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Post n°471 pubblicato il 11 Febbraio 2007 da mara2003
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 Interessarsi di Diritto da tanti anni, forse troppi, in un certo senso fornisce di paraocchi e al di là del proprio limite non si va…si procede nei territori che si conosce bene, o che si crede di conoscere, e si finisce per bloccare la conoscenza verso altre realtà… Si ci confronta con l’ovvio e ciò che non è ovvio si preferisce nemmeno vederlo…poi casualmente si girovaga su Libero, in un sabato sera abbastanza triste e senza voglia di fare chissà che e ci si imbatte in una dimensione che non si credeva possibile, anzi che non si pensa possa essere vera…

Ho visitato il blog di Pino Scaccia, consigliato da Libero come tra i più autorevoli e ho scoperto la realtà dei sepolti vivi, coloro che per una legge consuetudinaria esistente tra le montagne dell’Albania, sono condannati a pagare con la reclusione tra le pareti della loro casa per una colpa che non hanno commesso loro ma un loro parente…Il vero colpevole è in carcere e i suoi familiari sinchè dura la condanna devono stare in casa altrimenti possono subire la faida da parte dei aprenti della vittima del loro familiare…E’ un ragionamento contorto ma cerchiamo di fare ordine…
La faida è uno di quei principi giuridici importati a Roma dai barbari assieme a duello, ordalia e guidrigildo e si concretizzava nella possibilità di riparare un torto subito attraverso la vendetta sui familiari del colpevole, una specie di giustizia fai da te allargata… E se in alcune zone dell’Italia, leggasi soprattutto Calabria, è un concetto abbastanza conosciuto seppure oggi soppiantato da metodi di vendetta più radicali e sbrigativi, l’idea che sia ancora in vigore in altri luoghi e che venga applicato in modo sistematico su decine di persone che devono patire una condizione da stillicidio fa una certa impressione…

Albania…su Wikipedia mi riporta che è una repubblica parlamentare, eppure in alcune sue zone vige indiscusso il codice della montagna, il Kanun, che in via consuetudinaria si interessa di diritto civile e penale e disciplina numerosi istituti giuridici tra cui la famiglia, il lavoro il fidanzamento e il matrimonio, la proprietà privata e la successione, i prestiti e le donazioni, il giuramento e la besa, l’onore, il risarcimento dei danni, i delitti infamanti, la vendetta, il codice giudiziario degli anziani, i privilegi e le esenzioni. In origine voluto dal principe Lekè  Dukagjini, il Kanun è stato dapprima trasmesso oralmente  per poi essere trascritto in forma orale intorno al XX secolo dal rpete francescano Kostantin Gjecov e pubblicato nel 1933.

La famiglia regolamentata dal Kanun è di tipo patriarcale organizzata in un clan di cui capo indiscusso è l’anziano mentre il caposaldo su cui si basa tutta la cultura del codice della montagna è il principio della besa, la parola data: quando si viene meno alla parola data si è puniti in base alla legge del Kanun.

Non sono leggi progredite imposte dall 'esterno che fanno il progresso di un popolo, ma è piuttosto il popolo stesso, che, gradatamente procedendo verso la conquista della sua maturità, si crea da sè le leggi del progresso.” Così si dice da qualche parte del Kanun dove si dice anche che giurare di non aver rubato, è prova sufficiente perchè un albanese che giura ha presenti due considerazioni: che chiama Iddio a testimonio della verità e che può incorrere nei castighi eterni e nelle punizioni temporali del codice;e si dice ancora che “ogni buon Albanese dev'essere anzitutto uomo onorato; e «Onore» è compendio di saggezza e di equilibrio, di onestà e rettitudine, di rispetto ed amicizia, di coraggio e dominio di sè. Un Albanese sa perdonare ogni fallo, sa dimenticare ogni atto che leda i propri interessi materiali, ma non può transigere sulle questioni che tocchino il proprio onore” ; allo stesso modo, un Albanese non verrà mai meno alla parola data, perchè una promessa impegna, essa pure, tutto ' l'onore dell'individuo ed è una realtà innegabile, nè serve, per renderla valida, alcuna testimonianza o documento scritto.

Ed ecco che il Kanun apre la possibilità alla vendetta, si fissa in maniera rigorosa il diritto di vendicare l'uccisione del proprio famigliare, colpendo fino al terzo grado i parenti maschi dell'assassino. Adempiere alla vendetta è considerato un obbligo, pena il disprezzo da parte della collettività.

E siamo così tornati al punto di partenza, la realtà dei sepolti vivi denunciata nel blog di Pino Scaccia; gente che vive per 5,10 anni o chissà quanto in ambuenti ristretti senza poter vederela luce del sole; famiglie intere secondo quanto è grande la rete della parentela sino al terzo gardo, due, tre e anche più nuckei; uomini che non possono andare a lavorare, bambini che non possono andare a scuola nè in cortile a giocare. In un'unica stanza si nasce, si vive, si muore ed è meglio morire di inedia e consunzione anzichè rischiare di morire per mano della famiglia nemica.

La legge italiana, grazie soprattutto ad una Costituzione attenta e garantista (peccato però che questa sia anche abbastanza spesso disattesa in altre mille occasioni) mostra particolare attenzione al problema e quanto segue ne è un esempio pratico: "Il cittadino albanese che sia entrato clandestinamente in Italia per sfuggire ad una faida (KANUN) ha diritto a rimanere sul territorio italiano, essendovi, in caso di rimpatrio, gravi pericoli per la propria incolumità fisica".( RG 76/06 Imm., Cron. 900/06, n. 285/06 Immigrazioni)… 

 nella foto, Markagjoni Gjomarkaj, uno degli ultimi discendenti del principe Dukagjini

 
 
 
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