suoi desideri (sybilla, ti tèleis, sibilla che chiedi) risponderà  con un ansito impercettibile: apothanèin tèlo, apothanèin telo, bramo morire, bramo morire! (E non poterlo: che fine sconcia per un Esteta!).

Ma la cosa che sempre, di Wilde, mi ha più impressionato, per non dire sconvolto, non è tanto l’opera nel suo complesso, o la sua concezione della vita come opera d’arte, ma la sua conversione in extremis al Cattolicesimo. Paura della morte? Via di Damasco? Improvvisa illuminazione? Per un esteta neopagano e dionisiaco convertirsi non significa semplicemente correggere minimi scarti di percorso, abbandonare  sentieri qua e là divaganti, per riprendere il cammino iniziale, o solo per un poco interrotto, e farli ri-convergere (conversio) verso la meta prestabilita; bensì cambiar direzione di  marcia, significa, retrocedere, significa, invertire la rotta, significa, poiché le strade per il Carmelo e per il Parnaso, per l’Olimpo e per il Calvario divergono irrimediabilmente. Convertirsi sottintende una totale palingenesi e una conseguente totale palinodia.  Gliele avrà chieste il confessore, come condizione sine qua non per l’assoluzione, nel momento dell’estremo anelito?

__________________

Chàirete Dàimones!

Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 

 

 
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