Creato da: DonneViDetesto il 30/06/2006
Per resistere all'ipocrisia e alla Grande Bugia femminista
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AIUTIAMO PARLANTI
Post n°17 pubblicato il 20 Agosto 2006 da DonneViDetesto
Carlo Parlanti, classe 1964, è un cittadino italiano che da quasi due anni lotta contro una delle accuse più infamanti e tuttavia sempre più facili a lanciarsi: stupro e violenza nei confronti di una donna. Tra le sue passioni, la dottoressa Sandra Hollyngworth, psicoterapeuta a cui si era rivolto in seguito ad una crisi depressiva, che non esitò a denunciarlo per violenze quando Parlanti decise di troncare la loro relazione. Nonostante la mancanza totale di prove e il fatto che la Hollyngworth avesse violato il proprio codice etico e la legge californiana avviando una relazione sessuale con un paziente, l'avvocato consigliò a Parlanti di accettare un patteggiamento per evitare di essere deportato. Una volta rientrato in Italia egli non immagina neppure che, il 18 luglio 2002, la White lo aveva denunciato affermando di essere stata picchiata, legata e stuprata nella notte del 6 luglio (più tardi correggerà la data al 29 giugno) dal suo ex-amante, e sequestrata per una settimana, benché solo di notte, in quanto di giorno Parlanti si recava al lavoro. Non sono note le ragioni per cui il mandato di arresto, spiccato dalle autorità statunitensi poco dopo la denuncia della White, non sia mai stato inviato o recepito in Italia. Di fatto, Parlanti continua a lavorare e a vivere in Italia per due anni finché, nel luglio 2004, viene arrestato durante uno scalo aereo dalla polizia tedesca, in seguito a un controllo casuale. Riconosciuto come ricercato internazionale, viene immediatamente trasferito nel carcere cittadino di Duesseldorf, dove passerà quasi un anno della sua vita. Questo è solo l'inizio del suo calvario. In base ai trattati internazionali, la Germania dovrebbe spedire il prigioniero in America per essere giudicato, ma l'Italia può reclamare il diritto di processarlo in patria. Questo darebbe modo alla famiglia di seguire più agevolmente le fasi del processo, e di evitare un ambiente per molti versi ritenuto ostile al Parlanti. La nazione americana, infatti, pur patria di magnifiche conquiste civili e sociali, è anche luogo in cui nascono movimenti quali lo SCUM, movimento femminista radicale che auspica e predica la eliminazione fisica dei maschi; paese in cui si sconsiglia fortemente ad un uomo solo di entrare in ascensore con una donna sola, a meno che si tratti di persona fidata, per scongiurare il pericolo di false accuse di violenza; inoltre si tratta di un paese in cui vige una mentalità (almeno in alcune zone) piuttosto nazionalista e, ancora, un paese in cui ogni servizio ha costi molto elevati e in cui la quantità di denaro posseduta è spesso determinante in molti casi. In altre parole il tutto rischierebbe di mutarsi in un contenzioso che vede una donna "del 2000" accusare un maschio, di una americana contro un italiano, di uno stato contro un singolo soggetto dalle possibilità economiche tutt’altro che illimitate. Tutto questo in un processo in cui il peso della giuria popolare è determinante ai fini della sentenza finale. Nonostante gli sforzi dei due avvocati assunti dalla famiglia Parlanti sia in Italia che in Germania, e l'intervento del ministro Castelli supplicato dalla madre di Parlanti, ogni tentativo di celebrare il processo in Italia fallisce per l'opposizione di alcuni magistrati. Alla fine, il 3 giugno 2005, la Germania dà seguito all'estradizione inviando il prigioniero a Ventura, California. Un'estradizione da molti definita come “formalmente controversa”. Già nelle prime udienze in tribunale, la presunta vittima non solo conferma le sue precedenti accuse, ma aggiunge numerosi sconvolgenti dettagli mai denunciati prima. Secondo la sua nuova versione, Parlanti la avrebbe penetrata in modo estremamente violento con varie parti del corpo, quali ad esempio l’intero avambraccio e mano aperta, con gravi perdite di sangue. Inoltre l'uomo avrebbe bevuto 4 litri di vino (*) in poche ore prima di violentarla, e le avrebbe sbattuto la testa contro un pannello di legno e il muro adiacente per 60 volte invece di 30, come precedentemente affermato. Le sue versioni dei fatti sono oggetto di continue ritrattazioni e revisioni, rese necessarie di fronte alle osservazioni dell'avvocato e della stessa accusa in merito alla loro coerenza. La donna sostiene di essere stata costretta a denunciare Parlanti dal padre, che le avrebbe altrimenti negato il sostegno economico. Ma quest'ultimo, interpellato dal procuratore, ha sempre negato, costringendo così la White a correggersi dicendo di avere in realtà parlato con sua madre. Afferma di avere conversato molte volte al telefono con la fidanzata italiana di Parlanti, che tuttavia non parla una parola di inglese. Nega o non ricorda di avere scritto alcune email già agli atti del tribunale, finché non le vengono mostrate. Le uniche prove che è in grado di portare a supporto delle sue accuse sono una radiografia con le due costole fratturate in un posto diverso da cui dice di aver ricevuto percosse e sei sue fotografie, quattro scattate dalla polizia in cui si nota uno sbiadito ematoma sull’avambraccio sinistro e nessun segno sul visto, come confermato dagli stessi poliziotti, due Foto che avrebbe scattato lei stessa con una macchina usa-e-getta il 3 luglio 2002, dove tuttavia appare molto diversa dalle fotografie eseguite dagli ufficiali in sede di denuncia, in particolare con i capelli molto più corti e di colore diverso la pelle più stirata un aspetto più giovane, tali foto furono consegnate alla procura per la prima volta l’agosto del 2005, mai prima erano state menzionate. Vi sono inoltre alcune fotografie dell'appartamento, intatto. La polizia, che ha smarrito le foto scattate sulla scena del crimine, non è in grado di fornire alcun esito di accertamento medico (med-legal), in quanto ai tempi non era stato ritenuto necessario eseguirlo. A Parlanti viene proposto ancora una volta di accettare il patteggiamento, ma egli non accetta e chiede un vero processo. Questo comincia il 6 dicembre 2005, con la presunta vittima teatralmente sostenuta da una psicologa fornita dal tribunale quando si celebra di fronte ai giurati, mentre all'italiano, incatenato sino al momento dell’ apparizione in corte, non permettono nemmeno di scambiare una parola con la madre venuta per l’occasione e con la fidanzata italiana. Oggi i genitori del tecnico italiano e la sua fidanzata Katia Anedda continuano a lottare per avere giustizia, nonostante il dissesto economico e i forti debiti contratti per l'assistenza legale e le trasferte. L'avvocato internazionalista inglese che oggi segue il caso, aveva accettato di essere pagato in rate mensili finché la famiglia non fosse stata in grado di saldare la parcella e si era impegnato nel promuovere la mozione di revisione del processo. Se questa fosse respinta, si cercherà di riportare il caso in appello, pur con limitate possibilità di successo. L’avvocato però sembra non aver intenzione di mantenere gli accordi presi telefonicamente e verbalmente con Carlo Parlanti. Mentre la sua accusatrice ha diritto ad un assegno mensile quale presunta "vittima di un crimine", le difficoltà sembrano invece susseguirsi senza fine per la famiglia di Carlo e per i suoi cari. La storia di Carlo Parlanti ha sollevato e continua a sollevare l'interesse e la solidarietà di numerosi sostenitori, raccolti attorno alla figura e all'impegno di Katia Anedda, promotrice di un comitato di sostegno e di un sito dedicato al prigioniero, ( www.carloparlanti.it ). Gli atti del processo sono reperibili sul sito www.thepeoplevscarloparlanti.it . FONTE: http://www.uomini3000.it
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il 24/09/2006 alle 01:02
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