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la musica, suonare il pianoforte, suonare il mio violino, la luce del tramonto, ascoltare il mare in una spiaggia deserta, guardare il cielo stellato, l’arte, i frattali, viaggiare, conoscere e scoprire cose nuove, perdermi nei musei, andare al cinema, camminare, correre, nuotare, le immagini riflesse sull’acqua, fare fotografie, il profumo della pioggia, l’inverno, le persone semplici, il pane fresco ancora caldo, i fuochi d’artificio, la pizza il gelato e la cioccolata


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l’ipocrisia, l’opportunismo, chi indossa una maschera solo per piacere a qualcuno, l’arroganza, chi pretende di dirmi cosa devo fare, chi giudica, chi ha sempre un problema più grosso del mio, sentirmi tradito, le offese gratuite, i luoghi affollati, essere al centro dell’attenzione, chi non ascolta, chi parla tanto ma poi…, l’invidia, il passato di verdura





 
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Post n°720 pubblicato il 10 Settembre 2017 da enodas

 

 

 

Osservo questo mare, così lontano ed al tempo stesso così vicino. Lontano, come l'orizzonte, le tempeste che vi si scorgono, fino ad inghiottirlo, ed i colori che si allargano in cupe variazioni di blu. Vicino perché lo sfioro, prima con il suono che sale da queste scogliere a precipizio, poi con il sapore dell'aria, ed infine sulla spiaggia, tracciando passi che verranno cancellati a breve, non importa, purché mi conducano e sfiorare l'acqua, ancora fredda, dell'Atlantico. Questo mare é una presenza costante, nei suoi suoni, nei suoi colori in continuo movimento, una linea che ci accompagna, guidando lungo la costa, camminando sulle scogliere, é il nostro compagno ed il nostro divenire.

 

 

Ci fermeremo qui, anche solo un istante. Troppo accesi i colori, troppo forte l'emozione. Tramonta, il sole é già andato in realtà, ma davanti a noi é una tela di linee di fuoco. Per un attimo, ho rivisto i miei cieli patagonici, si sono accesi tra i ricordi ed ho lasciato che fossero spazzati dal vento, modellati da una forza invisibile che li rende ancora più epici, ancora più indimenticabili. Ci lasceremo andare, verso la spiaggia, che la bassa marea ci lascia conquistare, poco a poco, per correre verso i riflessi, immergervisi magari, ed ancora andare oltre, cercando quel punto di fusione che accomuna cielo e terra e, per un attimo soltanto, si mostra in un bagliore di fiamma.

 

 

Ho cercato la fine del mondo. Perché questi sono quei luoghi che in qualche modo entrano nell'anima come ricordi indelebile. Così mi piace chiamarli. Ognuno di questi scogli era in qualche modo una fine del mondo: oltre non potevo andare, se non con i miei occhi, ed il mio cuore. Li ho cercati, su una mappa, punti col nome di un faro, o evocazione di marinai. Per loro erano speranza, salvezza e distruzione allo stesso tempo. Per me sono un approdo, cui arrivo da terra, sperando nel bagliore di un tramonto o sfidando i colpi di un vento pronto a scaricare raffiche di pioggia. Ho l'illusione di poterlo guardare dall'alto, l'oceano, e dominare la forza rabbiosa delle onde che si infrangono e delle correnti che seminano schiuma di rabbia. Vertigine, guardando sotto di me. E come una mano che si stende disperatamente in avanti, alla fine del mondo gli ultimi spuntoni di roccia si protendono verso questa forza invincibile, indomiti fino a farsi inghiottire, perché quel punto di non ritorno possa essere un po' più in là.

 

 

"...One man caught on a barbed wire fence
One man he resist
One man washed up on an empty beach
One man betrayed with a kiss.

In the name of love
What more in the name of love..."

 

 

 
 
 
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