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Fortaleza Report

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Affamati concentrati

Post n°262 pubblicato il 26 Gennaio 2011 da LivinginFortaleza
 

"Tu hai visto orrore nel campo di concentramento ?" domanda Vicente a Conceição, nel romanzo O Quinze ( "Il quindici"), della scrittrice Rachel de Queiroz. I due stanno parlando non dei campi nazisti, bensì di quelli creati  dal governo nel Cearà, ben trent'anni prima,  al fine di isolare gli affamati della secca del 1915, considerata una delle più tragiche di tutti i tempi nel Nord Est del Brasile. L'obbiettivo dei campi era quello di evitare che gli emigranti  raggiungessero Fortaleza, portando " caos, miseria, sporcizia e fastidi" come non mancavano di sottolineare i bollettini ufficiali dell'epoca. Nel 1915 si creò il campo di concentramento di Alagadiço, nei dintorni di Fortaleza, scenario del citato libro della Queiroz, campo che arrivò ad "ospitare" 8000 miserabili. Ci fu il momento in cui questo flagello di massa raggiunse il culmine con una media di 150 morti al giorno, tanto che il governo non seppe fare altro che ordinare - il 18 dicembre 1915, come raccontano i giornali dell'epoca- la dispersione dei  “molambudos”, come erano chiamati questi poveri affamati. Secondo lo storico Marco Antonio Villa, autore del saggio "Vita e Morte nel Sertão", durante la secca del 1915, devono esser morte per lo meno 100 mila persone. 

Altre 250 mila emigrarono per sfuggire alla "vecchia col cappello" - come era chiamata nel' immaginario collettivo nordestino la fame. La paura delle autorità davanti ai flagellati della secca aveva un precedente. Nel 1877 circa 110 mila affamati provenienti dall'interno della regione arrivarono a Fortaleza,  sconvolgendo la tranquillità degli abitanti che vivevano  all'epoca, un 'illusione di urbanità e civiltà. Nel libro "La fame", la relazione sicuramente più esauriente riguardo lo scenario del 1877 nelle strade della capitale, lo scienziato Rodolfo Teófilo così scriveva  :“La peste e la fame uccidono più di 400 persone al giorno ! In un attimo ho visto passare almeno 20 cadaveri ..Faceva orrore ! Alcuni dentro un'amaca, quelli che ce l'avevano.. altri venivano trasportati verso la fossa per essere sepolti con mani e piedi legati ad un palo.  E i bambini che muoiono nelle baracche.. come vengono trasportati !  La mattina gli addetti li raccolgono in un grande sacco e così miseramente avvolti vengono condotti alla sepoltura". Ma la creazione dei campi di concentramento del 1915 fu solo un saggio di ciò che avvenne più tardi. Nel 1932 il modello di segregazione viene perfezionato  e nasce la cosiddetta "industria della secca" ossia gli aiuti del governo federale alle  potenti oligarchie del NordEst : davanti al timore di di saccheggi e violenza  da parte di queste legioni di affamati, i grandi proprietari terrieri  minacciavano il governo, abitudine che iniziò a partire dal 1930, richiedendo aiuti e sovvenzioni per la regione, che nella maggior parte dei casi andavano a finire invece nelle tasche dei suddetti.

"Da  lontano si sentiva la puzza di putrefazione,  ma riuscivo a tapparmi il naso. Era tanto forte che me lo ricordo ancora oggi, anche se ho ormai poca memoria" dice  Manuel Conceição Rodrigues de Sá, 87 anni,  che durante la secca del '32 era un ragazzo di 15 anni.  In un luogo vicino a Crato  vide una volta da vicino il campo di concentramento. "Le persone lì erano quasi un marciume.. quando arrivava la razione di cibo sembravano degli avvoltoi .." Miguel Arraes de Alencar, classe 1917, di Araripe, così ricorda  “La brutta secca del '32  me la ricordo molto bene. Un giorno, stavo andando a scuola, quando incontrai tre uomini che erano stati catturati. Erano flagellati del campo di concentramento. Trattati come rivoltosi solo perchè si erano ribellati alle ingiustizie nella distribuzione del cibo". Nel campo di concentramento di Crato passarono circa 65.000 persone  durante quella siccità. Il governo promise distribuzione di cibo, acqua, assistenza medica e lavoro. Ma ben poco di ciò fu mantenuto.  Non c'era acqua pulita, nè cibo per tutti, molta gente moriva di fame o di malattia ed era sepoltà lì stesso. Il campo si trasformò in un focolaio di infezione. Si sa dell'esistenza di per lo meno altri cinque campi nel Cearà, localizzati a Quixeramobim, Senador Pompeu, Cariús, Ipu, Quixadá e uno nei dintorni di Fortaleza, una sorta di tentativo finale per evitare che gli affamati entrassero in città. Da lì non potevano uscire senza l'autorizzazione degli ispettori del campo. C'erano guardie che vigilavano costantemente i loro movimenti. Migliaia  finiranno per morire lì di fame e malattia.  Nelle sei aree di confino nel 1932 erano presenti : 73918 “molambudos” : 6507 a Ipu, 1800 a Fortaleza, 4542 a Quixeramobim, 16221 ea Senador Pompeu, 28648 a Cariús e 16200 a Crato, almeno secondo  le ricerche   della ricercatrice Kênia Rios autrice del libro "Campos de Concentração no Ceará – Isolamento e Poder na seca de 1932", Uno dei sopravvissuti è Antonio Siqueira da Silva, di 90 anni, che aveva 18 anni quando fu condotto con la sua famiglia, padre, madre e 12 fratelli - nel  “curral dos flagelados” do Crato."Là ho perso sei fratelli. Io sono scappato all'alba, me lo ricordo come fosse oggi. Fuori c'era la caatinga , difficile sopravvivere e sopra le nostre teste gli  urubus (sorta di avvoltoi locali) che volevano strappare le interiora dei cadaveri". 

Trailer del documentario "Lagrimas de vela"

Ma  poichè -come si dice- le tragedie non vengono mai sole.. altri eventi tragici si intrecciano a quello della siccità e dei campi di concentramento. Nel 1932 a San Paulo scoppia  una guerra civile :  truppe rivoluzionarie si sollevano contro l'esercito per contrastare il potere di Getulio Vargas, che assumerà la presidenza nel 1930. Il governo pensò bene allora di utilizzare i magri ed affamati nordestini presenti nei campi di concentramento per creare truppe di volontari da sacrificare contro i rivoluzionari. Per loro, disoccupati ed affamati, l'arruolamento nell'esercito poteva essere una buona idea, un chance di sopravvivenza, ma partirono su navi e camion alla volta di San Paolo senza sapere bene a cosa andavano incontro. Per il ministro José Américo de Almeida, responsabile della politica di lotta alla siccità, i nordestini si lanciarono  in quest'impresa spinti dalla "gratitudine e dall'istinto di conservazione"  e dichiarò al giornale di Fortaleza "O Povo" che in tal modo era stato dato "lavoro a 100 mila uomini e 500 mila brasiliani erano stati salvati dalla fame". Secondo il quotidiano, poco dopo un mese dall'inizio dei combattimenti, almeno 1200 cearensi vennero spediti nelle linee di combattimento e fra loro anche bambini e vecchi, sottomessi a dure umiliazioni e sofferenze. Non avevano equipaggiamento adeguato per il freddo della regione paulista, poco o nullo l'addestramento militare.

"Cearensi mangiano lucertole per non morire di fame" O Povo 1983

 La storia delle siccità che si abbatterono sulla popolazione del nord est sin dal 1877, ha lasciato una scia di tragedie e morti che, in termini di numeri, non sono state ancora del tutto sondate. Solo dal 1877 al 1913- quindi prima del fatidico 1915- il governo stima che le vittime siano state due milioni. Tragedie  che si sono ripetute anche in tempi più recenti. Nell'estate del 1983 ci fu un altra grande terribile siccità ed i fotoreporter giunti sul posto si trovarono davanti  persone ormai ridotte a scheletri viventi che, per riuscire a sopravvivere, mangiavano topi e lucertole.. Vi pare possibile ? Incredibile ma vero. Nel 2008 il cineasta Flavio Alves ha realizzato un documentario "Lagrimas de vela" girando le scene fra alcuni edifici ancora esistenti nel campo di Senador Pompeu..Costruiti nel 1919 per ospitare operai ed ingegneri inglesi che lavoravano alla costruzione di una diga nella zona, successivamente vennero utilizzati come sede del locale campo di concentramento del 1932. Il progetto ha incluso una ricerca di più di dieci anni con visite a luoghi, interviste ai sopravvissuti. Alcune scene sono state ricostruite con l'ausilio di attori. Il tutto al fine di divulgare, soprattutto fra le giovani generazioni, nelle scuole,  questo pezzo di storia ignorato da molti brasiliani. Nel 1998 Alves aveva già girato “Serca Seca”, un film sperimentale, girato semplicemente con una camera in mano senza alcuna risorsa. Secondo i protagonisti intervistati  le persone venivano confinate come animali. Chi entrava non ne usciva più. A tutti venivano rasate le teste, vestivano abiti realizzati con sacchi di iuta ed erano marcati. Le persone non avevano un nome ma erano solo un numero. 

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