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E se domani l’Italia si dividesse? « Alla fine di questa storia, iniziata nel 1861, funestata dalla partecipazione a due guerre mondiali e a guerre coloniali di ogni tipo, dalla Libia all’Etiopia. E se domani...» Parole pesanti quelle di Beppe Grillo che in un post sul blog soffia sui venti di secessione. Dando la sua visione personale della storia d’Italia «percorsa da atti terroristici inauditi per una democrazia assistiti premurosamente dai servizi deviati (?) dello Stato». «Quale Stato?» si chiede il leader del Movimento 5 Stelle, piuttosto «un’arlecchinata di popoli, di lingue, di tradizioni che non ha più alcuna ragione di stare insieme». Per procedere con un paragone fortissimo, con la Bosnia, i cui «echi della sua guerra civile non si sono ancora spenti».

«E se domani i Veneti, i Friulani, i Triestini, i Siciliani, i Sardi, i Lombardi non sentissero più alcuna necessità di rimanere all’interno di un incubo dove la democrazia è scomparsa, un signore di novant’anni decide le sorti della Nazione e un imbarazzante venditore pentole si atteggia a presidente del Consiglio, massacrata di tasse, di burocrazia che ti spinge a fuggire all’estero o a suicidarti, senza sovranità monetaria, territoriale, fiscale, con le imprese che muoiono come mosche». Accuse pesantissime a tutto e a tutti come sempre, da Matteo Renzi al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Con l’invito, più o meno esplicito a dire basta a «questa Italia al Nord come al Sud». Perché così facendo, secondo Grillo, « ci sarebbe un effetto domino. Il castello di carte costruito su infinite leggi e istituzioni chiamato Italia scomparirebbe». E finirebbe il monopolio di Roma, «dei partiti autoreferenziali delle regioni che sono solo fumo negli occhi».