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Tecnologia e ricordi

Post n°380 pubblicato il 18 Febbraio 2007 da tanksgodisfriday
 
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A leggere di novità tecnologiche, stamattina, mi è tornato in mente un pezzetto di storia.
Parto dalle novità. La prima: Intel annuncia di aver prodotto un prototipo di processore multi-core con 80 core.
Il core è il componente elettronico capace di fare calcoli e, insieme alla memoria che contiene i dati, è per il calcolatore l'equivalente digitale del cervello umano. In ogni pc c'è almeno un core. Dico almeno uno, perché da qualche anno a questa parte si è cominciato a sistemare prima due, poi quattro core sullo stesso componente, facendoli lavorare insieme. E adesso l'Intel ne ha messi addirittura 80.
Naturalmente non basta aumentare il numero di unità di calcolo per risolvere un problema più velocemente. Ricordo una frase che diceva più o meno: "Se un uomo scava una buca in 120 minuti, non è detto che 120 uomini scavino la stessa buca in un minuto"; si intralcerebbero evidentemente. Allo stesso modo gli 80 core dovranno essere messi all'opera spezzettando il lavoro in modo da poterli far lavorare tutti insieme, non sarà banale. Ma questa tecnologia ci potrà far mettere in tasca l'equivalente di un supercomputer di oggi.
E poi il MIT, il Massachusetts Institute of Technology, ha messo a punto un processore a bolle. Al posto del silicio ci sono delle bolle di fluido microscopiche, in un litro ce ne stanno un miliardo. Le informazioni vengono rappresentate disponendo opportunamente le bolle. Non ho capito bene come funzioni, se è un  processore o una memoria, ma sicuramente per me ha dell'incredibile.
Nel 1965 Gordon Moore, che dopo qualche anno avrebbe fondato Intel con Robert Noyce, predisse che la potenza dei calcolatori sarebbe raddoppiata ogni 12 mesi. Questa predizione, nota come legge di Moore, è stata poi corretta a un raddoppio ogni 18 mesi e, più recentemente, a un raddoppio ogni due anni.
Prendendo per buoni i due anni, faccio due calcoli. Lavoro dal 1977, quest'anno fanno trent'anni, cioè quindici raddoppi: 1, 2, 4, 8, 16, ... 32.768. Un computer di adesso è almeno trentamila volte più veloce del primo su cui ho messo le mani per lavoro. Se risaliamo all'università, siamo intorno a una velocizzazione che sarà di almeno centomila volte. Roba da sentirsi Matusalemme. E la sensazione si rafforza con qualche ricordo.
A Ivrea c'è un rivenditore di materiali di recupero. In prevalenza metalli ma, una volta, quando le produzioni Olivetti andavano a pieno ritmo, si trovavano anche scarti di produzione e rimanenze di componenti "andati".
Appena arrivato ad Ivrea ci facevo un giro abbastanza spesso, il sabato mattina, quando la mia signora era impegnata a scuola. Un sabato trovai un esemplare di memoria magnetostrittiva. Lì per lì non seppi identificare cosa fosse l'oggetto, che pure aveva una sua bellezza. Mi informai il lunedì, scoprii cos'era, ma il sabato successivo non c'era più, venduto. Mi è rimasto sempre il rimpianto di non averlo preso io.
Una memoria magnetostrittiva lavora sul principio che una torsione si propaga lungo un filo di acciaio armonico, da un capo all'altro del filo stesso. Quindi, se do una torsione a un estremo, dopo un po' la rilevo all'altro estremo. E se imprimo una serie di torsioni intervallate nel tempo, un po' a destra e un po' a sinistra, me le ritroverò spuntare all'altro estremo nell'ordine giusto.
La memoria funzionava così: i bit, uno alla volta, venivano tradotti in torsioni del filo: "0", torsione da un lato, "1", torsione dall'altro, c'era spazio per qualche migliaio di bit. Il materiale usato per il filo era lo stesso utilizzato per le corde di pianoforte per note alte, il calcolatore era la mitica P101.
Altro che multi-core.

Perdonate il post tecno-romantico, mi mancava solo di scriverlo vicino ad un caminetto.
Buona domenica.

Nell'immagine, rigorosamente in bianco e nero, una memoria magnetostrittiva della P101. Il filo di acciaio armonico è quello che si vede avvolto a cerchio.

 
 
 
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