Mondo Parallelo

La vita mi scorre accanto e un attimo fa mi sembrava come impalpabile, quasi non potesse far parte di me. E se mi fermo a riflettere, è diversa da quella sognata e desiderata, quando ero bambino e divagavo con la fantasia: era come un richiamo lontano, senza mai incrociarne lo sguardo, come le cose che si inventano quando non si hanno. La vita, come gocce d'acqua, che ti fai bastare per dissetare la tua fantasia di bimbo, che magari ha tutto, ma gli sembra, lo stesso, che non sia mai sufficiente. Che pretende  in ogni momento, affetto, amore e carezze per dargli vigore, e offrire una briciola del suo sentimento. Che ha bisogno di poco per volare in alto. Un giocattolo, un aeroplanino, un soldatino di piombo, quelli di una volta, così belli, quasi reali nei lineamenti del volto dipinto. E mi facevo bastare ogni cosa, quasi rassegnato a non poter chiedere di più perché pensavo fosse un peccato, un’offesa, anche la minima pretesa. E adesso che sorrido a questi pensieri, non mi ribello; ho capito che la felicità è altrove, non la si può raggiungere con grandi pretese, nemmeno per forza; bastano piccole cose, come quando ero bambino e vedevo tutto con quegli occhi che in un bimbo esprimono semplicità, felicità di vivere ogni giorno come un gioco da scoprire, ogni volta diverso: ogni momento un soldatino di piombo che viene a farmi un saluto, col volto di tante persone care che mi sono vicine, e poi, quelle lontane che mi sorridono sempre quando alla mente affiora il loro dolce ricordo. E alla fine, quel soldatino, mi si siede accanto e mi dice: “Che aspetti, giochiamo!”. E io allungo la mano e non trovo che vento, come si fosse nascosto nella mia fantasia per farmi uno scherzo. E allora lo cerco disperatamente in tutto ciò che mi vive intorno, in quel fiore che mi dà colore, lì, sul davanzale, nel sorriso di un bambino, il mio sorriso, in un raggio di sole, nell'abbraccio di un amico, nel profumo dell'erba appena tagliata, nel tramonto che tinge di rosso l’azzurro del cielo. Poi, all'improvviso, forse perché sono stanco di aspettare o solo perché il richiamo del vento ora è più forte, quelle gocce di vita comincio a stringerle tra le mani, a farle di nuovo mie, a goderne la pienezza, a sentire che qualcosa sta cambiando anche se il soldatino non c’è più. Ma sento che la vita ora mi appartiene più di prima, perché la osservo con gli occhi del cuore che a quel bimbo ho rubato da quando ho capito che sempre lui mi chiama e con me vuole giocare, e con lui comincio allora a correre, a sorridere, a piangere quando cadendo mi ferisco un ginocchio; ma poi insieme ci consoliamo, ci rialziamo e ci ritroviamo a rincorrerci, a gridare, a perderci tra le onde del mare, e a toccare il cielo per fragli il solletico perché mandi giù un po' delle sue gocce di pioggia. E poi, di nuovo a gridare nel vento, per farlo arrabbiare, e, lui che soffia per farci volare! Sì allora mi accorgo che tutto appare sotto una nuova forma e tutto ha un senso, e non ho bisogno di inventarmi le emozioni, perché riesco a viverle ogni momento che passa. La vita mi ha sorpreso, certo, le gocce ora sono energia, pazzia, passione. Le gocce di vita, ora, mi scorrono nelle vene, sono parte di me, hanno un solo nome, il mio, quello del bimbo che gioca con me e con me sorride, un solo corpo, una sola luce. Forse la vita mi ha regalato un sogno e, finché vivo, non smetterò mai di dirle grazie per essersi ricordata di me!

Giov@nni