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la musica, suonare il pianoforte, suonare il mio violino, la luce del tramonto, ascoltare il mare in una spiaggia deserta, guardare il cielo stellato, l’arte, i frattali, viaggiare, conoscere e scoprire cose nuove, perdermi nei musei, andare al cinema, camminare, correre, nuotare, le immagini riflesse sull’acqua, fare fotografie, il profumo della pioggia, l’inverno, le persone semplici, il pane fresco ancora caldo, i fuochi d’artificio, la pizza il gelato e la cioccolata


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l’ipocrisia, l’opportunismo, chi indossa una maschera solo per piacere a qualcuno, l’arroganza, chi pretende di dirmi cosa devo fare, chi giudica, chi ha sempre un problema più grosso del mio, sentirmi tradito, le offese gratuite, i luoghi affollati, essere al centro dell’attenzione, chi non ascolta, chi parla tanto ma poi…, l’invidia, il passato di verdura





 
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Messaggi di Luglio 2016

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Post n°637 pubblicato il 31 Luglio 2016 da enodas

 

 

"...Sabbia a perdita d'occhio, tra le ultime colline e il mare - il mare - nell'aria fredda di un pomeriggio quasi passato, e benedetto dal vento che sempre soffia da nord.
La spiaggia. E il mare.
Potrebbe essere la perfezione immagine per occhi divini mondo che accade e basta, il muto esistere di acqua e terra, opera finita ed esatta, verità - verità - ma ancora una volta è il salvifico granello dell'uomo che inceppa il meccanismo di quel paradiso, un'inezia che basta da sola a sospendere tutto il grande apparato di inesorabile verità, una cosa da nulla, ma piantata nella sabbia, impercettibile strappo nella superficie di quella santa icona, minuscola eccezione posatasi sulla perfezione della spiaggia sterminata. A vederlo da lontano non sarebbe che un punto nero: nel nulla, il niente di un uomo e di un cavalletto da pittore.
Il cavalletto è ancorato con corde sottili a quattro sassi posati nella sabbia. Oscilla impercettibilmente al vento che sempre soffia da nord. L'uomo porta alti stivali e una grande giacca da pescatore. Sta in piedi, di fronte al mare, rigirando tra le dita un pennello sottile. Sul cavalletto, una tela..."

 

 

Affonda, il passo. Si perde, lo sguardo. In questo paesaggio che sembra dipinto direttamente dall'anima. Se c'é una cosa soltanto che dovessi scegliere di fare, quassù, é questa. Una camminata, sospesa nell'infinito, scendendo direttamente nel mare e dal mare approdare quasi naufrago nel nulla e nel tutto che é una linea d'orizzonte, camminare dove c'é il mare, e la sabbia a tratti affonda, a tratti é coperta di piccoli sassi incrostati, conchiglie e gusci di cozze. Un deserto, sospeso, dove il cielo é terra, riflesso, ed il mare come lo intendiamo semplicemente scompare. Un deserto dove il profile di un'isola fortunata é un miraggio che sembra a portata di mano eppure continua a sfuggire. Sempre lontano, e chi mai mi domando, in realtà, avrebbe tutta questa fretta di arrivare, se non fosse fore per la marea, questa forza quasi ancestrale che si fatica a quantificare, se questa é la ricompensa, ogni passo che sembra un balzo nella mente, spazio assoluto, amplificato negli occhi socchiusi, magari in una goccia di sudore che evapora nell'aria intrisa del sapore del mare. Così, ancora una volta, penso a quell'Oceano Mare, che non esiste, forse, ma almeno per un attimo ho l'illusione di poter sfiorare.

 

 

Quale voce viene sul suono delle onde
che non è la voce del mare?
E’ la voce di qualcuno che ci parla,
ma che, se ascoltiamo, tace,
proprio per esserci messi ad ascoltare.

E solo se, mezzo addormentati,
udiamo senza sapere che udiamo,
essa ci parla della speranza
verso la quale, come un bambino
che dorme, dormendo sorridiamo.

Sono isole fortunate,
sono terre che non hanno luogo,
dove il Re vive aspettando.
Ma, se vi andiamo destando,
tace la voce, e solo c’è il mare.

(Fernando Pessoa)

 
 
 

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Post n°636 pubblicato il 25 Luglio 2016 da enodas

 

 

 

Sono tornato quest'oggi con la voglia di scrivere. Scrivere di questo luogo, un ritorno, dopo anni, e di un nome di città che nel mio immaginario di bambino si sposava a guglie gotiche e vetrate colorate. Sono tornato con l'idea di raccontare il fascino di questa città, elegante, bella ed antica, segnata dalla storia, angoli tanto grigi da far rabbrividire e fari di luce brillanti come speranza. Speranza come quella energia che sprigiona dalla Giornata della Gioventù ormai alle porte, una coincidenza, essere qui, senza volerlo e scoprirlo prima di partire a dispetto di problemi logistici che ne conseguono; quella forza positiva che arriva, osservando e sentendo, non importa dove sia perso il tuo cuore, in tema di fede. E su questo sfondo, ho ritracciato immagini, scatti di fotografie, testimonianze della storia ed in parallelo ricordi personali. Il castello, le  vie principali della città vecchia, lo sbuffo di un drago e soprattutto una piazza stupenda, una delle più belle che abbia mai visto, a mio parere. E lontano, dirimpettaia, suonava musica klezmer, o quel che ne rimane, almeno, di un solco cancellato con forza brutale. Più vicino, invece, venditori di giada scintillante ed anziani con mazzi di fiori freschi mantengono in vita una tradizione come molte altre. Vorrei assorbirla, sovrapponendo quello che era la prima volta, anni fa, e quello che é ora, di nuovo, un'altra sera d'estate. Tutto quanto, fuso in un'immagine continua. Tra luci, mille movimenti, musica ed una brezza leggera quanto basta per poter respirare. Tanto bella, da non volermene più staccare.

 

 

Da Katowice a Cracovia, andata e ritorno. Quasi avevo dimenticato quell'impressione che mi avevano lasciato le strade polacche. In costruzione, in crescita, ancora, potenzialmente, lente, quelle  "che arrivano ovunque ma in tempi lunghissimi". Quella crescita visibile, di un Paese che ha cambiato volto, rapidamente. Ma che al tempo stesso racconta anche un'altra anima, forse sempre un po' più lontana, ma presente. Questa é la lentezza di una strada, come il volto ed i gesti di un'anziana.
Ho sceso villaggi, lungo la strada, alla ricerca di cavalieri e dei loro castelli. Era questa la mia idea di percorrere questo breve tratto di viaggio lungo una terra al centro d'Europa. Sperduti tra foreste o magari sovrastanti la pianura polacca, o forse ancora sorvegliati da profili rocciosi che hanno il profilo non troppo nascosto di un drago. Forse anche allora, la strada rallenta. Non erano draghi ma piccozze di raccoglitori di sale, invece, i rumori nel ventre della montagna. Sempre più profonda, una discesa nel labirinto. Anche questo, in realtà, é un ritorno che marca quanto é cambiato. Ho respirato il verde degli alberi e seguito il corso di un fiume. Quando già era tardi e quasi sembrava un luogo sospeso nel nulla; e dovevo tornare, tanto lento sapevo essere il tragitto.

 

 

 
 
 

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Post n°635 pubblicato il 18 Luglio 2016 da enodas

 

 

Anche le fronde degli alberi restano immobili ad ascoltare. Sembra così. Non c'é un alito di vento. Ho sollevato lo sguardo, ormai era buio, ed ho composto questa immagine. Mi sono osservato intorno, appena arrivato, e durante il concerto. L'idea di un parco ampio, la luce radente sul profilo del castello sullo sfondo, il palco, mi hanno catapultato per un attimo in un luogo lontano, un angolo di Central Park così come l'ho salvato nlla mia immaginazione. E mi sono affacciato sui volti della gente, un'amalgama sorprendente quando si parla di musica, da giovani dall'aspetto semi-punkettaro a vestiti da concerto, giovani coppie, gruppi di amici, e persone più anziane. Tutto, raggruppato in un gesto che fosse un abbraccio, un bacio, lo stendersi sull'erba o sostenere un bicchiere di vino. in tante persone, o forse in una persona allo stesso tempo. Questo, mi ha colpito, sotto il segno unico di una musica che un pianista una manciata di anni fa poco conosciuto ha saputo raggiungere ora. Con qel linguaggio unico delle sue note che riescono in qualche modo a dialogare in profondità. Semplici ed affascinanti, dialogano con l'anima.

 

 

Qualunque sia il programma, termina sempre oon "Le Onde". Sicuramente non cauale, mi piace pensare che sia un richiamo alle origini ed al primo pezzo conosciuto, a chiunque ascolti e magari un po' anche a se stesso. Mi piace pensare così, e con la mente tornare ad una sera d'estate lontana.
"Elements", il nuovo album, che guida questo nuovo tour da biglietti esauriti, onestamente, mi é piaciuto meno di altri. Si può chiamare sperimentazione, o allargamento del pianoforte ad altri suoni, ad altri mezzi, ma a volte le deviazioni degli ultimi lavori di Einaudi mi fanno sentire il rimpianto del pianoforte di quelle Onde. Anche per questo mi piace pensare che la conclusione di ogni concerto sia un'idea ribadita. Sui tasti soli, bianchi e neri, da dove tutto é iniziato.

 

[...]

 

"I saw new frontiers – on the edge between what I knew and what I didn’t know – that I had long wanted to explore: creation myths, the periodic table, Euclid's geometry, Kandinsky’s writings, the matter of sound, and of colour, the stems of wild grass in a meadow, the shapes of the landscape. For months I wandered in a seemingly chaotic mix of images, thoughts and feelings. Then, gradually, everything came together in a dance, as if all the elements were parts of the same world, and myself within it."

(Ludovico Einaudi)

 

[...]

 

 

 

Il resto é una lunga strada che si inoltra nella foresta: attraversa il cuore della Germania e scorre veloce, sfiora un castello impiantato con il suo piccolo villaggio su uno sperone, squadrato dal profilo di un cavaliere errante, oppure un paesino nascosto, fatto di saliscendi e case a graticci, oppure infine tra le luci ed i bagni naturali di una città posta al termine della Valle del Reno, là dove "i fiumi scorrono più silenziosi" e le sere d'estate si trasformano in una piccola promenade.

 

 

 
 
 

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Post n°634 pubblicato il 14 Luglio 2016 da enodas

 

 

Sarà anche vero che nel loro modo di esaltare ed ingigantire sempre tutto, non mi sorprende che gli Olandesi chiamino questo posto il "Sahara del Brabante", ma tre poche dune ed un parco nazionale si nasconde un frammento di deserto.
Trenta chilometri di dune mobili, escursioni termiche tra i 40 gradi nei giorni d'estate a temperature prossime allo zero la notte. Un luogo che un tempo era coperto di ontani, olmi e querce, quando il fiume Maas, quello che arriva fino a Rotterdam, era quasi ancora un torrente sulle cui sponde sorgevano piccoli villaggi. La deforestazione ed il clima proveniente dal Mare del Nord hanno spostato sabbia, modellando un paesaggio che a poco a poco venne ricoperto di vegetazione, circondato da paludi, la cui acqua in eccesso lentamente sprofondava nel terreno. Quella sabbia che gli antenati olandesi usarono per proteggere la terra dall'acqua, in un terreno ch veniva drenato per aumentare i raccolti. Foreste mutarono rapidamente in brughiere, un paesaggio sempre più arido fino a quando la sabbia tornò in superficie e l'azione del vento prese il sopravvento, muovendo banchi di sabbia con sempre maggior facilità.
Questa é la storia di un luogo curioso, immerso in un verde tanto comune nel paesaggio olandese, questo é un pezzettino di deserto, racchiuso da foreste, quasi trasportato fuori luogo. In apparenza soltanto, in realtà. Alla fine, bastano pochi granelli di sabbie e qualche passo per sfiorare l'immaginazione.

 

 

 
 
 

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Post n°633 pubblicato il 05 Luglio 2016 da enodas

 

 

Qualche granellino di sabbia scorre, quasi impercettibile. Del resto, é inevitabile, anche quando non c'é vento. E le pale eoliche si muovono lentamente. E' un'immagine lontana ed impressa, questa della sabbia che scorre sopra se stessa, spinta da un vento a tratti irresistibile. La osservo, sbiadita, sotto un giorno di sole, puntando gli occhi verso l'oceano, ed il suo colore verdastro. Ho pensato, ogni tanto che sarei dovuto venire più spesso qui, su queste spiagge, limbi di sabbia adamantina che si monta in dune e colline di cespugli. Paesaggio nordico, é un mare che una volta non conoscevo. Ho pensato che sarei dovuto venire molte più volte, quando abitavo più vicino, magari sciogliendo un po' di pigrizia e quel senso di routine delle cose a portata di mano. Perché le onde che si spengono sulla spiaggia, il rumore dell'acqua, per me hanno sempre avuto questo potere calmante, messaggio nascosto tra le linee di un'onda. Ed in qualche modo, vorrei che quelle immagini sbiadite si riferissero ad altro, mi parlassero di momenti differenti, pensieri diversi. Qualche granellino, del resto, anche quando sembra quasi sia bonaccia, é sempre in movimento.

 

 

Dalle linee di sabbia alle linee di roccia, a fatica gettata nel mare: tutto questo non esisteva. Ed ora, come guardiani, quasi nel mare, si ergono i piloni delle pale eoliche. Anche questo é un luogo particolare. Per me, che qui ci sono passato in varie occasioni, per vedere proprio questo, quasi un'assenza di niente, indefinita e senza voce, e perché poi alle mie spalle passa una strada tracciata dal nulla, estratta dall'acqua, e più in là una schiera di barriere che proteggono una buona parte dei Paesi Bassi. Silenzioese, le pale, si muovono con pigrizia quasi esasperante. Anche se qui, quasi in mezzo all'oceano, c'é sempre un alito che sussurra e ti porta lontano, sia esso un fischio od un rombo assordante, tra spazi e tempi diversi, a seconda di come scendo dalla macchina, e mi arrampico sul molo di pietre e cemento a guardare un profilo, osservare un ponte ormeggiato allo stesso identico modo, e linee quasi astratte e segretamente familiari.

 

 

 
 
 
 
 

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