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la musica, suonare il pianoforte, suonare il mio violino, la luce del tramonto, ascoltare il mare in una spiaggia deserta, guardare il cielo stellato, l’arte, i frattali, viaggiare, conoscere e scoprire cose nuove, perdermi nei musei, andare al cinema, camminare, correre, nuotare, le immagini riflesse sull’acqua, fare fotografie, il profumo della pioggia, l’inverno, le persone semplici, il pane fresco ancora caldo, i fuochi d’artificio, la pizza il gelato e la cioccolata


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l’ipocrisia, l’opportunismo, chi indossa una maschera solo per piacere a qualcuno, l’arroganza, chi pretende di dirmi cosa devo fare, chi giudica, chi ha sempre un problema più grosso del mio, sentirmi tradito, le offese gratuite, i luoghi affollati, essere al centro dell’attenzione, chi non ascolta, chi parla tanto ma poi…, l’invidia, il passato di verdura





 
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Suite Bergamasque
Deux Arabesques

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Valse Oublièe
Valse Impromptu

Schubert

Impromptu n.3 op.90
Impromptu n.2 op.142




 

 

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Post n°884 pubblicato il 16 Ottobre 2021 da enodas

 

 

Sono tornato a scrivere. O almeno, ci sto provando. Non che non avessi niente da raccontare, in questi mesi di silenzio ed appunti vuoti: semplicemente, scrivere era diventato estremamente pesante. Un po' come altre cose, che in un senso crescente di apatia e disinteresse per una realtà distaccata dal presente ho via via lasciato sfuggire di mano. Il tempo procedeva ed io lo osservavo senza reagire, come se tutta quella disponibilità improvvisa non avesse valore. Sensazione ancora più intensa rispetto all'anno passato. Sospeso tra mille cose che volevo fare, interessi da coltivare, e la pigrizia di non mettervi mano ed incominciare. Lentamente, alcuni colori sono sbiaditi, la musica si é fatta silenzio, ed uno strato di polvere si é depositato compatto sulle superfici. In inglese la parola che descrive questo stato d'animo é languishing, anche se credo tradotto in italiano non renda bene l'idea.
Allora riprendo da qui, anche se é un momento tutt'altro che semplice, ed anzi alquanto doloroso. Perché ho perduto un po' il senso di alcune di quelle cose, ma adesso sto perdendo molto di più. Forse anche questo mi ha spinto a questo foglio di carta virtuale, che per qualche mese avevo lasciato sul tavolo. Ed al tempo stesso, cercherò anche di ritrovare i miei appunti perduti degli ultimi mesi, anche se molto é cambiato, perché in un modo o nell'altro ogni pagina almeno qui abbia il suo posto.

 

 

 
 
 

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Post n°883 pubblicato il 30 Aprile 2021 da enodas

 

 

 

Forse a prima vista sembreranno le stesse immagini. Anno dopo anno, quei campi di fiori sbucati dal nulla, dopo essere state a luntgo sferzati del vento e pervasi da fiumi di pioggia, tornano sempre senza deludere.
Eppure, ogni anno é diverso. Diverso perché sono io, diverso perché anche se originatasi dallo stesso bulbo ogni fiore é una vita che rinasce mai perfettamente uguale alla precedente, diverso perché é un'emozione sempre nuova tornare e cercare i campi più belli, quelli con i tulipani dai colori più accattivanti, o con i petali più strani, o magari semplicemente quei campi dove i fiori non sono ancora stati tagliati o dove é possibile avvicinarsi.
Spirava un vento freddo, l'altro giorno, quando sono andato. Perché questo si preannuncia come un anno gelido, uno di quelli in cui una simil-estate ancora non accenna ad arrivare. E quei petali ondeggiavano come un mare tremante che sfocava all'orizzonte, fino a fondersi in un unico colore, mentre l'aria sibilava per il movimento indotto dalle pale, eliche giganti di mulini moderni ed anonimi che spesso rimpiazzano il apesaggio da cartolina di un tempo che fu. Quel mare di colore era la mia emozione, il mio tornare ogni volta, il camminare sui solchi del terreno che separano nettamente le linee di fiori coltivati, il cercarne il profumo nell'aria, un luogo un po' astratto nel quale mi piace cercare rifugio, anche solo un istante.

 

 

 
 
 

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Post n°882 pubblicato il 06 Aprile 2021 da enodas

 


Osservo la luce proiettata sulla strada deserta, oltre il vetro della finestra. L'asfalto bagnato é il silenzio comandato che accentua questo senso di vuoto che ognuna di queste sere porta con sé. Ma per un attimo scorgo attraverso lo specchio, non oltre: il riflesso del mio volto, un'ombra indistinta che si nasconde tra i vetri. Un profumo di fragole tagliate, é tutto ciò che rimane. Strato su strato, esami completati, un manoscritto consegnato, una corona d'alloro. Ed ancora quelle fragole tagliate, il sapore del limone che si assorbe nello zucchero. Nel buio di un'altra sera che mi guarda, oltre la finestra. Immagini come spettri, che non posso raggiungere, agguantare, nemmeno sfiorare, postessi mandare in frantumi tutte le vetrate di questo mondo. Cos'altro é rimasto, nulla, davvero, questo é un riflesso che rimarrà muto e che quando mi sfugge ancora vive soltanto per me.

 



 
 
 

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Post n°881 pubblicato il 25 Marzo 2021 da enodas

 

 

Questo forse sembrerà un po' stupido ed abbastanza "da secchione", ma prendendo in mano un'iniziativa editoriale di queste settimane, mi sono riproposto di leggere La Commedia. Un canto alla volta,cercando di digerire e ricordare. Reminescenze da scuola superiore. Ho letto una volta da qualche parte che riprendere in mano La Commedia, senza filtri ed imposizioni scolastiche, sia una di quelle azioni da compiere in età adulta. O forse si tratta di una di quelle buone proposizioni formulate in questi tempi di forzata anormalità. Ad ogni modo, non so se sia vero - e di certo dubito mi affliggerò con I promessi sposi -, ma ciò che posso dire é che leggere Dante adesso, in prospettiva completamente autogestita e libera da ogni insegnamento é come immergersi in qualcosa di troppo grande e complesso da non essere straordinario. Del resto, lo ammetto, Dante mi ha sempre affascinato, ancor prima per la sua storia, che - forse la cosa più bella che sia stata menzionata nella giornata di oggi - rispecchia una coerenza adamantina, difesa in tutta la sua vita, e si perde nelle raffigurazioni, nelle note e negli scritti che si sono sovrapposti nella storia per arrivare fino a me. La mia ammirazione va oltre la poesia, quella che dai banchi di scuola si é spesso persa in qualche angolo della memoria, e che la sera, quando mi rammento dei miei propositi, cerco disperatamente di recuperare. E va da sé che l'Inferno, un po' come tutti, é quella parte che ricordo e che mi piace maggiormente, probabilmente anche per merito di un professore che lo sapeva spiegare con metafore calcistiche della domenica precedente e sferzanti satire politiche attuali. Perché, in un modo o nell'altro, per addentrarsi in questo viaggio eccezionale serve comunque una guida, un Virgilio, che ci prenda per mano e ci spieghi quel mondo così lontano e straordinariamente attuale ed umano. Viaggio: forse questa é la parola chiave, quella che mi richiama tra personaggi che ormai non esistono più se non fossero immortalati in questo versi, che mi spinge in questoi paesaggi onirici alla ricerca disperata di quelle stelle che alla fine rimangano ad illuminarmi gli occhi come l'anima. E così ho pure scoperto che le celebrazioni dantesche di oggi si rifanno non ad una data di nascita o tantomento di morte, ma piuttosto al giorni in cui, ipoteticamnte, questo viaggio ha avuto inizio. Ora, sfogliando queste pagine in autonomia, ritrovo questo stato d'animo ed al tempo stesso mi divido tra la tentazione di arrendermi e dirmi "non capisco, questo é un altro mondo, questo é un Medioevo ancorato al passato" e la percezione che quella montagna inscalabile che appariva al liceo é invece qualcosa di accessibile, dalla prima all'ultima parola, qualcosa semplicemente da leggere ed apprezzare, per cui valga la pena spendere volontariamente del tempo e cercare di portare via con sé un frammento almeno di quanto quegli occhi avessero osservato e costruito in un "allora" così diverso e pur sempre così attuale.

 

[...]

 


 
 
 

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Post n°880 pubblicato il 16 Febbraio 2021 da enodas

 

 

Rapidamente, come era venuta, se ne sta andando. Inesorabile, la sua scomparsa si manifesta, giorno dopo giorno, ad occhio nudo. E già in alcuni punti il terreno duro che incontrava il piede affondato nella neve ha lasciato il posto a scivolose chiazze di pantano. Continuo a vagare, ogni giorno, su sentieri sempre simili e sempre nuovi, cercando di perdermi ogni volta. Anche se non posso negare che questo cambiamento mi lasci un retrogusto di malinconia. Ed oggi, non so come, sono sceso parecchio indietro nel tempo, abbastanza per scivolare in quei ricordi mai sopiti che mi conducono ad un vicolo cieco. Un po' perché sono senza risposta, un po' perché una parte del mio cuore e della mia anima non sono mai più andati oltre quel momento. Ci sono frammenti che custodiamo come se fossero oggetti preziosi a cui voler rimanere aggrappati ma che in realtà feriscono come schegge. A volte riemergono. E come riflessi, specchiano i pensieri che li hanno raggiunti per lasciare che si perdano, seguendo una catena logica senza un senso evidente, verso destinazioni imprevedibili, ma che pur sempre approdano a me, al mio sentirmi inadeguato, sbagliato o più semplicemente bloccato, nascosto da me stesso agli occhi del mondo.

 

 

 
 
 

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Post n°879 pubblicato il 09 Febbraio 2021 da enodas

 

 

 

Avevo bisogno di un accenno di bellezza. Leggero come un manto improvviso, fragile come quei cristalli di ghiaccio pronti a sciogliersi al sole. Quello che é il moto di sorpresa negli occhi di un bambino, mi é parso come il tocco delicato che mi svegliasse da questo inverno che pare infinito. Dopo tutto questo tempo che non passa, ed un mondo che ogni giorno diventa sempre più estraneo, quasi sconosciuto, sentivo la necessità di qualcosa di bello. Ho assaporato cognuno dei miei passi che affondano in un paesaggio improvvisamente da fiaba, e quasi un ricordo di un orizzonte che allora era semplice magia, lontano anche quello, in questa coltre immobile di un tempo che non vuole passare. Sono andato nel bosco. Se non per vivere con saggezza, per lo meno lasciando che la mente ed i miei pensieri fossero finalmente liberi di vagare nel freddo pungente dell'aria intrisa di neve. Imbardato quasi fosse il deserto artico. Mi sono perso, con gioia. Ed ho continuato a camminare, affondando i miei passi nella neve più soffice, alzando lo sguardo verso il cielo limpido e gelido e lasciando che quell'aria fresca mi riempisse i polmoni. O pennellando striature azzurrognole e di luce calda, come soltanto la luce radente di un sole che non riesce a salire troppo oltre l'orizzonte può dare, su una tela ondulata e brillante di riflessi sempre diversi. Linee astratte e pieghe dell'anima.

 

 

 
 
 

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Post n°878 pubblicato il 30 Gennaio 2021 da enodas

 

 

Riavvolgendo il tempo di un anno esatto da oggi, mi ritrovo in quell'ultimo estanuante viaggio. Un'interminabile trafila di coincidenze e nomi di città tra Asia ed Europa, durata quasi due giorni, che precipitosamente mi riportava indietro con tristezza infinita. E paura, certo. Anche se difficilmente avrei potuto guardare avanti e vedere ciò che é, ad un anno di distanza. Con la tensione che scemava, di passaggio in passaggio, ritrovando quella normalità che soltanto pochi giorni erano bastati a stravolgere. Quella realtà non raccontata che mi era apparsa immediata ed esplicita appena atterrato, attraversando strade che dovevano essere piene di vita e che si presentavano spettralmente deserte. Quella realtà non raccontata che ogni mancanza di notizie rendeva ancora più opprimente. I cieli già si stavano chiudendo. Adesso, quelle immagini appaiono come ricordi lontani ed incridibilmente sbiaditi. Ho cercato allora di pensare a quel tragitto come un'avventura in sé, un'esperienza di viaggio. E certo é stato così, magra consolazione di quella che smebrava quasi una fuga. Eppure ancora era l'illusione di pensare che si trattasse dell'altra parte del mondo, e che tutto sarebbe stato assorbito in una colonna in seconda pagina. Ma quelle strade deserte mi avevano colpito, come uno schiaffo. Lasciando un macigno sul cuore, a dover ripartire così. E niente, ancora, era nemmeno all'orizzonte.

 

 

 
 
 

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Post n°877 pubblicato il 25 Dicembre 2020 da enodas

 

 

 

Ho pensato che per quanto strano fosse scrivere in questa giornata, valesse la pena lasciare un qualcosa di scritto da ritrovare in un qualsiasi futuro. E tutto sommato, di normale, almeno per come sono abituato, questa giornata ha ben poco, che poco in fondo c'era da fare. E la sensazione é che sia passata senza niente di che, come fosse un giorno qualsiasi. Alla fine - ma ormai lo avevo intuito già da parecchio tempo - sono rimasto confinato qui, cercando di avere una tavola che compensasse il numero irrisorio delle sedie occupate. Tanto che già a pranzo oggi non avevo nemmeno fame. Tutto sommato, questa non é poi una gran novità. Ho approfittato del bel tempo e delle temperature piacevoli, invece, e sono uscito per cercare di perdermi in quella macchia di foresta che ho vicino casa, cercando di legare un momento con qualcosa di speciale nella sua normalità. Almeno, la luce d'inverno era calda e piacevole, e camminare - almeno penso io - fa sempre bene alla mente. Il resto é passato con lentezza e senza scossoni, nel bene e nel male. Ma di tutto questo non é rimasto granché Natale.

 

 

 
 
 

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Post n°876 pubblicato il 03 Dicembre 2020 da enodas

 

 

Ho aperto lo spartito sul frontespizio, passando le mani sulla carta a tratti ingiallita sul calco lasciato da una frase copiata, molto tempo fa. Così tanto, che crea vertigine. Perché poi in un angolo c'é una data, che é quando lessi per la prima volta questo note. E senza accorgermene veramente, l'altra sera, mi sono reso conto che si trattava dello stesso giorno, molti anni prima. Se tra tutti dovessi scegliere uno spartito che parli di me, seduto al pianoforte, del sogno che questi tasti hanno sempre rappresentato, ecco, io credo che sia questo. E' una musica costante che da qualche parte, nell'anima mi accompagnerà sempre. Anche se in realtà, accostarmi al pianoforte e dedicarvi anche una minima parte di quanto dovrebbe essere é sempre più faticoso ed accade sempre più raramente. Forse perché ho rinunciato a guardare dentro di me con l'anima di un tempo. Forse perché talmente forte é il legame che ci sono frammenti perduti che non riesco a ricongiungere. E le dita riconoscono i tasti sempre meno a loro agio, sempre meno forti e sicure. Mi manca, tremendamente. E questa data lontana sembra quasi a testimoniare un amore che si perde e si riprende, senza mai scomparire. Una promessa che faccio, tra me e me, a ritorni regolari. Perché l'idea di quei tasti immobili e silenziosi é un'immagine un po' triste e, in profondità, di solitudine.

 

 

 
 
 

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Post n°875 pubblicato il 28 Novembre 2020 da enodas

 

 

La peste e Cecità. Immagino che questi due libri, di questi tempi, non siano una scelta particolarmente originale, ed onestamente, per quanto li tenessi entrambi sul mio scaffale da molto tempo, ammetto che probabilemnte non li avrei letti a distanza ravvicinata, se non fosse per ciò che stiamo vivendo.
Il primo l'ho letto alcuni mesi fa, ed in ogni pagina sembrava di rivedere le immagini che giungevano dalla realtà attuale. Così, mi sono trovato a sottolineare blocchi interi di testo. Dall'incredulità all'approccio ambiguo dei caratteri, a seconda delle loro funzioni e dei loro interessi, e poi lo spirito eroico e le immagini della tragedia, ogni tassello sembrava la scena di una tragedia scritta per essere messa in scena, quasi fosse un'opera teatrale. Il secondo l'ho letto in questi giorni e, sin da subito, ne ho ricavato un senso di orrore e claustrofobia che la sera, una volta chiuso il libro, mi lasciava ad occhi aperti. In entrambi, anche se nella mia lettura in maniera profondamente diversa, la malattia sembra essere una concretizzazione del Male, quello di cui siamo capaci come esseri umani, e quanto sia semplice e rapida la trasformazione cui siamo soggetti, una volta che vi cediamo. Cecità, il cui autore per me é sempre stato uno scrittore straordinario, é la condensazione delle paure e delle ansie più profonde ed al tempo stesso elementari, leggerlo é stato come attraversare un incubo a cielo aperto, a contatto con le brutture umane più vergognose calate su un mondo di disperati, egoismo e cattiveria senza filtri, dove soltanto un epilogo inspiegabile può alla fine avere l'effetto di indurre un risveglio forzato che é come una salvezza. E leggerli in quest'ordine, non che lo abbia scelto a priori, ancora di più sembra avere un senso ed essere una rivelazione. Perché se da una parte le immagini che mi tornavano in mente erano quelle degli scaffali vuoti dei supermercati ad inizio anno che, a dispetto della tracotanza mostrata allora a queste latitudini, denotavano una corsa irrazionale quanto egoistica e mettevano in luce le discutibili abitudini di questa gente, dall'altra adesso é lo sconforto e la paura, con la sensazione di rivivere un incubo già visto e con i giorni di Natale infine che si avvicinano e saranno malinconia e tristezza, forse anche indifferenza, a prendere il sopravvento. Soffocante e claustrofobico, come le pagine del libro.

 

"... Dal momento in cui la peste aveva chiuso le porte della città, non erano più vissuti che nella separazione, erano stati tagliati fuori dal calore umano che fa tutto dimenticare. Con gradazioni diverse, in tutti gli angoli della città, uomini e donne avevano aspirato a un ricongiungimento che non era, per tutti, della stessa natura, ma che, per tutti, era egualmente impossibile. La maggior parte avevano gridato con tutte le loro forze verso l'assente, il calore d'un corpo, l'affetto o l'abitudine. Alcuni,
sovente senza saperlo, soffrivano di essersi messi fuori dall'amicizia degli uomini, di non esser più capaci di raggiungerli coi mezzi ordinari dell'amicizia, che sono le lettere, i treni e i bastimenti..."


"... Chissà se tra questi morti non ci saranno i miei genitori, disse la ragazza dagli occhiali scuri, e io, magari, passo accanto a loro e non li vedo, E’ una vecchia abitudine dell’umanità, passare accanto ai morti e non vederli, disse la moglie del medico..."

 


 
 
 
 
 

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