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Post n°730 pubblicato il 08 Novembre 2017 da enodas

 

 

"...Se zannute serpi ci incutessero collera, noi scacceremo l'ira, presteremo fede soltanto all'amico, soltanto lui ascolteremo..."

 

 

Parte Sesta - Il deserto della Storia

 

Ho udito un canto uscire dagli stipiti colorati. Da lontano, l'oscurità che avvolge l'interno fa sembrare l'ingresso sbarrato da una porta. E' un canto senza sincronia, senza melodia che non sia quasi un lamento ripetuto, uno scioglilingua. Un'altra pagina, voltata, sul lato alto. Il canto continua. E l'oscurità diventa adesso una luce diffusa, annebbiata dai fumi d'incenso, materializzata da sprazzi di luce filtrati da qualche finestra. E quel canto si materializza attraverso i profili di teste rasate, disposte secondo una gerarchia, in movimento nel tempio secondo una gerarchia, attraverso gesti comuni e di servizio, dal cibo al latte bollente, alle carte che non so leggere. Si muovono, indistintamente, un'onda ritmica e lontana, molto più della manciata di metri che mi separano da loro.

 

 

Questo canto é un canto soffocato. Così é stato, in tempi recenti. Ovunque, attraverso la Mongolia, ho trovato rovine silenziose che non erano altro che miseri resti di pietra quasi indistinta. E' uno dei segni impressi dalla Storia, materializzata nell'invasione/ soggiogazione sovietica in anni di distruzione fisica di questi luoghi e di carneficine dei monaci che vi vivevano. Quel poco che quasi per caso é rimasto, nella sfolgorante ricchezza dell'arte e nelle infinite variazioni di divinità che a me appaiono mostruose danno razionalità a questo scempio sistematico: per conquistare e sottomettere si deve annientare tutto ciò che é parte di un'identità. Così é stato per la lingua, del resto. E' un argomento che rimane interessante, del resto, anche al minimo accenno che si riesce a condurre, quasi intuire, con la nostra guida: quello di un paese enorme e spopolato stretto in un abbraccio fatale tra due giganti. Nel recupero della lingua scritta, che richiederà una generazione per compiersi. Nell'economia, cannibalizzata dal Dragone, onnipresente negli oggetti in vendita al mercato, nelle miniere che in una lontananza quasi invisibile sventrano il paesaggio, sconvolgono l'equilibrio naturale del nomade con la natura che gli é data e rischiano di prosciugare quel poco d'acqua che sopravvive nel deserto. Eppure, nonostante queste cicatrici profonde e contro l'evidenza del mercato, sembra che nelle proprie intenzioni i Mongoli rinsaldino il proprio abbraccio con la Russia e mantengano un'ostilità profonda ed antica di secoli con la potenza cinese.

 

 

Mi sono arrampicato sulla montagna. Anche se in realtà ogni rilievo qui potrebbe essere tale e per questo venerato in nome di una spiritualità che si lega saldamente con la natura. Ho attraversato una foresta di foglie dorate e stranissimi fiori che con steli che salivano come arabeschi ricoprivano di bianco come fosse cotone interi appezzamenti di sottobosco. Sbucato in una radura, ho osservato in alto, seguendo il sentiero che sulla roccia si distingueva fino a scomparire nello strapiombo all'ingresso di una caverna sacra abitata in passato dall'eremita il cui pensiero e la cui arte rimangono impressi in un atto di venerazione, o improvviso salire verticale come una piccola scalata. Rigorosamente in senso antiorario. Isolati dal mondo, isolati dal tempo, ancora di più, se possibile: il silenzio che risuona da questo punto elevato sul mondo guida i miei occhi e spazza le fronde degli alberi che fino a poco fa mi nascondevano sotto di esse ed é qualcosa di speciale, perché é lo stesso che ascoltava l'eremita, l'artista, il filosofo.

 

 

Pur nella sua declinazione moderna, questo rimane un mondo difficile ed inaccessibile. E' come se quel canto salmodiato creasse una nube fitta, quasi materiale, attorno se stesso. Una protezione, un gradino per salire sul quale é necessario abbandonare qualcosa. I monasteri antichi non esistono più, sono stati cancellati. Qualcosa rimane, nascosto qua e là, salvato da coincidenze o circostanze. Su questo altare, arde una filosofia che é sopravvissuta, rinnovata nelle offerte, nelle fiamme leggere, nell'educazione dei bambini ed in quel canto asincrono, e che nella Mongolia di oggi, lentamente riprende vigore.

 

 

 

 
 
 
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