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la musica, suonare il pianoforte, suonare il mio violino, la luce del tramonto, ascoltare il mare in una spiaggia deserta, guardare il cielo stellato, l’arte, i frattali, viaggiare, conoscere e scoprire cose nuove, perdermi nei musei, andare al cinema, camminare, correre, nuotare, le immagini riflesse sull’acqua, fare fotografie, il profumo della pioggia, l’inverno, le persone semplici, il pane fresco ancora caldo, i fuochi d’artificio, la pizza il gelato e la cioccolata


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l’ipocrisia, l’opportunismo, chi indossa una maschera solo per piacere a qualcuno, l’arroganza, chi pretende di dirmi cosa devo fare, chi giudica, chi ha sempre un problema più grosso del mio, sentirmi tradito, le offese gratuite, i luoghi affollati, essere al centro dell’attenzione, chi non ascolta, chi parla tanto ma poi…, l’invidia, il passato di verdura





 
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Post n°492 pubblicato il 13 Agosto 2014 da enodas

 

 

"C’era una volta un vecchio asino che aveva lavorato sodo per tutta la vita..." Inizia così, una favola. Chissà se, da qualche parte, attraversi anche io quella strada dei fratelli Grimm, dove un asino, un cane, un gatto ed un gallo si trovarono, uno ad uno. Chissà se forse era la strada che costeggia le rive del Weser, questa sera puntellata di luci, di figure animate che si spostano da un lato all'altro della strada, una sera d'estate, con boccali colmi di birra, tra chioschi e locali, per adagiarsi infine sui gradoni di pietra levigata che seguono il corso del fiume. Un vociare continuo e soffuso, sospeso sulle acque nere e silenziose del fiume. Un viatico di calore, verso il cuore della città, una piazza nascosta dietro una manciata di viuzze che partono dalle rive del fiume. E' come se un angolo di Medioevo mi osservasse silenzioso. Silenzioso, come questa piazza, illuminata ad arte, tra gotico e moderno, sorvegliata da figure di cavalieri e, in un angolo piccolo piccolo, pure da loro, i quattro musicanti di Brema, allo scoccare della mezzanotte. Ecco, tra sera e primo mattino, attraverso più volte queste strade, perdendomi magari nel quartiere più antico, dietro vicoletti ornati di ogni tipo di oggetto sfizioso e colorato a decorare una finestra, o l'uscio semiaperto di un giardino nascosto. Quando la luce del giorno é cambiata, e gli stessi luoghi si animano in maniera diversa fino a trasformarsi, io passo di là, nuovamente, ed osservo due immagini che cambiano e si sovrappongono, come due stati d'animo, due istanti di storia lontani tra loro. Suggestionato.

 



C'é un altro fiume, ormai alla foce sul Mare del Nord. E c'é un porto, immenso, tra i più grandi del mondo. Alle sue spalle, sulle sue spalle in realtà, si carica una città enorme ricostruita dalle ceneri della Seconda Guerra Mondiale. Combinando architettura moderna e ricorsi storici, riqualificando tutta la zona dei vecchi docks e riempiendosi di verde. E combinando pure una varietà non trascurabile di anime diverse, contrapponendo l'eleganza di una città organizzata alle eco della vita a ridosso del porto, fusa di luci, trasgressioni ed angoli bui. Eppure, a me piace, Amburgo, tanto diversa dalla tappa precedente, eppure ugualmente affascinante, in modo diametralmente opposto. Tanto che mi spiace esserci passato così di fretta. Con tanto e poco da vedere, in realtà, allo stesso tempo. Sicuramente molto da camminare, anche per le strade che dal vecchio municipio scendono fino all'Elba, e ritorno, attraverso le luci ed il caos di Sankt Pauli, laddove quell'immagine di patinata perfezione si sgretola e lascia spazio alla sregolatezza e, in alcuni casi al disagio. Avanzo, quasi perdendomi, e ritrovandomi, infine, sempre sulle rive di un fiume, affacciato sull'anima intrinseca di questa città, il porto, i suoi cantieri, i profili delle gru per le operazioni di scarico, e quello minaccioso di una nave in riparazione. Avanzo, fino alle porte di un edificio squadrato in stile neoclassico.

 

 

Alla fine sono arrivato. Alla fine mi ci sono trovato davanti. Allora, ho potuto ferarmi e guardare. Ho spalancato gli occhi nella stessa direzione, ho camminato idealmente sugli stessi spuntoni rocciosi. Ho osservato il vuoto dinanzi, infinito, indefinito, incommensurabile. Sono rimasto sospeso, oltre una piccola tela al centro di una parete spoglia, entro il mondo che racchiudeva. Infiniti significati, infinite interpretazioni. Allora, decido di volgere lo sguardo dentro di me, di leggere secondo me stesso, quello che voglio. Di sentire secondo le corde che farà vibrare questo dipinto. La solitudine, il viaggio, la natura, il silenzio. L'illusione alla quale ci aggrappiamo. E, soprattutto, l'infinito. Una parola che non basta. Sprofondo tra colori e poesia.

 

 

Tu che del cielo sei,
acquieti ogni pena, ogni dolore,
chi misero è due volte due volte lo ristori:
ahi, son stanco d’errare!
A che tutto il dolore, a che la gioia?
Vieni qui, dolce pace,
vieni qui nel mio cuore!

(J.W.Goethe - Canto notturno del viandante)

 

[...]

 

Chiudi il tuo occhio fisico, al fine di vedere il tuo quadro con l’occhio dello spirito. Poi dai alla luce ciò che hai visto durante la notte, affinché la tua visione agisca su altri esseri dall’esterno verso l’interno.

(Caspar David Friedrich)

 

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