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« Infanzia »

Se tornerai

Post n°24 pubblicato il 09 Novembre 2006 da gingerfar

Questa è la storia mia e di David.

Questa è una storia vera, purtroppo, anche se vorrei dire il contrario.

Il mio primo amore si chiamava David e, per ironia della sorte, questo amore non nacque mai. Visse solo nel mio cuore, non divenne mai reale. Eppure, dentro di me, negli anni, posso dire di non avere mai più provato un sentimento così immenso, totale e vero.

Banchi della classe terza D, a Milano. 12 anni.

Avevo solo 12 anni.

David non aveva mai saputo quello che io provavo all’epoca per lui. Le poesie che scrivevo, pensandolo, le spedizioni e gli inseguimenti che organizzavo con le mie amiche, per spiarlo di nascosto.

Mi vergognavo terribilmente: David appariva così perfetto ai miei occhi, mentre io stessa mi vedevo brutta e goffa, in piena crisi adolescenziale. La nostra professoressa di italiano riteneva che David non si applicasse a sufficienza nello studio, ecco perché sarebbe stato meglio affiancarlo ad una ragazza diligente e seria, quale ero io all’epoca. Per me fu la gioia più grande. Mi ricordo ancora quando David dimenticava i libri a casa, ed io aprivo il testo in mezzo i nostri due banchi, in modo da seguire insieme la lezione.

Terminata la scuola media inferiore, non ebbi mai più un compagno di banco come David: bello sensibile, dolce, con due occhi che, quando mi osservavano, mi lasciavano senza fiato. Ma soprattutto, non ebbi mai più un compagno di banco maschio.

La fortuna volle che, vivendo David proprio nel palazzo accanto al mio condominio, era facile per me, nel corso degli anni successivi, incontrarlo a passeggio per strada con il suo dalmata Pongo, sempre scodinzolante ed allegro. Ci fermavamo a chiacchierare sempre, a parlare dei nostri studi e del gruppo di musica rock, nel quale David suonava la chitarra.

Ricordo ancora il suo sorriso lieve, timido, e tante delle sue frasi. Mi rimasero sempre impresse, chissà come mai. Gli anni intanto trascorrevano rapidi: liceo e poi università; David faceva spesso capolino dal fondo della strada, ed io avevo quindi sempre occasione di scambiare qualche parola con lui.

Se avesse saputo che un intero diario gli era stato dedicato, quando sedeva accanto a me a scuola.

Se avesse saputo che sentimenti belli e sinceri provavo per lui.

Tanti se, nell’aria per sempre.

Poi un giorno David pensò di farsi ricordare da tutti in modo diverso.

Decise di togliersi la vita, e si lanciò dalla finestra della sua stanza, proprio davanti al mio palazzo. Un volo d’angelo, che lo portò in un mondo dove le sue paure e la sua ansia di vivere sarebbero forse state annichilite.

Ad un tratto, il buio.

Mi ricordo che quella mattina stavo camminando dall'altro lato della strada per raggiungere l'ufficio. Vidi delle ambulanze e delle transenne. Mi sentii una fitta al cuore, senza un motivo razionale, senza un perchè. La gente per strada parlava di un poveretto, che si era lanciato dalla finestra. Di un'anima senza un nome, intorno alla quale tutti i passanti reglavano una riflessione banale sulla vita. Una retorica sulla morte voluta.

Non avrei mai più potuto incontrare David per strada, non avrei mai più potuto vedere quei suoi occhi profondi, quelle sue mani eleganti. Non avrei mai più potuto scorgerlo dal fondo della strada con il suo cane.

Ripensai all’ultima volta che lo avevo visto.

Quell’ultimo pomeriggio che David mi passò davanti, ero di fretta. Correvo verso il bus, vestita di tutto punto, per andare al ristorante di una mia amica.

Mi ricordo ancora. Ero uno splendore. Non ebbi neppure il tempo di fermarmi due minuti a chiacchierare con lui.

Ricordo che gli urlai un “ciao”, mentre rincorrevo il mio dannato autobus.

Ricordo che David alzò il viso e ci mise più di un attimo per riconoscermi. Ma, in ogni caso, ci fissammo, per un secondo, senza parlare.

Quel secondo vive tuttora in me come un'eternità. Fu l'ultimo attimo che io e David ci guardammo.

Per sempre e mai più.

Spero che David si ricordi di me, ora che non c’è più.

Spero che il mio David possa sentire, ovunque si trovi adesso, quanto io lo abbia amato, se di amore si può davvero parlare quando si hanno dodici anni.

David non faceva parte della mia vita, ma piansi tantissimo.

Lo pensai intensamente, ed ancora di più.

Il mio David sarebbe appartenuto, da quel momento in poi, a quelle nuvole che tante volte avevo osservato, pensandolo.

Di notte, prima di addormentarmi, David era nei miei pensieri.

Nel mio diario delle scuole medie trovai un suo capello, che avevo conservato come reliquia. Mi fece impressione toccarlo, dopo che seppi che David era morto.

David,

stasera ho pianto quando sono passata sotto casa tua. Adesso che sono tornata a vivere a San Siro è un casino.... Perchè passerò sempre sotto la tua finestra, per forza di cose, anche se a volte ne farei a meno.

Mi fa ancora un po' male, anche se sono passati quasi 15 anni. Eppure sembra ieri. Quando suonavamo la chitarra insieme, nell'orchestra della scuola.

Sai che hanno demolito l'edificio della nostra scuola media?

Ma si che lo sai, che scema.. So benissimo che da lassù ci guardi.

Me lo sento.

  

 
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Cara Kate,

a volte penso che il mondo viva sulle nuvole. Che un tipo come te potesse avere a che fare con la coca, poteva essere intuibile, ma cosa frega alla gente poi, ancora non l'ho capito!

E, anche se il tuo fidanzato è un mezzo tossico, oltre che bruttino, la cosa mi dà molto coraggio.. Perchè anche io generalmente non amo i "troppo belli" (magari anche perchè non mi notano!!)

Ma chi se ne frega!

 
 

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