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Post n°494 pubblicato il 22 Agosto 2014 da enodas

 

 

 

 

Al termine della strada si apre una piazza. Non una, ma tra quelle più belle che abbia mai visto. E per pochi giorni, al termine della strada si apre una distesa di colori, una distesa di petali che sul terreno disegnano un tappeto gigante, come se si spalancassero le porte di un salotto. Lì, ti siedi ed osservi una fiumana di gente, che passa distrattamente, quasi per caso, nel cuore d'Europa, osservi i venditori di poster ed acquerelli riprodotti, architetture, strumenti, fantasie. Fantasia, come potrebbe sembrare, questa distesa di fiori, così momentanea, ora che strappati dalla terra giacciono sul pave di un gigantesco giardino, e che invece non è, una volta salito sul balcone ricamato dell'Hotel de Ville, come appare in tutte le sue linee geometriche ed i suoi disegni astratti.
Sollevo lo sguardo, per quelle vie tutt'intorno, sopra questa folla di ferragosto che riempie le strade, in un angolo d'Europa che ho sempre ritenuto estremamente affascinante, in quel suo senso un po' di abbandono, un po' di una tradizione gloriosa della quale resta un opaco ricordo. E così tocco, uno ad uno, questi punti poi non sono poi tanto distanti, quasi fossero un disegno da ricomporre seguendo una sequenza di numeri. Vorrei imprimere più profondo ogni passo.

 

 

Sento che la costa è vicina, sento che la Normandia è vicina, questa terra da cui sono passato, anni fa. Un centinaio di chilometri. Idealmente, la frontiera lambisce questa città. Molti di meno, invece, i chilometri dal confine, a nord. Eppure, è già un altro mondo, un'altra lingua, un altro cibo. Le città di fontiera sono così. Mescolano, fondono, incontrano, tanto che resta indefinibile saper dire dove ci si trovi. Spesso, città così hanno pure due nomi molto diversi.
Sotto una pioggia fina e pungente che sembra quasi nevischio. Troppo, a metà agosto, per quanto sia un altro clima. Ecco, mi inoltro tra le strade tortuose della città vecchia in quegli sprazzi di sole, spezzando il pane caldo appena sfornato, girando tra libri usati e cianfrusaglie in vendita sotto un porticato. Ecco, che dalla pioggia mi rifugio in un museo che nasconde ricchezze inaspettate. Ecco, infine, una nuova tragua di sole, dietro le nubi che arrivano dall'Atlantico, cupe e fredde, una domenica di ferragosto. Si riflette sui vetri, quelli delle finestre che in sequenza sfilano al primo piano delle facciate in stile fiammingo, ma lungo linee e piazze che si aprono dietro a vicoli che sembrano ciechi. Ciottoli, in terra, qualche pozzanghera, e nubi, nel cielo.

 

 

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