Oggi il mare è una tavola che ci si potrebbe camminare sopra, ad averci ancora le gambe per farlo, ad avere ancora sangue caldo e pulsante nelle vene. Invece sono dimenticato qui, in questa culla azzurra e fredda. Salata.
Ché se penso quanta speranza mi spingeva su queste onde! E all’entusiasmo, mentre il signore della biglietteria, coi baffi all’insù, chiuso nel suo vestito austero ed elegante di inizio secolo, staccava il biglietto per me; per questo giro di giostra che pareva una promessa d’oro e d’argento sulla mia vita. Se penso ai miei vent’anni rinchiusi in una cabina di terza classe che sapeva di carbone e aringhe affumicate, e alla gioia per quella destinazione lontana e splendente: l’America!
Se ci penso mi dico che forse non era l’unica via. Però sembrava facile, sembrava così facile. Era un sogno da farsi vero. Vero quanto i papillons delicati, posati come nere farfalle sui colletti inamidati, vero come le risa a bocca piena, come le teste imbrillantinate sotto lo svettare dei cilindri; vero come le signore ingioiellate di prima classe: sai che bella, Maria, con quei vestiti e quei capelli alla moda. Ché poi io tornavo, dall’America, eh! Mica ci restavo tutta la vita. Tornavo e la sposavo, io , Maria!
Sembrava così facile scavalcare l’oceano nella pancia di questo vapore d’acciaio. Certo, sulla groppa sarebbe stata tutta un’altra cavalcata, ma io ci sarei tornato, sulla groppa! Io l’avrei domato questo drago dalle teste fumanti!
Invece è arrivata prima mezzanotte. Bianca e affilata gli ha aperto la pancia come ad un maiale al macello. Centomila cavalli di vapore e acciaio che scalpitavano mentre l’acqua fredda gli toglieva il fiato, gli legava gli zoccoli boriosi e li tirava giù… ci tirava giù.
E adesso siamo qua, fantasmi al pelo delle onde come morbide meduse, alghe fluttuanti sul fondo di attese scheletrite per un Caronte mai arrivato; acqua nell’acqua, confusi; ancora da abbandonare eppure gia perduti di fronte all’orizzonte che lento si rovescia e mescola e rimescola tutt’attorno la presunzione, i sogni, le speranze e le fa tutt’uno con le braccia e le bocche e le grida di due secoli che si scambiano di posto nel ribollire schiumoso.
La lente liquida sfumava agli occhi i volti del pubblico non pagante assiepato al bordo di quella fossa aperta all’improvviso nel mare; guardavo le loro facce allontanarsi come il cielo di sopra e imparavo che nemmeno una notte tanto scura ci avrebbe resi uguali: sai, mamma, te lo devo proprio dire, non è vero che al buio tutti i gatti sono neri; te lo devo dire, è importante che tu non ti confonda.
Però aveva danzato tanto, quella sera, la mia vita, aveva danzato così tanto, insonne e ubriaca di domani da riempire e raccontare; aveva danzato come le favole sulle bocche dei vecchi e negli occhi dei bambini, o come le zingare selvatiche la notte attorno al fuoco, e stanca, a piedi nudi e braci spente, s’addormentò così, sotto un lastrico di scintille che a seguirlo portava dritto alla Luna e pure più in là.
Sono stato molto indeciso sul pubblicare questo post, un po’ per pudore, un po’ perché tanti ne hanno scritto meglio di me e non volevo che una cosa cui tengo sembrasse banale. Poi, dopo l’ennesima strage di migranti ho deciso per il sì..
Grazie come sempre per l’apprezzamento, Wood, e buona serata :-)
Grazie di nuovo, Wood e buon fine settimana :-)
Rendere tutto più lieve era una mia esigenza, stavolta, madame: la ringrazio per avermi dato la conferma di esserci riuscito
Quanto al fatto che i sopravvissuti siano stati marchiati da quell’esperienza (come ogni sopravvissuto), non ho dubbi, ma nonostante il rapporto Mersey ci racconti che non ci furono discriminazioni tra passeggeri e passeggeri, noi oggi sappiamo che non andò così e, seppure con tenui parole, ho voluto ricordarlo.
La ringrazio di cuore, madame, per l'intelligenza di questo commento e per la sua sensibilità.
Buona serata, madame Psike.
A volte, nelle estati più siccitose, si vede fluttuare sulla superficie liquida l’immagine di un campanile; chi lo vede non può fare a meno di abbarbicare lo sguardo sugli argini ripidi e scoscesi delle montagne intorno, alla ricerca del corpo solido che genera quella specie di miraggio. E' successo anche a me, e benché sapessi la storia e fossi cosciente che nessun fantasma percorresse insonne quei vicoli sommersi, il mio cuore fu preso da sgomento, come quello di chi getta lo sguardo oltre una soglia che deve rimanere invalicata e per un attimo sente tutto il gelo di quell’aldilà.
Mi succede ogni volta che un relitto mi guarda attraverso la lente distorta dell'acqua, allora devo stemperare tutto in toni di un azzurro più tenue: ho fatto così anche stavolta.
Grazie di cuore anche a lei, madame Maddalena, per aver lasciato le sue parole delicate a questi miei pensieri spauriti.