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Un blog creato da Kaos_101 il 23/10/2006

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Messaggi del 15/01/2007

Post N° 24

Post n°24 pubblicato il 15 Gennaio 2007 da Kaos_101
 

Cittàmercato 1° parte 

Il racconto che state per leggere è stato scritto a 4 mani, due sono le mie, due sono di: 29Forever: ( http://www.neverisforever.splinder.com )
Forse è un po' lungo per un blog, ma il risultato ci soddisfa talmente che abbiamo deciso di pubblicarlo comunque. . Godetevi la lettura e, chissà
...potrebbe darvi un'idea per un appuntamento al buio!

La porta automatica scivola silenziosa davanti a me. Non appena varco la soglia gli occhiali si appannano completamente e un caldo soffio mi avvolge.
L’escursione termica è violenta, fuori -5°C dentro +25°C: una bella differenza! Mi sfilo il giaccone, e mi guardo attorno...
Sono le 11 di un martedì di febbraio: il centro commerciale non è particolarmente affollato. Finite da poco le feste, non ancora iniziati i saldi di fine stagione. Tra un’oretta, con l’approssimarsi dell’ora di pranzo, arriveranno frotte di impiegati, funzionari e operai che lavorano negli uffici circostanti. Sicuramente non ci metterò tanto ad individuare la mia preda. Poco oltre la trentina, castana, capelli corti, alta, magra, occhi chiari, viso intenso, seni piccoli, belle gambe, minigonna con spacchi laterali, minipull che lascia scoperto l’ombelico, tacchi a spillo e autoreggenti.
Non dovrebbe essere difficile riconoscerla ed invece...maledetta moda! Sembrano tutte in divisa, come tante soldatine, soldatine sexy si intende, ma fatte con lo stampino. La cosa si preannuncia più complicata del previsto, non mi dispiace, una caccia troppo facile non dà molta soddisfazione.
Mi aggiro tra i negozi senza fretta, fingo interesse per prodotti di cui nulla mi importa, e intanto continuo a cercare. Davanti alla vetrina di un negozio di casalinghi mi soffermo a lungo. C'è uno specchio in vetrina, nello specchio vedo un paio di jeans slavati che adoro perchè mi stanno a pennello e un maglione in lana blu notte con la zip che nasconde il mio ventre leggermente appesantito, in fin dei conti 50 anni di cene con gli amici e di pranzi con i parenti non possono certo essere annullati da un paio di sere a settimana in palestra. Mi sposto un poco verso destra per poter guardare alle mie spalle senza voltarmi. Scruto la gente che passa. Una donna con passeggino, una signora sui sessanta con bimba per mano... Eccola! No troppo bassa, sculetta in modo evidente non può essere lei; si volta e... no decisamente no, la mia preda è molto più graziosa. Poi la vedo...anche se non sapessi com’è vestita non potrei sbagliarmi! L'atteggiamento conferma la sua identità, continua inutilmente a tirare giù quel francobollo di stoffa che le copre pochi centimetri del suo bel paio di gambe affusolate. Tutto come da copione: minigonna nera, minipull pervinca sotto cui spiccano piccoli seni di una impertinente seconda misura, tacchi ancor più a spillo del previsto, calze a rete.
Lo sguardo alternativamente scivola verso il basso per l’imbarazzo per sventagliare attorno un attimo dopo nella speranza di individuare chi non è in grado di riconoscere. E' chiaramente a disagio. Il suo disagio la rende ancor più visibile agli occhi degli uomini che le passano vicino e che la scrutano con lunghe occhiate vogliose. Per mitigare la tensione cerca affannosamente nella borsetta qualcosa. Ne estrae il cellulare e avvia una chiamata. Per qualche secondo tiene il cellulare all'orecchio senza evidentemente ricevere risposta. Ha iniziato a camminare lungo le vetrine con il telefono in mano, forse attende di essere richiamata dalla persona che ha cercato poco fa. Camminare scioglie un minimo la tensione. Decido di mandarle il primo sms: "continua a camminare, mi piace guardarti mentre ti muovi!"
E’ vero mi piace leggere ciò che il suo corpo mi racconta di lei. La vedo sussultare e irrigidirsi: ha inserito il vibracall, è evidente che non vuole attirare ulteriormente l’attenzione con la suoneria. Legge, si guarda attorno, riprende a camminare, lo sguardo ai negozi e un sorriso imbarazzato stampato sul volto. Non voglio si accorga di me; mi sposto, mi fermo, fingo di telefonare, poi un prelievo al bancomat. Si muove lentamente, nonostante il disagio ha movimenti sinuosi che si sciolgono di passo in passo: si vede che la situazione inizia ad eccitarla.
"Bar accanto al Body Shop, tavolo più esterno, ordina 2 caffè."
La vedo attraversare il corridoio guardandosi intorno curiosa e sedersi al tavolino che le ho indicato. Mentre siede sulla seggiola piuttosto scomoda del bar, si tiene la gonna per non farla alzare troppo e accavalla le gambe: è chiaramente a disagio. "Non accavallare le gambe!" Avvampa. Esegue senza batter ciglio, il gioco si sta facendo più divertente del previsto. Passano due addetti alla sicurezza: fisico gonfio di palestra e "non solo" capelli rasati a zero e tatuaggi su tutto il corpo, nuca compresa. Lo spacco laterale della gonna lascia intravedere il pizzo delle autoreggenti. I vigilantes si bloccano e cominciano a commentare a voce alta. Commenti irripetibili. Lei finge di non sentire e istintivamente posa la mano sullo spacco aperto. Mi defilo.
Il negozio di scarpe è proprio di fronte al bar. Entro. La commessa, sorridente, mi si fa incontro premurosa. Ecco la prima comparsa che si offre di aiutarmi: mi sarà certo utile, ma non nel modo che immagina. Le indico un paio di mocassini stringati in coccodrillo color tabacco in vetrina: "Il 45 per favore", "Quelli da 350 euro?" "Si, grazie!". Mentre va a prenderli osservo la mia preda attraverso la vetrina. Sta ordinando i caffè come le ho chiesto. Il telefono è posato sul tavolino in attesa di nuovi ordini. Mi eccita avere in mano il suo tempo e il suo spazio. Torna la commessa coi costosissimi mocassini, li provo, mi guardo nello specchio obliquo del negozio: sotto i jeans non rendono. La commessa, mi incoraggia: "li veda con un bel pantalone scuro." "Li prendo...però deve farmi un grosso favore, anzi due" "certo mi dica" è chiaro che non intende perdere la vendita, coi tempi che corrono dove lo trovi un cliente che spende 350 euro senza battere ciglio. Se sapesse che sono solo un ingranaggio di un meccanismo molto più complesso.
"Per prima cosa vorrei passare a ritirare il pacchetto nel pomeriggio"
"Nessun problema si figuri"
"Poi dovrebbe portare un biglietto alla signora seduta al tavolo qui di fronte".
In quel preciso istante una cameriera posa sul tavolo davanti a lei un cabaret coi due caffè. Prendo un foglio di carta e scrivo: "Il primo amaro, zucchera il secondo, mescola col dito medio, succhiati il dito e bevi il caffè. Ah... non ti azzardare più a coprire lo spacco della gonna con la mano!". Piego in quattro il foglio e lo porgo alla commessa. "Aspetti che me ne sia andato da qualche minuto, sia discreta. Si limiti a dirle che una persona l’ha incaricata di consegnarlo personalmente a Lei. Non ci saranno domande, ma, qualora ce ne fossero, non dica altro. Grazie, ci rivediamo nel pomeriggio per le scarpe."
Mi allontano abbastanza da non essere notato. Mi siedo su una delle panchine disposte alla rinfusa nella rotonda centrale. La gente sta aumentando mi aiuta a mimetizzarmi. Raccatto un quotidiano abbandonato, lo arrotolo e ci gioco come se aspettassi l’arrivo di qualcuno per andarmene. La osservo mentre riceve il biglietto. Come previsto lo prende senza fare domande: ne conosce l’autore. Lascia allontanare il "latore", lo apre e lo legge ostentando una calma che sa di non avere, lo richiude con la stessa studiata indifferenza e lo ripone in borsetta. Solleva lo sguardo e fissa per un tempo infinito le due tazzine, immobile.


Quel Natale era rimasta a casa. L’acquisto dell’appartamento in centro, i lavori di ristrutturazione, l’arredamento, il notaio e tutto il resto l’avevano costretta a rinunciare alle vacanze invernali. Reduce da una relazione morta per consunzione, Sara, nonostante i molti amici che frequentava, sentiva spesso il bisogno di isolarsi in quella tana accogliente dai colori neutri che aveva reso così sua con pochi mobili essenziali che connotavano lo spazio quasi come i catus il deserto.
Si era finalmente comprata il PC portatile perché, oltre a leggere moltissimo, amava scrivere racconti e le piaceva l'idea di poterlo fare in qualunque posto nascesse l'ispirazione. Una sera Alida, in visita di cortesia alla nuova casa, dopo aver parlato per un’ora buona delle sue avventure, erotiche e non, nate dalla frequentazione delle chat, aveva insistito per crearle un account con la scusa di potersi tenere in contatto anche in ufficio. Fino a quel giorno per Sara il PC non era stato altro che un perfetto strumento di scrittura, aveva un collegamento a Internet ma, fino a quel momento, aveva sempre e solo rappresentato una fonte inesauribile di notizie e informazioni. Qualche sera dopo, un po’ per curiosità, un po’ per noia, aveva deciso di entrare in rete.
Connessione, clicca sull’icona, apri la finestra di dialogo…mentre stava ancora cercando di capire cosa fare, era arrivato il primo messaggio di un certo 26cm "ciao hai CAM?" "?" cam? Che diavolo era la CAM? Nemmeno il tempo di riflettere e il monitor era stato invaso da altre 4 finestre con i messaggi più disparati (o disperati?).
Da: maschioitaliano "ti va di guardarmi mentre mi masturbo per te?"
Da: lele79 " Ciao sono ragazzo carino, occhi verdi, moro e con fisico prestante, facciamo quattro chiacchiere? Dimmi: che misura di reggiseno hai?" (da quando in qua per fare quattro chiacchiere si deve fornire la misura del reggiseno?)
Da: qwerty "@<--<---- ciao ;-)" (curiosi geroglifici che solo molto più tardi avrebbe capito essere una rosa fatta con i caratteri speciali e una faccina maliziosamente sorridente)
Da: marcoferro " Ciao sono un cavaliere errante della tavola rotonda in cerca della sua Ginevra".
Sara cominciava seriamente ad annaspare e ad innervosirsi quando ricordò le raccomandazioni di Alida: "mettiti sempre in modalità occupato altrimenti appena vedono un nick femminile ti sommergono di messaggi"
Maledicendosi per la sbadataggine, si affrettò a cambiare l'icona del semaforo da verde a rossa e chiuse tutte le finestre aperte dei vari cavalieri occhi verdi di nome lele o marco. Cliccò su un’altra icona: la segreteria era già colma di messaggi. Scorse, incuriosita e un po' delusa, il rosario di approcci, quasi tutti banali, degli aspiranti interlocutori. Ad un tratto ne notò uno che la colpì. Diceva semplicemente "scrivo racconti per diletto.Ti andrebbe di leggerne uno?" cliccò sul nick orkolandia e aprì la comunicazione.
"Approcci tutte nello stesso modo? Quante donne hanno già letto il tuo racconto? Sicuramente sarà sempre lo stesso..."
"Ehi che caratterino! Frena, frena! Le cose non stanno come pensi. Ti ho contattata perché la protagonista di un mio racconto si chiama Isabel, proprio come il tuo nick"
"Davvero? Che coincidenza. Ho scelto questo nome proprio perché non è di uso comune e a me non piace essere ordinaria"
"Si hai ragione è un nome che mi è sempre piaciuto. Anni fa, durante un viaggio, conobbi una Isabel: era una donna spettacolare che mi è rimasta un po' nel cuore, tanto da dedicarle un racconto. Se vuoi te lo mando"
"Si grazie, come facciamo? Devo darti la mia mail?"
"Non chatti da molto vero? Clicca sull'icona con le due freccette accanto al semaforo, attiva la ricezione dei file"
"Va bene…."
Quella sera chattarono fino a notte fonda e dopo quella prima sera ce ne furono altre. Dopo un mese lui le parlò del gioco: un "blind-date" in un centro commerciale, lui che impartiva ordini via sms, lei che li eseguiva senza discutere. All’inizio trovò l’idea folle, poi, la sua curiosità felina prese il sopravvento e, poco per volta, finì per farsi raccontare tutti i particolari. Di nuovo si spaventò e di nuovo la curiosità per quello strano gioco la eccitò fino a cancellare ogni dubbio. Non aveva mai accettato un appuntamento al buio, figurarsi, una simile pazzia! Ne parlarono per giorni, lui la rassicurava da un lato e la provocava, giocando sul suo orgoglio, dall'altro. Sarebbero stati complici di un gioco sconosciuto a coloro che li circondavano, tutti sarebbero state ignare pedine della loro pazzia.
"Ti darò modo di interpretare, per un giorno, ciò che non hai mai voluto essere: una donna provocante che esegue, senza discutere, ogni mio ordine. Molti uomini saranno attratti dal tuo comportamento e tu dovrai essere molto attenta a chi si avvicinerà a te. Ricorda, avrai due soli modi per uscire da quel centro commerciale: al mio fianco se riuscirai ad identificarmi o da sola qualora mi confondessi con una delle tante comparse che ti gireranno attorno. Piccola postilla: se sbagli sparisco e tu non saprai mai chi io sia"
Nonostante i mille campanelli d’allarme che suonavano nella sua testa, Sara aveva finito con l’accettare quelle assurde condizioni e adesso era lì seduta in quel bar a contemplare il casino in cui si era cacciata e un paio di tazzine di caffè fumante.

La prima tazzina non rappresenta un problema. Ha sempre odiato il caffè amaro, ma con ostinazione prende a sorseggiarlo lentamente, mentre analizza la situazione. Ha solo due possibilità: eseguire il secondo ordine oppure alzarsi e andarsene. Valuta le opzioni, sa già che non si arrenderà così facilmente. Versa una bustina di zucchero nella tazzina, poi una secondo, quasi per sfida. Si guarda attorno per vedere se qualcuno la sta osservando. “Maledetta gonna!” Almeno cinque uomini e un paio di donne le tengono gli occhi addosso in modo più o meno diretto. Un profondo respiro e tuffa il dito medio nel caffè ormai tiepido, mescola, si succhia pensierosa il dito gocciolante, porta la tazzina alla bocca e trangugia. Nel rimetterla al suo posto nota, con una punta di divertimento, l’espressione sbigottita della coppia che la scruta di soppiatto due tavoli più in là. Bzzzz. Il cellulare l’avvisa che è arrivato un altro messaggio. “Brava! Adesso alzati e cammina dritta davanti a te!”. Non resta che obbedire. Sara si alza e riprende a camminare.
Cerca di non far caso alle occhiate vogliose dei maschi e quelle acide delle donne che incontra lungo il corridoio, ogni sguardo le si attacca addosso, le attraversa i vestiti. Sa di essere una bella donna ma ha sempre vissuto la sua avvenenza come un dono speciale da non ostentare, anzi, da mitigare con una rassicurante sobria eleganza. La mise che indossa oggi, invece, sembra urlare ai quattro venti “sono qui guardatemi!” e, contrariamente a qualsiasi aspettativa, la cosa comincia a piacerle.

 
 
 

Post N° 23

Post n°23 pubblicato il 15 Gennaio 2007 da Kaos_101
 

Cittàmercato 2° parte

Altro messaggio: “Negozio di lingerie alla tua dx entra e provati un reggiseno”. “Che razza di ordine è questo? Non penserà mica di decidere cosa mi metto sotto i vestiti? Questo è matto!” ...al di là della sgradevole ingerenza l’ordine sembra innocuo, decide così di varcare la soglia e chiede alla commessa di farle vedere un reggiseno in pizzo nero con una decorazione in nastro di raso rosso che ha notato in vetrina, lo prende e si avvia verso il box di prova.
Bzzz…Bzzz “che altro vuole?” nuovo messaggio: “lascia la tenda del camerino semiaperta e mettiti in modo da essere vista dall’esterno.” “Adesso esagera!". Obbedire a ordini strani va bene, ma non ho nessuna intenzione di farmi vedere le tette dal primo che passa … il primo che passa … Uhmm ... "Di certo non vorrà perdersi lo spettacolo, è evidente che vuol vedermi nuda!”. Sara sogghigna, da preda sta per diventare cacciatrice. La diverte pensare che il tanto scaltro Orko finirà per cadere nella trappola da lui stesso escogitata. “ah gli uomini! Sono così prevedibili” Entra nella cabina di prova lasciando la tenda praticamente aperta, l’eccitazione del gioco ha il sopravvento sul suo naturale pudore, si sfila velocemente il golfino e sgancia il reggiseno. Con uno sforzo di volontà evita di guardare verso la vetrina e si concentra sullo specchio alla sua destra. C’è un uomo che inequivocabilmente la sta guardando. Cinquant’anni portati male, capelli in disordine, viso largo e quadrato, bocca piccola quasi senza labbra, un gran naso a patata. Indossa una giacca a quadretti di qualche stagione fa con toppe in finto camoscio sui gomiti, camicia a righe, cravatta improponibile, pantaloni informi di velluto a coste. Lo sguardo è fisso su di lei, tradisce un’eccitazione laida e volgare. Sara chiude velocemente la tenda, un imbarazzo che è tanto maggiore quanto più forte è la delusione per la scoperta che ha appena fatto: il suo cacciatore è una persona disgustosa!

La osservo passare accanto alla mia panchina e non posso non compiacermi dall’aura di sensualità che effonde al suo passaggio, sensualità involontaria, frutto sicuramente del suo imbarazzo e disagio, ma sensualità vera, palpabile di cui sono artefice e beneficiario.
L’idea del negozio di lingerie è una citazione, omaggio ad un film e a un autore che ho molto amato: “Omicidio a luci rosse” di Brian De Palma. La guardo mentre, ancora ignara di ciò che l’aspetta, si fa consegnare il reggiseno a balconcino “benedette donne se avete tette vi vergognate, se non ne avete ne soffrite!” e si avvia al camerino. Ripenso alla scena del film: il protagonista, incollato alla vetrina, scruta la bella, che ,ignara e con la tenda troppo aperta, si prova un paio di slip in pizzo. Nel film, però, la commessa nota il “guardone” e chiama la sicurezza con figuraccia finale. Sorrido. Certo non mi farò cogliere in castagna. La regia richiede tempi scenici perfetti. Sara sta entrando nel camerino ed ecco la comparsa che ho adocchiato raggiungere il suo posto. E’ un uomo sulla sessantina, male in arnese, che gironzola senza meta da una vetrina all’altra e che, con tempismo perfetto, si trova al punto giusto nel momento giusto. “Che schifo!” Il tono della mia voce è volutamente sostenuto per attirare la sua attenzione: “ tutte troie le donne! Guarda quella: si sta spogliando nuda in pubblico” ed indico con aria disgustata Sara che si è sfilata il maglioncino. L’uomo abbocca al volo, si ferma, fa due passi verso la vetrina e si incolla ad essa dimentico del mondo attorno a lui.
Mi allontano divertito, in fondo ho fatto una buona azione. Quando mai uno così rivedrà un paio di tette simili dal vero?

Sara è profondamente delusa. Adesso che la realtà si è rivelata nella sua crudezza, non sa darsi pace per la propria stupidità. “Eppure lo sai, le persone non sono quasi mai come te le immagini. Lui non ti ha mai detto di essere bello, figo, elegante... Si lui non mi ha mai detto nulla o quasi di sé, ma come fa una persona, come quella che mi guardava sbavando dalla vetrina, a scrivere le cose che mi ha scritto, ad elaborare trame così coinvolgenti?”.
Non è tanto l’aspetto fisico a deprimerla, quanto l’espressione assolutamente ottusa che ha letto in quello sguardo.
Non si riesce a capacitare come un uomo simile abbia potuto architettare una così raffinata messinscena al solo scopo di vederle le tette. “Non ha senso”, la sua mente si rifiuta di accettare quella che sembra essere la dura realtà: si è lasciata sedurre dalle parole di un uomo molto diverso da chi sperava ed immaginava.
Bzzz…bzzz “Che altro vuole? Non penserà mica che voglia continuare questa farsa vero?”. Istintivamente Sara preme il tasto di risposta con già in mente un messaggio di fuoco e di addio. Mittente sconosciuto. “Bastardo! Sta usando un’altra SIM non vuole che io lo possa contattare! Vabbè, non importa me ne vado senza salutarlo. “Sta passando un uomo con una giacca a quadri e una cravatta orribile. Saltagli al collo e bacialo sulla bocca come fosse una persona che conosci molto bene! ESEGUI!"
Quell’esegui finale, tutto in maiuscolo quasi fosse un urlo, le attanaglia lo stomaco. “Che mi prende? Non esiste che una frase scritta su un telefonino mi faccia questo effetto. Non ho alcuna intenzione di dare altre soddisfazioni a quello stronzo! Pure le braccia al collo vuole anche che gli butti adesso: se lo sogna!” Sare è’ fuori di sè, si sente tradita, presa in giro. Quello che sembrava un simpatico ed eccitante giochino si sta trasformando in qualcosa di molto sgradevole. Alla rabbia si sostituisce la determinazione della donna orgogliosa che non ci sta a gettare la spugna.
“Vuoi la guerra? E guerra sia! Hai messo in piedi questo circo per guardarmi le tette e farti abbracciare? Benissimo signor orkodeimiestivali adesso vedrai che ti sistemo io per le feste: ti farò rimpiangere di esserti preso gioco di me!Ti farò annusare ciò che hai irrimediabilmente perduto!” Si volta di scatto e punta con decisione l’oggetto della sua vendetta. “Paolo amore mio come stai?! Non ti fai sentire da una vita! Che fine hai fatto?”. Sara getta le braccia al collo dell’uomo e gli stampa un sonoro bacio sulle labbra. Lui trasecola, sbatte gli occhi e balbetta: “Signora lei si sbaglia io non sono Paolo, o meglio si mi chiamo Paolo ma, ,ma non sono la persona che lei crede”. Sara si appoggia all’uomo e gli si struscia contro, getta indietro la testa e ride cristallina: “Ahahah sei il solito burlone Paolo!” L’uomo non sa più che pesci pigliare, è evidente che la situazione lo eccita ma è altrettanto evidente che non sa come gestirla. “Adesso non ridi più brutto porco eh? Vediamo come te la cavi nel corpo a corpo!” …bzzz…bzzz: un nuovo messaggio. Il cuore di Sara schizza in gola. “Cazzo! NON può mandarmi un sms mentre gli sono addosso?” “Oddio mi scusi! L’ho proprio confusa con un altro! Mi dispiace, mi perdoni!” Sara è frastornata, si allontana dall’uomo e consulta freneticamente il telefonino.
“Forse hai sbagliato persona, forse hai perso il gioco, forse non mi vedrai mai …forse!” Emozioni contrastanti la assalgono: il sollievo nello scoprire che il laido vecchiaccio non è il suo Orko e la paura di aver compromesso ogni cosa. “Però ha detto “forse”, magari non tutto è perduto”…

"Pensa Sara, PENSA!" Sventaglia in giro il suo sguardo felino, esamina rapidamente tutti gli uomini sui cinquanta che riesce a vedere. Ne identifica una decina: tre sono accompagnati da donne, un paio sembrano le mogli, una potrebbe essere una collega di lavoro, c'è un gruppetto di quattro uomini incravattati con abito grigio che sembrano uscire dalla pubblicità di una nuova banca, uno è fermo davanti ad un negozio di abbigliamento femminile con le mani posate su un passeggino, un altro è seduto su una panchina con un giornale arrotolato nella mano destra, ci sta giocando, sembra in attesa di qualcuno, uno sta uscendo dalla libreria con un sacchetto.
“Dev'essere lui, è l'unico solo e senza apparenti impegni” Qualcosa non torna: una parete in muratura nasconde alla libreria la vista sia del bar che del negozio di intimo. Come avrebbe fatto a prendere i libri e a pagarli nel breve tempo intercorso dall’ultimo messaggio? E d’altro canto il commento indica che ha assistito alla scena. L’uomo col giornale. “Dev’essere per forza lui.” La posizione che occupa gli permette di dominare agevolmente l’intero set della rappresentazione. "E' certamente lui! Sara cerca di fotografarlo mentalmente, maglione blu con zip, jeans slavati, anche se seduto si capisce che è piuttosto alto, capelli corti brizzolati, scarpe sportive scamosciate, belle spalle. “E ora che si fa? Come recuperare? Coraggio dai! Ha detto forse. In fin dei conti hai eseguito il suo ordine. E’ vero che ho preso un granchio, ma lui come fa ad esserne certo? E poi non credo proprio che voglia davvero sparire senza conoscermi. Devo essere scaltra, dimostrargli che non sono una stupida ragazzina avventata ma l'attrice perfetta di un copione che lui stesso ha scritto per me.” Sara entra nella libreria,e passeggia nervosamente tra gli scaffali, non ha molto tempo, lui potrebbe uscire dal centro commerciale e sparire. Sta cercando un libro ben preciso; un libro così particolare che dispera di trovare nella libreria di un centro commerciale. Invece eccolo lì. Lo acquista ed esce velocemente. Guarda la panchina: vuota! Deve muoversi velocemente, il tempo gioca contro di lei. Fende la ressa, scrutando tra i volti degli uomini che incontra, guardando dentro ogni vetrina, in ogni bar...niente! Possibile che sia già uscito? E' rimasta solo pochi istanti in libreria. Ormai ha percorso in lungo e in largo tutto l’edificio. “Dov’è finito?” potrebbe essere nascosto in un camerino ma...non può certo entrare a cercarlo negozio per negozio.

L'ora di pranzo è quasi passata e un po' delusa un po' affamata si dirige verso il self-service, ripone il libro in borsa e prende un vassoio. Ordina un filetto di merluzzo alle olive nere, mentre aspetta che venga cotto si rifornisce di finocchi e patate lesse. Con il suo pranzo si dirige alla cassa "Vuole anche il caffè?"...lo sguardo perso di Sara viene attratto da un bel paio di spalle sotto un maglione blu..."Signora vuole anche il caffè?!!" "Si... grazie, due".
Sara, sa cosa fare: appoggia il libro sul vassoio accanto ai piatti e si dirige verso le spalle sotto maglione blu. Mentre si avvicina analizza il resto della figura, non vuole sbagliare un'altra volta. Jeans, scarpe scamosciate, capelli corti brizzolati e...come pensava: il giornale è sparito! Era solo un mezzo per sviare l'attenzione, probabilmente l'aveva trovato sulla panchina e ne aveva approfittato. Ancora un attimo di esitazione.

"Perdoni la mia sfacciataggine ma... posso sedermi qui e pranzare con lei?"
Stavolta sono io ad essere sorpreso. Non posso scoprirmi subito, lascio passare alcuni istanti prima di rispondere, deglutisco e provo a metterla nuovamente in difficoltà.
"Prego si accomodi! A cosa devo l'onore di una così insolita proposta?"
"Mi sento osservata e preferirei non pranzare da sola se non le dispiace"
"Sarà un onore poterle fare da guardia del corpo madame, purtroppo però, non posso dedicarle molto tempo, ho lasciato mia moglie in un negozio di borse e ho promesso di tornare da lei tra una ventina di minuti"
"La ringrazio, ce li faremo bastare"….nessuna esitazione.
Sara sistema il vassoio sul tavolino, appende la borsetta alla sedia e, tenendosi la gonna, si siede senza accavallare le gambe e senza coprire il pizzo delle calze.
“Posso chiederle cosa ha fatto cadere su di me la sua scelta?”
“Che stronzo! Ha capito perfettamente che l’ho scoperto, ma non si arrende”. Parole che le restano in bocca, non vuole cadere nuovamente nella sua trappola e si morde la lingua.
“Mah, sa. L’età, il modo di vestire, l’espressione del volto mi hanno dato l’impressione che lei sia una persona affidabile. Come le dicevo mi sento assediata e ho bisogno di una persona rassicurante."
“Beh, affidabile credo di esserlo, madame, sarei un po’ scettico sul rassicurante ma non so se lei lo potrà mai verificarlo”
“Mai dire mai, monsieur, talvolta le persone si rivelano assai diverse da come le si immagina.”
“Oh lo so bene, madame, sono anch’io così: un Orko”.
“Orko? Cosa intende con Orko?”
“Nulla, nulla, lasciamo stare, è una vecchia storia troppo lunga per raccontarla ora, un’altra volta semmai”
Mi cadono gli occhi sul libro che è posato sul suo vassoio
"Nelle Sue Mani di Blau Marthe. Interessante lettura..."
"Si, adoro questa letteratura, come dire...alternativa. Lei conosce questo libro?"
"Ne ho sentito parlare, qualche recensione, ma non l'ho mai letto"
"Capisco. E come mai mangia da solo? Voglio dire... sua moglie non pranza?"
'”Attenta la ragazza!” i maritini premurosi non pranzano mentre le mogli fanno spese.
"No, è a dieta! Voi donne siete fissate."
"Si capita spesso, ma lo facciamo per voi, per piacervi, per essere come ci volete. Sa che oggi un tipo mi ha spiato mentre mi provavo della biancheria? Sicuramente a casa aveva una moglie sfatta e poco curata che lo aspettava per pranzo”
Tremenda! Ma mi hai individuato o stai brancolando alla cieca? Vediamo dove vuoi arrivare. Abbocchiamo alle tue esche prima di calare la maschera.
"Ha ragione, sappiamo essere davvero degli animali a volte! Tornando al libro: è mai stata davvero nelle mani di un uomo? Intendo dire, ha mai affidato la sua volontà nelle mani di un’altra persona?"
Lei alza gli occhi e mi fissa con uno sguardo intensissimo: “lo sto facendo proprio in questo momento”
È solo un lampo, poi riprende a parlare come se nulla fosse
"Ecco ho finito. Si, lo so, non me lo dica! Ho la pessima abitudine di mangiare troppo velocemente. In compenso questo ci lascia il tempo per un caffè, ne ho ordinati due, mi fa compagnia?"
"Volentieri poi, però, devo proprio lasciarla, non è igienico che se mia moglie mi trovi in compagnia di una donna così affascinante."
Ci dirigiamo verso il bancone del bar appena fuori il self-service. Mi precede ordinando due caffè lisci.
"Lo beve amaro vero?"
"Ehm si ma...".
"Io ci metto due bustine di zucchero invece"
Mi passa davanti lentamente sfiorandomi il petto con la mano e avvicinando pericolosamente il suo viso al mio, prende lo zucchero dalla ciotola alla mia sinistra (curioso ne aveva un’altra comodissima alla sua destra n.d.a.), apre le bustine, strappandole di lato, e le versa nel caffè. Mi caccia in mano il cucchiaino con aria di sfida e prende a mescolare il suo caffè col medio. Ma brava Sara! Sei perfetta nella tua parte! Trovo irresistibile la malizia che si cela dietro un’apparente sobrietà e compostezza. Sento l’eccitazione crescere in me. Non ha più senso fingere. Ho voglia di prenderla, di possedere quella splendida mente non meno di quanto desideri quello splendido corpo, facendole, perché no, un po’ male.
Le afferro il polso e attiro a me la sua mano guardandola negli occhi con un sorriso. Mi infilo in bocca il dito, ancora bagnato di caffè e lo succhio con intenso piacere.
Il barista, che si è accorto di tutto, pulisce diligentemente il banco e finge di riordinare le tazzine con falsa aria distratta, ma è chiarissimo che si non si perde un fotogramma della scena.
Sara rotea il dito nella mia bocca, gioca con la mia lingua, poi, con un gesto repentino, lo estrae e lo infila nella sua, lo succhia pensierosa, quindi sorseggia lentamente il caffè fissandomi con quegli occhi verdi sapientemente esaltati dal trucco marrone. Prende la mia mano soffermandosi volutamente a sfiorarmi i pantaloni proprio dove risulta evidente la mia eccitazione. Sorride compiaciuta del risultato ottenuto. Mi piazza in mano il libro “Penso farebbe meglio a leggerlo…” si volta e se ne va. Resto impietrito qualche istante. Quando mi volto, vedo la sua sinuosa figura mentre si allontana verso la porta a vetri dell'uscita avvolta in uno spettacolare effetto controluce... 

 …dissolvenza…
”Ferma Sara….ferma! Prima che cali il sipario dobbiamo recuperare le scarpe in coccodrillo da 350 euro, non vorrai che ci vada solo!!!

 
 
 
 

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