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l’ipocrisia, l’opportunismo, chi indossa una maschera solo per piacere a qualcuno, l’arroganza, chi pretende di dirmi cosa devo fare, chi giudica, chi ha sempre un problema più grosso del mio, sentirmi tradito, le offese gratuite, i luoghi affollati, essere al centro dell’attenzione, chi non ascolta, chi parla tanto ma poi…, l’invidia, il passato di verdura





 
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Post n°530 pubblicato il 28 Febbraio 2015 da enodas

 


Sono sceso dal treno e mi sono trovato in un luogo che non conoscevo. Una stazione nuova. Dopo anni di lavoro, tanto che già scavavano da un bel po' quando me ne sono andato. E' curioso che, senza che lo sapessi, questa stazione sia stata aperta al pubblico proprio oggi: si capisce immediatamente dalla gente che staziona e si muove senza quel piglio di chi un treno lo deve prendere.
Proprio oggi, dopo anni, sono tornato a Delft, e questa stazione dall'aspetto moderno incastrata nel profilo di una città che fa mostra della propria storia dai secoli dell'epoca d'oro, apre i battenti ed onestamente lascia spazio a qualche perplessità sulla necessità, a volte un po' noncuranza, con cui qui si accosta il nuovo al vecchio senza tanti problemi.
Non é semplice tornare qui. Lo sapevo, e l'ho sempre evitato, quasi fosse una promessa al contrario. Mentre ero in treno, mi ero accorto che non riuscivo a ricostruire esattamente il tragitto che dalla stazione mi conduceva alla mia casa. Poi, inavvertitamente, é successo qualcosa che non immaginavo. Senza pensarci, sono uscito dalla stazione ed ho iniziato a camminare, ed automaticamente, ho attraversato ponti e percorso vicoli, come ogni giorno; svoltavo, osservavo le stesse cose, addirittura mi fermavo agli stessi punti dove sai che quasi sempre arriva qualcuno dalla strada.
E sono arrivato davanti a casa: una porta chiusa di cui non possiedo più la chiave. Ho rivisto me stesso, seduto sul pavimento, una mattina di ottobre: di fronte a me c'era uno spazio vuoto che consegnavo indietro all'agenzia. E' l'ultima immagine che avevo portato con me, l'ultima fotografia che avevo scattato. Sono anche ripassato dal lavoro, lungo poche centiania di metri che avevo percorso per quattro anni. Ogni angolo cambiava lentamente, impercettibilemnte, e rimaneva uguale ai miei ricordi. Ricordi appesi ad ogni angolo, ad ogni punto. Del resto ho vissuto qui per quasi cinque anni. Ho riso, ho pianto, a volte mi sono sentito terribilmente solo. Ma ho sempre amato questa cittadina che un pittore immortalò centiania di anni fa con una ragazza enigmatica ed un gioiello di perla.
Ho infranto la mia promessa, ho affrontato me stesso. Perché l'epilogo che rappresentava quel giorno di ottobre, portava con sé tristezze e ferite che non si cancellano. Sapendo che da una tempesta si esce, prima o poi, inevitabilmente trasformati. Sapendo che quella tempesta é comunque sempre lì, pronta ad esplodere in ogni momento. Del resto, per uno fatto così, che ogni ricordo rimane, indelebile e custodito gelosamente, non può essere altrimenti.
Sono tornato per delle compere. Proprio come la prima volta che giunsi qui, in visita di pochi giorni. Mentre il mercato del sabato animava il centro cittadino ed ogni cosa era al suo posto. Ci muoviamo attraverso infinite linee del tempo, ed ognuna ha il suo ritmo, che non é il nostro. Possiamo solo districarvici sull'onda dei ricordi, delle emozioni e della razionalità.
Perché ogni cosa che facciamo lascia un segno e aggiunge un tratto. Magari impercettibile, soprattutto a prima vista. Ed ogni decisione ci indirizza verso un nuovo incrocio. Ed il confine che marca il confine di equilibrio é molto labile e basta poco perché i pensieri lo valichino inavvertitamente per finire chissà dove. Le ferite rimangono, rimarranno, non c'e molto da fare. Così come la malinconia che si accompagna, più o meno inevitabilmente, ai ricordi. Acquerelli lasciati su una tela abbozzata. E qui ce ne sono tantissimi.
Allo stesso tempo mi veniva in mente un'altra immagine, quella di un molo, non molto lontano da qui, spazzato dal vento, dalle onde del mare e dalla sabbia che sibilante striscia sui passi, ed una sedia vuota. E che pensavo che ho le risorse, la forza per affrontare tutto questo. La forza dell'affetto di chi mi ama e mi vuole bene, la forza di quello che faccio e di chi mi stima per quello che sono, anche a costo di un po' di solitudine, dei viaggi affrontati, della musica e della bellezza, cos
ì come di ogni esperienza. Non eviteranno ferite profonde, ossa rotte e lacrime silenziose, ma terranno le spalle larghe e lo sguardo alzato.
Malinconia, inevitabilmente.

 

 
 
 
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