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Post n°446 pubblicato il 21 Maggio 2015 da estremalatitudine

La signora lasciò la porta aperta. Già questo per lei era un brivido. Da quando era rimasta sola la sera chiudeva la porta con tutte le mandate posssibili. Prima a farlo era suo marito, ma da quando lui, quello stronzo, una sera aveva cercato di entrarle in casa ubriaco per fare la pace, lei, lei aveva cambiato tutte le serrature e la sera si chiudeva dentro per bene.

Lasciò la porta aperta e andò in camera da letto. Guardò l'orologio. Giusto. Avrebbe dovuto arrivare tra poco. Gli accordi erano quelli. Dieci minuti tra le 10 e le 10 e dieci. Poi si sarebbe chiusa dentro di nuovo.

Ma lui aveva giurato che sarebbe stato puntuale. La puntualità era essenziale per lei. Odiava quei cazzoni che arrivavano sempre in ritardo inventandosi ogni volta una scusa nuova.

In camera si preparò e si sedette sul letto. Solo la lampadina sul comodino. Di là la luce del corridoio. Basta solo quelle.

Sentì la porta che si apriva e subito dopo le mandate che la richiudevano. Glielo aveva chiesto lei. Con quel che avevano in testa ci mancava qualche balordo o quella testa di cazzo del suo ex marito.

Velocemente si spogliò e spense la luce su comodino. Si sdraiò e attese.

All'inizio i passi furono pesanti. Lo aveva immaginato alto e grosso e quindi dei passi pesanti ci stavano. Pochi passi. Poi niente. Nessun rumore. Cosa faceva? S'era tolto le scarpe evidentemente e evidentemente stava camminando in punta di piedi. Il legno del aprquet attutiva tutto. C'era da impazzire. Istintivamente allungò la mano verso il comodino dove aveva messo un grosso coltello da cucina. Il più grosso. Il manico liscio invece di tranquillizzarla la agitò di più.

Una mano si posò sul letto e cercò le sue gambe. La sorpresa fu così forte che non riuscì a non gridare. Lui le sibilò un ssss, sono io, Estrema. Lei lasciò il coltello. Era lui. L'adrenalina scese improvvisa e il suo corpo, i suoi muscoli immediatamente furono come svuotati. Abbandonata a se stessa. Rilassata. Sfibrata?

S'erano conosciuti in rete e in rete avevano architettato quella cosa. Le fantasie reciproche collimavano. Lei farsi prendere da uno sconosciuto nel buio più completo. Lui conquistare una donna con parole, carezze e baci. Le parole erano state su internet. Adesso mancavano i baci e le carezze.

Infatti.

La sua bocca e le sue mani cominciarono. Esattamente come aveva immaginato. Calde e lisce, secche, anche la bocca, anche la bocca e la lingua, la lingua ruvida come quella di un gatto. Poi si sciolse e la sua bocca con lei.

Quando fu pronta, quando lui si rese conto che i suoi sospiri chiedevano oltre, lui, lui le si avvicinò al buio. Sentì la sua coscia vicino al seno. Allungò una mano e lo prese. Prenderlo, afferrarlo era sempre una emozione. Non c'era cosa più sexi di prenderlo in mano. Un bel bastone. Grosso. Doveva essere grosso, certo, se no era solo schifezza. E quello lo era. Lo era. Lo era. Non aveva mentito. Lei glielo aveva chiesto in chat e lui aveva risposto senza dare misure. Solo ben dotato. Ben dotato. Cazzo, se lo era. Non le aveva mentito. In niente. Poteva fidarsi. Di uno così ci si poteva fidare. Forse. Sì. Decisamente sì, si disse, mentre glielo massaggiava, scapellandolo e ricoprendolo. Poi si avvicinò con le labbra. Mai assaggiato un cazzo completamente al buio. Bellissimo, si disse. E lui, lui si lasciò fare, per un po', per un bel po', fino a quando non si sfilò dai suoi baci e la prese con forza.

Il mattino dopo al risveglio, trovandosi sola nel letto per un attimo si chiese se avesse sognato. Era nuda. Completamente. Non era un sogno. Lei non dormiva mai nuda. Si carezzò e trovò conferme. Non era stato un sogno. Sul comodino un biglietto da visita e un numero di cellulare. Marco, si chiamava. Non Estrema, come sulla rete.

Marco, bello, no?

Si alzò di scatto e andò a chiudere la porta a doppia mandata. Mai più? Non lo avrebbe più rivisto come si era prefissata all'inizio? Fece colazione, abbondante, giocarellando con il biglietto da visita. Se lo rigirava tra le mani e le sembrava che in qualche modo lui fosse ancora lì. Almeno adesso sapeva più o meno quanto era alto e grosso e che voce avesse. Un puzzle. Uno di quei giochi nei quali le informazioni ti vengono date un po' per volta. Voleva giocare ancora? Non ne aveva avuto abbastanza? Sospirando, si alzò per andarsi a lavare e vestire. Poi, quando uscì per andare al lavoro, il biglietto finì sul tavolo in sala insieme ad altri pezzi di carta.

 

ps: ho usato il mio nick per questo racconto (è la prima volta) per non tirare in ballo involontariamente altri sconosciuti internauti. Il racconto nasce da una fantasia confessatami da una amica.

 

 
 
 
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