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Messaggi del 12/03/2015

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Post n°532 pubblicato il 12 Marzo 2015 da enodas

 

 

C'é questo vento gelido che spira tra i pilastri, sotto le arcate, a tratti fischiando. Eppure, la luce é accecante, là in fondo, quando l'arena brilla del sole e si solleva al vento. Doveva essere intrisa di sangue e colma di urla, allora, un unica onda di paura, forse, terrore, chi lo sa, o una scarica di adrenalina pazzesca, mentre botole si aprivano, ascensori venivano azionati, e portoni si spalancavano. Mi rendo conto che quello che vedo é un'immagine imparata, filtrata da secoli di storia. Mi rendo conto che non é possibile veramente capire, immaginare, quello che era il valore dell'arena, del sangue che scendeva così come della vita che pulsava. No, quello che posso percepire é il silenzio maestoso nel presente, quello di una pietra spezzata e di un rumore continuo dei turisti che vi passano sopra, come sopra una spessa coltre del tempo che copre ogni cosa prima che io vi possa camminare sopra.

 

 

Quelle ombre che un musicista scrisse tra le note: osservo i pini, quelli di Roma, quelli mediterranei, ondeggiano dietro a folate di vento gelido, come non avrei aspettato, ora un po' di più quando é buio e ciò che resta sono sagome che scompaiono e luci brillanti in lontananza. E le rovine dei fori restano come illuminate soltanto dalla luna, in silenzio, su un colle buio che dall'alto domina la vista, disegni geometrici e perfetti ai miei piedi, un profilo dietro l'altro in lontananza, dentro una quiete che pare immobile, nel tempo.

 

 

Credo che non mi abituerò mai a questa idea. L'immagine di una città fatta di vicoli, strade e palazzi assiepati nel tempo, nell'ordine di secoli. No, la mia mente rimane inevitabilmente ferma, nel tempo, molto più indietro. E' per questo che ogni volta non smetto di stupirmi: perché ogni passo mi fa ricordare la ricchezza della storia, strato su strato, segno dopo segno. E ne testimonia la bellezza.
In tutto questo, come una maglia invisibile, so che ci sono dei punti a cui non posso rinunciare, non tanto perché fanno comunque parte di un itinerario imperdibile, quanto piuttosto per i ricordi che affiorano come una giornata di sole, un riflesso, una sensazione sulla pelle. Si dissolvono nell'aria, come bolle di sapone che un gruppo di bambini cercano di raggiungere nell'aria, come la musica di un contrabbasso strimpellato come fosse jazz puro od il gusto del gelato che riempie un cono di cialda. E come frammenti d'acqua si spargono nell'aria e scendono nel profondo, laddove rimangono custoditi, indefinitamente.

 

 

Ho osservato la luce, questi giorni. Sembrava quasi scolpire la pietra, modellare edifici, la mattina. Calda e dorata, anche se il vento si alzava in folate tremende. Animava una piazza, o penetrava attraverso fessure per proiettarsi su un cornicione di una sfera perfetta. Ondeggiava incerta, nel buio di edifici sacri, come fiammella isolata, o tagliava di nettostrade strette tra edifici eleganti. A catturarmi sin qui é stata una musica. Come il canto di una sirena, sola e flebile di un violino di strada. Un passaggio segreto, questo mi appare, od un palco invisibile. Ho nella mente un'altra immagine, di un violinista, un'immagine lontana ed impressa con delicatezza.
Nascosto, ti ascolto, nelle pieghe dell'anima.

 



Ho riattraversato quel ponte tra due ali di angeli. A volte é strano come accavalliamo i ricordi, anto da ingannare noi stessi. Pensavo a come sia semplice, inaspettatamente, ascoltare il silenzio: bastano pochi passi, la sera che sale, e forse un piccolo balzo dell'anima. Ho percorso in lungo e in largo, eppure rimane così tanto di non visto.
Poche ore soltanto, e mi trovavo in una galleria. Stracolma di carte geografice ed affreschi. Per arrivare in San Pietro, direttamente dai Musei Vaticani, dovevo ripercorrere l'intero museo. E, nella fine della giornata, attraversavo stanze colme di arte, una dopo l'altra, come solo poco prima non avrei saputo immaginare. Sentendo il rumore dei miei passi sul pavimento, in quel silenzio particolare che é proprio nelle sale di un museo. Ho camminato veloce, pur rallentando quanto potevo, perché era come rivedere qualcosa di nuovo, qualcosa che mi travolgeva tanto stupefacente poteva apparirmi. Ogni passo, ogni sguardo, ogni dettaglio che cercavo di catturare, a fronte di tutti quelli che mi sfuggivano, come se li conoscessi e riconoscessi, eppure affioravano all'improvviso.
Semplicemente, volevo tornare qui.

 

 

 
 
 
 
 

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