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la musica, suonare il pianoforte, suonare il mio violino, la luce del tramonto, ascoltare il mare in una spiaggia deserta, guardare il cielo stellato, l’arte, i frattali, viaggiare, conoscere e scoprire cose nuove, perdermi nei musei, andare al cinema, camminare, correre, nuotare, le immagini riflesse sull’acqua, fare fotografie, il profumo della pioggia, l’inverno, le persone semplici, il pane fresco ancora caldo, i fuochi d’artificio, la pizza il gelato e la cioccolata


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l’ipocrisia, l’opportunismo, chi indossa una maschera solo per piacere a qualcuno, l’arroganza, chi pretende di dirmi cosa devo fare, chi giudica, chi ha sempre un problema più grosso del mio, sentirmi tradito, le offese gratuite, i luoghi affollati, essere al centro dell’attenzione, chi non ascolta, chi parla tanto ma poi…, l’invidia, il passato di verdura





 
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Messaggi di Novembre 2017

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Post n°733 pubblicato il 29 Novembre 2017 da enodas

 

 

 

Ho aperto gli occhi. Non vedevo altro che ghiaccio. Di quelle tonalità d'azzurro che ho ammirato nel sud del mondo. Eppure, era un ghiaccio diverso, perché si estendeva a perdita d'occhio. E soprattutto, lo osservavo dal bordo di una mongolfiera in volo. So che nel sogno ho collegato questa immagine con le avventure di Phileas Fogg, nella versione da cartone animato che guardavo da bambino, e del suo viaggio attorno al mondo. Strane connessioni, quelle dei sogni. E so che mentre osservavo questo paesaggio avevo in mente un luogo, una destinazione che mi sono promesso, ed era al tempo stesso corretta o meno. Ho guardato questo mondo di ghiaccio, continuando a sorvolarlo con lentezza, prima di abbandonare il sogno.

 

 
 
 

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Post n°732 pubblicato il 22 Novembre 2017 da enodas

 

 

"...Sono pochi ed essenziali i momenti di rapimento nella vita di un uomo e, in quegli istanti, passato, presente e futuro diventano all'improvviso compresenti, come un seme in cui simultaneamente si riescano a scorgere l'albero da cui proviene, l'albero che genererà e tutte le stagioni in mezzo... [...] Un seme nascosto nel cuore di una mela é un frutteto invisibile..."

 

 

Ho iniziato a sfogliare queste pagine con molta fatica. I dialoghi - monologhi in realtà - diretti al poeta non sono molto leggeri, ed ancora mi trovo ai capitoli iniziali. Dialoghi ad un'anima fragile, come fragili dovevano essere i suoi versi.
Sono giunto a questo passaggio e sono rimasto a pensare al concetto di "momenti di rapimento" ed in qualche modo mi ci sono ritrovato. Ho pensato quali fossero i miei momenti di rapimento, attorno cui, in qualche modo, la vita davvero potrebbe essere una spirale. Li ho raccolti con un po' di malinconia, perché a volte sono momenti andati e perduti, a volte invece deviazioni che rasentano la via di fuga, ma soprattutto perché in qualche modo questi momenti di rapimento é come se fossero andati dimenticati.
E' stato un momento uno sguardo, così lontano ormai, a cui non sono mai veramente riuscito ad avvicinarmi, per timidezza o per mancanza di coraggio. Un fallimento contro me stesso che porterò sempre con me, in qualche modo. Non ha più importanza, ormai, se non che a volte immancabilmente ritorna, come in un sogno che mi pone in una dimensione parallela e lì mi lascia, per qualche istante, una volta sveglio. Perché forse tante cose sarebbero diverse.
E' stato un momento la musica, i tasti di un pianoforte cui mi avvicino sempre meno, cui magari un giorno avrei voluto infondere tutta la mia energia. E forse, un momento é stato anche un pianto, davanti ad una mancanza improvvisa.
Potrei continuare. Ho raccolto questi momenti di rapimento, se sono tali, richiamati dalle linee sottolineate di un libro. Ed ho sentito quanto quell'intensità sia affievolita, non so nominare quando, entro canoni quotidiani. Rimasti tuttavia ancorati, in fondo, da qualche parte, come ricordi che in qualche modo marcano incroci che nella mia mente rimangono decisivi. Momenti, appunto: é un'espressione appropriata, e forse anche un po' poetica che, guardando indietro un po' mi immalinconiscono e, per il momento, non sollevano molto la mia anima fragile.

 

 

"...una vita assomiglia a una spirale, il centro rimane nella stessa posizione e i minuti gli si arrotolano attorno, ora più vicini ora più lontani, in base alla fedeltà alla propria originalità. Quel centro é il rapimento e l'adolescenza ne é lo scrigno..."

 

 
 
 

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Post n°731 pubblicato il 19 Novembre 2017 da enodas

 

 

Me ne sono accorto soltanto a posteriori, che quello era una data da ricordare. Ricorrenza di un viaggio solo andata. Non doveva essere così, eppure non sono mai riuscito a prendere il coraggio. Il tempo e le circostanze, poi, hanno fatto il resto. Non che questo mi renda meno colpevole. Quello che volevo scrivere, comunque, e' che quel giorno l'ho consumando schiumando di rabbia, sovrapponendo ruggini di vecchia data con tensioni che si sono manifestate da quando sono tornato dalle vacanze. Sono stato coinvolto in un dialogo che non ho cercato, ma che ha fatto andare via colmo di collera. E con la sensazione, un'altra volta, di avere le mani vuote. Ci saranno sempre le stesse figure a riempire una popolazione, e le modalità saranno comunque simili. Ho sempre creduto che alla fine, al di là di stereotipi e bandiere, si rimanga sempre in persone buone e persone meno buone. Il mondo del lavoro e' una rappresentazione costante di questo mio pensiero. So che per carattere non avrò mai una carriera sfolgorante e ricca di riconoscimenti. So anche che in qualche modo sono destinato a vedere altri soggetti saper scivolare tra un punto e l'altro, complici del loro stesso viscidume. Alla fine, bisogna anche saper scegliere ed accettare ciò che si vuole essere, in un certo senso. In questi giorni, quasi in contemporanea, mi sono trovato coinvolto in un processo di valutazioni incrociate cui avrei volentieri fatto a meno.  E' qualcosa che ha consumato un mio giorno intero, oltre a molto tempo, anticipatamente, di tormenti e pensieri. Anche se il consiglio più obiettivo era anche il più corretto, che era quello di non aver nessuna reverenza specialmente con chi non si e' fatto problemi ad usarmi e prendermi in giro. Al termine di questa giornata, coi suoi risultati prodotti, ho cercato di pensare che comunque anche questa dei feedback su persone per cui non avrei voluto farlo fosse una piccola esperienza di crescita professionale ed una piccola sfida da affrontare. Ingigantita dalle mie remore e dal mio senso di correttezza. Soprattutto farlo - spero - in maniera professionale e pulita. Così come tempo fa e' stato importante, credo, realizzare di non riuscire a lavorare in presenza di certi atteggiamenti o di certi caratteri. Un limite di cui ho ottenuto - almeno questo - consapevolezza. Così, tra questa piccole battaglie inutili, non mi sono accorto che questo giorno di metà novembre e' passato, e qualcosa in più, da qualche parte, si e' un poco allontanato.

 

 

 
 
 

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Post n°730 pubblicato il 08 Novembre 2017 da enodas

 

 

"...Se zannute serpi ci incutessero collera, noi scacceremo l'ira, presteremo fede soltanto all'amico, soltanto lui ascolteremo..."

 

 

Parte Sesta - Il deserto della Storia

 

Ho udito un canto uscire dagli stipiti colorati. Da lontano, l'oscurità che avvolge l'interno fa sembrare l'ingresso sbarrato da una porta. E' un canto senza sincronia, senza melodia che non sia quasi un lamento ripetuto, uno scioglilingua. Un'altra pagina, voltata, sul lato alto. Il canto continua. E l'oscurità diventa adesso una luce diffusa, annebbiata dai fumi d'incenso, materializzata da sprazzi di luce filtrati da qualche finestra. E quel canto si materializza attraverso i profili di teste rasate, disposte secondo una gerarchia, in movimento nel tempio secondo una gerarchia, attraverso gesti comuni e di servizio, dal cibo al latte bollente, alle carte che non so leggere. Si muovono, indistintamente, un'onda ritmica e lontana, molto più della manciata di metri che mi separano da loro.

 

 

Questo canto é un canto soffocato. Così é stato, in tempi recenti. Ovunque, attraverso la Mongolia, ho trovato rovine silenziose che non erano altro che miseri resti di pietra quasi indistinta. E' uno dei segni impressi dalla Storia, materializzata nell'invasione/ soggiogazione sovietica in anni di distruzione fisica di questi luoghi e di carneficine dei monaci che vi vivevano. Quel poco che quasi per caso é rimasto, nella sfolgorante ricchezza dell'arte e nelle infinite variazioni di divinità che a me appaiono mostruose danno razionalità a questo scempio sistematico: per conquistare e sottomettere si deve annientare tutto ciò che é parte di un'identità. Così é stato per la lingua, del resto. E' un argomento che rimane interessante, del resto, anche al minimo accenno che si riesce a condurre, quasi intuire, con la nostra guida: quello di un paese enorme e spopolato stretto in un abbraccio fatale tra due giganti. Nel recupero della lingua scritta, che richiederà una generazione per compiersi. Nell'economia, cannibalizzata dal Dragone, onnipresente negli oggetti in vendita al mercato, nelle miniere che in una lontananza quasi invisibile sventrano il paesaggio, sconvolgono l'equilibrio naturale del nomade con la natura che gli é data e rischiano di prosciugare quel poco d'acqua che sopravvive nel deserto. Eppure, nonostante queste cicatrici profonde e contro l'evidenza del mercato, sembra che nelle proprie intenzioni i Mongoli rinsaldino il proprio abbraccio con la Russia e mantengano un'ostilità profonda ed antica di secoli con la potenza cinese.

 

 

Mi sono arrampicato sulla montagna. Anche se in realtà ogni rilievo qui potrebbe essere tale e per questo venerato in nome di una spiritualità che si lega saldamente con la natura. Ho attraversato una foresta di foglie dorate e stranissimi fiori che con steli che salivano come arabeschi ricoprivano di bianco come fosse cotone interi appezzamenti di sottobosco. Sbucato in una radura, ho osservato in alto, seguendo il sentiero che sulla roccia si distingueva fino a scomparire nello strapiombo all'ingresso di una caverna sacra abitata in passato dall'eremita il cui pensiero e la cui arte rimangono impressi in un atto di venerazione, o improvviso salire verticale come una piccola scalata. Rigorosamente in senso antiorario. Isolati dal mondo, isolati dal tempo, ancora di più, se possibile: il silenzio che risuona da questo punto elevato sul mondo guida i miei occhi e spazza le fronde degli alberi che fino a poco fa mi nascondevano sotto di esse ed é qualcosa di speciale, perché é lo stesso che ascoltava l'eremita, l'artista, il filosofo.

 

 

Pur nella sua declinazione moderna, questo rimane un mondo difficile ed inaccessibile. E' come se quel canto salmodiato creasse una nube fitta, quasi materiale, attorno se stesso. Una protezione, un gradino per salire sul quale é necessario abbandonare qualcosa. I monasteri antichi non esistono più, sono stati cancellati. Qualcosa rimane, nascosto qua e là, salvato da coincidenze o circostanze. Su questo altare, arde una filosofia che é sopravvissuta, rinnovata nelle offerte, nelle fiamme leggere, nell'educazione dei bambini ed in quel canto asincrono, e che nella Mongolia di oggi, lentamente riprende vigore.

 

 

 

 
 
 

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Post n°729 pubblicato il 05 Novembre 2017 da enodas

 

 

"...E' capace di divorarsi una vacca di tre anni. Porta una tripla corazza. Tre bovi fanno fatica a trasportarlo. Inghiotte un uomo tutto intero con la faretra e non gli rimane di traverso. Mangia un uomo intero e non gli sazia il cuore. Se si adira lancia una freccia attraverso una montagna e infilza un paio di decine di uomini. Se litiga con l'amico che vive dall'altra parte della steppa, scocca una freccia e lo infila..."

 

 

Parte Quinta - Il deserto di lava

 

Sarà fango, sarà pietra sputata dal fuoco, quello che attraverso é un paesaggio nero come la pece e colorato come l'autunno degli alberi che esalano come spettri dal terreno. Si perdono a vista d'occhio, da qui, dove tutto questo ebbe inizio e dove adesso rimane un vuoto arido e silenzioso. Cammino sulla cresta del cratere, in senso rigorosamente antiorario, perché anche questa é una montagna, un gradino verso il cielo, forse anche in passaggio ancora più profondo, visto che parte direttamente dalle viscere della terra. E' così che quel cerchio imperfetto diventa un percorso simbolico, aprendo l'anima a trecentosessanta gradi, oscillando tra le rive di un lago in lontananza, un mare di spettri dorati che rabbrividiscono alle ventate di gelo, ed un antro cupo come il carbone.

 

 

Credo che in questi giorni stiamo attraversando uno dei paesaggi più interessanti del viaggio. Una cascata al termine di una gola, una strada nascosta in una foresta, un lago spazzato dal gelo. Le temperature stanno cambiando rapidamente, con oscillazioni vertiginose, ed una giornata di sole caldo ne anticipa di bufera di neve. Nevicava quando ho scalato il cuore spento di un vulcano. Nevicava ancora, e uomini a cavallo spingevano le mandrie attraverso passi spazzati dal vento che cavalli semi-addomesticati sembravano affrontare coi muscoli tremanti. Lentamente, emerge un altro aspetto di questa vita ruvida e cruda: se prima era stata l'aridità del suolo a colpirmi, é l'inclemenza del tempo adesso a risaltare sempre più evidente. Un'inclemenza affrontata ancora con normalità, perché questo é solo l'inizio, nemmeno la fine di settembre, ed ancora le foreste sono una macchia di colore che attenua gli sprazzi di neve coi suoi riflessi dorati.

 

 

 
 
 

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Post n°728 pubblicato il 02 Novembre 2017 da enodas

 

 

Vorrei scrivere di rabbia ed amarezza per questo sistema lavoro. Scagliare frecce contro qualcuno, contro una mentalità ed un meccanismo, contro il credersi sempre un po' più furbo o magari gran orchestratore. Difficile narrare. Ho sempre pensato che il mondo sia lo stesso, qualunque latitudine lo si guardi. Anche se ovviamente sono le condizioni al contorno a cambiare il contesto. Ed alla fine un solo comune denominatore. Soldi, niente di più. Alla fine, ciò che mi guida dove e come trovarsi per un lavoro, non e' poi tanto diverso. So solo che in questi giorni mi sento trattato come un oggetto, una figurina da scambiare, alla luce di niente di veramente nuovo, soltanto disgustosamente più sfacciato e molto più ipocrita. Oltre a potermi danneggiare molto presto. Ed e' un pensiero che mi ferisce, e mi tormenta, senza che possa farci granché, ancor più perché sacrificato ad un altare che implica solitudine e lontananza. Per cosa, poi, se non raccattare una simile variazione di schifo.

 

 
 
 
 
 

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