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SMOG, UNA GUERRA INVISIBILE DA 9 MILIONI DI MORTI

Post n°217 pubblicato il 21 Ottobre 2017 da aliasnove

Un valore economico di 4,6 trilioni di dollari all’anno andato in fumo. Equivale al 6,2% della produzione mondiale; più della ricchezza complessiva generata annualmente in Giappone, l’equivalente di Regno Unito e Italia messe insieme.

Un trilione è una cifra impegnativa: si scrive con 18 zeri e si fatica a pensarla. Ma ne abbiamo esperienza quotidiana: è la quantità di ricchezza e benessere distrutta ogni anno dall’inquinamento atmosferico.

Le cifre dell’economica sono sbalorditive ma fredde, quelle della medicina dicono meglio: la somma degli inquinanti in atmosfera, acqua e suolo, a livello globale, causa annualmente 9 milioni di morti.

Quindici volte le vittime di tutte le guerre in corso sul Pianeta e di tutti gli atti di violenza. La mortalità generata dall’inquinamento atmosferico è stimata in circa 6,5 milioni.

Questi dati emergono dal rapporto preparato dalla Lancet Commission on Pollution & Health, pubblicato da poche ore. Vengono resi noti in giornate in cui sulla Pianura Padana, come immortalato da una foto dell’astronauta Nespoli, si stende una cappa di smog visibile dallo spazio.

“Torino come Pechino” è stato il titolo giornalistico, facile ma veridico, coniato per rendere l’immagine di quanto avviene. Nel capoluogo sabaudo la concentrazione delle polveri è salita a oltre il doppio del valore individuato dalla normativa come soglia di allarme.

Dal Comune raccomandano di tenere le finestre chiuse, limitare gli spostamenti, non riscaldare i luoghi indoor oltre i 19 gradi. E partono anche misure di limitazione al traffico privato che sembreranno draconiane – in un Paese in cui per molti l’automobile è vettore solo e unico della mobilità – e che invece sono insufficienti ed emergenziali.

E come tali destinate solo a tamponare un fenomeno che ha invece una portata cronica.

Le fonti dell’inquinamento atmosferico, in un ambiente urbano, sono molteplici. Dipendono principalmente dalla mobilità, dall’edilizia, dall’industria. Variano da contesto a contesto ma, in generale, il loro contributo specifico al problema complessivo, inquinante per inquinante, è noto.

La situazione, da vent’anni a questa parte, nelle nostre città è in parte migliorata. Ma i miglioramenti sono appunto settoriali e non sufficienti.

Le città italiane – e quelle del nord padano in particolare – sono meno esposte ai fumi dell’industria; e l’efficienza energetica sta riducendo (anche se troppo lentamente) le emissioni che vengono dall’edilizia. Il settore che meno di altri contribuisce al risanamento dell’aria che respiriamo nelle nostre città è certamente quello della mobilità.

Greenpeace si sta occupando, in questo periodo e su scala europea, di un inquinante specifico: il biossido di azoto, un gas cancerogeno emesso in larga quantità dai veicoli diesel.

In una città come Roma oltre tre quarti del NO2 in atmosfera viene dai veicoli a gasolio. In difformità dall’immaginario collettivo, benché sia un inquinante precursore anche delle polveri sottili, non è un inquinante “padano”: la capitale e Palermo, ad esempio, registrano concentrazioni medie annue non dissimili da Milano e Torino, e sempre ben al di sopra della soglia indicata dall’Oms per la protezione della salute umana (40 microgrammi/metro cubo).

Secondo un recente rapporto dell’Agenzia europea per l’ambiente l’Italia è il paese europeo dove l’NO2 ha gli impatti sanitari maggiori: oltre 17mila casi l’anno di mortalità prematura.

I bambini sono i soggetti più esposti agli effetti patogeni del biossido di azoto. Per questo, nelle ultime settimane, Greenpeace ha monitorato l’aria in prossimità di dieci scuole romane, asili ed elementari.

Dieci monitoraggi su dieci mostrano livelli di inquinamento costantemente allarmanti, con picchi – in concentrazioni medie su dieci minuti – fino a 111,4 μg/m3: un valore abnorme, se si considera che già nel 2005 l’Oms segnalava come nei bambini gli effetti patogeni sul sistema respiratorio siano provati anche per concentrazioni inferiori ai 40 μg/m3.

“Biossido di azoto” è una dizione sconosciuta ai più. “Dieselgate” lo è certamente meno. I veleni che respiriamo sono anche e soprattutto il risultato composito di una gigantesca frode industriale, dell’attività di lobbying dell’industria automobilistica, di controllori “distratti”, di decisori pavidi. La sfida immediata resta quella di salvarci i polmoni. E una tra le poche soluzioni a disposizione, la più urgente, è una rivoluzione della mobilità.

il manifesto 21/10/2017

 
 
 
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