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Riflessione filosofico-poetico-musicale

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Messaggi del 06/03/2018

Antonio Croce. "Filosofie in dialogo. Lina Cavalieri, Ornella Muti

Post n°976 pubblicato il 06 Marzo 2018 da giuliosforza

 

Post 896

Sul finire degli anni novanta svolsi, collegati al mio insegnamento di Pedagogia generale, tre corsi di perfezionamento in Educazione estetica, riservati ai laureati di facoltà diverse in attesa di concorso. Tra i più attenti uditori era un bel giovane dalle fattezze erculee proveniente dall’Accademia di Belle Arti il quale amava ritrarre, colti nei momenti ch’egli riteneva più espressivi, i relatori che più lo ispiravano, tra cui  figuravano, oltre me e i miei collaboratori, personalità illustri del mondo della cultura e dell’arte. fra i quali amo ricordare  in particolare Gianluigi Colalucci, capo-équipe dei restauratori  della Sistina, Mario Maranzana, attore ed intellettuale  raffinatissimo, oltre che grande amico, da me recuperato con fatica alla causa del Vate (storica rimarrà la sua lettura de La figlia di Iorio e di molte liriche di Alcyone), e  il figlio di Aldo Fabrizi Massimo  -della cui morte recentissima solo ora apprendo- autore in quel periodo di una discussa biografia del padre e gestore di un noto ed esclusivo ristorante all’Infernetto: il suo compito era  trattare il tema, non poteva esser diversamente, dell’educazione alimentare come educazione estetica. Me colse e splendidamente ritrasse in un momento di riflessione (s’ascoltrava Mozart, ma i miei pensieri vagavano lontano, molto lontano dalle note della Kleine Nachtmusik) e ne venne fuori un ritratto  di me (che è visibile nel mio profilo FB) realistico e surrealistico insieme, da esso emergendo la mia conturbata natura di quei giorni tempestosi e in esso leggendosi, quasi impudicamente squadernati, i miei più riposti pensieri. Lo considero il mio ritratto ufficiale, il più significativo, al quale vorrei affidata la mia memoria… Antonio Croce, questo il nome dell’artista, autore anche del ritratto di copertina del mio volume di poesia L’Evità che la femminilità intende celebrare soprattutto nel suo aspetto demonico (ché fu cedendo all’invito del serpente e infrangendo l’improbabile divieto di Dio di cibarsi del pomo proibito dell’albero della scienza che Eva spalancò le porte del mondo alla Conoscenza). Il grafico di Croce rivela l’intento mostrando un  serpente in forma di una grande esse (la esse di…Sforza?!) che stringe nelle fauci il frutto proibito e quasi ingloba in sé una  Eva colta di spalle ed offerente la sua pura nudità al policromo sfolgorio di tre immensi Soli.

Varie sono le tecniche d’espressione di Croce e vanno dal classico olio all’acquerello, dalla litografia all’incisione. E vario è lo stile, figurativo quanto basta e quanto basta astratto. Fanno parte della sua più recente produzione sette nature…vive, realizzate con tecniche diverse, che arricchiranno e allieteranno le pareti dell’ospedale pediatrico di Arezzo: Torre in Maremma, Campagna verso Telamone, Follonica Pineta, Paesaggio al Ponte Pisano, Studio di Querce a Montano, Paesaggio a Magliano in Teverina, Paesaggio di Maremma, Poteva darsi più degno e suggestivo ambiente espositivo?.

Non sono un critico d’arte, ma penso di essere un discreto osservatore e fruitore d’arte. Trovo nella produzione di Antonio Croce una sensibilità profonda, un sentimento panico quasi d’annunziano e debussyano per il quale il segno grafico si simbolizza esalando nelle cose e pittura e poesia e musica confondono i propri linguaggi e i colori coreograficamente danzano nella danza corale delle cose. Scrisse il Venosino: Ut pictura poesis. Nella mia personale poetica la musica e la danza irrompono nella similitudine dilatandola: Ut pictura poesis, ut pictura et poesis musica, Ut pictura et poesis et musica chorea. Debbo anche all’arte di Antonio Croce se la mia sensibilità estetica, non abbastanza esercitata nei confronti delle arti plastiche e figurative, ha avuto nei miei tardi anni un risveglio dilatandosi a quel longue immense raisonné dé-règlement de tous les sens  che l’adolescente (ange ou démon?) Rimbaud proponeva a programma del poète maudit.

*

Per la prima volta ho assistito ad una conferenza nella bella sala Vecchi della Università Pontificia Salesiana (PSU,  con facile facezia dai maligni anagrammato in… PUS), ex Ateneo Salesiano, denominazione rimasta per la Piazza antistante, per la Farmacia e per altre attività commerciali dei pressi. Pubblico numeroso e vario, per lo più composto da docenti delle varie università pontificie e da pochi studenti, ed attento. Relatori Cecilia Costa, sociologa a RomaTre, Emilio Baccarini  antropologo a Tor Vergata,  Maria Grazia Lancellotti, dirigente del Liceo Classico Orazio,  Gennaro Cicchese della Lateranense, questi anche in veste di spigliato moderatore. Si presentava un volume largamente già reclamizzato (e già adottato, parola di Costa, per gli oltre mille studenti della sua cattedra) dal titolo importante: Filosofie in dialogo. Lexikon universale: India, Africa, Europa (Mimesis 2017), frutto del lavoro a sei mani di Claudia Caneva, M. Sinsin, S. Thuruthijil. Non avendo il volume con me non ho potuto controllarne di persona lo spessore culturale (lo spessore cartaceo, che m’attendevo, dal titolo, fosse quello d’un dizionario enciclopedico, era invece modesto a guardarsi), soprattutto perché i relatori, come avviene in quasi tutte le presentazioni di libri, son portati a parlare più di sé che del libro, ad usarlo come occasione per pavoneggiarsi, autoelogiarsi,  quando non per gigioneggiare. Mi è parso di capire, dalle poche velocissime esemplificazioni, che si tratta di una analisi filologico-etimologica comparata di non so quanti termini comuni alle tre culture al fine di evidenziarne la radice comune nei vari ambiti linguistici antichi e moderni. Quando avrò il testo tra le mani saprò dirne di più e azzardare una opinione complessiva. Per ora debbo contentarmi di lodare le intenzioni, che sembrano ottime: quelle di iniziare da un discorso linguistico per poi allargarsi ad un discorso etico - politico sul fenomeno complesso della mondializzazione, o globalizzazione che dir si voglia, che agli autori (presumo tutti cattolici, entusiasti di Papa Francesco, evocatissimo nei vari interventi -se si esclude quello molto preciso, documentato,  e letto, per espressa volontà di non perdersi in antididattiche divagazioni distraenti, della Preside del liceo classico Orazio) devono avere giustamente a cuore.

*

Appena rivisto il film del 1955 La donna più bella del mondo, in cui Gina Lollobrigida impersona Lina Cavalieri, la bellissima grande cantante ed attrice romana vissuta tra il 1875 e il 1944, ed uccisa dalle bombe americane nella sua villa presso il nobile collegio femminile di Poggio Imperiale nella sua diletta Firenze. Leggo che fra gli innumerevoli ammiratori di tutto il mondo fu anche il Nostro, che le dedicò una copia de Il Piacere come "alla più bella Venere della terra".  Altra curiosità dannunziana: fu il regista Damiano Damiani a dare alla giovane attrice Francesca Romana Rivelli il nome d’arte di Ornella Muti, in onore dell’Ornella de La  Figlia di Iorio e della Elena Muti de Il Piacere. Sarà per questo che tanto mi piacque e ancora mi piace la sensuale cerbiatta? Onore a Lei, al regista e naturalmente a Lui, che l’avrebbe sicuramente circuita, amata  e celebrata come solo Lui sapeva fare.

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Chàirete Dàimones!

Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 

 

 

 
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