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Lonfo

Post n°56 pubblicato il 30 Luglio 2014 da korov_ev

Così solleticato dai racconti di madame Maddalena e dalle prove di recitazione di madame Rendy, ho deciso di raccontare, in questo post, “l’esperimento” di un uomo alquanto eclettico, Fosco Maraini, che nel 1978 pubblicò una raccolta di poesie non proprio convenzionali. La raccolta s’intitola “Gnosi delle fanfole”. La tiratura limitata della prima edizione ne ha resa praticamente introvabile ogni copia, ma nel 1998 Bollani ne ha creato un’edizione in musica, mentre nel 2007 il piccolo volumetto  è stato, fortunatamente, ristampato dalla Baldini Castoldi Dalai.
L’intera raccolta si può vedere come un gioco scherzoso, ma anche come un laboratorio di quella che Maraini chiamava “metasemantica”, una tecnica letteraria secondo la quale a dare il senso alle parole non è la convenzione (molte di esse in questo tipo di composizioni sono infatti inventate) bensì le sensazioni che le parole stesse generano nel lettore.
Parole inventate, dicevamo, ma non inventate a caso. Esse, infatti, per creare immagini devono avere un qualche tipo di collegamento con la realtà in cui vive il lettore e con la sua lingua madre, collegamento che può essere di tipo onomatopeico o fonetico per assonanza con parole conosciute o, ancora, acquisito semplicemente dalla posizione del termine all’interno del testo, ovvero dal suo legame con la parola che lo precede e con quella che lo segue, etc. Naturalmente il tutto nel rispetto delle regole di sintassi della lingua di colui che legge.
Una, o forse la più, rappresentativa poesia in tal senso, è certamente “Il lonfo”.

Il Lonfo non vaterca né gluisce
e molto raramente barigatta,
ma quando soffia il bego a bisce bisce,
sdilenca un poco e gnagio s'archipatta.
È frusco il Lonfo! È pieno di lupigna
arrafferia malversa e sofolenta!
Se cionfi ti sbiduglia e ti arrupigna
se lugri ti botalla e ti criventa.
Eppure il vecchio Lonfo ammargelluto
che bete e zugghia e fonca nei trombazzi
fa legica busia, fa gisbuto;
e quasi quasi in segno di sberdazzi
gli affarferesti un gniffo. Ma lui, zuto
t'alloppa, ti sbernecchia; e tu l'accazzi.

 Ora, chiedendovi un piccolo sforzo, vorrei che voi immaginaste e descriveste il “vostro”  lonfo.
A me dà l’idea di un incrocio tra Winnie the pooh  e Sid, il bradipo de “L’era Glaciale” :-)

P.S. Per Madame Maddalena: madame,  credo di aver identificato l’animale che emetteva lo strano verso di cui al suo ultimo post: trattatasi quasi sicuramente di un esemplare adulto di Lonfo,  anche se, come dice Vittoria Contini Serpieri, nel suo “Tutto quello che avreste voluto sapere sul barigatto ma non avete mai osato chiedere!” (Edizioni La Lanterna, Genova, 1937):
“non esistono testimonianze dirette che possano suffragare la teoria che ogni lonfo - in gioventù o nell’età matura - sia solito barigattare.”

 P.S. Per madame Rendy: deve sapere, madame,  che poesie come  “Il lonfo”  vengono spesso utilizzate nelle scuole di recitazione per testare la velocità di reazione dell’aspirante attore, nonché la sua capacità di interpretazione, di fronte ad un testo, per così dire, anomalo.
Pensando che potesse esserle utile un tale esercizio, per la sua nuova passione, le riporto qui di seguito un link che riconduce ad un esempio del genere :-)
http://www.youtube.com/watch?v=AKgxlCIGqc8

 

 
 
 
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