elaborando

Ieri sera abbiamo visto "L'arco", del coreano Kim Ki-Duk, presentato a Cannes nel 2005.
Un passo indietro. Quest'anno, dopo tanti anni di pausa, siamo tornati ad iscriverci al cineforum. C'erano due possibilità ad Ivrea, due circuiti tra cui scegliere, e così lo scorso settembre, schede di presentazione alla mano, abbiamo confrontato le due proposte.
La mia signora non ha avuto dubbi: meglio il primo circuito, quello storico, quasi tutti film particolari, del tipo che le sale di Ivrea, nemmeno ventimila abitanti, non passano nella normale programmazione, e di cui nemmeno sospetti l'esistenza se non sei un appassionato di cinema. Nell'altra lista, invece, diversi film noti, che magari ci siamo persi, ma che possiamo recuperare in dvd, in qualche domenica di noia.
Diverso il mio punto di vista: 40 euro per 30 film la prima, 30 euro per 32 film la seconda, la decisione mi sembrava semplice.
Abbiamo scelto la prima lista e così, ieri sera, arrivando trafelati proprio al momento del buio in sala, per colpa mia tra l'altro, ecco a voi "L'arco", del coreano Kim Ki-Duk.
Vogliamo partire dalle cose positive, che facciamo prima?
Bene, intanto una colonna sonora bellissima, un solo tema ripetuto incessantemente, ma struggente, di quelli che ti rimangono nella testa mentre in macchina ritorni a casa, e che mugoli ancora mentre cerchi di prendere sonno. E meno male che c'era la colona sonora, perché dialoghi niente: i due personaggi, il pescatore sessantenne e la ragazza sedicenne, oltre a non avere un nome non hanno profferito parola.
La storia è triste, roba da pedofilia: il pescatore vive in mare aperto su una barca, dove porta a pagamento della gente a pescare. Ha con se una ragazzina che lui ha trovato dieci anni prima. Non si è curato di cercarne i genitori, ma la tiene con sé, amorevolmente reclusa sulla barca, nell'attesa che compia sedici anni, l'età in cui la potrà finalmente prendere in sposa. Ma la Natura farà il suo corso, arriva un giovane ecc. ecc.
Deliziosa la ragazza, col che mi prendo la mia quota di pedofilo, visto che l'attrice doveva avere sul serio sedici anni o giù di lì. Come ho detto niente nome, non ha detto una sola parola, ma il suo faccino orientale è stato tutto un susseguirsi di sguardi che hanno sottolineato i passaggi del film: l'amore per il vecchio, la scoperta dell'altro tipo di amore, il rancore per il vecchio che si frappone, la serena rassegnazione del pre-finale. Ma non vi racconto, non vorrei rovinarvi la visione, se vi capiterà di guardarlo.
Altra nota positiva, che stavo per dimenticare: è durato 90 minuti, contro i 100-110 tipici, un buon quarto d'ora risparmiato. I titoli di coda, tutti in coreano, pensate un po', sono stati preceduti dalla scritta in italiano, bianco su sfondo completamente nero: "Il dodicesimo film di Kim Ki-Duk".
«Che culo - mi è scappato mentre si riaccendevano le luci - adesso posso consapevolmente evitare almeno undici film». Ora, considerate che credo di essere l'unico infiltrato in una platea di cinefili, per cui potete capire la leggera irritazione della mia signora: «Un euro e trentatre, di che ti lamenti?», ha replicato, memore della discussione di settembre.
Che vi devo dire, sono sempre duemilacinquecentoottantadue delle vecchie lire.

Buon giovedì.

Nella locandina da mymovies.it: la ragazzina suona l'arco, che si trasforma in strumento musicale.