(ASCA) - Firenze, 18 giu - Nel 2012 il trend di crescita
della moda maschile registrato nel 2011 dovrebbe assistere ad
una decelerazione dei ritmi di crescita.
E' quanto emerge dai dati Smi diffusi alla vigilia
dell'apertura di Pitti Uomo a Firenze.
Saranno soprattutto le aree extra-UE, come gia' nel 2011, a
rivelarsi i mercati piu' ricettivi e dinamici del menswear
italiano, supportando in tal modo le performance settoriali.
Non mancheranno, invece, criticita' sul fronte europeo,
Italia compresa.
Mettendo a confronto i primi dati disponibili con
riferimento a due mercati particolarmente importanti per la
moda maschile italiana, ovvero Francia, nel caso del mercato
comunitario, e Stati Uniti, nel caso delle aree extra-Ue, si
fanno strada segnali in tal senso. Il mercato francese, sulla
base dei dati relativi ai primi quattro mesi del 2012, ha
assistito ad un ripiegamento delle vendite di pret-a-porter
maschile, facendo segnare un calo del -2,6% (pur decisamente
confortante rispetto alla ben piu' gravosa flessione
evidenziata dal segmento femminile), con l'indipendente
multimarca che ha, tuttavia, contenuto le perdite al -1,7%.
Di contro, secondo le statistiche ufficiali rilasciate dallo
US Census Bureau le vendite al dettaglio dei 'men's clothing
stores' si sono confermate in crescita: il primo trimestre
2012 segna, infatti, una dinamica in aumento pari al +5,5%
rispetto al corrispondente periodo del 2011 (dati provvisori,
non destagionalizzati). Sulla base dei risultati
dell'Indagine Campionaria condotta da SMI presso un panel di
aziende operanti nella moda uomo, nel primo trimestre 2012 il
fatturato estero si mantiene ancora in crescita (+7,9%
rispetto al primo trimestre 2011), mentre il fatturato
italiano risulta pressoche' fermo sui livelli del medesimo
periodo dello scorso anno. Con riferimento, invece, agli
ordini, la raccolta effettuata sempre nel primo trimestre del
2012 mostra un incremento del +5,5% nel caso del mercato
estero, mentre accusa gia' una flessione del -4,7% nel caso
del mercato italiano. Il medesimo campione, interrogato
sull'evoluzione della congiuntura, si divide tra quanti, pari
al 41,7% degli intervistati, confidano in una 'stabilita'' e
quanti, invece, pari al restante 58,3%, temono un
peggioramento.