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Brevi storie pescate con la Rete

Creato da marinaro_pietro il 08/03/2013

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Da Legale a Solare

Post n°3 pubblicato il 12 Marzo 2013 da marinaro_pietro
 
Foto di marinaro_pietro

Non sempre un minuto dopo le 2:59 l'orologio segna le 3:00 .......

 

 

 

Da Legale a Solare

Anna spalanca gli occhi, “cos'è stato ?” si chiede.

Si guarda intorno ancora assonnata, guarda l'ora, le 2:02.

“Il cellulare”, sussurra. Lo prende  dal comodino, c'è un SMS, è di Luca, “Sono qui sotto dobbiamo andarcene così capiranno che facciamo sul serio !!”.

Anna  non ci pensa un momento, si veste, prende i suoi risparmi, il suo peluche portafortuna ed esce di casa piano piano senza farsi sentire.

Fuori c'è Luca, la bacia ed entrambi si convincono che non c'è alternativa devono scappare, andarsene insieme da qualche parte lontano. Solo così i loro genitori capiranno che si amano davvero!

Mentre camminano verso la stazione, Luca immagina i titoli dei giornali locali e la disperazione dei parenti “ma questo”, pensa, “giocherà a loro favore!”.

Alla stazione il primo treno in partenza è l'intercity delle 3:01 per B., hanno giusto il tempo di contare i loro risparmi e fare il biglietto. Non è difficile usare la biglietteria automatica l'hanno già fatto l'anno scorso per andare in gita con la scuola.

Col cuore in gola montano sul treno, si siedono,  Luca capisce che Anna è tesa, vorrebbe distrarla, scherzare un po'.

“Che ore sono?” chiede lei.

“Le 2:59”, e dopo un attimo di pausa, “stanotte finisce l'ora legale, c'è da spostare indietro le lancette, dalle 3 alle 2.”

Lei sorride.

“Dai, spostiamole insieme 54, 55, 56, 57, 58, 59, vai”.

 

Anna spalanca gli occhi, “cos'è stato ?” si chiede.

Si guarda intorno ancora assonnata, guarda l'ora, le 2:02.

“Il cellulare”, sussurra. Lo prende  dal comodino....

 

 

 

 

Carlo Giordano

 

 
 
 

Ele Oddo

Post n°2 pubblicato il 11 Marzo 2013 da marinaro_pietro
 
Foto di marinaro_pietro

L'ultimo secondo, può essere il più felice della propria vita? se fosse possibile, sarebbe interessante chiederlo al prof. Oddo ....

Ele Oddo

  

         Il 20-02-2002 alle 20.02 Ele Oddo guarda il calendario, guarda lorologio, si volta verso la finestra, sorride e muore.

         Emanuele Oddo, da tutti chiamato Ele, nacque l'11 novembre del 1911. Sin da piccolo si divertiva a mostrare come le sue generalità potessero essere lette al contrario senza cambiar significato ( ELE ODDO 11-11-11 ). Si laureò in matematica nel 33 e fu docente della medesima sino al 99. Tutta la sua vita era stata scandita da una perfetta simmetria di numeri e lettere fino alle 23.59 del 31 dicembre 1999 quando, mentre tutti festeggiavano l'inizio del 2000, del nuovo millennio, la sua vita si sgretolava come un castello di sabbia. Da quel momento ELE ODDO sarebbe stato costretto a scrivere 11-11-1911. La simmetria non esisteva più, lui non esisteva più, era diventato un uomo qualsiasi. Quel maledetto 9 lo aveva rovinato.        

      Due anni sono passati dal quel giorno nefasto ed il professor Oddo vive gli ultimi istanti della sua vita. Non ha ancora dimenticato quel 9 e gli fastidio pensare che verrà scolpito sulla sua lapide. 

       La fine è oramai giunta, la vita lo abbandona. E' sera, il TG delle 20 è appena iniziato e fra suoi titoli si parla dei bambini che nascono nel giorno palindromo per eccellenza. L'invidia per quei fortunati dura un attimo.

     Ele Oddo guarda il calendario, guarda l'orologio, si volta verso la finestra, sorride e muore.

        

 

 

 

Marinaro  Pietro Antonio

 

 
 
 

Il Gusto del ricordo

Post n°1 pubblicato il 09 Marzo 2013 da marinaro_pietro
 
Foto di marinaro_pietro

Ognuno di noi vive con i propri ricordi e vive nei ricordi altrui. Se nessuno si ricordasse di noi, potremmo pensare di non aver mai vissuto.

 

Il gusto del ricordo.

Alle 12.30 Peppino suonò il campanello del reparto malattie mentali della clinica Sant’Orsola. In quattro anni non era mai giunto in ritardo ed ogni volta spaccava il minuto sia a pranzo che a cena: e dire che viveva in una casa tutta sua dove una giovane badante l’accudiva di giorno e di notte, ma non ne voleva sapere di mangiare senza la compagnia del fraterno amico Saverio. L’inizio del loro sodalizio si perdeva nelle memorie di un’infanzia che nessuno dei due ricordava priva della reciproca presenza, ma come una mannaia la malattia di Saverio aveva reciso il cordone che li teneva uniti. La demenza senile costrinse i due a vendere l’azienda vitivinicola fondata all’incirca quarant’anni prima. Con i soldi ricavati, Saverio comprò un posto letto nella clinica privata Sant’Orsola mentre Peppino si assicurò una vita più che agiata. L’unico ricordo del passato che conservarono fu una cantina in cui custodivano un cospicuo numero di bottiglie delle loro migliori annate.

            Tutte le volte che si recava in clinica per pasteggiare con l’amico, Peppino portava con se un fiaschetto da mezzo litro colmo di vino. Il canovaccio era sempre il medesimo: entrato in reparto, Peppino salutava l’usciere, cercava il caposala per informarsi sulle condizioni del compagno, si recava al tavolo che gli infermieri riservavano alla coppia e lì lo trovava, seduto con lo sguardo fisso nel vuoto. Peppino si accomodava di fianco al suo vecchio socio e poggiava il fiasco sulla tovaglia.

            Da un paio di anni i medici avevano diagnosticato una totale perdita di memoria.  Come se non bastasse, la malattia era avanzata tanto da compromettere anche i ricordi a breve termine e di conseguenza Saverio non era più in grado di riconoscere nessuno, Peppino incluso.

            Prima di ogni pasto, Peppino ripeteva sempre la stessa sequenza di azioni mentre la sagoma di Saverio non manifestava alcun interesse. Il rituale rispettava in tutto e per tutto quello usato in passato per festeggiare le occasioni importanti. Peppino stappava il fiasco, riempiva all’orlo i due bicchieri, si alzava in piedi, sollevava il suo calice fino all’altezza degli occhi e recitava la formula di rito.

« Vino vinello

Aggraziato e bello

Ti zappai, ti potai e ti portai nella fiaschetta,

Perché non mi fai fare un’altra rimetta.

Vigna zappata, vigna zappata

Che bella uva che mi hai data.

Vino bianco e vino russo

Me lo appoggio vicino a o muso.

Vino russo e vino bianco

Me lo appoggio vicino a o fianco.

Vigna mia, vigna mia

Ti ringrazio per questa compagnia ». 

            Terminata la filastrocca, con un unico sorso Peppino svuotava fino all’ultima goccia il calice. Un istante dopo, forse come emulazione indotta dalle azioni del compagno,  Saverio si alzava dalla sedia e tutto d’un fiato mandava giù il suo bicchiere di vino. L’effetto era pressoché immediato: il volto, fino allora amorfo come quello di una statua di cera, si ravvivava come se in quel manichino umano fosse stata iniettata l’anima. Saverio si guardava intorno e, scorta la presenza dell’amico, un sorriso fioriva sul suo faccione rugoso.

«Peppino, cosa stiamo festeggiando?»

La risposta, sempre la stessa, Peppino la forniva con le lacrime agli occhi. «Un’altra ora di ricordi da gustare insieme».

 

Pietro Antonio Marinaro

 

 
 
 

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