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3, 2, 1, 0 ... Buon 2016 !

Post n°1814 pubblicato il 31 Dicembre 2015 da tanksgodisfriday
 

L'idea di salutare il nuovo anno con un conteggio alla rovescia particolare mi venne nei primi giorni del 2010, con il post 3, 2, 1 ... è 2010!. In modo analogo salutai il 2012, con ... 3 2 1 0 è 2012!, e poi il 2014, con 2014: avanti un altro, e che sia migliore.

La cosa mi è tornata in mente qualche giorno fa, ed ecco il conteggio per l'anno che comincia tra poche ore:
9 *( 8 *( 7 *( 6 *( 5 - 4 ))))/ 3 * 2 * 1 0 = 2016 !

Le cifre dal 9 allo 0 si susseguono in ordine decrescente, con una spruzzata di operatori vari: somma, sottrazione, prodotto, divisione, potenza e parentesi. Notare che il punto esclamativo è separato dal 2016 e non ha il significato matematico di fattoriale.

Devo ancora capire perché ho saltato gli anni dispari, dev'esserci qualcosa di freudiano, visto che non è stata una scelta intenzionale.
Quest'anno ho fatto un lavoro sistematico, però: con un po' di pazienza ho trovato l'espressione per ogni anno dal 1948 al 2060, dispari inclusi. Dovrebbe essere sufficiente per le mie curiosità in materia, direi.

Al esempio, il mio anno di nascita (il 1952) l'avrei salutato con un:
( 987 + 6 - 5 - 4 - 3 ) * 2 - 10

Se qualcuno desiderasse l'espressione per un anno particolare, può lasciare la richiesta in un commento, in un messaggio, oppure scrivermi all'indirizzo tanksgodisfriday@libero.it.

Buon 2016 !

 
 
 

Friday puzzle, per un venerdì matematico

Post n°1812 pubblicato il 04 Giugno 2015 da tanksgodisfriday
 

Gradite una pausa caffè corredata di un quiz matematico? Il venerdì alle 11 potete godervi quella offerta da @10ticks, account Twitter di Ian Fisher, del sito 10ticks MATH.

Quiz e risposte viaggiano nello spazio ristretto di un tweet, dove spesso è impresa ardua fornire, oltre al risultato, anche una spiegazione di come ci si è arrivati, che perciò quasi sempre viene omessa.
Il 15 maggio, ad esempio, @10ticks twittava:

#FridayPuzzle: What five digit number, when multiplied by 4, is the same number with the digits in reverse order?

Supponiamo che il numero sia abcde. La chiave per risolvere il quiz è che abcde x 4 = edcba.
Se il numero rimane di 5 cifre dopo la moltiplicazione per 4, allora a=1 oppure a=2. Ma a, ultima cifra del prodotto del numero per 4, deve essere pari, quindi a=2, e la prima cifra è trovata: 2bcde.

L’ultima cifra, e, moltiplicata per 4 deve dare un numero che finisce per 2: quindi e=3, oppure e=8. Ma e è anche la prima cifra del prodotto per 4, quindi e=8 e b deve essere dispari, ricevendo il riporto di 3.

Il risultato comincia a svelarsi: 2bcd8.
Osserviamo anche che, nell’eseguire il prodotto, b x 4 non genera un riporto, quindi che b=1, oppure b=2. Ma b è dispari, quindi b=1. Ne segue che d=2, oppure d=7.
Escludiamo il caso che d, seconda cifra del risultato, sia 2, senza generare riporto. Quindi d=7.

Ormai ci siamo: 21c78 x 4 = 87c12.
Ultimo passo: c riceve un riporto di 3 e poi è l’elemento centrale immutato nella moltiplicazione per 4.
Quindi c =9 (4x9 = 36, 6 con il riporto di 3 fa ancora 9).

Siamo arrivati al risultato: 21978 x 4 = 87912.

Ok, è un po’ più lunga di una normale pausa caffè. Allora, visto che non c’è fretta nel fornire la risposta, si può tirare fino al caffè del dopopranzo, lasciando che il quiz si auto-risolva nel backstage dei pensieri.

Buon giovedì.

 
 
 

1 aprile 1776: nasce Marie-Sophie Germain

Post n°1807 pubblicato il 01 Aprile 2014 da tanksgodisfriday
 
Foto di tanksgodisfriday

Le
 notti sono gelide, negli inverni parigini di quello scorcio di fine 1700. Persino l'inchiostro congela nei calamai.
Mentre fuori imperversa la Rivoluzione, nella sua camera la tredicenne Marie-Sophie, avvolta in una coperta e alla luce di una flebile candela, legge i libri presi di nascosto dalla biblioteca del padre, ricco commerciante di seta.

La passione per la matematica l'ha colta quando ha letto dell'uccisione del Grande Siracusano, Archimede: assorto nello studio di una figura geometrica tracciata sulla sabbia, mentre gli invasori romani dilagavano nella città appena caduta, non aveva dato ascolto al legionario che gli intimava di seguirlo. E questi lo aveva trafitto con la spada.
Se sono argomenti per cui vale la pena di morire, ha pensato Marie-Sophie, allora devono essere appassionanti.

Per un po' i genitori cercano di scoraggiarla, ad esempio nascondendo le candele. Non è roba per signorine, ragionano, tutto questo studiare non le farà sicuramente del bene.

La matematica per signorine
Non è che le materie scientifiche siano precluse al gentil sesso nella Francia a cavallo tra 700 e 800, questo no. È solo che vanno somministrate (si dice così) nella forma più adatta.
Ecco, ad esempio, come viene presentato in un libro di fisica al femminile di quel tempo, la legge di gravitazione di Newton. Nel dialogo, un lui ha appena spiegato Newton a una Marchesa, e questa trova un'analogia nel suo mondo:

"Je ne puis m’empêcher de penser que cette proportion des carrés des distances entre les lieux… soit observée même en amour. Ainsi, après huit jours d’absence, l’amour deviendrait 64 fois moins fort qu’il ne l’était le premier jour."

Che il detto "lontano dagli occhi lontano dal cuore" possa obbedire alla legge di Newton potrebbe anche starci, per carità. Ma apprendere con questo metodo è come remare contro corrente, non c'è dubbio.

E allora, meglio farsi passare per uomo
Marie-Sophie supera abbastanza agevolmente le resistenze paterne, ma rimangono quelle esterne.
All'École Polytechnique, che ha aperto a Parigi nel 1794, ad esempio, la diciottenne Marie-Sophie non può mettere piede, nemmeno per assistere alle lezioni. Certo, fosse un maschio, sarebbe un altro paio di maniche.
Non si sa bene come, Marie-Sophie viene a sapere di un certo Antoine Auguste Le Blanc, che ha mollato Parigi e l'École per manifesta inferiorità, poco dopo l'iscrizione.
È perfetto: Sophie si impossessa dell'identità del signor Le Blanc, impossibilitato a frequentare, ma che si fa recapitare a casa copia delle lezioni, dei problemi, e che, sempre tramite messo, consegna le soluzioni.

Il direttore dell'École, Joseph Louis Lagrange (torinese di nascita), è stupito dei progressi del signor Le Blanc e vuole congratularsi personalmente con lui. Marie-Sophie è costretta a confessare, temendo il peggio.
Invece esce dal colloquio con un nuovo supporter e nuovi stimoli per i suoi studi.

Il Grande Teorema di Fermat
Uno degli stimoli riguarda il famoso Grande (o Ultimo) Teorema di Fermat: an + bn = cn ha soluzioni intere solo per n=2.
Pierre de Fermat l'ha annotato a margine della sua copia dell'Arithmetica di Diofanto, aggiungendo di aver trovato anche una dimostrazione molto semplice ed elegante, che però marginis exiguitas non caperet, non ci sta nell'esiguità del margine della pagina. Questo avveniva nel 1637, poi Fermat non era più tornato sull'argomento.

Serviranno schiere di eccelenti matematici e 357 anni, per arrivare al 1994 e alla soluzione di Andrew Wiles, mirabile senza dubbio, ma che beato chi ci capisce anche solo un passaggio.

Gli attacchi iniziali al teorema non fanno percorrere molta strada. Il primo risultato arriva presto: basta dimostrare il teorema per n primo.
Ok, la complicazione si sfronda un po', ma di casi da dimostrare ne rimangono un'infinità.
Poi, più o meno un secolo dopo, Eulero dimostra il teorema per n=3. Ci prova per n=5, ma deve arrendersi. Ci riuscirà nel 1830 Adrien-Marie Legendre, altro matematico francese.

Marie-Sophie ha invece un'intuizione che le consente di aprire la partita per un'intero gruppo di numeri primi: quelli il cui doppio più uno è a sua volta primo. Esempio 5 (2*5+1 = 11), 11 (2*11+1 = 23). Ma non 7 (2*7+1 = 15).
Il risultato a cui arriva è che una soluzione all'equazione di Fermat è possibile solo se n divide a, b oppure c. Più tardi il suo lavoro servirà a dimostrare il teorema per tutti i primi detti, che passano alla storia come numeri di Germain.

Gauss e il signor Le Blanc
Come verificare se la sua strada per la soluzione è valida? Basta chiederlo al più grande matematico dell'epoca, Carl Friedrich Gauss, che vive in Prussia.
Marie-Sophie riveste nuovamente i panni del signor Le Blanc e nel 1804 comincia una corrispondenza con Gauss. Il teorema di Fermat non è un tema che appassioni Gauss, è troppo isolato. Ma il signor Le Blanc sembra in gamba, Gauss lo incoraggia.

Intanto Napoleone ha cominciato ad allargarsi fuori dai confini Francesi. Nel 1806 invade la Prussia.
Temendo che a Gauss capiti quello che è accaduto ad Archimede, Sophie ne raccomanda la vita al generale Joseph Marie Pernety, amico del padre. Il generale conosce la fama di Gauss e decide di rassicurarlo personalmente: «Stia tranquillo, la sua sicurezza sta a cuore a Mademoiselle Sophie Germain».
Gauss ringrazia, ma è confuso, non ha idea di chi sia la Mademoiselle in questione. E lo scrive a Le Blanc.
Per la seconda volta, Sophie è costretta a rivelarsi. L'ammirazione di Gauss si moltiplica: una donna deve superare così tanti preconcetti e avversità per raggiungere gli stessi risultati di un uomo, che deve avere capacità e determinazione non comuni. E Sophie batte moltissimi uomini in circolazione.

Ma non è facile comunque
La corrispondenza con Gauss si interrompe nel 1809. Sophie cambia terreno di indagine, dedicandosi alla fisica.
L'Accademia delle Scienze francese ha pubblicato un bando per chi ponga le basi matematiche per spiegare la fisica delle vibrazioni elastiche.
Sophie si appassiona al tema e arriva a formulare le basi della teoria. Il suo lavoro è l'unico presentato, gli altri matematici e fisici si sono arresi davanti alla complessità del problema: nuovo, si parte da zero, bisogna saperne di fisica e avere padronanza degli strumenti matematici. Nessuno ha la preparazione e la determinazione di Marie-Sophie.
Il suo lavoro viene giudicato però lacunoso e il bando viene riproposto.

Marie-Sophie si ripresenta, con un elaborato più completo. Anche questa volta è l'unica concorrente e anche questa volta la giuria conclude che non ci siamo, manca ancora qualcosa, ma non specifica cosa.
Terzo bando, terzo lavoro di Marie-Sophie e questa volta la giuria è costretta a riconoscerla vincitrice.

Non ritira il premio, questa volta è lei a bocciare la giuria. Pubblicherà il suo lavoro a proprie spese.
Ma per una donna è proprio dura: i suoi risultati saranno noti per molti anni come equazione differenziale di Lagrange, solo successivamente si chiamerà di Lagrange-Germain. Senza rispettare nemmeno l'ordine alfabetico.

Marie-Sophie se andrà nel 1831, per un tumore al seno dopo due anni di malattia. Non riuscirà a ritirare la laurea honoris causa, che l'università di Göttingen le ha conferito nel 1830, per la sua vita per la scienza.

Nel 1889 viene viene eretta la Tour Eiffel, a celebrare l'Esposizione Universale tenuta quell'anno a Parigi. Alla sua base quattro placche riportano i nomi di 72 personalità francesi della scienza: c'è Legendre, c'è Lagrange. Non c'è Marie-Sophie, che pure con il suo teorema sull'elasticità ha contribuito indirettamente, ma sostanzialmente, alla costruzione della torre.

Buon martedì.

[Tutti i post su compleanni.]

 
 
 

L'età del capitano, ovvero: non ho capito una beata fava

Post n°1804 pubblicato il 18 Marzo 2014 da tanksgodisfriday
 
Foto di tanksgodisfriday

Un
 giovanissimo Gustave Flaubert confidava alla sorella Caroline di aver in uggia (credo che voglia dire sulle palle) lo studio della matematica.
«Je ne comprends pas une fève béni», non ci capisco una beata fava, confessava, più o meno così.
«I problemi che devo risolvere non hanno né capo né coda, devo calcolare percorsi di corrieri che corrono da una parte all'altra senza apparente scopo, rincorrere lancette finché si sovrappongono, eseguire disposizioni testamentarie complicate a piacere, senza alcun fine.

Vuoi un esempio? te ne invento uno io.
 Una nave si trova in mare, è partita da Boston carica di cotone, duecento barili, e si dirige alla volta di le Havre. L'albero maestro è rotto, c'è del muschio sul castello di prua, a bordo ci sono dodici passeggeri, il vento soffia in direzione NNE, l'orologio segna le 3 e 15 del pomeriggio, siamo in maggio.
Qual è l'età del capitano?» 

È ovviamente un quesito senza senso. L'esempio di Flaubert, «l'age du capitaine», è però divenuto familiare in Francia, e comunemente utilizzato per descrivere una sorta di sindrome scolastica, quella che manifesta il Diligente Allievo quando fissa con sguardo vuoto l'enunciato di un problema, senza afferrare la benché minima correlazione tra gli elementi.
A questo punto, pressato dai minuti che scorrono veloci verso la fine dell'ora, il Diligente esegue operazioni a capocchia tra i numeri che ha a disposizione e consegna il compito, sperando nella buona stella.
L'area di un rettangolo è 12 e la diagonale misura 5. Quanto misura il perimetro del rettangolo?
Boh, proviamo: 12 + 5 = 17. Vai.

Un'analisi seria della sindrome si trova nel libro L'Âge du capitaine - de l'erreur en mathématiques di Stella Baruk, matematica, ricercatrice francese.
Sperando di non scatenare la sindrome in nessuno, ecco un problema che potrebbe essere tra quelli che angosciarono Flaubert.

Un tizio lascia in eredità ai figli la somma che ha depositato in banca e sceglie una regola decisamente complicata. Dispone, infatti, che al primo figlio vengano dati 1.000 €, più un decimo di quello che rimane dopo aver tolto i 1.000 €.
Al secondo figlio stabilisce che saranno dati 2.000 €, più un decimo della somma che rimane dopo aver tolto la parte destinata al primo figlio, e i 2.000 €.
Al terzo figlio spetteranno 3.000 €, più un decimo della somma rimasta dopo i primi due figli e il prelievo dei 3.000 €, e così via, finché all'ultimo figlio viene consegnata tutta la cifra rimasta a quel punto.
Sorpresa: tutti i figli ricevono la stessa somma.
La domanda è: quanti figli ha il tizio?

Buon divertimento.

[Tutti i post su numeri e giochi.]

 
 
 

9 marzo 1900, nasce Howard Hathaway Aiken

Post n°1802 pubblicato il 09 Marzo 2014 da tanksgodisfriday
 
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Dipartimento

  di fisica di Harvard, 1936. Il capo dipartimento Frederick Saunders ascolta la proposta del giovane professore di Fisica e Comunicazioni, Howard Hathaway Aiken: una macchina per automatizzare i lunghissimi calcoli necessari a risolvere equazioni differenziali.
«Mah, non è un'idea nuova, in soffitta c'è qualcosa del genere. Fattela mostrare da Carmelo Lanza.»

Lanza, uno dei tecnici di laboratorio, ha analizzato quegli ingranaggi di bronzo regalati ad Harvard dal figlio di Charles Babbage, molti anni prima. Sono parti della Macchina Analitica che Babbage ha progettato quasi un secolo prima, ispirandosi alle macchine tessili del francese Joseph Marie Jacquard, senza riuscire a portarla a completamento.
Aiken vede negli ingranaggi di Babbage la conferma che la sua idea non è sbagliata. La storia dei calcolatori è a una svolta.

Chi è Howard Hathaway Aiken

Howard è nato il 9 marzo del 1900 nel New Jersey, a Hoboken, da una coppia di immigrati tedeschi, Daniel H. Aiken e Margaret Emily Mierisch. Presto la famiglia si trasferisce a Indianapolis.
Il padre beve ed è manesco. A farne le spese è la mamma, che subisce continue violenze. Durante uno di questi episodi il dodicenne Howard prende un attizzatoio e costringe il padre a uscire di casa. Non si farà più vivo, lasciando moglie e figlio ad arrangiarsi.
Se la caveranno, Howard continuerà gli studi e contemporaneamente lavorerà per mantenere sé stesso, la mamma e la nonna (già, c'è pure una nonna).
Comincia installando telefoni per la locale società (più tardi si vanterà di aver installato tutti i telefoni del distretto a luci rosse di Indianapolis), poi, finito il liceo e sempre con mamma e nonna a carico, cambia città e lavoro: viene assunto a Madison dalla società che gestisce luce e gas. Il turno di notte gli lascia il giorno per studiare all'università, Electrical Engineering.
A 23 anni si laurea. Per i prossimi nove anni continuerà a lavorare nel ramo luce & gas, prima come tecnico, poi come manager. Ma non è la sua strada.

Quattro passi verso il computer

Nel 1932 Howard si sposta (sempre con mamma a seguito) a Chicago, per studiare fisica. Insoddisfatto dei programmi di Chicago, dopo nemmeno un anno passa a Harvard.
Nel 1938 si laurea, con una tesi sulla Conduzione di cariche elettriche distribuite nello spazio. Ma già nel 1935 ha cominciato ad insegnare Fisica a Comunicazioni nella stessa università.
Proprio preparando la tesi, alle prese con i lunghi e complessi calcoli necessari a risolvere le sue equazioni, Howard si convince che una macchina calcolatrice sarebbe di gran sollievo, e comincia a elaborare l'idea.
Cosa dovrebbe fare questa macchina? In estrema sintesi, nelle sue stesse parole, quattro cose:

  • dove le macchine calcolatrici utilizzano solo numeri positivi, le macchine scientifiche devono essere capaci di utilizzare indifferentemente anche i negativi 
  • quelle macchine scientifiche devono poter utilizzare funzioni come logaritmi, seni, coseni e un gran numero di altre funzioni 
  • il computer sarebbe più utile per gli scienziati se, una volta messo in moto, risolvesse il problema per numerosi valori numerici senza intervento prima che il calcolo sia finito 
  • e la macchina dovrebbe contare le linee invece delle colonne, che è più in accordo con la sequenza di eventi matematici 

Partorita l'idea, c'è da realizzarla.

Mark I, II, III e IV

Dopo il colloquio con il prof. Saunders, Aiken riesce ad ottenerne uno con George Chase, direttore della Ricerca alla Monroe Calculating Company. L'idea piace a mr. Chase, ma la Monroe non accetta di affrontare l'investimento. Così è Chase stesso a presentare Aiken a un matematico consulente della IBM, che gli procura un incontro con Thomas Watson, il boss della IBM.
Stavolta è fatta, la IBM accetta di investire. Serviranno 250.000 $ e quattro anni, dal 1939 al 1943, perché l'Automatic Sequence Controlled Calculator, per gli amici Mark I, veda la luce.
Dal lato suo, l'università di Harvard non brilla per preveggenza: accorda ad Aiken un finanziamento pari a un quarto del suo stipendio annuo, in cambio di un'opzione su un quarto del tempo di calcolo della macchina.

Una volta completato, Mark I è un bel mostro da quattro tonnellate e mezza, alto due metri e quaranta e lungo sedici, per una profondità di mezzo metro. I suoi 765.000 componenti elettromeccanici sono collegati da centinaia di chilometri di cavi.
Mark I viene spostato dal laboratorio IBM di Endicott, vicino New York, ad Harvard, dove sarà impiegato per una decina d'anni, prima per scopi bellici (la seconda guerra mondiale è ancora in corso), poi per fini didattici.

Non è veloce, ma lavora giorno e notte per sette giorni a settimana, una sirena avverte quando si inceppa. Memorizza fino a 72 numeri di 23 cifre, con relativo segno più o meno, esegue tre addizioni al secondo, mentre per un logaritmo o un seno impiega poco più di un minuto.
Andrà meglio con i suoi successori, Mark II (1947), III e IV (1952). A questo punto il calcolatore è diventato decisamente più veloce, avendo incorporato via via diverse tecniche e tecnologie. L'architettura è rimasta però la stessa: dati e istruzioni sono su memorie separate, è l' architettura Harvard, ancora utilizzata all'interno dei microprocessori (i cosiddetti core).
L'altra architettura, quella di von Neumann, nata più o meno contemporaneamente, prevede invece una sola memoria per dati e istruzioni, ed è quella utilizzata ancora oggi e da sempre nei pc.

Un'infelice predizione, ma forse non fu lui

Aiken è ricordato oggi per due motivi: la famiglia di calcolatori Mark (e quindi la nascita dell'era moderna del calcolo), e un'infelice predizione, sulla quale, in verità, i biografi non sono d'accordo.
Intanto c'è chi la attribuisce ad Aiken e chi la mette in bocca a Thomas Watson. C'è, però, anche chi mette in dubbio che sia mai stata realmente pronunciata.
Premesso questo, ecco la predizione:
«Only six electronic digital computers would be required to satisfy the computing needs of the entire United States.»
Oggi ci sono più di sei computer negli Stati Uniti, ma anche se quella frase fosse stata realmente pronunciata da uno dei due, credo che nulla toglierebbe comunque alle doti di visione di entrambi.

Buona domenica.

[Tutti i post su compleanni.]

 

 
 
 
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