Creato da elioerato il 06/07/2009

Di Noi Due

una storia

 

 

Capitolo 27

Post n°27 pubblicato il 13 Aprile 2010 da elioerato
 

- Se era autentico, hai bruciato un'opera inestimabile.
- Allora pensa che non fosse autentico. Era assolutamente inutile, per mio padre, che ne era venuto in possesso chissà come e non poteva rivenderlo, per te, che non avresti mai potuto esibirlo al pubblico, per Valerio che doveva custodirlo solo affinchè non si venisse a conoscenza della sua esistenza... E per me era solo un problema, un ostacolo che mi offuscava la mente, non rendeva chiaro ciò che avevo bisogno di capire. Era uno straccetto. Stava rendendo te uno straccetto.
Alessandra era stufa di sentirli discutere. Spostava le cose dal tavolo con fare meccanico, sistemava la cucina, riordinava il salotto, tanto per tenersi occupata e dare un qualche senso alla sua presenza.
Valerio la guardava dalla poltrona in cui era sprofondato, assolutamente insensibile ai discorsi di quei due pirati che si litigavano prede e bottini, e che avevano fatto loro prigionieri. La guardava e lo divertiva quel suo visetto imbronciato, la loro piccola fuga era andata in malora e non riusciva a capire se era a causa dell'invasione subita o di tutte le cose che ancora non conoscevano l'uno dell'altra. Era in quello stato d'animo inconsistente di quando non riusciva a soffermarsi su niente, sentiva i minuti passargli addosso senza lasciare segno, svuotato e inutile, come se sentisse che tutto ciò che aveva ottenuto dalla vita era finire in quella casa non sua, immischiato in affari illeciti e segreti irrisolti, con due pazzi che litigano e una bella sconosciuta da corteggiare, da cui lasciarsi catturare. Non si vedeva così nei suoi progetti, nella sua vecchia vita sapeva chi era, chi sarebbe diventato. Adesso lo incupiva questa instabilità. Solo una settimana prima era nella sua vecchia, banale, placida vita.
Si spaventò al pensiero. Eppure sentì una scarica di elettricità percorrergli l'anima, nel profondo. Era lì, con gli occhi che pian piano si chiudevano, la testa dolorante per il cattivo umore inespresso, lo stomaco chiuso per le nuove ansie sopraggiunte, i muscoli doloranti per la tensione. E quel freddo sottile, quel disagio di non riuscire a provare il sollievo di un po' di calore. Quasi come se gli stesse salendo la febbre. Solo una settimana prima era un altro uomo. E aveva voltato le spalle a tutto e tutti e si era infilato in un'altra vita, senza pensarci.
E adesso non poteva credere che stava concependo questo pensiero, di nuovo. Stava già covando i sintomi di un nuovo cambiamento, una nuova fuga.
Andarsene via di nuovo, sì. Ma questa volta non da solo. Ora era irrequieto, muoveva ritmicamentte la gamba, e sentiva piano tornare il buonumore a invadergli il corpo. Si era seduto composto sulla poltrona e pensieroso raccoglieva le idee, cosa fare, dove andare, e soprattutto, come dirlo a lei. Gli si presentavano infinite possibilità, si vedeva su una spiaggia delle Baleari, si immaginava per le strade di Londra, o perso nei mercatini di Atene. Riusciva ad immaginare il volto di Alessandra, i suoi sorrisi e persino i movimenti che il vento avrebbe fatto fare ai suoi capelli. Improvvisamente drizzò la schiena, quasi come fosse in procinto di alzarsi, cercava lo sguardo di Alessandra, come se potesse trovarla già complice, già consapevole di cosa lui avesse pensato. Era lì, accanto al quel camino che sembrava affascinarla tanto, assente. Lui prese i giubotti appesi vicino alla porta, le passò il suo.
- Dai, usciamo...

Dopo un po' Lisa e Diego si erano accorti di essere rimasti da soli. Era passato lo sfogo iroso di chi vedeva andare in fumo un progetto, era passata la stizza offesa di chi si sentiva usato solo per raggiungere uno scopo. Si guardavano furenti. Lisa imprecava ancora contro di lui, odiava il fatto di restare bloccata lassù senza possibilità di tornare a casa da sola, costretta a rifare la strada con lui, visto che certo i due piccioncini non l'avrebbero voluta tra i piedi. Ma nell'onda con cui lo investiva Lisa si rendeva conto che lui lo aveva fatto apposta, sapeva cosa veniva a fare quassù e sapeva che avrebbe dovuto poi restare con lei comunque tutta la giornata. Ed esprimendo questo pensiero finalmente si zittì. Anche Diego cambiò espressione, rosso d'ira ed imbarazzo. Come aveva potuto essere così ingenuo? Eppure ci aveva creduto, ci aveva sperato. Ma i fatti avevano dimostrato tutt'altro.
Restarono in silenzio per un pezzo, ognuno perso nei suoi pensieri. Poi Diego si alzò, avevano ancora qualche ora di Luce, aveva bisogno di uscire, respirare un po' di quell'aria leggera, sperando alleggerisse anche il suo animo, deluso, disilluso. Lei lo guardò uscire ancora immusonita, orgogliosa e seria, ma solo un attimo dopo gli correva dietro infilandosi il giubbotto.
- Ho paura di quella casa isolata, non voglio restarci da sola...
Diego non poteva crederci. La piccola regina dell'alta società che gracchiava petulanti capricci coome una bambina. E non capiva cosa provava, dopo la loro sinergia del giorno prima, poi quel loro scontro violento, sentirla così fragile scioglieva in lui un piccolo sorriso, di tenerezza, simpatia, non capiva.
- ...Ho visto delle orme lì fuori, topi forse, o chissà cosa. E poi tu mi odi, saresti capace di prenderti la macchina e lasciarmi qui, lo so...
Diego continuava a camminare mostrandole le spalle dure, ma ormai si divertiva a sentirla vociare, capiva che era il suo modo di mantenere un contatto, pur non ottenendo risposta. Era vivace la lotta che sentiva dentro di lui, gli piaceva quella piccola strega, gli piaceva davvero.
- ...Per questo ti resto alle costole, è inutile che allunghi il passo, non intendo perderti di vista finchè non mi riporti alla civiltà, vigliacco...
E infine cedette, tra la voglia di ridere e quella di risponderle qualcosa vinse l'istinto. Si fermò di scatto, girandosi stava ancora sorridendo, fece due passi verso di lei e la baciò con una fermezza tale da lasciarla senza possibilità di reagire, fermandole le parole sl nascere. E lei rispose al bacio, sorpresa, e lo baciò a sua volta, poi stringendolo mormorò ancora
- ...vigliacco...

Valerio parlava piano, quasi come sfiorarla, esprimeva pro e contro, capiva quanto poteva essere difficile abituarsi a sentirsi padroni del proprio tempo, del proprio spazio. Prendere e andare, nomadi viziati dalla bellezza del mondo, ottimisti e certi di potersela cavare, piccole anime in grado di fare qualunque lavoro, senza pretese. Parlava e non sapeva come valutare la sua reazione, lei lo seguiva docile e in silenzio in quella passeggiata nel bosco, e quando si erano fermati per parlare non lo aveva interrotto mai con il suo entusiasmo, non lo aveva quasi mai guardato in faccia. Adesso lui taceva e lei assorta pensava, seduta su quel tronco, infreddolita da quella primavera inquieta. Ma il sole finalmente iniziava a scaldare, la guardava mentre restava con gli occhi chiusi a godere di quel calore, il viso proteso verso la luce, l'espressione distesa, meditativa. Stava diventando pesante quel silenzio, Valerio si sentiva pronto a qualunque discussione, ma non a quella lesiva indifferenza. Dentro di sè iniziava a darsi dello stupido, come poteva averci creduto, come poteva pensare di portarla via ad una vita che amava senza ragioni plausibili? E già si ridimensionava tutto il sogno, ci sarebbero andati in vacanza in quei posti, e lui adesso iniziava un buon lavoro, e doveva sistemare la situazione di Diego e suo padre, e non poteva, non poteva, assolutamente non poteva cambiare di nuovo la sua vita. Così, quasi balbettando, insicuro e incerto, come cercando le parole nelle sue scarpe, completamente diverso dal tono disinvolto e convinto di prima, la raggiunse con i suoi pensieri, su quel viso inondato di sole.
- beh... ma solo se tu vuoi... Se non ci sei tu io non parto... resto con te... se tu vuoi...
Lo guarda lei. Una carezza, un sorriso. Un bacio dolcissimo. Un sussurro, con quella sua voce unica, pronunciato labbra su labbra,
- Tu non sai quello che mi fai.
- No. Non lo so. Dimmelo tu.
La risposta non furono parole o gesti.
Fu l'intensità di quell'amore che nasceva dentro di loro ogni minuto.
Il loro abbraccio era pura energia, totale, confusa e chiara nello stesso tempo.

 

 
 
 

Capitolo 26

Post n°26 pubblicato il 08 Aprile 2010 da elioerato
 


Era sera ormai. Il cielo iniziava a diventare blu e nella testa di Diego iniziavano a formarsi quelle nuvole dense di pensieri che offuscano le idee e le rendono più instabili. Aveva due pensieri contrastanti che lo seguivano, entrambi inspiegabili.
Il primo riguardava quel quadro, quell'inutile quadro che stava rendendo la vita difficile a tante persone.
Un foglio di carta che sembrava potesse salvare il mondo, ma in realta non aveva nessun potere, non avrebbe cambiato niente ne a suo padre, ne a quelle persone che sembravano volerlo a tutti i costi.
Pensava a Claudio, a quello che gli era successo, non glie ne fregava niente di Claudio, come a tutto il mondo forse , però pensava a Valerio, ad Alessandra, quel qualcosa che ancora li univa e li divideva al tempo stesso. Non aveva nessuna voglia che uno straccetto di carta o tela, potesse mettere in pericolo quei due.
Poi c'era Lisa, un lampo inaspettato. Un saetta che si era incastonata nei suoi vecchi pensieri.
Sapeva che la sua non era stata una visita di cortesia, eppure si era trasformata in qualcosa di più. L'aveva addocchiata spesso parlottare con i gemelli... sapeva che erano stati loro ad agredire Caludio.
Diego sapeva, sapeva molte più cose di quanto rivelasse. O perlomeno le intuiva.
Si era finto distratto nel riconoscerla in ufficio, aspettava un suo passo falso, in quella camminata lontana dal mondo. In realtà in quei passi entrambi avevano lasciato spazio alla distrazione, lasciando cadere ogni maschera si erano confessati qualcosa di inaspettato.
Aveva provato odio nel vedersela arrivare così, disinvolta e senza scrupoli. Quando invece la loro giornata si stava dividendo nuovamente , il sentimento era un altro. Un sentimento che non poteva ancora ammettere.

Valerio era sotto la doccia quando il telefono di Alessandra iniziò a suonare. Si accorse mentre usciva che era al telefono... ''come vuoi tu... non sono affari miei.. fai quello che vuoi..'' dopo di che guardà Valerio.
'' era Diego... dice che domani mattina è qui''
Gli bruciava avesse chiamato lei, poi diede uno sguardo veloce al suo cellulare e vide che aveva cercato prima lui. Un po' si tranquillizzò.
Stretti nel loro amore la tensione che si respirava lievi sparì. Il caldo del focolare ancora acceso sembrava accarezzare quel letto, sembrava far parte di quei due corpi. Carne e ossa, ossigeno e battiti del cuore in un unico calore.
La mattina si era svegliata fredda, figlia di una notte passata a mantenere acceso il fuoco. Alessandra si era svegliata presto. Piccole cose da sistemare in giro per la casa, abitudini che aveva quando si trovava li, poi si era messa a fissare il fuoco, quel fuoco tanto forte da scaldare solo con il suo colore. Guardava il e fuoco e pensava a Diego, pensavo a come sapeva essere irrazionale e violento a volte, quella violenza primitiva, di distacco e dolore, di gesti estremi anche se infantili.

Verso le undici, mentre ciacolavano appoggiati allo steccato , videro arrivare Diego nel suo fuoristrada..
Lisa era con lui, l'aveva chiamata la sera stessa del loro incontro, le aveva solo accennato di Valerio, della casa in montagna, non avava detto altro.
Un po' sorpresa di quello strano invito aveva accettato. Non poteva credere alle proprie orecchie mentre per la strada lui le spiegava cosa c'era in quella misteriosa casa, in quella misteriosa fuga. Lui parlava vagamente del quadro, come se lei ignorasse tutto, aveva catturato la sua attenzione, forse l'aveva spostata di molto dall'atmosfera che si era creata tra loro il giorno prima. Voleva guardarle dentro, dentro quella testa matta.
''voglio solo dargli una occhiata, essere sicuro che tutto sta andando per il verso giusto'' le aveva detto.
Mangiarono insieme a pranzo. Un piatto di spaghetti e qualche panino, un po' di frutta. Quattro sguardi tesi che nessuno riusciva a decifrare, Azioni rallentate che sembravano sfiorare la paralisi, nervi tesi e frasi veloci e quella figura che nessuno capiva. Lisa. Il focolare danzava indifferente a quella strana situazione, a quelle parole che uscivano con tanta fatica. Il punto della situazione che tardava ad arrivare.
Ad un certo punto Valerio si alzò in piedi. Prese il quadro dov'era nascosta la tela. Intanto si era alzato anche Diego. Si era messo con le mani quasi ad accarezzare il fuoco, a giocare con le punte della fiamma.
''eccolo... è nascosto qui dentro'' e consegnò la cornice nelle mani di Diego.
''non sono venuto fin qui per prenderlo... voglio solo essere sicuro che sia nascosto bene... che non dia più fastidio a nessuno''
Valerio non sembrava sorpreso da quelle parole, se le aspettava.
Quello che non si aspettava sarebbe successo un attimo dopo. Quando vide le sue mani appoggiare la cornice al centro del focolare, al centro della fiamma, mentre gli occhi di tutti erano intenti a non capire. Ci sarebbe stato silenzio, ma in quella stanza era presente anche Lisa. Le scappo' un  ''NOOOO'' , urlato, strozzato, avvelenato. Per un attimo il fuoco aveva perso ossigeno, forza, ma è statao solo quel'attimo, poi fece il suo lavoro.
In un istante aveva liberato quattro persone da quel pesante oggetto... Valerio, suo padre, lui stesso e specialmente Lisa. Non c'era più spazio per le recite, si poteva solo liberare la sincerità. Poteva finalmente capire se il giorno prima era davvero un giorno da ricordare.

 
 
 

capitolo 25

Post n°25 pubblicato il 17 Gennaio 2010 da elioerato
 

Lisa finiva di truccarsi, sovrappensiero. Anche se era sabato mattina, si stava già preparando per uscire. Lucida e razionale, pensava al lavoro. Non intendeva rinunciare a quel prezioso disegno, e adesso continuare con dei sotterfugi era inutile, chissà dov'era stato nascosto. Certo lo aveva portato con sè Valerio, senza nemmeno immaginare quanto valesse in realtà, ben più di quanto immaginava lo stesso proprietario. Erano originariamente cinque fogli, lei ne possedeva già due, riuscire a completare la collezione avrebbe moltiplicato il valore e forse avrebbe permesso di studiare quello strano codice di lettere e simboli nascosti tra i volti. A questo punto era necessario giocare a volto scoperto, entrare in trattativa per acquistarlo, sperando che non sapessero di cosa si stesse trattando.
Uscendo dal bagno incrociò Lorenza nel corridoio, le sorrise lievemente:
- Buongiorno!
La vide abbassare lo sguardo e rispondere arrossendo:
- Ciao...
Lisa la aspettò in cucina preparando il caffè. Le spiaceva aver disintegrato l'equilibrio che c'era tra loro. Anzi, no. Soprattutto le spiaceva non provare niente. Guardarsi interiormente era devastante: un inutile susseguirsi di storie, da un letto all'altro, da un'esperienza all'altra, sempre spingendosi oltre per vedere se esiste la passione devastante che annulla la mente. E quella cosa bella che sentiva, da quella notte in Marocco, in cui si erano (quasi) baciate, quella fantasia dolce, quella tensione emotiva che provava per Lorenza, adesso era sfumata, bruciata, persa per sempre. E peggio, forse era perso per sempre anche quel loro rapporto complice e intuitivo. Non voleva perdere l'unica amica di cui si fosse mai fidata. E non voleva soffermarsi troppo ad analizzare l'aridità di cui era capace.
Quando lei entrò nella stanza il silenzio si fece opprimente.
- Hai mal di testa Lory? Non hai dormito bene? Hai una faccia...
- No, grazie. Prendo un caffè e passa tutto.
Rispose sedendosi, sempre celando quell'imbarazzo che temeva avrebbe fatto parte di lei per sempre ormai.
- Hai bevuto troppo ieri sera...
- mmm... forse...
- Hai fatto sogni agitati stanotte...
- mmm... Dici?
- Dico.
L'accenno di sorriso di Lisa diceva tutto: "facciamo finta di niente, facciamo che l'abbiamo solo sognato, non è mai esistita questa notte..."
- Hai bevuto anche tu però. Hai sognato anche tu?
Si scioglieva ormai il gelo tra loro, Lorenza accettava volentieri questa soluzione del gioco.
- Credo di aver fatto un sogno strano e complicato... Ma non ricordo più cos'era.
Le diede un bacio sulla fronte per salutarla per uscire, come faceva sempre.
- Fai pure con comodo, io credo di stare via tutta la mattina... Ci sentiamo per pranzo magari?
Ma prima che Lorenza potesse rispondere lei era già uscita.

In taxi Lisa fece delle telefonate per organizzare l'incontro con Paolo Sassi, l'attuale proprietario di quel disegno: stabilire un contatto, riallacciare i rapporti. Era stato un grande frequentatore della sua galleria e la mossa giusta poteva essere rendersi semplicemente "disponibili" a qualunque accordo. Nell'ambiente in fondo si sa tutto di tutti: dopo il tracollo dell'azienda di famiglia in seguito alla giuda incapace del figlio maggiore, poi morto suicida appena un anno prima, Sassi stava cercando di salvare il salvabile prima di dichiarare il fallimento ufficialmente. Lei intendeva offrirsi per custodire i suoi tesori artistici nella sua galleria. Nessun accenno diretto al disegno, nessun rischio di svelare il suo fine ultimo. Seguiva questi pensieri mentre ascoltava al telefono la musichetta di attesa del centralino che avrebbe dovuto metterla in contatto con Sassi. Inutilmente. Chiuse la comunicazione con stizza, guardò fuori per raccogliere le idee. Poi diede al tassista un altro indirizzo. Non intendeva rinunciare.

La finesta dell'ufficio di Diego Sassi affacciava su un piccolo parco cittadino. La redazione silenziosa del sabato mattina era sembrata il rifugio ideale per trovare distrazione e quiete allo stesso tempo. Aveva vari pensieri per la testa, e sperava di trovare pace nell'ambiente del lavoro, l'unico campo in cui aveva avuto soddisfazione. Nella direzione del Cryptex aveva puntato su scelte nette: aveva preferito l'uscita mensile, per curare con migliore qualità i servizi. E un'impaginazione ampia per lasciare più spazio alle foto, spesso di valore artistico. E aveva curato la scelta della carta, la scelta dei colori, voleva creare un qualcosa di prezioso, che il pubblico avrebbe conservato per consultarlo poi, o semplicemente per averne riconosciuto il prestigio. Questo aveva alzato i costi del prodotto, ma restava a pari prezzo di altri mensili concorrenti. Risparmiava sulla pubblicità, comunicavano l'uscita del nuovo numero solo in rete o in radio, molto semplice ed economico, anche se la popolarità aumentava grazie soprattutto al passaparola degli assidui lettori. Tra cui spiccavano grandi nomi della musica e dello spettacolo che non perdevano occasione di adulare il Cryptex, ormai comparire tra le pagine della sua rivista era una garanzia di qualità.
Ma quella mattina non trovava consolazione nei suoi successi. Pensava a suo fratello, a come vivesse come sfida e competizione ogni piccola cosa, senza pensare, senza capire. Fino a perdersi, fino ad arrendersi tutto in una volta, fino a spararsi per non affrontare i suoi errori, o per la vergogna di averne commessi tanti, o per non essersi perdonato il proprio fallimento. Pensava a suo padre che cercava di districarsi da un anno tra debiti e investimenti sbagliati, e ora lo vedeva chiudere il lavoro di tutta la sua vita, implicato in chissà quali strategie, lecite o no, nel giro di un mese. Pensava a chi rinuncia, a chi non lo fa in tempo. E a chi invece ci riesce. Pensava a Valerio, l'amico che più stimava, sempre in conflitto con cosa è giusto e cosa è utile fare, sempre onesto nelle sue confuse idee. E faticava ad ammettere con se stesso quel livore sottile della sera prima, a confessarsi che fosse sana gelosia. Non aveva mai visto Alessandra così felice, così euforica, così innamorata. Quando stavano insieme lei non era così. Quando stavano insieme lei era...

Quando ci si perde nei propri pensieri si entra in un'altra dimensione. Il corpo resta qui, magari impegnato in qualche attività, ma la mente è via, da un'altra parte, a vivere un'altra storia, a sentire un'altro mondo. Quando Lisa è entrata nella stanza fu come l'improvviso tuono di una tempesta. E non è facile richiamare i sensi da quel mondo, così, tutti in una volta. Il viso accenna espressioni discordanti, sorriso, serietà, disappunto, di nuovo sorriso. E gli occhi hanno quella luce particolare, ci mettono un po' a perdere brillantezza e tornare in sè, normali. E' come rientrare dopo un viaggio, spaesati e distratti. Ma è questione solo di un attimo e tutto torna alla normalità.
Accorgersi di questo momento è come commettere un furto. Ma non tutti ne sono in grado, le persone spesso sottovalutano i dettagli, non si rendono conto di quando uno sta volando via, di quando non vorrebbe ancora tornare. Lisa si sentiva imbarazzata per quell'intrusione.
- Scusa, ho trovato il portone aperto... credevo foste aperti.
- Ah... Eh... No, la redazione salvo casi eccezionali il sabato è chiusa. Signorina...?
Ecco di nuovo il controllo, l'uomo giusto al posto giusto, il direttore che parla mentre è ancora girato di spalle.
- Sono io, Lisa Corona. Diego, non ti ricordi di me?
- Ma no, scusami tu... Ciao.
Si erano incontrati in varie circostanze, feste mondane, presentazioni di libri o mostre. Lisa voleva inizare una breve conversazione di circostanza, poi cadere sul discorso delle imprese Sassi e infine capire se poteva avere aiuto da lui.
- Ti ho visto ieri sera. Non sapevo ti piacesse il jazz.
- Sì... Già... Cosa c'è?
Ecco. Quanto odiava chi non seguiva i suoi copioni mentali. La gente si è inventata centinaia di modi per parlare senza comunicarsi niente, perchè azzerare anni di ipocrite buone maniere in una domanda così diretta? Non era preparata a questo.
- Ti sto disturbando, non dovevo venire qui così.
- Ma no... Non volevo essere brusco. Il fatto è che adesso qualunque cosa tu voglia da me... beh... non mi interessa, non ti presterei attenzione, non saprei risponderti.
Diego era tornato a guardare fuori dalla finestra. Il sole iniziava a scaldare e il parco giochi vicino al palazzo iniziava a popolarsi.
- Che bella giornata sta venendo fuori.
Disse. Lisa taceva, un po' offesa, un po' curiosa.
- Lisa... usciamo, facciamo un giro.
E sorrise Lisa. "Questo qui" pensò "è diverso da chiunque altro!"

Avevano camminato nel parco, sentendosi turisti stranieri: era molto piccolo in realtà, ma tra tate polacche e badanti russe, bambini colorati e vecchietti che imprecavano in dialetto si sentivano al centro del mondo, tante culture diverse lì insieme e senza in realtà toccarsi mai tra loro. Ne parlavano mentre si sedevano sull'unica panchina libera, in pieno sole, in riva al piccolo stagno.
- Ma in fondo nessuno si tocca mai davvero. Non conosciamo nessuno, nemmeno noi stessi, e i piccoli contatti che abbiamo, che crediamo di avere, sono artificiali, restano vuoti.
Diego parlava senza preoccuparsi di chi aveva di fronte, era come se i pensieri che aveva sempre avuto solo in quel momento trovassero il giusto linguaggio per venire espressi. E certo era piacevole passeggiare con una bella donna, colta, elegante. Ma non gli interessava conquistarla o sedurla in qualche modo, solo riuscire a farle capire i suoi pensieri.
- Il fatto è che le persone hanno troppa paura di conoscersi, perchè conoscere se stessi, o un'altro, significa affrontarsi, e questo crea dolore, e questo fa paura. Perciò poi si arrendono.
Lisa intuiva che stesse parlando di suo fratello. Taceva e ascoltava, attenta e partecipe di quei discorsi. Perchè nessuno mai le aveva parlato così? Perchè è così difficile dirsi queste piccole verità?
- La cosa triste è che il dolore più difficile da affrontare lo impariamo fin da piccoli. Tutti gli altri sono piccoli dispiaceri al confronto, sono piccoli disturbi, superabili.
- E quale sarebbe il dolore più doloroso?
Lisa si interessava, si sentiva come in quei libri di parole fitte fitte in cui si scoprono misteri che avevamo sempre taciuto dentro noi stessi, pensava al contesto, ai discorsi e si sentiva fuori dal mondo.
- La felicità sta dietro ad una porta. Ad un certo punto finalmente arriviamo a questa porta e scopriamo anche di avere con noi la chiave giusta per aprirla. Ma, in coscenza, non possiamo aprirla. Ne siamo capaci, ma non potremo mai aprirla. Mai. Questo "mai" è il Dolore. E non è fatale, non è mortale: è un dolore cronico che viviamo da sempre, per sempre, come l'essenza più intima che siamo, così totale e completo da essere parte di noi. E non puoi scappare dai tuoi "mai", in nessun modo.
Lisa non riusciva a capire. Coglieva la vastità di questo pensiero, ma non riusciva a leggerlo in se stessa.
- Avevo una ragazza fantastica, meravigliosa, che voleva solo il mio amore, la mia attenzione. Volevo essere alla sua altezza, volevo essere perfetto per lei, volevo essere il migliore perchè fosse fiera di me. E volevo valorizzare le sue doti perchè il mondo intero riconoscesse il suo valore. E solo dopo pensavo a stare insieme, finalmente, a completarci io e lei. Era questa la mia chiave.
E dicendolo raccolse un sasso e lo tenne in mano.
- Ma preso dal mondo che volevo creare per il nostro futuro, non mi sono occupato abbastanza di noi, nel presente. E l'amore che lei provava si è spento.
Lisa era assorta quando suonò il suo cellulare. Rifiutò la chiamata, come se fosse una consuetudine, un segnale.
- La mia porta allora è lui.
E sorrise indicando il cellulare, sorpresa di aver raggiunto una tale confidenza da sentire la sua voce esprimere quelle sensazioni.
- L'unico uomo al mondo che amerò mai, l'unico che mi ama davvero. Ma è sposato, ha famiglia. E la mia chiave è questa.
Raccolse anche lei un sassolino, e lo guardava come la cosa più preziosa al mondo.
- So che lo renderei felice. Ne sono certa di questo. So che con me sarebbe davvero felice, totalmente. Ma adesso no, ormai no. So anche che non supererebbe mai il rimorso di lasciare sua moglie e i suoi figli, di spezzare il cuore a chi vive con lui. Per questo non userò mai la mia chiave. Resto davanti alla mia porta e non oso nemmeno bussare. Figuriamoci insistere con una chiave.
Si guardarono un po' commossi, e confusi, increduli di tanta sincerità. Ancora con quei sassolini in mano.
- E di queste chiavi allora che ne facciamo?
- Niente...
Sorrisero tra loro, e lanciarono i sassi, le loro chiavi, i loro "mai" nell'acqua. Guardarono i riflessi delle onde concentriche perdersi nel piccolo stagno, ognuno raccolto nei propri pensieri, immaginando che fosse ora cercare un'altra felicità, e allo stesso tempo ritenere bellissimo anche solo avere qualche piccolo spazio in quella stessa felicità.
Diego scherzò:
- Dai, la felicità non scappa, ci aspetta. Troveremo una finesta aperta da cui entrare prima o poi...
Prese sottobraccio la sua nuova amica e la invitò a prendere un caffè. E lei non si ricordava nemmeno più cosa era venuta a fare da lui...
- Caffè?
- Caffè!
- E poi lo sai come si dice... si chiude una porta.. si apre un portone...
Diego lo disse con leggerezza, ma non si sapeva spiegare cosa sentisse.
Era stata una mattina sorprendente, non avevano mai parlato così con nessuno.

 


 

 

 
 
 

Capitolo 24

Post n°24 pubblicato il 07 Gennaio 2010 da elioerato
 



Alessandra e Valerio stavano a gambe incrociate nel letto ancora caldo, l'uno di fronte all'altra.
Un silenzio intimo, fatto di sguardi e mani che giocavano tra loro, come le dita dei piedi, simmetriche in quel disegno, sfiorarsi e accarezzarsi. Dalla finestra filtrava la luce del mattino, una luce di raggi sfumati, dai contorni definiti, una proiezione di complicità nel letto immerso nella penombra della camera. Una luce che riempiva i loro sguardi, il loro viso, i loro gesti.
Lei è percorsa da un brivido, si gira e in un istante si ritrova avvolta da un abbraccio, un corpo solo e pensieri che scivolano avanti e indietro senza quasi nemmeno parlare.

- avrei un'idea per questo fine settimana... Ezio ha una casa in montagna a poco più di un ora da qui... ogni tanto mia zia ci va per far cambiare l'aria, spolverare un po'... e quando non può ci vado io.. e oggi lei non può!
- non saprei... non vorrei aprofittare..
- non ti devi preoccupare, Ezio ne sarà contento, poi lo andiamo ad avvisare.

Il telefono di Valerio inizia a suonare, Alessandra si allunga in avanti verso il comodino per prenderlo.
Mentre lo passa a Valerio, riesci a scorgere la scritta 'Claudio'.
Parla solo Claudio, perchè Valerio si limita ad annuire e a dire 'mi dispiace' oppure 'non ne ho idea'.

Un altra sostanziale differenza tra Valerio e Claudio! Il primo , al contrario del secondo, non parlava mai del suo lavoro, con nessuno, nemmeno con i colleghi, se non lo stretto necessario.
Valerio, in tutto il tempo che avevano passato insieme, non aveva detto a Lorenza quello che Claudio le ha detto in un paio di sere di frequentazione.
Una delle faccende ereditate da Valerio era il fallimento di quella società, e solo l'orgoglio e la falsità di Claudio avevano salvato Valerio da un coinvolgimento. Forse.
Claudio se ne vantava quasi fosse stato merito suo quel lavoro, come tutti gli altri che gli erano piovuti dal cielo.

Mentre ancora stringeva Alessandra, il suo tono si fece più serio.

- è successo qualcosa?
- non ho capito bene... era spaventato... ieri è stato aggredito a casa mia... ehm... sua... e ancora non sa bene perchè... Senti... allora facciamo quella cosa? andiamo adesso da Ezio? e poi mi servirebbero un paio di cose da lui.
- va bene, ma non capisco tutta questa fretta adesso! mi nascondi qualcosa?
- no... non lo so... forse... ma non a te direttamente..
- a volte sai essere così strano..
- non ti devi preoccupare, una volta che siamo nella casa di Ezio ti spiego tutto.

Con ancora il telefono in mano inizia una nuova telefonata...

'ciao Diego ... senti per oggi non so se riusciamo a sentirci...  così ha chiamato anche te? e tu da quando in qua ci parli? ... lo so lo so... ma quello era un favore a tuo padre, non centra niente con il lavoro... si è spaventato? digli pure che non scappo da nessuna parte non mi importa un gran che di quel pezzo di carta... se non ti fidi me ne libero anche adesso, vieni a prenderlo quando vuoi... oppure? oppure niente... pensavo di portarlo da un'altra parte... non è più tanto al sicuro qui... ok ti farò sapere.'

Alessandra aveva un espressione sempre più perplessa.

- forse mi devi delle spiegazioni adesso...
- si hai ragione

Si alza in piedi, si avvicina ad un quadro appeso in camera, lo toglie dalla parete e lo porta nel letto.

- un cliente.. il padre di Diego... qualche mese fa mi aveva chiesto un favore... salvare il salvabile... e mi ha dato in consegna questo! 
- non sembra un gran che...
- nemmeno a me, però il vero tesoro è all'interno, nascosto, ma non l'ho mai visto...

Una volta salutato e ringraziato Ezio, si infilano nell'auto di Valerio, dove le loro valigie gia aspettavano.
E' sempre troppo lungo un viaggio fatto di silenzio e mistero. Ci si accorge in modo inaspettato di non conoscere le persone che ci sono vicine oppure si vedono emergere lati più oscuri o poco chiari.
Casa di Ezio era situata poco oltre le prime montagne, un piccolo paese semiabbandonato raggiungibile in una decina di tornanti. Un bel rustico risistemato gia da diversi anni.
Si respirava davvero bene, ed era bello accorgersi di questo appena scesi dall'auto. Piccolo cortile in porfido e recinto di legno a fare da bella cornice.
Erano un paio d'anni che Alessandra aveva smesso di fumare, e a sentire tutta quell'aria pulita, per compensare tutto quell'ossigeno puro, le sarebbe piaciuto respirare una sigaretta. Respirarla profondamente e poi riossigenarsi immediatamente.
Entrarono nella casa e subito spalancarono le finestre.
Faceva freschetto rispetto alla città e l'ombra delle montagne vicine ancora oscurava il paese. Valerio notò subito il caminetto al centro della stanza, un bel focolare.
'dobbiamo accendere il fuoco' disse Alessandra, 'fa parte delle consegne di Ezio'
- dov'è la legna?
- vieni ti faccio vedere...
- ma è tutta bagnata! non so se è il caso di accenderlo..
- ma si.. vedrai che è facile ci mettiamo sopra di tutto... carta segatura diavolina...
Dopo aver preparato accuaratamente quel piccolo cumulo di carta e pezzi di legno umidi, Valerio con un gesto rapido diede fuoco alla carta.
Il fuoco iniziò a prendere vita, un'intensità improvvisa, ma durò poco... la fiamma calava e il fumo si impossessava della sala, dopo cinque minuti di inutile panico si ritrovarono in giardino a ridere come due pazzi. Infreddoliti e divertiti rimasero seduti nella staccionata a respirare ossigeno puro e il lieve fumo che dalle finestre arrivava fino a loro. Solo dopo un ora si accorsero che il fumo non c'era piu'... il fuoco aveva vinto. Entrarono e videro il bellissimo spettacolo del focolare acceso e scoppiettante.

 
 
 

Capitolo 23

Post n°23 pubblicato il 08 Dicembre 2009 da elioerato
 

- Sei stata crudele a portarmi qui. Tu lo sapevi e volevi solo ferirmi.
Lorenza brontolava immusonita mentre saliva nell'auto di Lisa, parcheggiata poco distante dal locale.
- Sono stata un'amica invece. Io lo sapevo e dovevo spronarti. Stanno insieme, solo da poco, non ti ha tradita, ma adesso è finita davvero, toglitelo dalla testa.
- Io già me lo stavo togliendo dalla testa, perchè mi hai portata qui?
- Perchè ti conosco Lory, tu ci pensavi troppo ancora... pensavi a come riprendertelo, a come ferirlo almeno... ma anche a proposito di Claudio, non puoi fidarti di lui...
- Cosa centra lui adesso?
Lorenza restava sempre sorpresa dalle intuizioni di Lisa, avevano qualcosa di stregonesco: in poche parole le aveva riassunto la confusione di stati d'animo degli ultimi giorni.
- Piccola, io mi interesso di molte cose, lo sai... ho la certezza di ciò che dico.
Mentre parlava Lisa guidava sicura la sua minicooper rossa, e quando cambiò strada Lorenza si accorse che non stavano ancora tornando a casa. Si accorse di questo Lisa e la anticipò.
- Andiamo all'Etoile... Basta musica sdolcinata, hai bisogno di disco adesso.
- E certo tu lì hai qualcuno da incontrare, vero?
Si sorrisero.
Lisa aveva sui 35 anni, lunghi capelli neri legati un una coda alta, severa, molto truccata e molto sofisticata, curava i dettagli, dai gioielli alle scarpe, tutto emanava un gusto particolare, indipendente, libero. Sapeva guardare dentro le persone, intelligente e persuasiva, riconosceva dai gesti i punti deboli e le abilità di ognuno.
Lorenza era più giovane, delicata e algida, una biondina elegante e raffinata, i suoi modi educati e i suoi toni pastello erano l'opposto dell'amica, eppure andavano in sintonia in tutto. In comune avevano molto in fondo.

Non si sa quando nascono le ambizioni. Forse da bambini, quando si iniziano a tirare le somme di cosa manca e cosa c'è. Forse più in là, quando si inizia a focalizzare cosa si vuole davvero, cosa serve per se stessi. Ci sono casi in cui una persona non ha molto e pretende di più, si impegna e si destreggia per migliorare la propria posizione, e quando si allontana decisamente dallo stato iniziale si placa, si ferma, si gode i risultati. A volte invece una persona ha già tutto ma vuole dimostrare che serebbe stato in grado di raggiungere quel livello con le proprie forze. Queste persone non hanno scrupoli. Perchè non conoscono limiti alla loro sete, non basta la ricchezza, non basta la forza, cercano il potere. Chi possiede già continuerà a volere di più per il semplice fatto di non aver conosciuto mai il nulla, e perchè lo temono da morire. La sana ambizione che porta a progredire esplode in avidità, e non c'è più scampo, ogni altro progetto o scopo in quell'anima si annichilisce, lasciando il posto ad una lucida disumanità.

Lisa apparteneva ad una famiglia molto conosciuta, aveva parenti in politica, parenti nello spettacolo. Erano dal lato di sua madre, e questo le piaceva, godeva degli stessi privilegi senza portarne l'ingombrante cognome, e poteva lavorare con più autonomia. Perchè Lisa aveva lavorato sodo, tutta la vita, quasi per confermare il suo diritto di appartenenza al clima di eccellenza della sua famiglia. Era stata la migliore del corso all'accademia delle Belle Arti, e puntando sulle proprie conoscenze e sulle proprie capacità aveva iniziato ad organizzare mostre ed eventi artistici sempre più esclusivi. Fino a ritrovarsi a nemmeno trent'anni proprietaria della più illustre galleria d'arte della città. Ma voleva di più, e non sapeva ancora cosa. Mancava un elemento fondamentale per farla sentire completa.
Conobbe Lorenza durante uno degli allestimenti più importanti, lei lavorava come arredatrice. Rimase molto colpita dalle sue idee originali e l'iniziò a frequentare per lavoro, diventando poi amiche. E ormai la portava con sè ovunque, nei suoi viaggi d'affari come assistente, ma non solo, e come compagnia, ma non solo.

Lorenza conosceva bene ormai tutti i risvolti del lavoro di Lisa, quanto incidevano soprattutto i momenti informali: tra feste e serate venivano presi accordi con artisti e commesse importanti. Era davvero una bella vita, bei vestiti, bella gente, in bellissimi posti. E L'Etoile era uno dei suoi preferiti, una discoteca molto raffinata, dove le ragazze immagine volteggiavano in tutù sospese nell'aria, la musica era assolutamente piacevole e la selezione all'ingresso faceva sentire importanti tutti coloro che entravano, per il solo fatto di trovarsi lì. Era riuscita a portarci Valerio una sola volta. Ma sembrava un pesce fuor d'acqua, assolutamente estraneo all'euforia che sentiva lei, di essere lì, di essere lì dentro proprio loro due, entrati per merito di Lisa. Restarono un'ora, tornarono a casa senza dire una parola. Ricordando quella serata Lorenza realizzò quanto fossero distanti, quanto diverse erano le loro anime. Tutti i discorsi di lui sulla moralità, il disagio per il suo lavoro. Sì, ne avevano parlato e lei aveva minimizzato, "Pensa ai soldi Valerio! Pensa a quello che hai! Non basta questo a metterti a posto la coscenza?" No, non bastava. Lo capiva adesso che l'aveva visto felice, fuori da quella vita.

Erano quasi arrivate. Quando vide il suv dei gemelli Lorenza capì chi erano andate a incontrare.
In un periodo di crisi economica non esiste nulla di meglio per nascondere il proprio capitale che un'opera d'arte. Ma non sono tutte adatte: devono essere preziose, ma acquistabili lecitamente, e non troppo conosciute, o subito si saprebbe chi la possiede. Claudio si stava occupando della bancarotta di una famosa S.p.A, Lorenza aveva fiutato l'affare, e presto scoprì che un piccolo foglio di carta avrebbe rappresentato due milioni di euro. Era un disegno di Picasso, uno studio per una delle opere minori, certamente autentico. E che Lisa assolutamente voleva.
Mentre Lisa spiegava questi dettagli aggiunse il suo particolare appunto.
- Ho detto ai ragazzi di dire che cercavano te. Che volevano fare del male a te. Molto molto chiaramente. Lo hanno pestato Lorenza, gli hanno rotto il naso forse. E lui non s'è degnato di avvisarti, anzi, ha anche detto dove ti ha visto l'ultima volta, subito, senza pensare a nasconderti. Non puoi fidarti di lui. Toglietelo dai piedi.
Lorenza era sorpresa, dispiaciuta, adirata.
- Come puoi pretendere di controllare tutta la mia vita? Chi incontro e cosa faccio non centrano con te, non hai il diritto di usare i tuoi mezzi per dimostrarmi niente.
- Lo devo fare per te, perchè tu possa aprire gli occhi!
- E cosa significa stasera? mi stronchi Claudio, mi annienti Valerio... dentro di me non devo pensare a nessuno?
Lisa adorava questi atteggiamenti infantili, era una delle cose di Lorenza che amava di più... già... amava... Una piccola smorfia interiore si espresse nel suo sorriso...
- Devi pensare a chi vuoi... e a chi vuole te. Non sopporto se perdi tempo. Dai, siamo belle, siamo sane, non ci manca niente... divertiamoci stasera, ok?

La notte era diventata piacevole finalmente. Mentre tornavano a casa tornava anche il buon umore, quello un po' amaro dell'alcool e dello stordimento, quello un po' acido di piccoli egoismi e della confusione. Lisa era stanca e non riusciva a guidare, Lorenza la stava accompagnando, si sarebbe fermata da lei, non aveva voglia di tornare a casa sua. Ridevano e scherzavano commentando la serata, le persone, le storie. Poi a casa la familiarità, le confidenze, la complicità tra donne, spogliarsi, struccarsi, lavarsi, pettinarsi, i piccoli riti prima di andare a letto.
- Mi sta venendo mal di gola, guarda un po' nel mobiletto, dovrei avere delle pastiglie...
Lorenza aprì l'anta di fianco allo specchio, erano entrambe in bagno a prepararsi per la notte, insieme come di consuetudine, come sorelle, come...
Non seppe spiegarsi come le venne in mente, forse ci aveva fantasticato tanto, forse quella sera aveva bevuto un po' di più, forse lo voleva davvero. Lo aveva visto fare a Lisa tante volte, nei locali, per salutare gli amici più intimi, per fare l'alternativa. E anche quella sera, con i gemelli. Lisa metteva una piccola pasticca sulla lingua, chissà cosa, anfetamina o ecstasi, ma lei non prendeva niente. Lasciava la prendessero gli altri cui la offriva, con un bacio.
Quando Lorenza si ritrovò con la pastiglia in mano non si rese nemmeno conto di averci pensato, di stare per farlo. Ne spinse fuori una dal blister e se la pose sulla punta della lingua, con lo stesso gesto teatrale che vedeva sempre fare a Lisa. E Lisa sorrise, dolce e provocante insieme, e un po' meravigliata, quasi timorosa,  si avvicinò.
Ma questo bacio non si fermò come succedeva con le altre persone.

 

 

 

 
 
 
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