Creato da estremalatitudine il 19/06/2008

estremalatitudine

racconti di vita, di sesso

 

 

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Post n°447 pubblicato il 21 Maggio 2015 da estremalatitudine

Suo marito ce lo aveva piccolo. Da fidanzati ne aveva avuto il sospetto, ma si sa l'amore travolge ogni cosa. Anzi col tempo si era convinta che in fin dei conti, sì, dai, non era enorme, ma era giusto, giusto per lei. E poi lui, suo marito, era adorabile e anche adesso dopo tutti quegli anni era ancora innamorato e la riempiva di attenzioni e l'aiutava in casa e con i figli era stupendo, ma...  fatto sta che ce l'aveva piccolo.

Non che quando scopavano lei non raggiungesse l'orgasmo, anche se, a dir la verità, il desiderio con gli anni era calato e non poco, ma tutto sommato quelle rare volte quando lo facevano era ancora più che soddisfacente, ma..... ce l'aveva piccolo. non c'erano dubbi.

Mannaggia ad internet si diceva e a quando aveva dato una occhiata, per sbaglio, ad altri uomini. oddio, c'era già stata quella volta che quegli strani amici li avevano coinvolti nel vedere un film porno una sera. ricordava le risate e l'imbarazzo reciproco. Anche lì si era meravigliata della virilità di quegli attori, ma, si sa, sono attori, non gente normale.

Adesso, invece, su internet una sera si era incuriosita e aveva fatto un giro e al di là delle schifezze varie che le era toccato vedere non c'era dubbio che la media degli uomini, attori, ma anche sconosciuti, era decisamente, ma decisamente più dotati di suo marito.

Questa certezza le aveva procurato un dolore lontano, come un senso di inutilità, di spreco, di tristezza.

Poi un giorno un tizio in ufficio prese a corteggiarla. All'inizio non ci aveva fatto caso. Le colleghe la prendevano in giro, ma lei non ci credeva. Si sbagliavano sicuramente. Quel tizio forse era addirittura più giovane di lei e lei, sì, certo, era una bella donna, ma talmente seria, che in vita sua solo un paio di volte qualche matto ci aveva provato fraintendo una sua parola o sguardo. Col passare dei giorni e delle settimane dovette convincersene. Quel tizio la corteggiava proprio. Non particolarmente insistente, ma certo quelle attenzioni non erano casuali. Ne fu lusingata. Le amiche le dicevano che non c'era niente di meglio per tirarsi su di un bel corteggiatore. Avevano ragione. Solo a sentirlo parlare, a vederlo, quando arrivava puntuale a trovarla e le si sedeva di fronte con le scuse più assurde, ecco solo a vederlo lei si sentiva meglio, allegra, più contenta.

Dopo un mese la invitò per un aperitivo. Lei sulle prime rispose picche, ma poi accettò. Sto già tradendo? Lo dico a casa? No. Non stava facendo niente di male e non lo avrebbe detto a casa. Aveva diritto ad una vita propria, no?

L'aperitivo fu estremamente piacevole e lui, al solito, galante, educato, simpatico e divertente. Se ne stava invaghendo?

Fatto sta che alla lunga finirono a letto. Lei quando lui si spogliò non smetteva di guardarlo. Solo a guardarlo si ritrovò completamente bagnata. Finalmente, diceva una voce. Finalmente. Lui, nel prenderla, le sussurrò che l'aveva cercata così tanto proprio perché sembrava inarrivabile. Una moglie devota. A sentire la parola moglie invece di bloccarsi lei sentì un brivido dietro la schiena. Un brivido forte. Lui se ne accorse e ripetè ancora e ancora: una moglie devota, una moglie devota, una moglie devota e lei a quelle parole rispose gridando sì, sì, sì, sisìsì.

Quella storia durò un pezzo. Poi lui si stancò della moglie devota e lei per un po' ne pianse in segreto. Non era tipa da passare da un letto all'altro, ma certo che quando una si ritrova con un marito col cazzo così piccolo....

 

 
 
 

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Post n°446 pubblicato il 21 Maggio 2015 da estremalatitudine

La signora lasciò la porta aperta. Già questo per lei era un brivido. Da quando era rimasta sola la sera chiudeva la porta con tutte le mandate posssibili. Prima a farlo era suo marito, ma da quando lui, quello stronzo, una sera aveva cercato di entrarle in casa ubriaco per fare la pace, lei, lei aveva cambiato tutte le serrature e la sera si chiudeva dentro per bene.

Lasciò la porta aperta e andò in camera da letto. Guardò l'orologio. Giusto. Avrebbe dovuto arrivare tra poco. Gli accordi erano quelli. Dieci minuti tra le 10 e le 10 e dieci. Poi si sarebbe chiusa dentro di nuovo.

Ma lui aveva giurato che sarebbe stato puntuale. La puntualità era essenziale per lei. Odiava quei cazzoni che arrivavano sempre in ritardo inventandosi ogni volta una scusa nuova.

In camera si preparò e si sedette sul letto. Solo la lampadina sul comodino. Di là la luce del corridoio. Basta solo quelle.

Sentì la porta che si apriva e subito dopo le mandate che la richiudevano. Glielo aveva chiesto lei. Con quel che avevano in testa ci mancava qualche balordo o quella testa di cazzo del suo ex marito.

Velocemente si spogliò e spense la luce su comodino. Si sdraiò e attese.

All'inizio i passi furono pesanti. Lo aveva immaginato alto e grosso e quindi dei passi pesanti ci stavano. Pochi passi. Poi niente. Nessun rumore. Cosa faceva? S'era tolto le scarpe evidentemente e evidentemente stava camminando in punta di piedi. Il legno del aprquet attutiva tutto. C'era da impazzire. Istintivamente allungò la mano verso il comodino dove aveva messo un grosso coltello da cucina. Il più grosso. Il manico liscio invece di tranquillizzarla la agitò di più.

Una mano si posò sul letto e cercò le sue gambe. La sorpresa fu così forte che non riuscì a non gridare. Lui le sibilò un ssss, sono io, Estrema. Lei lasciò il coltello. Era lui. L'adrenalina scese improvvisa e il suo corpo, i suoi muscoli immediatamente furono come svuotati. Abbandonata a se stessa. Rilassata. Sfibrata?

S'erano conosciuti in rete e in rete avevano architettato quella cosa. Le fantasie reciproche collimavano. Lei farsi prendere da uno sconosciuto nel buio più completo. Lui conquistare una donna con parole, carezze e baci. Le parole erano state su internet. Adesso mancavano i baci e le carezze.

Infatti.

La sua bocca e le sue mani cominciarono. Esattamente come aveva immaginato. Calde e lisce, secche, anche la bocca, anche la bocca e la lingua, la lingua ruvida come quella di un gatto. Poi si sciolse e la sua bocca con lei.

Quando fu pronta, quando lui si rese conto che i suoi sospiri chiedevano oltre, lui, lui le si avvicinò al buio. Sentì la sua coscia vicino al seno. Allungò una mano e lo prese. Prenderlo, afferrarlo era sempre una emozione. Non c'era cosa più sexi di prenderlo in mano. Un bel bastone. Grosso. Doveva essere grosso, certo, se no era solo schifezza. E quello lo era. Lo era. Lo era. Non aveva mentito. Lei glielo aveva chiesto in chat e lui aveva risposto senza dare misure. Solo ben dotato. Ben dotato. Cazzo, se lo era. Non le aveva mentito. In niente. Poteva fidarsi. Di uno così ci si poteva fidare. Forse. Sì. Decisamente sì, si disse, mentre glielo massaggiava, scapellandolo e ricoprendolo. Poi si avvicinò con le labbra. Mai assaggiato un cazzo completamente al buio. Bellissimo, si disse. E lui, lui si lasciò fare, per un po', per un bel po', fino a quando non si sfilò dai suoi baci e la prese con forza.

Il mattino dopo al risveglio, trovandosi sola nel letto per un attimo si chiese se avesse sognato. Era nuda. Completamente. Non era un sogno. Lei non dormiva mai nuda. Si carezzò e trovò conferme. Non era stato un sogno. Sul comodino un biglietto da visita e un numero di cellulare. Marco, si chiamava. Non Estrema, come sulla rete.

Marco, bello, no?

Si alzò di scatto e andò a chiudere la porta a doppia mandata. Mai più? Non lo avrebbe più rivisto come si era prefissata all'inizio? Fece colazione, abbondante, giocarellando con il biglietto da visita. Se lo rigirava tra le mani e le sembrava che in qualche modo lui fosse ancora lì. Almeno adesso sapeva più o meno quanto era alto e grosso e che voce avesse. Un puzzle. Uno di quei giochi nei quali le informazioni ti vengono date un po' per volta. Voleva giocare ancora? Non ne aveva avuto abbastanza? Sospirando, si alzò per andarsi a lavare e vestire. Poi, quando uscì per andare al lavoro, il biglietto finì sul tavolo in sala insieme ad altri pezzi di carta.

 

ps: ho usato il mio nick per questo racconto (è la prima volta) per non tirare in ballo involontariamente altri sconosciuti internauti. Il racconto nasce da una fantasia confessatami da una amica.

 

 
 
 

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Post n°445 pubblicato il 24 Aprile 2015 da estremalatitudine

Ripensandoci non avrebbe saputo dire perché aveva accettato. Nei giorni e settimane successive ci aveva ripensato spesso e ogni volta avvertiva come un languore, un senso di spossatezza, stanchezza, qualcosa che le faceva piegare le gambe. la indeboliva, la faceva sentire indifesa, insicura, femmina. Femmina era il termine giusto, si chiedeva? Lei di solito non si sentiva così. Era una donna sana, robusta, con belle spalle e gambe tornite dalla palestra. Era femmina, certo, ma non debole, o insicura, o almeno non sempre. Eppure quella volta e il ripensarci, insomma, quella era la sensazione, il sentimento, ciò che tornava.

Era successo tutto in palestra. Un'amica le aveva detto di quella esperienza strana che le era capitata proprio lì, in palestra, quell'episodio di sesso, perché su questo l'amica era stata chiara, lì, in palestra, le sembrava impossibile, in quelle stanze, negli spogliatoi dove aleggiava sempre quell'odore e calore, che nonostante tutti i ventilatori del mondo e l'aria condizionata non c'era verso di togliere del tutto. Impossibile. Lei, l'amica, non le aveva detto dove, esattamente, o come, insomma su quello era rimasta sul vago e quella vaghezza aveva punto la sua curiosità, quella sì femmminile. Dove? Come? Con chi? Niente. L'amica non aveva detto una parola in più. Solo sesso, lì, in palestra, soddisfacente, molto.

Mitomane? S'era chiesta quella sera facendo la doccia e rivestendosi. Sembrava tutto così tranquillo, normale, senza fronzoli, mai una battuta da parte di nessuno, inservienti, istruttori o clienti. Niente. Una palestra. Bella, certo, la più bella in città, ma solo una palestra.

Era andata a casa e aveva continuato a pensarci. La sua amica forse aveva bisogno, ma lei, lei non aveva bisogno di sesso. Lo faceva ogni volta che voleva e anche bene, no? insomma benino, bene, sì, come due che scopano insieme da ventanni e che sanno tutto, ma proprio tutto dell'altro, dell'altra.

Solo qualche settimana dopo era tornata sull'argomento con quell'amica. Si era detta stupita che avesse potuto capitare lì. Le sembrava impossibile. Lei aveva confermato. Se voleva poteva farglielo capitare. Lei aveva smesso, un bel gioco dura poco, ma sapeva con chi parlare ovviamente. Voleva?

Niente. Ancora niente. Quella volta non aveva detto né sì, né no. La volta dopo, anzi no, dopo altre due volte le aveva detto che sì, voleva provare. Ci aveva pensato davvero su. Un momento per lei, solo per lei, come la palestra, ma di più, lei sempre pronta a tutto per tutti, la spesa, sua mamma, il compagno, sempre pronta, ecco, un momento per lei. e che cazzo!

La volta successiva l'amica le aveva detto che se ancora era interessata si poteva fare per il mercoledì sera della settimana entrante. Bene, si era detta. Mercoledì ci sono le partite in tv. Avrebbe potuto rimanere fuori senza dover raccontare granché. Ok. Fu così che iniziò e finì, anche. Solo una volta, solo una, ma era bastata, ché quando ci ripensava non poteva fare a meno che aggiungere "meno male"."

Quella sera, dopo la doccia ed essersi rivestita con calma, con molta calma, chè la sua amica le aveva detto che doveva aspettare praticamente che la palestra chiudesse, fu avvicinata da una donna che non aveva mai visto. "mi segua" le disse soltanto. E lei, presa la borsa, la seguì.

Nel seguirla per le sale e le stanze, schivando gli attrezzi, si disse che non aveva mai davvero realizzato quanto la palestra fosse grande. Poi in fondo all'ultima sala, la donna aprì una porta perfettamente mimetizzata con la parete.

Oltre c'era solo una poltrona e, al centro, due pali, con degli inserti di cuoio. Un signore corpulento entrò. Gentile le si rivolse e le spiegò che quanto stava per accadere poteva sembrare una sottomissione (al sentire solo la parola un brivido le percorse la schiena), ma in realtà ne era solo una lontana parente. L'avrebbe legata, certo, ma il patto era che il dolore che le avrebbe procurato sarebbe stato sicuramente e perfettamente sopportabile e che comunque lei in qualsiasi momento avrebbe potuto dirgli che voleva finire e lui, lui avrebbe finito. Immediatamente.

Disse immediatamente con lentezza e forza, in modo da non lasciare dubbi che quella fosse la sua volontà. Come non fidarsi?

Poi le chiese di spogliarsi completamente, cosa che lei fece con un certo imbarazzo. Spogliandosi continuava a guardare quell'uomo pesante, in maglietta e blue jeans. Non aveva esattamente l'aspetto di Eros, il dio dell'amore. Ma forse suppliva con la tecnica. La sua amica aveva detto che il sesso era stato estremamente soddisfacente. Mistero.

Quando fu nuda, del tutto, istintivamente si coprì con un braccio il seno e una mano lil pube, che, sempre senza pensarci, teneva ben serrato tra le cosce. Il signore si avvicinò e senza parlare le prese il braccio e lo scostò, Poi andò indietro e la guardò attentamente. Le parve che quel che vedeva fosse di suo gradimento.

Le chiese di indossare delle scarpe. Sandali, con lacci e tacchi molto alti. Stava per mettersi a ridere e dichiarare che lei, non metteva tacchi, non li aveva mai messi, piccola com'era le sembrava qualcosa di esagerato, non suo, insomma. Poi li prese in mano. Erano della sua misura. Da seduta ne indossò uno. Perfetto. Mise anche l'altro e si alzò. Emozione. Paura anche di camminare. Sì, un po' di tacco qualche volta l'aveva messo. Ma quelli erano altissimi. Dodici? Almeno. L'uomo le si fece di fianco e, presela per mano, la aiutò a fare qualche passo. Se andava piano non c'era pericolo.

Quando fu pronta, l'uomo la condusse ai pali, le sollevò i polsi e la legò, con un nodo che stranamente era sia molto resistente che indolore sulla pelle. Meno male, pensò, proprio gente che se ne intende. Al pensiero di lui che faceva quella cosa anche con altre un moto di ribellione. Come se l'avesse intuito l'uomo le carezzò una spalla e chianandosi un poco le baciò la scapola. Le labbra erano secche e calde. Quel contatto la tranquillizzò un po'. E poi non era ormai troppo tardi?

L'uomo facendola piegare in avanti le aprì le gambe. Era stato un movimento lentissimo, attento a non sbilanciarla sui tacchi. Piegata in avanti a novanta gradi. che cazzo di posizione, pensò.

Proprio in quel momento sentì sulla pelle un brivido. L'uomo aveva iniziato a frustarla molto lentamente. Certe volte, nel momento del piacere il suo uomo le aveva dato delle sberle sul sedere, anche ripetutamente e la cosa, strano, ma le era piaciuta e glielo aveva detto, così a volte lui lo rifaceva, mentre lei era sopra di lui, o mentre lo facevano da dietro. quel caldo, estremo, sulla pelle, l'arrossarsi, il suono secco del suo palmo su di lei, il ritmo che si univa a quello dei suoi colpi, ecco, sì, la eccitava. Quei brividi della frusta glielo ricordarono. La cosa andò avanti un po', con colpi alternati. a volte quasi carezze, altre vere e proprie sferzate. sentiva il proprio sedere bollente, proprio come quando lui le dava quelle sberle, mentre la prendeva, deciso, forte.

Poi l'uomo smise e per un poco fu solo silenzio. Non lo vedeva. Messa com'era non vedeva praticamente niente. Solo i pali e uno specchio che le ritraeva il viso e l'inzio del costato. Il suo seno. Libero. Pesante. Libero. I capezzoli s'erano induriti e le sembrarono particolarmente scuri.

Un altro brivido la feca sobbalzare. Un liquido caldo su di lei. Acqua? No, più consistente. Una crema molto liquida, calda, che l'uomo prese a spruzzarle sul sedere e la schiena e le braccia e le gambe, i polpacci, i piedi. E poi le sue mani grandi, calde anche loro che la massaggiavano e gliela spalmavano, gliela facevano assorbire, profumata, e lì sul sedere, sembrava le avessero versato acqua fresca, invece che calda e la sua mano, delicata, passando sulla pelle arrossata sembrava conoscerne la resistenza.

Altro silenzio. Pausa. Sola.

Poi un ronzio, come un rasoio elettrico, un depilatore. Qualcosa le si appoggiò sotto, tra le cosce e vibrava. Sobbalzò e irrigidì il busto. Le pelli che le legavano i polsi si tesero. Quel coso che vibrava continuava a starle attaccato alle grandi labbra, che adesso, le sentiva, le sentiva bene, si stavano ingrossando e aprendo, piano, pian piano, e più si aprivano più il piacere diventava intenso, su verso il clitoride e poi giù, dove la sua rosa s'era fatta più grande, adulta, donna. Altri minuti. Sospiri. Si sentiva respirare e sospirare nel silenzio generale. Dieci minuti, mezz'ora, quanto? non l'avrebbe saputo dire. Si ricordava solo che anche quello finì, improvvisamente, lasciandola come orfana, insoddisfatta, nervosa.

nel silenzio che seguì le luci si abbassarono e la musica del bolero di ravel iniziò a farsi sentire lontana.

Di fronte a lei passò l'uomo corpulento, che, passando, si inchinò alla maniera orientale e scomparve da una porta. Sola. Sola? Cercò di rialzarsi, ma i tacchi e le corde le impedivano i movimenti. 

poi quella stessa porta si aprì ed entrò un pezzo d'uomo così alto e grosso che ne riuscì a vedere il viso solo quando entrò, prima che le si avvicinasse troppo. Bello? Certamente non grasso. Normale. Maschio. Lineamenti normali, forse un po' duri, muscoloso, con un torace sviluppato e le spalle tornite. Nudo. Nudo!?!?! Nudo. Compeltamente. Il suo coso ballonzolava tra le cosce. Era proporzionato, o almeno sembrava. La cappella rosata era mezzo scoperta e lui, il coso, il cazzo, era mezzo eretto, o, meglio, no, consistente, ma non eretto. Gonfio. Gonfio? Ma no, non gonfio, non ancora eretto, ma neanche completamente rilassato. A metà. Consistente. Come un bicipite prima che sollevi un peso. Ecco, sì, così.

Le scomparve alle spalle, in silenzio, muovendosi agile a piedi nudi. Secondi. Tanti.

Poi le ricomparve davanti tenendo con la mano destra la poltrona sollevata da terra come fosse un fuscello. La posò davanti a lei e si sedette.

Iniziò a parlarle, con una voce profonda, baritonale, dicendole quanto era bella, e sinuosa e aggrazziata e proporzionata e quanto era stata brava a sopportare quelle prove in silenzio, senza lamenti o attacchi isterici. Non è da tutte, diceva, e i suoi occhi lo dicono, diceva, che lei non è una donna come le altre, e mentre parlava, mentre le parlava a voce bassa e sicura, e il bolero continuava ossessivo il suo ritornello, lui, quello, seduto, a gambe larghe, cosce massicce, da atleta, s'era preso il cazzo in mano e lo scapellava e lo ricopriva lentamente e lui, quello, il cazzo, aveva smesso di ballonzolare e si induriva sempre più, sempre più grosso, sempre più proporzionato a quella massa di muscoli, senza un filo di grasso, tesi, pronti, rilassati, che gli facevano da contorno, a lui, al cazzo, che aveva una cappella rosso scuro e brillava nella semi oscurità della stanza e lei, lei era nervosa, nervosa, chè quelle pirlate su di lei, lei bella, lei unica, lei forte, lei dagli occhi profondi, che adesso le si chiudevano un poco, dalla stanchezza, dalla voglia, dal desiderio, ammaliati da quel cazzo, bello, grosso, pronto, che lui continuava a menarsi lentamente, tenendole fisso lo sguardo addosso, stronzo, che era pronta, pronta, pronta, non lo capiva?!

Poi lui si alzò e sparì alla sua vista. Dopo poco le mancò il respiro come le capitava sempre quando veniva presa di colpo. Il suo uomo lo faceva spesso, quando erano più giovani. Un'emozione. Di colpo. Di colpo presa. Fino in fondo. Di colpo. E poi, quasi subito, colpi ritmati, secchi, profondi che dopo poco aumentarono il ritmo, molto, di più, forte, quasi che quello la volesse violentare, prendere, aprire e quella foga, quella foga, e il vibratore prima e l'acqua e la crema e le mani ecco tutto, tutto la fece venire con un urlo.

Mentre ancora tremava il suo corpo fu abbracciato da quello di lui, che alto e lungo le si sdraiò sopra, alto com'era, sopra di lei, in piedi, sui suoi tacchi stratosferici, e allungava una mano e le slacciava i polsi, per poi raccoglierla e aiutarla a rimettersi in piedi per abbracciarla, da dietro, ancora dentro di lei, abbracciarla tutta, con le sue braccia grosse che le stringevano le spalle e lei, lei che pensava, per un attimo, un minuto soltanto, ma quanto sei alto, tesoro mio?

Poi lui uscì da lei, veloce come era entrato e la condusse per mano ad un grande divano in fondo alla sala, nascosto da una pesante tenda, dove scoparono ancora e ancora, lentamente stavolta e ogni volta che lui entrava e usciva, che entrava pian piano in lei e poi usciva facendo scorrere lentamente il cazzo lungo le sue labbra, ecco lei lo sentiva e si domandava quanto fosse grosso, e bello, e lungo e ben di dio. A metà lui le strisciò a lungo con la cappella sulle labbra e il clitoride. Poi di colpo la prese e rimase ficcato, fermo, immobile, dentro di lei. Il suo respiro che s'era interrotto nell'essere presa, riprese come dopo uno scampato pericolo. Normale, ma non troppo. Accelerato dalla pressione che il suo cazzo faceva dentro di lei, grosso, lungo, fermo, immobile. Le sembrava quasi di sentire il rilievo della cappella, dentro, dentro di lei, ferma, scolpita, immobile. Poi riprese a danzare dentro e su di lei e la condusse, più volte, al capolinea del viaggio.

quando ad un certo punto lei finalmente riuscì a divicolarsi e farlo sdraiare e mettersi sulla sua pancia e come una gattina leccarglielo e mangiarglielo, ecco lì si rese conto del perché e per come le era piaciuto tanto e per un poco, un minuto soltanto, per un attimo si chiese: ci si può innamorare di un cazzo?

si può, di disse tornando a casa, ma non si deve.

 

 
 
 

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Post n°444 pubblicato il 19 Aprile 2015 da estremalatitudine

Mi capita tutte le volte, cioé non tutte, tutte quelle che andavano a finire bene, con soddisfazione, sì, insomma, bene, no?

La prima volta mi aveva portato un tizio, uno degli amici, quelli che per un po' frequenti, sembrano parte del giro, della tua vita e poi, pluff, spariscono, se ne vanno loro, o forse anche tu, anche io, non so, sì forse anche io li mollo, non so, fatto sta che non ricordo chi cazzo era, che poi cazzo ci sta proprio bene, che mi portò lì la prima volta, e anche la seconda, perché la prima, ricordo, fu proprio una esperienza del cazzo, uno schifo, troppo teso, preoccupato, impaurito.

Me lo aveva detto, giurato e spergiurato, ma io sono fatto così, a me piace il controllo, io voglio sempre sapere prima cosa succederà, prima, esattamente, ecco, forse esattamente no, ma più o meno, insomma niente sorprese e neanche lì ci sono sorprese, certo, ma di sicuro devi abituarti un po', perché, sì, insomma, abbassarsi la patta e infilare il cazzo in un buco, anche se sai che di là c'è una ragazza, o dovrebbe esserci, e se fosse un frocio? ecco non è che la prima volta me la sia goduta proprio. Ma forse neanche la seconda. Non ricordo.

So che la chiave è stata quando ho iniziato a rilassarmi pensando alla bella ragazza che delicata come una foglia stava prendendosi cura del mio bambino, lo stava accarezzando, lo stava baciando, delicatamente, con cura e grazia infinita, mi viene sempre in mente un ballo, un valzer lento, nel quale io e lei balliamo stretti, cullati dalla musica nel caldo di una stanza infinita, illuminata in pieno dal sole, caldo, caldo, caldo.

io e lei balliamo e io vengo come quando apri un tubetto di crema tenuto troppo a lungo in mano. Lo apri e la crema esce spontaneamente e non c'è modo o maniera di fermarla, almeno per un po' e se non ne vuoi tanta, bestemmi, che non sai che cazzo farne dell'altra, di quella che è uscita e non serve. Ecco io vengo così, immaginando quel ballo, quella musica, quel calore, lei mi abbraccia, mi sostiene, mi coccola ancora un po' e poi la musica finisce ed io torno a casa.

Un altro mi ha detto che a lui piace perché può immaginarsi le peggio porche che glielo ciucciano. A me solo l'idea di una vecchia maiala, con le labbra secche dall'età, che me lo prende mi viene da vomitare. Fossi sicuro non ci andrei più, lo giuro. Ma io, io sento la musica adesso, che dirvi, lei balla con me e io, ecco, adesso, io vengo.

 

 
 
 

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Post n°443 pubblicato il 19 Marzo 2015 da estremalatitudine

Notte. Albergo. Fuori per lavoro. Distante. Città straniera. Sola. Non riesce a dormire. Stanchezza, ma anche eccitazione, solitudine, dopo tanto, quella missione improvvisa, la cena, il bar con la televisione che andava e quei tizi che la guardavano sfacciati, maleducati, come ormai in Italia non la guardavano più, non guardano più nessuna, il cubalibre, poi, niente, su, la camera, adesso, ecco, adesso, lì, sdraiata sul letto, senz riuscire a prendere sonno, quella città, bella, rumorosa, ancora rumorosa, piena di vita, straniera, lei, sola, di nuovo, come da ragazza, quando andò negli stati uniti a studiare, quelle camere, come questa, no questa più bella, ci mancherebbe, con quel che costa, tanto paga la banca, fame, ancora fame, non dovrebbe, ma fame, a quell'ora, un grande albergo, d'altronde aveva cenato con poco, imbarazzo quella grande sala, lei, e tutti quei camerieri e ospiti che la guardavano, anche quelli a cena con le proprie mogli, che appena potevano la fissavano, le fissavano le gambe, cazzo la gonna troppo corta, e il seno che si notava sotto la camicetta.

Chiamò. Una voce maschile rispose. "Posso avere qualcosa da mangiare?" "Certamente. Adesso provvedo." "Quanto tempo?" "Poco"

Si mise ad aspettare. I minuti. Passano. Quanti? Troppi! Richiamare? A che serve? Aspettare. Notte. Sonno. Occhi che bruciano. Abbassa la luce. Il minimo. Oscurità diffusa. Tanto busseranno e accenderò allora. Sonno.

Un suono. Un rumore. Mezza addormentata non capisce. Apre gli occhi. Cerca di individuare da dove è venuto il rumore, il suono. Lì vicino. Vicino al letto, di fianco. Ancora un suono, strano, come qualcosa che struscia. Si gira. Un cazzo enorme spunta da un buco nel muro.

Sveglia di botto. Cosa?

Accende le luci. E' un cazzo. Un bel cazzo di un giovane, si direbbe. Ha una strana piega verso destra. Non è eretto, ma quasi. Completamente scoperto. O cazzo!

"chi è?" domanda. Nessuno risponde. Solo ciondola lentamente. Bussa nel muro. Nessun rumore o risposta. Finto? Un sogno?

Lo tocca. Nessun sogno per niente. Reagisce. Si alza. Grosso. Lungo. Eretto. Come se stesse aspettando solo lei, che lei lo toccasse.

Quanto tempo? Quanto tempo che non toccava un cazzo che non fosse quello di suo marito! Tanto. Troppo? Allontanò quel pensiero biricchino. Ma quel coso, come dire, la guardava. Come quegli uomini al bar, al ristorante. Avevano fama di essere ben dotati in quel paese e in effetti.... Lo toccò ancora. Più duro di quel che si ricordasse. Troppo tempo. Troppi anni. Sì, certo, anche suo marito, per qualche minuto era così. ma alla fine, quasi alla fine. Non subito. Doveva essere un ragazzo. L'idea della pancia piatta di un ragazzo le fece girare la testa. Come fa una donna a rimanere insensibile al ventre piatto e duro di un uomo. Addominali. Non eccessivi, certo.

Lo prese in mano e lo carezzò. La cappella immediatamente si bagnò di un liquido trasparente.

Mi vedrà qualcuno? Una telecamera nascosta? Li frego io. Spense le luci e lo cercò al buio. Meglio. Molto meglio. Il suo calore era irresistibile. Un pompino? Se non toccava un cazzo da anni, non faceva un pompino da millenni! Suo marito ogni tanto glieli chiedeva ancora, ma lei non aveva proprio più voglia e quindi aveva smesso. chiuso il negozio, gli diceva. Non del tutto, aggiungeva maliziosa, carezzandogli il cazzo ogni tanto, ma pompini basta, non ne ho proprio voglia. A suo marito. Chè ogni tanto quando le capitava, raramente, di vedere in un film un attore completamente nudo, ecco, sì, insomma, se era ben dotato, un pensierino lì lo faceva, ma ancora quello di suo marito? no, grazie.

Quello lì era meglio. E poi non vedeva nessuno. Gli si avvicinò e gli diede come un bacino sulla punta, proprio dove la cappella era più bagnata. Con le dita corse intorno alla base, proprio dove era attaccato al corpo. Duro e potente. Duro e potente. Cazzo! Cazzo che voglia, pensò, aprendo la bocca e mangiandolo. Quanto mi piaceva fare pompini! E a quel pensiero la figa le si bagnò completamente. Una mano le corse di sotto. Da ragazzina le piaceva da pazzi baciare un pisello e contemporaneamente pian piano toccarsi.

Iniziando ad andare su e giù, tenendolo tra le labbra, il suo sapore e durezza la vinsero completamente. Non mi vede nessuno. Neanche il proprietario di questo cazzo stupendo, pensò, allungando la lingua aperta e slinguandologli tutto sotto la cappella. Quanto tempo!

Non vedere niente. sentire solo sapore e calore e consistenza tra le dita e sulla labbra e dentro le labbra e sulla lingua  e la sua grossezza le ricordò quel ragazzo che aveva lasciato poco prima di incontrare suo marito. Scopavano completamente al buio. Era timida allora. Non voleva farsi vedere. Anche adesso, ma quello, quello era stato il più bravo. Decisamente. Come lo usava lui, cazzo, nessun altro mai più. Era anche dotato, come questo qui, questo qui, questo qui.

L'orgasmo di lui la sorprese e il fiotto dapprima le riempì la bocca e poi le si sparse sulle labbra e le mani. Salata. Non se la ricordava quasi più.  Bugia. Ogni tanto alla fine quando suo marito le veniva in mano lei la leccava un poco.

Il fiotto in bocca era stato troppo violento e quindi aveva tossito e quasi aveva dovuto sputare, lasciando il cazzo per un momento. poi lo riprese gustandosi quella rilassatezza improvvisa. Nessuno mi vede, pensò, raccogliendo con l'indice una goccia di seme e mettendoselo in bocca. Una chicca. Peccato che il cazzo stesse rapidamente mollandosi. Avvicinandosi lo leccò completamente per finire come aveva iniziato, con un piccolo bacio sulla punta della cappella.

Chissà se domani.... in fondo devo fermarmi qualche notte, no? 

 

 

 
 
 

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Post n°442 pubblicato il 19 Marzo 2015 da estremalatitudine

Mi fanno ridere le mie amiche che dicono che a loro non piace fare i pompini. E' così intimo! E' l'unico momento in cui il cazzo è a nostra completa disposizione. Diamo piacere, certo, ma ne riceviamo altrettanto. Almeno così la penso io. Averlo lì, baciarlo, leccarlo, sentirne la consistenza e il sapore e contemporaneamente, se una vuole, potersi toccare o comunque sfregare, sotto, come da ragazzine... ragazze non mi ci fate pensare....

 

 
 
 

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Post n°441 pubblicato il 19 Marzo 2015 da estremalatitudine

"rimaniamo stretti così, ti prego"

Avevano appena finito e lui, lui se ne uscì con quella richiesta. Strana per lei, che ogni volta, ogni volta che finiva, che tutto era finito, che lei era venuta, ecco, immediatamente provava un forte desiderio di libertà, di allontanamento, come se il suo corpo, il corpo di lui, del suo amante, fosse divenuto improvvisamente e d'incanto bollente, troppo sudato, ostico, spiacevole, insomma qualcosa da cui allontanarsi, almeno un poco, così, quel tanto da non rimanere a contatto.

E invece lui, lui le aveva chiesto di poterla tenere abbracciata.

Sentiva il suo coso molle e viscido sulle sue cosce. Sentiva il suo respiro caldo. Ecco da che cosa voleva fuggire.

Sì certo, il romanticismo della richiesta l'aveva sedotta, poco, un poco, e qualche secondo lì abbracciati, come a rincuorarsi, come a stringersi e affratellarsi dopo il sesso, sì, insomma era stato anche piacevole, forse, sì, dai, ma adesso non ce la poteva fare più e così si alzò di scatto, lasciandolo lì sul letto, quel bel pezzo di ragazzo che si era rimorchiato giù in discoteca e che certamente pensava di essere stato lui, il coglione, a rimorchiare lei, forse addirittura pensava che fosse scattato qualcosa, qualcosa di più della voglia di una sana scopata, da come la guardava adesso, con quello sguardo un po' sbilenco e annebbiato e quel sorriso, cazzo, va a finire che si era innamorato!

"scusa. voglio fare una doccia" e volò in bagno. D'altronde era casa sua, no? Poteva fare quel che voleva, no?

Quando rientrò in camera lui si era addormentato, così, nudo, come la mamma l'aveva fatto, proprio un bel tipo, basta che non si fosse innamorato, domani, domani l'avrebbe scoperto e se sì, se era innamorato avrebbe tagliato subito, e basta, su, ne era appena uscita, con quanti stronzi doveva cascarci?

Si accucciò in un angolo, attenta a non toccarlo. Si rannicchiò, tirò su le ginocchia, le strinse e poi pian piano si addormentò anche lei, anche lei solo con la maglietta bianca, quella lunga che d'inpiedi le arrivava sotto il sedere, ma che lì, lì s'era arricciata e le scopriva i fianchi.

Dopo qualche ora, lui si svegliò. La luce era ancora accesa. La guardò. Le osservò quel bel culo imperiale. Gli si rizzò. Le andò dietro e le si appoggiò. Poi, si scostò un poco, quel tanto che bastava per poter scendere col capo all'altezza del sedere di lei e con le mani, delicatamente, aprirlo e iniziare a baciarlo, a baciarlo in mezzo, sotto, più sotto, con la lingua che ostinata cercava di scendere sempre più giù.

Lei mugugnò nel sonno, ma non si spostò.

Lui con coraggio si rimise in posizione, le si appoggiò e la prese. Col torace e il bacino posto ad arco lui si introdusse dentro di lei più che potè e lei, lei si riprese, si svegliò a quel calore, e i sogni confusi di sesso migrarono decisamente verso la sensazione che potente le veniva da sotto. Con una mano su un fianco lei cercò di aprirsi ancora di più.

"sì, prendimi, amore mio" disse, pentendosi immediatamente di quella concessione.

Poi i giochi di lui le fecero perdere completamente il controllo.

 

 
 
 

Domanda biricchina

Post n°440 pubblicato il 13 Marzo 2015 da estremalatitudine

alle signore lettrici, una domanda a cui rispondere protette dal l'anonimato del web: così come esistono seni e culi più belli e sexi di altri, così come esistono cazzi più grossi e più piccoli, ricurvi, larghi, molto spessi e corti o al contrario lunghi e sottili, ebbene esistono cazzi più sexi, più maschi, più appetitosi di altri? Cazzi che al solo vederli, a riposo o già sull'attenti suscitano più desiderio di altri, a parità di dimensioni? Il colore della pelle conta? Più scuro e' più sexi? Con tanti peli o quasi glabro? C'entra la magrezza del proprietario nel rendere sexi un pisello?

 
 
 

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Post n°439 pubblicato il 12 Marzo 2015 da estremalatitudine

"Ma tu non vieni mai?" "Difficile" rispose lui. "E non ti diventa mai molle?" "Solo dopo che sono venuto"

Lei lo guardò con tenerezza. L'aveva già fatta godere un sacco. E lui niente. Si sentiva in colpa.

Buttandoglisi contro lo abbracciò e gli disse "Amore mio, vieni. ti prego." e riprese a baciarlo con passione.

Dopo qualche minuto lui si divincolò, le allargò le cosce e la prese. Era ancora pronta. Nonostante fossero lì da un paio di ore. Lei venne ancora.

Sconvolta si allontanò un poco. Lui le si sdraiò di fianco. Il suo cazzo ancora duro la sfiorava.

Appena ebbe ripreso fiato lei domandò: "perchè non ti lasci baciare fino all'orgasmo?"

"perché godo troppo. mi pare di impazzire da desiderio e devo averti ancora."

"benedettuomo...."

 
 
 

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Post n°438 pubblicato il 12 Marzo 2015 da estremalatitudine

la intravide per strada. il fidanzato (o un amico, chissà) le carezzava i fianchi stretti da una cintura alta, alta, di cuoio, scura. Camminanvano vicini e le sue dita non la stringevano, solo la sfioravano. Fianchi sottili, senza un filo di grasso, fasciata in una maglietta che si infilava sotto quella cintura.

Fu quello che attirò il suo sguardo o il fatto che appena sotto quella cintura la rotondità impressionante del sedere esplodeva in una gonna stretch nera?

Un culo da nera, gonfio, denso, esplosivo.

La seguì con lo sguardo fino a quando i due si infilarono in un portone poco più in là.

Non aveva molto da fare quel giorno e ancora turbato entrò in un bar difronte a quel portone e si sedette ad un tavolino, senza una vera intenzione di aspettarla, quanto ancora turbato, con quella curva nel cuore e negli occhi.

Dopo dieci minuti lei uscì. Sola. Lui si alzò, pagò e iniziò a seguirla. Quello scondinzolare era ipnotico. La seguì a lungo per i marciapiedi della città. Lei zampettava su dei tacchi sottili. Le sue gambe erano muscolose e fasciate in pesanti collant neri. Non sembrava avere una gran fretta. Era come se stesse rientrando verso casa senza un orario preciso.

Dopo quasi un chilometro si decise a cercare l'approccio.

Il trucco della banconota persa funzionava sempre.

"Signorina, signorina, le è caduta questa." Sorpresa si ferma e si volta. Lui la guarda sorridendo con un venti euro in mano.

"E' sicuro? Da dove mi è caduta?"

"Non so: io l'ho solo vista svolazzare dietro di lei prima di cadere per terra e allora ho pensato di chiamarla. Per la verità il primo impulso è stato quello di tenermela - sorrise con l'aria da figlio di puttana che gli riusciva benissimo - ma poi...."

"Grazie, ma non capisco. Non ricordavo neanche di avere un pezzo da venti euro"

"Allora a maggior ragione bisogna festeggiare. Io che ho conosciuto una bella ragazza e lei che ha ritrovato venti euro, no? Entriamo?"

Entrarono, bevvero e alla fine si scambiarono i numeri di cellulare.

La corte durò qualche giorno. Poi finirono a letto. Era esattamente come lo aveva immaginato, grosso, potente, sodo, teso, quasi stesse per esplodere, un culo da sogno, da favola, che al solo sfiorarlo gli si rizzava completamente e in maniera irresistibile.

Finì quando lui per strada vide una ragazza con delle gambe stratosferiche.

 
 
 

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Post n°437 pubblicato il 11 Marzo 2015 da estremalatitudine

La moglie era curiosa e tormentava il marito con domande e punzecchiature.

Da quando l'aveva beccato una volta a vedere un film porno in rete, spesso le loro chiacchiere finivano su quell'argomento.

Ovviamente lei non aveva creduto che lui non fosse un habitué della cosa. Neanche un secondo.

Per quello lo prendeva in giro e gli chiedeva, lo tormentava, lo sfrucugliava, finché una sera lui le promise di fargliene vedere uno e dopo cena, messi a letto i bambini, chiusa per bene la porta della camera e anche quelle in mezzo, lui accese il computer e cercò il suo sito preferito.

Lei gli si appoggiò ad una spalla per vedere meglio. Lui regolò lo schermo piatto del pc.

Due attori entrarono nella stanza dove una bella ragazza aspettava mezza nuda. La moglie si mise a ridere: perché è mezza nuda? perchè i tipi sono vestiti?

La trama di solito non è importante, spiegò lui. I film sono belli se sono curate le luci, le ambientazioni e soprattutto se gli attori e le attrici ti muovono qualcosa dentro, spiegò ancora lui.

Ahhhh, sospirò lei.

I due uomini si spogliarono lentamente, mostrando bene tutta la loro attrezzatura. La camera indugiò sulla cappella di tutte e due e su la loro pesantezza. I loro cazzi mezzi rigidi si poggiavano su due coglioni gonfi come mandarini.

Durante quella specie di spogliarello lei non parlò.

L'attrice prese a baciarne uno mentre teneva in mano e carezzava l'altro.

ma sono enormi! disse lei, come se li avesse visti solo in quel momento.

L'attrice leccò l'altro a lingua piena mentre l'altro attore iniziava a baciarle la figa.

Che schifo! esplose la moglie, alzandosi di colpo. e questa roba ti eccita?

Il marito non disse niente, cercando col mouse di beccare l'icona per chiudere il film.

Aspetta ancora un attimo, disse lei.

Mentre quell'altro la baciava, l'attrice si passò il cazzo che stava baciando lentamente sul naso e poi se lo poggiò sugli occhi per finire a passarlo ancora più lentamente sulle proprie labbra. Come fosse un rossetto o un lucida labbra. Chiuse, le labbra. Labbra chiuse, rosso fuoco. Il cazzo enorme gliele socchiudeva spinto dalla mano di lei che lo guidava. 

L'inquadratura cambiò di colpo soffermandosi sul cazzo dell'altro attore che iniziava a prenderla, ad entrare.

L'attrice era certamente magra, forse molto magra, fatto sta che quel coso sembrava ancora più grosso. Dopo quasi un minuto solo la cappella era scomparsa, per poi ricomparire e scomparire ancora una volta. L'attrice faceva delle smorfie. Non si capiva se di piacere o di dolore.

Basta! Vado a letto. dichiarò lei, rialzandosi definitivamente e andandosene.

Lui spense il computer e la raggiunse a letto.

Ma come fai ad eccitarti con quelle cose lì? Quei cazzi sono finti, è evidente. Non ne esistono così se non prendi qualcosa. sono talmente esagerati. cosa se ne fa una donna di un cazzo così grosso?!?!

Intanto che lei parlava, lui le carezzò la pancia scendendo lentamente sul pube.

Cosa fai?

Ti tocco.

Appena le sue dita l'aprirono, sfiorandole il clitoride, bagnato, sensibile, pronto, lei, lei lo abbracciò forte e stringendoglielo gli disse ancora una volta (stavolta in un orecchio): sono troppo grossi, troppo... cosa se ne fa una ragazza di una cosa così.... così grosso.... sì, sì, grosso.... così grosso e poi...... due, due insieme..... così grossi, insieme..... dai....

un bacio appassionato del marito la fece tacere

mentre la prendeva lei, lei con le mani gli stringeva con forza il sedere tirandolo a sè.

troppo grosso, troppo grosso, grosso, sì, sì, amore, grosso lo voglio, come il tuo, come il tuo, grosso, sì, grosso....

il marito le mise in bocca le dita che lei baciò e leccò avidamente

 
 
 

Corto 101

Post n°436 pubblicato il 09 Marzo 2015 da estremalatitudine

La signora, dopo il divorzio, passò momenti non belli. Depressione. Paure. 

Poi passati i mesi, quasi un anno, si riprese e si disse che gli uomini non meritavano tanto.

Grazie a Dio suo marito e la sua famiglia le avevano lasciato abbastanza da potersi permettere qualsiasi sogno e lei, lei uno alla volta si tolse tutti gli sfizi.

Una bella auto, cambiò casa, cambiò domestica e poi, poi iniziò a viaggiare.

Fu una volta lontano, ben lontano da casa che si disse che era arrivato il momento di togliersi anche quello sfizio.

Chiamò il suo amministratore fidato e gli ordinò per quella sera di radunare nel salotto della suite che occupavano quanti più giovani attori potesse. Dovevano essere talentuosi? Chiese l'amministratore. Ma certo, fu la risposta.

Quella sera la sala era piena di venti ragazzi tra i venti e i trentanni. Si ricordò che il suo marito, grande tifoso di calcio, le aveva detto una volta che gli atleti raggiungono la piena matutità fisica e atletica tra i ventisette e i ventiotto e allora chiese quanti tra i presenti avessero quella età.

Forse qualcuno barò, ma quasi la metà rispose di sì. Gli altri furono invitati ad uscire.

A quel punto dopo un breve discorso, molto fumoso e assai poco concreto, la signora pregò i ragazzi di cavarsi nudi, cosa che loro in qualche minuto fecero.

"Per il film che stiamo organizzando è fondamentale che il protagonista sia ben dotato" disse.

"Un film porno?" chiese una voce. "Per favore esca. Come si permette?!?"

Un altro lasciò la sala.

"Come dicevo serve come dire un buon fisico e quindi siete pregati di voler mostrare quel che avete pronto per l'uso." Qualcuno chiese spiegazioni. La cameriera glielo spiegò paziente.

Dei nove rimasti, un paio o poco più si dichiararono incapaci o non disposti alla prova.

Anche questi furono licenziati, dopo aver ben pagato il loro disturbo e il loro silenzio.

Gli altri si prepararono. La cameriera della signora, che continuava a stare seduta in posa molto elegante su una poltrona di pelle rossa, passò di fianco a tutti con un righello e misurò ciò che c'era da misurare.

Dei sei che erano rimasti i due più scarsi furono scartati. Le differenze, salvo in un unico caso, erano davvero minime, ma un criterio bisogna pur averlo, no?

"Adesso per avere la parte, la prova di resistenza. Mettetevi comodi e masturbatevi. Chi resiste di più avrà la parte."

"Scusi, signora, con rispetto parlando, ma di che film si tratta?"

"il copione vi verrà dato a suo tempo e solo al vincitore. Queste sono le regole. Se non vi piacciono saremo lieti di accompagnarvi all'ingresso."

I quattro in silenzio presero a fare ciò che era stato richiesto loro.

La signora e la cameriera in silenzio osservavano quei visi che si contraevano e quelle mani veloci che andavano su e giù. La signora in cuor suo sperava vincesse un partecipante che oltre ad avere tutto quel che serviva la turbava con uno sguardo che sembrava aver capito e intuito ogni cosa. Quello era certamente il più maschio di tutti. Si disse che con ogni probabilità avrebbe barato. Non poteva lasciarsi andare uno che a quella età metteva in imbarazzo solo con lo sguardo una donna come lei.

La prova finì. Non vinse quello con cazzo più grosso, ma non vinse neanche quello che piaceva a lei.

A tutti fu chiesto comunque di lasciare un recapito che si sarebbe fatto sapere loro.

La sera dopo la signora invità a cena il vincitore, chiacchierarono e poi lei gli chiese nuovamente di spogliarsi. Scopare con quel ragazzo fu fantastico, tanto era dotato sia in quantità che in durata. Non finiva mai. Lei venne un numero impressionante di volte, finché con il permesso di lei lui la innondò di seme caldo.

Dopo tre giorni, di pomeriggio la cameriera chiamò quello dallo sguardo strano, che appena arrivato si impose con una personalità che metteva i brividi.

la signora finì la nottata legata alla spalliera del letto, pancia sotto, con la testa adagiata sul cuscino e lui, lui inginocchiato di fianco a lei che lei ordinava di succhiarlo ancora, che anche lui durava, durava, durava. "Succhia, su da brava!" E lei, nonostante fosse stravolta da due ore di sesso tirava fuori la lingua e lo cercava, lo leccava, cercava di mangiarlo ancora, mentre lui le dava delle piccole pacche a palmo aperto sulla schiena e, quando riusciva, sul bel sedere sodo.

Dopo quindici giorni, il giorno prima della partenza, essendosi confidata con quello circa la sua prima esperienza dopo quella specie di provino, lui le ordinò di chiamare anche il vincitore e in tre ebbero una notte che la signora non dimenticò mai.

Tornò in Italia e per un bel pezzo non ebbe più desideri. Poi, certo...

 

 
 
 

corto 100 - auguri a tutte

Post n°435 pubblicato il 09 Marzo 2015 da estremalatitudine

Sposati da anni. Felici? Per quanto felicità possa essere un concetto che abbia senso, sì, felici, sì. Tranquilli. Ecco tranquilli. Quello sicuramente sì. Soldi in banca a sufficienza. Buon lavoro tutti e due. solite tensioni della vita normale, la città, il lavoro, la coppia, ma niente di che. Tutto tranquillo. Anche troppo.

Mentre facevano l'amore, quando capitava, sempre meno spesso, ma capitava, importante, che capitasse, e godevano entrambi, ancora, importante anche quello, quando facevano l'amore lui la sfrucugliava con strani discorsi che la eccitavano, altri uomini, sconosciuti, ma anche gente che avevano conosciuto, non amici, quelli no, ma altri, attori a volte, mezzi nudi intravisti, e lei, lei faceva lo stesso, attrici, showgirl, vicine di casa e più si dicevano più si eccitavano, tutti e due, fino allo scoppio finale, quando chi prima, chi dopo, ma di poco, pochissimo a volte, venivano entrambi, tra le mani, nella bocca, tra le cosce l'uno dell'altra.

Non erano gelosi, non più, non tanto, più per le regole sociali, più per la paura dell'abbandono, che in sé, per la cosa in sé, come se importasse qualcosa, che lui, che lei, in fondo, l'importante è che la loro unione non fosse messa in discussione, era forte la loro unione, il loro matrimonio, proprio per quello potevano dirsi quel che si dicevano quando facevano l'amore, quando scopavano, a lungo, senza fretta, fino a venire entrambi, insieme, uno un po' prima, l'altra un po' dopo, ma poco, poco, praticamente insieme.

Finché un giorno, un pomeriggio, una volta che avrebbe dovuto rimanere in ufficio fino a tardi, quel pomeriggio lui, lui rientrò presto, con un collega peraltro, cercando delle carte che aveva a casa, stupidamente, lui rientrò insieme a quello, uno giovane, un bel ragazzo, uno pulito, sposato di fresco, dopo un lungo periodo di scapolaggio, senza mai nessuna di fissa, nonostante fosse proprio un bel tipo, che tutti in ufficio si chiedevano, e lui niente, mai neanche una parola, salvo lasciare intendere a lui, lui che era il suo capo, che sì, insomma aveva corso la cavallina e sì, insomma, a letto se ne era portate parecchie.

Rientrarono e la casa era silenziosa. Nessun rumore. Lui che chiama. Nessuno risponde. Entrano insieme. Lui dice che la moglie evidentemente era uscita. Evidentemente. Poi un bisbiglio. Lui chiama, ancora, di nuovo. Niente. Porta che si apre e dietro, dietro la porta, in favore di luce, lei, lei, sola, con lo schermo tv davanti su cui scorrono immagini porno e lei, lei è mezza nuda e si tiene un seno e l'altra mano, ecco, l'altra mano non si vede, si intuisce, l'altra mano, dai sospiri trattenuti. 

Sullo schermo un cazzo nero di dimensioni notevoli spompinato da una bionda di mezza età, col seno abbondante, pesante, come il suo, come quello di sua moglie, che lo palpa, lo accarezza, lo stringe, mentre con l'altra mano stringe, come può, quel che può quel cazzo nero brillante, che le scorre tra le labbra, rosa su rosa, rosso su rosso.

Lei non sente neanche. Troppo presa a guardare, a toccare, troppo in orbita, troppo partita e lui, lui imbarazzato, si gira dal collega, anche lui sulla soglia, anche lui che vede, che osserva. Imbarazzo. Si rigira. Guarda la moglie. La conosce. Sa che quella è una sua fantasia. Quante volte.... Banale, ma funziona, efficace, si dice, funziona, funziona sempre, "pensa ad un grosso cazzo nero da spompinare..." e lei, lei nel giusto momento, avendo tempo e modo, tranquilla, serena, ecco sempre si eccita, "pensa ad un cazzo grosso nero da spompinare.." e lei prendeva il suo e iniziava, sempre, quasi sempre, mentre lui, lui la toccava, la carezzava, sentendola pronta, come doveva essere adesso. adesso.

Imbarazzo. Erezione improvvisa. Imbarazzo doppio. Pantaloni che si gonfiano. Il collega che mormora: "vuoi che vi lasci soli?", lei che sente, si ricopre, ride, solo l'immagine del cazzo nero e di quella bocca, di quella bionda continuano, continuano, e lui che balbetta che no, non è il caso, noi andiamo di là, cara.

Quando lei entra e li trova seduti in salotto l'imbarazzo si tocca. Scusate, dice. Non so cosa mi è preso, dice. Li guarda. Seduti uno di fronte all'altro. Gambe larghe. Entrambi. Gonfiore, entrambi. Volete che vi porti qualcosa?

Non riescono neanche a rispondere. poi lui, il marito, ce la fa e mormora un niente, grazie, adesso, fra poco, ecco noi andiamo. Non volevamo disturbare. cercavamo questi. Li avevo a casa. che stupido.

Lei si sente male per lui, per lei, per la situazione e di slancio gli si siede di fianco e gli prende la mano e gli dice che le spiace, davvero, e quasi le viene da piangere e lui la accarezza, le accarezza i capelli e poi, poi, dopo averle detto che non importa, si allunga per darle un bacio sulla testa, sulla tempia, ma lei, lei si gira e quasi senza volere si baciano, a lungo, sempre più con trasporto, davanti a quell'altro, e il bacio fa rinascere il cazzo e quel gonfiore, quel calore del bacio fa nascere anche il cazzo del collega e mentre si baciano, lui, il marito, fa segno all'altro di avvicinarsi, di sedersi, e lui, l'altro non vuole, ma il bacio prosegue, non finisce e lei, lei ha gli occhi chiusi e una mano di lui le carezza un seno, potente, pesante, quasi fuori dalla camicia, e quello, il marito, continua a fargli segno e lui, lui si siede di fianco a lei, pesante, uomo di ottanta chili abbondanti e lei, lei si gira e di getto lo bacia e lui, imbarazzato si abbandona e lei, lei lo prende, mentre il marito continua a toccarla.

Il fatto che il collega fosse di colore e avesse un cazzo di tutto rispetto fu, come dire, la ciliegia sulla torta, su una buona torta, abbondante, piena, ricca.

Lei la sera, la notte non dormì. Continuava a dire e a dirsi: è stato bellissimo. Non mi sentita mai tanto donna.

 

 
 
 

corto 99

Post n°434 pubblicato il 03 Marzo 2015 da estremalatitudine

Aveva sempre diffidato dei luoghi comuni, come delle barzellette che fanno sempre ridere o dei proverbi che hanno sempre un fondo di verità.

Si era nutrita con Dizionario di Flaubert o con il suo Sciocchezzaio. Troppo stupida la gente. Quasi tutta.

Solo suo marito la capiva. Troppo intelligente. Troppo anche per non capire che erano entrambi giunti a quella svolta dove la libertà si impone anche nella coppia più legata e fedele.

Così avevano inziato ad avere serate da single, lei con le sue amiche, lui chissà.

Ma anche quelle la stancavano. Inquieta, dopo aver accompagnato a casa l'ultima delle sue amiche cinguettanti, tutte figli, fantasie e sarcasmo, spesso finiva in locali a bere ancora un bicchiere prima di rientrare a casa. Un po' da ubriaca il sesso con suo marito veniva meglio. Specie se lo era anche lui.

Ma quello no. Quello non era ubriaco per niente e sapeva cosa voleva e sapeva anche cosa lei voleva.

Poche parole. Intelligenti. Meno si parla a volte e più si capisce.

A casa di lui, in quell'appartamento all'ultimo piano, dove lei entrò un po' brilla (in fondo ci sono andata solo perché ero brilla), guardandosi intorno, curiosa e vagamente preoccupata, tutto sapeva di maschio. L'odore forte. Non la puzza. Non sgradevole. Anzi. Forte, pungente, acre, maschio, quell'odore sembrava venire da tutte le cose, dalle poltrone, dal divano, dalla boiserie, dal bicchiere che lui le porse e che lei, sì, lei bevve ancora.

Senza parlare lui la spogliò in un attimo. Luogo comune? Gli uomini veri, i maschi, sanno spogliare le donne senza toccarle? Eppure fu così.

Freddo, quasi. Bere ancora qualcosa.

Poi iniziò a spogliarsi lui. Lentamente, come uno strip, senza gesti plateali, solo lentamente, molto lentamente, avendo cura di tenere la cosa importante alla fine, nascosta quasi, che alla fine si mostrò, mostruoso, che a lei scappò da ridere da nervosismo, e quello si alzò come se le sue risate fossero sexi, mostruoso, mostruosamente grosso e lungo con la cappella piatta, completamente scoperto, lentamente flottante nel vuoto davanti al suo corpo, al corpo di lui, che quasi fermo, fermo, sembrava, in realtà avanzava pianissimo verso di lei, ondeggiando, con quella punta grossa che lentamente si spostava, poco, pesante, da destra a sinistra, da sinistra a destra e che lei, lei non riusciva a non guardare.

mio dio, si disse.

lui la baciò, lentissimamente lento e il piacere, quel piacere che la vista di quel coso mostruoso aveva bloccato, iniziò ad arrivare insieme ai sussurri di lui che piano, quasi in maniera inudibile, le parlavano.

quando fu pronta, lui le si offrì e lei, un po' imbarazzata, lo baciò. Il suo odore era ancora più forte del resto, ma dello stesso tono, con le stesse punte di asprezza, di secco, duro, irresistibile e lei, lei a baciarlo si sciolse definitivamente.

Le voci erano vere. Nulla di meglio di essere cavalcata con forza da un cazzo enorme adoperato con cura.

Lui la girò e la rigirò. La fece salire e scendere. La fece girare, allargare, stringere, guardare ed essere guardata e lei, lei si fece fare tutto quello che lui volle, perché, perché glielo chiedeva con gli occhi, con le mani, col cazzo e lei a quei contatti, a quegli sguardi a quelle parole non sapeva resistere.

Tornò a casa quasi al mattino, sobria, completamente sobria. Fece una doccia lunga e calda, lavandosi con cura e delicatezza. In borsa tenne un fazzoletto che alla fine aveva sfregato sul suo cazzo. L'odore la faceva ancora impazzire.

 

 
 
 

Corto 98

Post n°433 pubblicato il 03 Gennaio 2015 da estremalatitudine

vacanza. Mare. Estate. Tre coppie. Cenano all'aperto. Con loro gente appena conosciuta. Single. In vacanza anche loro. Due ragazze e un tizio. Belloccio. Simpatico.

dopo cena le ragazze propongono di andare a ballare. Le mogli sono stanche. Mare. Pelle che tira. Vento. Uno dei mariti invece non ha sonno. Spinge per andare. Gli altri gli vanno dietro. "Che male c'e? Andate voi, no?" Dice una delle mogli. "Noi stiamo qui. Facciamo due chiacchiere, poi andiamo a letto. Andate, andate pure"

uno dei mariti non vuole. Conosce sua moglie. Sa che gliela farebbe pagare. Gli altri insistono. "Va be': andiamo"

vanno.

le mogli rimangono a parlare. Anche quel tizio. Il belloccio. L'abbronzato. Il biondo. La parlata facile. Toscano.

argomento scivola. Lui sta zitto. Parlano loro, le mogli. Come se lui non ci fosse. Come tra di loro. Solite lamentele. Stanchezza matrimoniale. Importanza delle vacanze. Per riprendersi. Si, ma però è sempre la stessa minestra. Una fa la scema e le fa ridere. Li fa ridere. Ride anche lui.

stessa minestra. Sempre la stessa cosa. Non so neanche più come sono fatti gli altri uomini. Troppo tempo. Tutti uguali. Ma va? Non è veroooo! A volte c'è una bella differenza. Sì, va bé, tanto le dimensioni non contano! Ma chi dice ste cazzate?

lui sempre zitto. Divertito.

poi una gli domanda. Secondo te? Contano? Si - risponde lui secco.

Ecco, lo dicevo, io, ride guardando le altre. E tu? Io? Io cosa?

mai lamentata nessuna? Nessuna, nessuna?

nessuna, sempre serio quel tizio. come parlasse di una cosa importante.

non ci credo, dice Laura. Dai, facci vedere! Cosa? Il coso, sì, dai. Ma sei pazza!?! starnazzano le altre.

bé che male c'è? se lui vuole gli diamo solo una occhiatina, tanto per rifarci gli occhi, no?

Qui? No, qui no, in effetti. Dai tutte su da me, dice Laura.

salgono in camera. Lui va in bagno. Acqua che scroscia. scusate. ora sono pronto. 

Bene, sì. Bene. Un ragazzo pulito, scherza una di loro. Sì, bene, bene. Dai, su. Dai spogliati, cosa aspetti?

Lui si spoglia. Con semplicità. Disinvoltura. Tutte intorno. Guardano. Osservano. Toccano. Si rizza. Risatine imbarazzate. Ragazze..... ma cosa stiamo facendo? Una indagine, no?

lo prendono in mano. Lo carezzano. Lo strusciano. Vedono se arriva all'ombelico o oltre. Una apre il palmo come a misurarlo in lunghezza. Un'altra glielo prende e poi chiude le dita ad anello, cercando di mantenere il diametro. Non male, dice qualcuna. Lo dici tu perchè tuo marito.....

Poi Laura si scosta, lo guarda da un mezzo metro di distanza. gli si mette di fianco, da dove il suo coso duro si apprezza meglio e poi dice: Si, va be', ci credo.

A cosa? Che non si è lamentata nessuna. un coro conferma. lui ringrazia, inchinandosi ridicolo. Ridono.

Ma conta anche come lo usi, no?

Laura, stavolta stai esagerando....

sì va bè, ma tu invece smettila di menargielo, poverino. Guarda come è duro e luccica! fra un po' gli viene la sindrome del fidanzato.

Qual'è? Quella dei fidanzati che si baciano delle ore senza fare niente. sai che male di palle poi. ridono ancora.

Hai ragione. Smettono. Lui si riveste. Divertito. Deluso? non sembra, ma poi con un'aria un po' distante dice: Comunque ragazze io vado a dormire.

Lui se ne va con passo sicuro. Il sedere sodo saltella sotto i pantaloni leggeri. Loro guardano e si guardano. sorridono.

Aprendo la porta e salutandole dice ad alta voce il suo numero di camera.

Prima che esca qualcuna gli domanda: riuscirai a dormire?

io si, ma voi?

rimaste sole loro ridono e scherzano ancora. Però, eh? poi vanno a dormire.

Più tardi la sua porta si apre e lui è là che aspetta sul letto nudo.

tu? non mi aspettavi? pensavo Laura. Ti dispiace? neanche un po'.

si baciano. lei si scosta. sbrigati che non so quando torna mio marito.

Sei sicura di voler correre? No, non tanto...

 
 
 

corto 97

Post n°432 pubblicato il 24 Dicembre 2014 da estremalatitudine

Mentre la scopava, la scopava con foga, con passione, iniziò a parlarle in un orecchio, sicuro che sentisse e con la mano, la mano destra le frugava il buchetto, glielo carezzava, glielo allargava, la penetrava, le si piantava dentro, mentre il suo cazzo andava su e giù con prepotenza, con forza, con esuberanza e lui, lui le diceva: "due ragazzi, due ragazzi ti cercano, ti vogliono, ti parlano, ti toccano, ti baciano, sopra, sotto, le cosce, le tue cosce piene, ti cercano, le cercano, le baciano e uno, uno ti bacia la figa, te la mangia, te la lecca, te la apre, mentre l'altro, l'altro lo vedi? ecco è davanti a te e ti tocca le labbra col cazzo. lecca, lecca, amore mio, lecca" e le mette la sinistra in bocca, la cerca, la carezza, la apre, la prende, tutta, tutta la prende, in bocca, davanti, su e giù, su e giù con forza, mentre il medio e l'indice della destra le sono piantati dentro dietro, di più, di più.

"poi smettono, ti lasciano sola, un attimo, un momento, un secolo, un attimo e poi, poi tornano e uno ti prende subito, di corsa, sprofonda in te, amore mio, lo senti? e l'altro dopo poco spinge il suo bel cazzo sul tuo culetto e senti la sua cappella, sai che all'inizio fatica, fatica, poi entra e scivola dentro, dentro, come scivolasse, davvero e li senti, li senti dentro, tutti e due, tutti e due, li senti? e troietta, amore mio, li senti?"

sììììììì

 

 
 
 

corto 96

Post n°431 pubblicato il 24 Dicembre 2014 da estremalatitudine

Non ci sono dubbi, pensò. Fare sesso, scopare, scopare con intensità, senza risparmiarsi, senza pensare, solo immergersi fa bene, molto bene, specie se conosci poco dell'altro, dell'altra, quello che serve, quel che piace o non piace, quello che serve, ecco, sì.

Serve a sentirsi meglio. Apposto. In salute, mentale, più che fisica, sentirsi desiderate, sentirsi libere, sentirsi uomini e donne, femmine e maschi, ecco, liberi, senza tante palle.

Per questo se uno la corteggiava, la corteggiava bene, con classe, senza volgarità, ma con decisione, lei, lei ci stava quasi sempre. Perché scopare fa bene. Glielo diceva anche l'analista, che se solo avesse voluto....

 
 
 

corto 95

Post n°430 pubblicato il 01 Novembre 2014 da estremalatitudine

Immaginate di andare a farvi fare un massaggio. Una amica vi ha consigliato il posto. Chiamate, prenotate e all'ora giusta vi presentate.

Dopo una breve attesa una signorina inappuntabile vi conduce in un camerino dove vi prega di spogliarvi lasciandovi solo mutandine e reggiseno.

Quando siete pronte entrate e, sorpresa, il massaggiatore è un ragazzo. Speravate fosse una donna. Meno imbarazzante. Però se è bravo....

Vi sdraiate sul lettino e lui si avvicina. E' a torso nudo, muscoloso, senza un grammo di grasso da nessuna parte, solo muscoli, segnati, non gonfi, ma segnati, gli addominali, i pettorali, le braccia. Niente. Niente fuori posto. Niente che casca. Niente che si muove a meno che lui non si muova. Un fisico perfetto. Neanche tanto giovane a guardarlo bene. Almeno trentanni, se non di più.

Sorride e inizia il massaggio spargendo olio profumato e caldo. Ha iniziato con voi sulla schiena. Mentre lavora sulle vostre gambe lo osservate ancora. Perfetto. Niente che casca. Niente. Neanche un etto di grasso, niente, solo muscoli, solo uomo. voi, voi reggiseno, voi mutandine, voi cosce che si plasmano sotto le sue mani nodose e forti.

Tutto finisce come deve finire. Dopo un'ora siete distrutte come sempre dopo i massaggi fatti bene. Lui vi saluta. Sorride. Si inchina completamente in avanti. Elastico il busto. Teso il busto. Perfetto.

Tornate una settimana dopo. Vi portano giù e vi lasciano soli.

Un completino più carino. Il vostro. Un caso. Mutandine e reggisen color pervinca. Un caso. In settimana avete fatto anche voi qualche addominale, ma niente, nessun risultato se non la pancia che vi pare sia un pochino più tesa. Non come la sua. Piatta e dura. Muscoli tesi. Non vi ricordavate fosse anche alto. E' alto. Le sue mani su di voi. Vi sciogliete. Non solo dove vi tocca.

Se ne accorge.

Vi sorride e vi fa un segno, con la testa, come a cercare una intesa. Non capite. Lui capisce che non capite. Smette di massaggiarvi. Lo guardate stupite. Vi si avvicina. Un passo verso di voi, verso il cuscino. Continuate a non capire. Sorride. Allunga una mano su un vostro seno. Il capezzolo indurito. Con l'altra si abbassa l'elastico della tuta. Sotto. Appena sotto. Sotto di lui, che esce pronto, come una molla, scapellato, nudo, rosato, liscio, lucido.

Glielo fate. Glielo fate pensando a cosa state facendo. Un pompino al massaggiatore. Un pompino al massaggiatore. Voi che non ne avevate più voglia. Voi che basta. Voi che sì solo quello che serve. Con la mano gli accarezzate la pancia, dura, soda, incredibilmente dura e soda sotto le vostre dita. Il  bracialetto vi pende e fa rumore. Tintinna. Anche gli orecchini li sentite sfiorarvi ripetutamente il viso.

Voi che fate un pompino nell'ora dedicata al massaggio. Lungo. Senza fretta. Gustandovi la solidità del suo corpo, l'elesticità dei suoi muscoli.

Vi interrompete. Sollevate la testa a guardarlo e con aria innocente e imbarazzata (il rossore sulle guance vi brucia, quasi vi avesse sfiorato anche lì) chiedete: "chissà quante...."

"Tutte" risponde spavaldo. Non faticate a crederlo, mentre riprendete a fare quello che stavate facendo.

Dopo, quando lui si è stufato dei vostri baci, vi afferra le gambe sotto le ginocchia e vi tira brutalmente sul bordo del lettino aprendovi del tutto.

"sììììì" sibilate.

La sera a casa nel letto sentite ancora il suo calore e vi raggomitolate come una gatta. Lui di fianco vi sente e vi viene vicino aderendo col suo corpo al vostro. caldo. calore. non quel calore, ma qualcosa ricorda. Sotto sentite lei ancora calda e tenera. La sentite calda, sì, ma soddisfatta. Peccato. Fra una settimana semmai, no?

 
 
 

corto 94

Post n°429 pubblicato il 01 Novembre 2014 da estremalatitudine

mi piace pensare a tratti che entrambi abbiamo un segreto.

io che scrivo e tu che leggi. Io che scrivo in incognito, tu che leggi in incognito.

Una passione segreta comune. Bello, no?

 
 
 

corto 93

Post n°428 pubblicato il 24 Ottobre 2014 da estremalatitudine

immaginate una notte con luce di luna piena che entra dalla finestra socchiusa.

siete in casa da sole e non riuscite a prendere sonno. pensieri. insoddisfazioni. un non so che fisico che non vi lascia dormire.

girate per casa. accendete la tv. guardate qualche stupidaggine. il divano è caldo. lo sentite caldo sotto le vostre gambe nude. mutandine, maglietta, niente più.

spegnete. vi alzate. buio tutto intorno. solo la luce della luna. mezzanotte. la chiesa batte i colpi. entrate in camera. un uomo sta dormendo. vi spaventate. non lo conoscete. il vostro urlo non lo sveglia. tornate sulla soglia. lo guardate meglio. somiglia a qualcuno, a qualcuno di bello, ma non lo conoscete. è maschio. troppo maschio. non lo conoscete.

dorme e sembra un angelo. il viso è rilassato. barba mezza lunga. quasi un sorriso. come sognasse cose piacevoli.

è in mutande anche lui. solo in mutande. il torace grosso si alza e si abbassa regolare.

che fare? chiamare qualcuno? come spiegare? chi è? come ha fatto? mentre eravate di là, ma... perché?

vi avvicinate al letto tenendo in mano la prima cosa che vi è capitata in mano. un coltello. un soprammobile pesante. un posacenere di cristallo. pesante. un'arma. lui dorme. non sente.

lo scuotete. niente. come se non lo aveste toccato. insistete. parlate. urlate quasi. è notte. i vicini.

niente. non si muove. fermo come una statua. che dorme, però.

sorride ancora. un bel sogno. davvero un bel sogno. il cotone delle mutande si tende. un bel sogno. osservate la sagoma. chissà cosa sogna? chissà chi sogna? non voi. non lo conoscete neanche. magari! la cappella si nota. sì, decisamente. un bel sogno. beato lui. decisamente. un bel sogno, sì.

gli toccate una gamba. niente. calda. soda. dura. tutta muscoli. ma nessuna reazione. respiro regolare. gliela carezzate. lo stesso. un pizzicotto. niente. gli posate una mano sul torace. il cuore gli batte tranquillo.

un sogno?

nel sogno gli carezzate il pisello? nel sogno? è caldo, sotto il cotone. è già teso sotto il cotone. nessuno vi vede. sotto il cotone. in camera vostra. al buio. solo la luna. nessun altro vi vede. neanche lui.

scoprirlo e vederlo saltare su come una molla è un brivido che torna nel tempo.

solo un bacio, solo un bacio, solo un bacio, vi dite, solo un bacio, uno solo, ripetete, mentre aprendo la bocca glielo mangiate con gusto. solo uno, solo uno. davvero, solo uno, ben fatto, ma uno, uno solo.

il suo sapore vi riempie e vi ricorda di colpo quanto femmina siete.

 
 
 

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QUEL CHE C'È E QUEL CHE NON C'È

Qui ci sono storie di sesso. Non necessariamente tutte eccitanti, ma a volte sì. Non necessariamente tutte esplicite, ma a volte sì.

Qui non c'è vita vera, ma solo letteratura, ovvero vita attraverso la tastiera.

Se non vi va di leggere di questi argomenti, lasciate stare.

Se vi interessano, spero di riuscire ad essere all'altezza delle vostre attese.

 

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