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I Sacerdoti della Grande Noce

Post n°23 pubblicato il 29 Gennaio 2012 da duetalleri

 

Al tempo in cui ero ragazzina vivevo in un paese dove c'era abbondanza di tutto: grasse spighe imbiondivano in tre raccolti estivi, nei frutteti i rami si piegavano sotto il peso di esuberanti frutti multicolori e persino i fossati erano ricoperti di distese di more mature e lamponi profumati. I granai rimanevano ricolmi di messi fino a primavera inoltrata e solo i più anziani ricordavano ancora lo spettro della fame che, alcuni decenni prima, aveva percorso in lungo e in largo quelle stesse strade. Un tempo, infatti, la Grande Carestia aveva messo a dura prova poveri e ricchi, ma la cittadinanza aveva saputo affrontare la crisi stringendosi con fede intorno al Tempio e ai suoi custodi e invocando a gran voce l'aiuto delle Sacre Noci che, come narrava il Mito, più volte nei tempi antichi avevano contribuito a salvare la popolazione dalla catastrofe della fame. L'aiuto in qualche modo era arrivato ed il crescente benessere era stato quindi universalmente considerato il segno della attuale benevolenza della Divinità, sentimento che tutti si premuravano di mantenere vivo attraverso il rispetto e i tributi dovuti ai Sacerdoti che la servivano.

Il Tempio della Grande Noce si trovava nella parte più alta del paese, all'ingresso del serpeggiante recinto di pietra che racchiudeva le migliori piante da frutto di tutta la nazione; nella parte più fresca e assolata si allargavano le chiome dei bianchi Noci Sacri alla cui ombra sedevano, nei caldi meriggi estivi, i Sacerdoti della Grande Noce assorti nella contemplazione della bellezza dell'universo e della maturazione dei sacri frutti. O almeno così pensavano gli abitanti del villaggio, cui non era permesso di entrare all'interno dell'alta muraglia che difendeva il giardino da ogni sguardo sacrilego. Agli uomini comuni non era nemmeno concesso di assaporare i fichi, le melagrane e gli altri frutti provenienti dal tempio, privilegio giustamente riservato ai sommi, né tantomeno rompere il tenace guscio delle Noci Sacre che in rare occasioni i Sacerdoti dispensavano con solenni celebrazioni. Perdere, rovinare o peggio distruggere una Noce era considerato un grave sacrilegio, un reato spirituale punibile con mesi di penitenze e preghiere. Quanto poi ad aprirne una per mangiarla, era cosa talmente impensabile che non era stata nemmeno prevista una punizione adeguata: non esisteva niente al riguardo nemmeno sul Sacro Libro della Legge della Noce.

Fu così che, quando mi presentai dai Sacerdoti con i vuoti frammenti del guscio della mia Noce, essi rimasero talmente attoniti che per lunghi minuti il silenzio fu totale. Ricordo come ora le minuscole gocce di sudore che presero ad imperlare la fronte di ciascuno di loro, mentre le pupille si dilatavano svelando lo stupore che lasciava posto all'accusa e al timore reverenziale a mano a mano che si faceva avanti la consapevolezza dell'entità del sacrilegio da me commesso.

La mia Noce mi era stata consegnata nel giorno dei festeggiamenti per il mio sedicesimo compleanno, data in cui tradizionalmente una ragazza veniva presentata al Tempio per la prima volta della sua vita "adulta". Con grande emozione avevo accolto nelle mie mani la mia noce e l'avevo subito avvolta in un fazzoletto di raso bianco da me ricamato. L'avevo quindi riposta nel taschino interno del mantello ed ero uscita raggiante dal Tempio, orgogliosa di questo dono.

Poi però erano passati i giorni e alla sera mi addormentavo sempre più tardi, perché guardando la mia Noce appoggiata sul comodino la testa mi si affollava di tanti, tanti pensieri. Mi chiedevo sempre più spesso a cosa servisse avere una noce sul comodino o nella tasca del mantello, ero ogni sera più perplessa a guardare quell'oggetto che ogni notte perdeva valore ai miei occhi. Ma che cos'era, in fondo? Un simbolo? Un portafortuna? Un oggetto magico? E perché pareva che nessuno si ponesse le mie stesse domande e anzi che ognuno custodisse gelosamente la sua noce difendendola anche a costo della vita?

Poco per volta un pensiero subdolo si era fatto strada dentro di me: se quello era un dono della Divinità andava accettato e onorato per quello che era, cioè...cibo. Nutrimento, fonte di sostentamento, leccornia, quello che volete...ma la sostanza era che andava mangiato!

Non dimenticherò mai il terrore e la disperazione delle urla di mia madre quando entrò nella stanza. Mio padre si trattenne a stento dal picchiarmi vedendo un pezzettino di gheriglio sull'angolo delle mie labbra; subito mi trascinò al tempio, piangente e confusa, con i frammenti della mia noce ancora in mano.

Cosa avevo fatto? Come avevo potuto? Ero sopraffatta da due pensieri opposti, in guerra tra di loro: avevo devastato la mia famiglia e, inspiegabilmente, quella che avevo mangiato era proprio una noce. Grande, bella e buonissima ma sempre e soltanto una noce.

Alla fine, il primo dei due pensieri ebbe il sopravvento e fu così che, quando i sacerdoti riunitisi in gran fretta deliberarono di darmi una seconda possibilità, accolsi con una immensa gratitudine e pentimento la seconda Sacra Noce che mi veniva affidata. Non mi pesarono neppure i ventiquattro mesi di penitenza che mi furono imposti per espiare, avrei fatto di tutto per togliere a mia madre quel velo di tristezza e di insicurezza che le offuscava il volto dal disgraziato giorno del mio sacrilegio. Grazie al mio comportamento irreprensibile, un po' alla volta la comunità mi riaccolse nel suo grembo non dico con affetto, ma almeno senza vergogna. Anche se qualche volta mi sentivo mancare il respiro, tutta la mia vita si svolgeva in una tranquilla routine e, visto che non stavo poi male, pensavo che tutto sarebbe continuato così, per sempre. Ma non sarebbe durato.

Accadde un giorno di primavera, uno di quelli in cui il sole si fa rivedere per la prima volta dopo un inverno che sembrava non volesse finire mai. Ero uscita dal paese per vedere se lungo i fossi fossero già spuntate le primule. Un vecchietto avvolto in una coperta logora mi venne incontro lungo il sentiero e mi chiese gentilmente se potevo dargli qualcosa da mangiare. La sua farina era ormai finita da tempo e anche le bacche che si potevano raccogliere nel bosco ormai non si trovavano più.

Mi guardai nelle tasche, ma non avevo nulla da potergli dare. Avrei potuto andare in paese e prendere qualcosina dalle scorte, ma era vietatissimo portare del cibo fuori dalle mura. Cosa potevo fare? Sconsolata, aprii le mani vuote e dissi al mendicante che non avevo nulla da offrirgli.

L'omino sembrò diventare ancora più piccolo e con un filo di voce chiese di nuovo:

-Non hai proprio nulla? Nemmeno una cosina piccola piccola?

La mia noce, pensai. Cioè, volevo dire: la mia Sacra Noce.

Ma come potevo commettere per la seconda volta il sacrilegio?

No, non se ne parla nemmeno.

Ma il vecchietto è stremato.

Sì, ma mica con una noce si salva.

Ma ha detto che basterebbe una cosa piccola piccola e poi questa mia noce è pure sacra, no?

Troppe voci nella testa fanno male, ma vedere quel poveraccio morirmi sotto gli occhi faceva male ancora di più. Per la seconda volta nella mia vita aprii una "Sacra Noce" e gliela diedi.

-Tenetela voi, signore.

Il vecchietto si sedette lentamente su un sasso e, in un tempo che mi sembrò lunghissimo, si mangiò con gusto e uno alla volta tutti pezzettini di noce che gli avevo dato.

-Ah, che meraviglia – disse alla fine, e sembrava stesse già meglio - non sai che regalo mi hai fatto. Ti sembrerà strano ma con questo riuscirò a sopravvivere ancora per un bel po'. L'ho riconosciuto, sai? Il gusto, dico. Non so cosa ti costerà, ma ti ringrazio immensamente per avermi dato una noce del Giardino.

Guardai meravigliata il vecchietto che si stava rimettendo a vista d'occhio e che anzi ora sembrava pure meno vecchio. Si era alzato e chiaramente stava per rimettersi in cammino, in direzione opposta al paese e al suo Tempio. Una strana calma si era impadronita di me, come se delle zavorre che nemmeno sapevo di avere fossero improvvisamente caduta a terra. Sentivo anche una inarrestabile e inspiegabile allegria salirmi dentro al cuore.

-Mi costerà l'esilio, ovviamente - dissi quasi ridendo e mi avviai anch'io con passo leggero, affiancandomi a lui - ma, dimmi, come facevi a sapere che si trattasse di una noce...di quelle? Mica le avrai assaggiate anche tu!

-Ma certo, mia cara! Non solo le ho assaggiate, ma ne abbiamo mangiato tutti in gran quantità! Altrimenti, come avremmo fatto a sopravvivere alla Grande Carestia?

E fu così che ce ne andammo per la nostra strada, coi piedi doloranti ma senza tanti rimpianti, attraversando mari e monti e tante, tante terre dove i fichi, le melagrane e anche le noci si potevano mangiare e non soltanto adorare.

 

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trampolinotonante
trampolinotonante il 29/01/12 alle 17:09 via WEB
eccoti qua!!! ora sì che sei tu!! ora ti riconosco!! e dopo aver letto, anzi mentre leggevo, mi dicevo che tu stai facendo concorrenza all'Ovidio delle METAMORFOSI ( Filemone e Bauci) e a Callimaco ( l'Inno a Demetra) . Scusa sti riferimenti classici, lo so, sono imperdonabile, ma ti sto dicendo quel che mi sentivo fosse vicino al tuo dire e alla tua fantasia!Eccezionale!! Un abbraccio. Se vinco qualche miliardo , ti regalo il pianoforte di Arturo Benedetto Michelangeli e uno scacciapensieri! tt
(Rispondi)
 
duetalleri
duetalleri il 31/01/12 alle 19:11 via WEB
Cominciamo dallo scacciapensieri, dai! anche se vinci i miliardi! Non che il pianoforte mi dispiaccia, è che poi mi arrabbierei se qualcuno lo toccasse senza saper suonare divinamente...Grazie delle visite, fanno sempre piacere anche se sei il solito esagerato: Ovidio non si tocca!!! Quanto a Callimaco...beh, eh, ammetto la mia assoluta ignoranza. Mi informerò. Un caro saluto, grazie mille e alla prossima! PS: guarda che se mi diventi racconto-dipendente non ne pubblico più nemmeno uno. Mica posso far ammalare il mio quasi unico lettore??
(Rispondi)
duetalleri
duetalleri il 31/01/12 alle 19:28 via WEB
Bene, mi sono informata. Solo un'infarinatura veloce, giusto il tempo di far nascere due pensieri. 1) per fortuna il web è ben fornito riguardo ai classici, è facile trovare testi e commenti 2) per fortuna non ho letto i classici, altrimenti non saprei più cosa scrivere. Passerei il tempo a chiedermi: ma questo sogno, non è che per caso l'ho preso da un brano di tizio o caio? a chi devo chiedere i diritti d'autore? Però alla fine, qualche classico lo affronterò lo stesso, vedrai! ciao!!
(Rispondi)
trampolinotonante
trampolinotonante il 01/02/12 alle 16:34 via WEB
stai felice e serena, cara 2T. Tu sei nell'animo e nel cuore una classica!! Il tuo raconto richiama nella fantasia e nell'immaginazione il Mito classico, ma non ritieni tu che tutte le grandi opere e coistruzioni si siamnio sempre ispirate al Mito clasico, anche all'Edda e ai miti cinesi , ecco, oltre che naturalmente e soprattutto al mito greco. Vai forte, cara 2T. Non sono 2T dipendente , ma ti sono amico, grande! Ciao. tt
(Rispondi)
jardigno65
jardigno65 il 08/02/12 alle 09:53 via WEB
una volta ho incontrato un gnomo delle noci ...
(Rispondi)
 
duetalleri
duetalleri il 11/02/12 alle 11:25 via WEB
oh caspita......era pericoloso?
(Rispondi)
 
 
duetalleri
duetalleri il 11/02/12 alle 11:27 via WEB
:D
(Rispondi)
trampolinotonante
trampolinotonante il 10/03/12 alle 22:45 via WEB
mi fai sempre sognare a leggerti!!! Come se tu c'avessi na magia! tt
(Rispondi)
trampolinotonante
trampolinotonante il 04/08/12 alle 09:50 via WEB
E allora? il caldo ha sciolto la tua fantasia??? Allora ti rimane l'immaginazione!! dai, coraggio!! SCRIVI!!!!!! tt
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