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Fatti non foste a viver come bruti

"... Non vogliate negar l’esperienza
di retro al sol, del mondo sanza gente.
Considerate la vostra semenza
fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza
"

(Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno canto XXVI, 116-120)

 

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Pensieri sparsi di mezza estate

Post n°636 pubblicato il 08 Agosto 2008 da unamicoincomune
 


Bersani il liberalizzatore della bassa padana critica le teorie di Tremonti, critica il suo ricorso eccessivo ai tagli e prevede, per l’autunno, un acuirsi della crisi economica perchè «Prima di tutto bisogna dire che la manovra rischia di avvitare la questione sociale con quella economica. Già la crisi tende a impoverire il ceto medio. Così come è impostata la manovra la forbice aumenta, l’inflazione si scarica sui più deboli, e certamente colpendo i consumi non si aiuta la crescita. La dinamica infernale è questa».” Già, una dinamica infernale, dinamica che andrebbe così ad aggiungersi ai danni causati dal Governo Prodi, governo in cui il caro Bersani era ministro, un ministro di peso. Un ministro che, un giorno sì e l’altro pure, sventolava le sue lenzuolate di liberalizzazioni panacea di tutti i mali. Adesso che non è altro che un ministro ombra di un governo ombra con un presidente più ombra che mai il buon Bersani cerca di disegnare un quadro a tinte fosche su Tremonti e i suoi interventi economici. Berlusconi ha tolto l’ICI ma per il governo ombra non avrebbe dovuto farlo, Berlusconi detassa gli straordinari ma il governo ombra non apprezza, Berlusconi libera Napoli dal Pattume ma per il governo ombra ci sono ancora delle cicche per terra e così via. Il Governo ombra della coalizione ombra è sempre più all’ombra e si dice che l’ombra faccia bene a coloro che sono avanti con gli anni e ai bambini. Un’esposizione prolungata al sole può causare danni irreparabili ed in effetti i primi sintomi dei danni causati dall’eccessiva esposizione al sole e alle luci degli studi televisivi, dove il nostro Bersani ha saltellato dal 1994 in poi, si fanno sentire. Bersani crede nel libero mercato ma non tanto libero, le liberalizzazioni devono riguardare tutti i settori ma non proprio tutti, le prime vittime della sua smania sono state i commercianti, sempre loro quelli che per la sinistra sono limoni da spremere perché evadono, che hanno visto andare in fumo le rendite di posizione che si erano create in anni di duro lavoro. Il commerciante investiva nell’azienda perché nel momento del ritiro avrebbe potuto riscuoterne i frutti ma, purtroppo, non si era considerata la variabile Bersani e così gli investimenti di una vita sono stati vittime di un’improvvisa depauperazione. Per non parlare poi delle liberalizzazioni nel settore dei carburanti che, grazie a Bersani, abesso si possono trovare nei distributori Coop. Ma in fondo la Coop sei tu chi può darti di più? Nessuno perché in Italia esistono due sistemi economici uno per le imprese che cercano di operare nel libero mercato ed uno per le cooperative, bianche o rosse, non fa differenza. E si perché una delle distonie del nostro pseduo libero mercato sta proprio nel regime fiscale agevolato di cui godono le cooperative, tutte le cooperative anche se, di fatto, operano come imprese e con fatturati da multinazionale. Distonia che ha notato anche l’unione europea e che, presto o tardi, dovrà essere affrontata e risolta per evitare questo mercato falsato. In effetti, nessuno avrebbe da ridire in merito ad un regime agevolato per cooperative in cui l’aspetto solidale è predominante, anzi. Ma nel nostro Paese le Cooperative hanno volumi d’affari a nove e più zeri e di quel volume d’affari poco entra, sotto forma di tassazione, nelle casse dello Stato. La tassazione sui redditi delle cooperative è ben lontana da quel 43% di media che invece grava sugli altri operatori economici. Ebbene, nonostante ciò il buon Bersani non ha mai affrontato questo problema e si è limitato a colpire in altri settori con volumi d’affari più bassi delle amate cooperative. Ma i problemi dell’Italia non si possono certo far ricadere sulle cooperative e sul liberalizzatore romagnolo. I problemi dell’Italia hanno origini lontane e sono dovuti al costante e lento degrado che la società vive. Tutti sono pronti a sparare sulla classe politica, sulla Casta ma in pochi sono capaci di fare autocritica. Il male, quello vero, è nella società italiana, nel popolo, in ognuno di noi. Piove governo ladro ma se non piove il governo è comunque colpevole. Ma, per amore della verità, bisogna affermare che la classe politica non è un’entità piovuta dal cielo. La classe politica è frutto e specchio della collettività ed evidentemente la collettività non è più in grado di esprimere personalità che non abbiano come unico obbiettivo altro che la propria rielezione allo scranno parlamentare. De Gasperi sottolineava che la differenza tra il politico e lo statista stava nell’obiettivo: lo statista pensa alle future generazioni mentre il politico pensa alla prossima elezione. Questa è la discriminante, una discriminante aggravata dal fatto che si è trasformata l’attività politica, la si è trasformata in una professione. L’attività politica deve, invece, essere una missione, servire il proprio Paese deve essere una missione perché ognuno deve contribuire a rendere il Paese stabile, forte e sicuro per i contemporanei ma anche per le generazioni future. In Italia, invece, dal 1956 in poi (anno in cui i Parlamentari si assegnarono il vitalizio) la politica è intesa come strumento di mero potere personale o partitico, un lavoro come un altro e niente più. Da qui le scelte, aggravate dalla messa in crisi del concetto di autorità dono del sessantotto, tese all’immediato e non al futuro con i diversi operatori politico-sindacali impegnati a salvaguardare il proprio tornaconto immediato e non a decidere per il bene del Paese. Il bene del Paese è tutelato e ricercato solo a parole ma i fatti dimostrano che per questo fantomatico bene non si è fatto nulla. L’Italia non più Patria di navigatori, Santi e Poeti ma Patria di esperti nel cabotaggio poco inclini alla santità e alla poesia. L’Italia è entrata in Europa con artifici contabili ma nei fatti è lontana dagli standard europei, L’Italia si è sviluppata, sempre che si possa chiamare sviluppo indebitarsi ed indebitare le generazioni future, con il debito pubblico e con le poche eccellenze che non trovano pari al mondo. Entrare in Europa ha significato privarsi di una parte della sovranità, piegarsi a regole che si sono trasformate presto in freni per lo sviluppo in quanto i competitori esterni all’area euro non hanno quelle stesse regole. Entrare in Europa ha significato un aggravio dei costi per cittadini ed imprese, aggravio dei costi che non è certo ripagato dai vantaggi portati dalla forza della moneta unica, anzi. L’Italia si trova a competere, inoltre, con gli altri Paesi europei che non hanno gli handicap energetici italiani, l’Italia non produce energia con il nucleare però lo compra dalla Francia che ha le centrali prossime al confine italiano. L’Italia, ancora, non riesce a spendere bene i fondi europei e così, mentre gli altri sfruttano ed hanno sfruttato quei fondi per dotarsi di infrastrutture necessarie per lo sviluppo, noi ci limitiamo ad usare quei fondi per operazioni meramente estetiche o per il posizionamento di cartelloni indicanti l’ubicazione dei parcheggi o per riportare le norme del codice della strada. Effetti sull’economia? Zero, tranne che per i fornitori di cartelloni e display luminosi. L’Italia non sembra più capace di progettare ed innovare, l’Italia vive nel presente, guarda con nostalgia al passato e preferisce non pensare al futuro. Il Paese, invece, ha bisogno di partire dal passato per migliorare il presente e garantirsi un futuro ma sembra che la classe politica, e gli stessi cittadini, non vogliano o non sappiano farlo perché, il farlo, comporta sacrifici e rinunce. Comporta tagli drastici e chiusure dei rubinetti pubblici,. E adesso che un governo sembrerebbe intenzionato a fare quei tagli, anche se non tutti in verità, i conservatori democratici si indignano e fanno le Cassandre. L’opposizione giudica quei tagli nefasti e portatori di future disgrazie. Il perché è semplice da spiegarsi, quei tagli si trasformano in minori risorse per fare clientela, l’unico modo in cui una buona parte della classe politica riesce a catturare consensi (che fa da contraltare alla propensione al vendersi di molti). E già, perché è una classe politica confusa ed incapace di raccogliere consensi per le proprie idee, anche perché sono veramente poche e ben confuse, una classe politica incapace di programmare per il futuro e che vive sullo status quo e sul mantenimento del consenso e l’ampliamento della propria clientela. Una classe politica che non rappresenta più grandi aspirazioni ma semplicemente bisogni immediati e gruppi di potere. L’Italia ha bisogno di sognare ma la classe politica è capace solo di stimolare gli incubi, l’Italia ha bisogno di sentirsi Paese ma la classe politica tende a dividerla in tanti campanili, senza nessuna allusione a quello di Mastella, e a godersi i frutti del proprio “duro” lavoro. E intanto il Popolo vede ridursi le proprie risorse economiche fagocitate da uno Stato che non è mai sazio e che pretende di disciplinare tutto e codificare ogni singolo comportamento. Uno Stato che ha perso autorità e che pretende di identificare quell’autorità con la capacità di produrre norme su norme, norme che spesso cadono disattese nel dimenticatoio e che solo per la solerzia di qualche Magistrato rivedono la luce. Questo è un Paese che ha bisogni di risentirsi Patria ma per ridestare il sentimento dell’appartenenza alla stessa entità, la Patria appunto, ci vuole un motto d’orgoglio di tutti e non solo della classe politica attuale, peraltro incapace di tanto. Bisogna tornare ad una visione romantica dello Stato, una visione che ci fa sentire parti essenziali di quel grande progetto chiamato Patria. Bisogna imparare a dire no, abbandonando i più facili e meno costruttivi si, bisogna abbandonare la visione distorta dell’egualitarismo post sessantottino e riscoprire la meritocrazia, la selezione naturale basata sulle capacità del singolo. Non si può rendere uguale ciò che non nasce uguale ma di ognuno bisogna valorizzare le capacità perché ogni singolo elemento è indispensabile per l’esistenza dello Stato. Ora, questo Governo sembra intenzionato a intraprendere la strada delle vere riforme, dei tagli alle spese e, di conseguenza, al sottobosco clientelare e questo fa paura. Una paura matta che porta il principale esponente dell’opposizione a lanciare una sorta di petizione per la salvezza dell’Italia. E’ partita la campagna del PD “salva l’Italia” sottinteso da Berlusconi. Perché? Semplice perché se vanno in porto i progetti del Governo e se gli interventi TremontianBrunettiani portano i risultati sperati questo PD è destinato a fine prematura e con lui il povero Veltroni che non sembra il leader gradito e acclamato della discesa in campo,il salvatore dell’armata postProdiana che ha avuto il merito, questo bisogna riconoscerglielo, di troncare i rapporti con il passato comunista e con i nostalgici della falce e martello. La sconfitta, non ancora assorbita, e l’avanzata di Di Pietro stanno però ostacolando il Walter-pensiero, un pensiero valido nelle premesse ma che sta perdendo vigore e si sta piegando al solito e triste gioco dell’andare contro al Governo, sempre e comunque, fino ad arrivare alla presunzione di salvare l’Italia non accorgendosi del fatto che l’Italia ha scelto di salvarsi da sola votando per il Cavaliere. Nonostante i proclami, le invettive e gli attacchi il Berlusconi errante ha vinto ed ora ha la possibilità di entrare nella storia del Paese come il vero salvatore della Patria, come colui che ha riporta in auge i valori dei padri fondatori: Patria, famiglia, individuo e merito. Per questo Berlusconi fa paura, non sarà un santo ma chi è senza peccato… Per ora buone vacanze   

 
 
 
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AL VERO GABBIANO JONATHAN

immagineLa maggior parte dei gabbiani non si danno la pena di apprendere, del volo, altro che le nozioni elementari: gli basta arrivare dalla costa a dov’è il cibo e poi tornare a casa. Per la maggior parte dei gabbiani, volare non conta, conta mangiare. A quel gabbiano lì, invece, non importava tanto procurarsi il cibo, quanto volare. Più d’ogni altra cosa al mondo, a Jonathan Livingston piaceva librarsi nel cielo.Ma a sue spese scoprì che, a pensarla in quel modo, non è facile poi trovare amici, fra gli altri uccelli.

 

SE

 

"Se" Se saprai conservare la testa, quando intorno a te tutti perderanno la loro, e te ne incolperanno; Se crederai in te stesso, quando tutti dubiteranno, ma saprai intendere il loro dubbio; Se saprai aspettare, senza stancarti dell'attesa, ed essere calunniato senza calunniare o essere odiato senza dar sfogo all'odio e, non apparire troppo bello, ne parlare troppo saggio; Se saprai sognare, e non rendere i sogni tuoi padroni; se saprai pensare, e non fare dei pensieri il tuo fine; se saprai incontrare il Trionfo e il Disastro, e trattare questi due impostori nello stesso modo; Se saprai sopportare di sentire quello che hai detto di giusto falsato dai ribaldi per farne trappola ai creduli o vedere le cose per cui hai dato la vita, spezzate e curvarti e ricostruirle con utensili logorati; Se saprai fare un mucchio di tutte le vicende e rischiarlo in un giro di testa e croce; E perdere e ricominciare da capo e non fiatar verbo sulle tue perdite; Se saprai forzare il tuo cuore e i nervi e i tendini per aiutare il tuo volere, anche quando essi sono consumati; e così resistere quando non c'è più nulla in te tranne che la volontà che dice loro: "reggete!" Se saprai parlare con le folle e mantenere le tue virtù e passeggiare con i Re e non perdere la semplicità; Se ne nemici, ne prediletti amici avranno il potere di offenderti, se tutti gli uomini conteranno ma nessuno conterà troppo; se saprai riempire il minuto che non perdona, coprendo una distanza che valga i sessanta secondi; Tuo sarà il mondo e tutto ciò che contiene e, ciò che conta, sarai un uomo,figlio! Rudyard Kipling

 

EINAUDI

"Migliaia, milioni di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli, scoraggiarli. È la vocazione naturale che li spinge; non soltanto la sete di guadagno. Il gusto, l'orgoglio di vedere la propria azienda prosperare, acquistare credito, ispirare fiducia a clientele sempre più vaste, ampliare gli impianti, costituiscono una molla di progresso altrettanto potente che il guadagno. Se così non fosse, non si spiegherebbe come ci siano imprenditori che nella propria azienda prodigano tutte le loro energie ed investono tutti i loro capitali per ritirare spesso utili di gran lunga più modesti di quelli che potrebbero sicuramente e comodamente ottenere con altri impieghi." - Luigi Einaudi

 

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