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BACK TO BLACK
He left no time to regret, kept his dick wet, same old safe bet. Me and my head high, and my tears dry, get on without my guy, you went back to what you knew, so far removed from all that we went through, and I tread a troubled track, my odds are stacked, I'll go back to back. We only said good bye with words, I died a hundred times, you go back to her and I go back to...I go back to us, I love you much; it's not enough, you love blow and I love puff, and life is a pipe, and I'me a tiny penny rolling up the walls inside. We only said good bye with words, I died a hundred times, you go back to her, and I go back to...
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S'I' FOSSE FOCO (SONETTO DI CECCO ANGIOLIERI)
SMILE: THE LIFE IS SO GOOD!
LOVE HER AGAIN (DAL CD "ALONE" DI G.M.)
THE SECRET (BY GIOV@NNI)
Messaggi di Marzo 2015
Una rana saltellava lieta tra i fossi, risaie e fresche foglie di ninfea, inseguendo un paio di ronzanti insetti volanti, arrivò balzo dopo balzo all’aia d’un cascinale. In un angolo discreto e riparato, la rana curiosa scoprì un pentolone. Saltò sull’orlo e vide che era pieno di acqua limpida e fresca. “Una magnifica piscina tutta per me!”, pensò. Si tuffò con una elegante piroetta e, alternando tutti gli stili di nuoto, in cui eccelleva, cominciò a sguazzare allegra e spensierata. Ma una mano distratta accese il fuoco sotto la pentola. L’acqua si riscaldò pian piano. Presto divenne tiepida. La rana trovò la situazione piacevole: “Di bene in meglio! La piscina è riscaldata” e continuò a nuotare. La temperatura cominciò a salire. L’acqua era calda, un po’ più calda di quanto piacesse alla rana, ma per il momento non se ne preoccupava più di tanto soprattutto perché il calore tendeva a stancarla e stordirla. L’acqua ora era davvero calda. La rana cominciò a trovarla sgradevole ma era talmente indebolita che sopportava, si sforzava di adattarsi e non fece nulla. La temperatura dell’acqua continuò a salire progressivamente, senza bruschi cambiamenti, fino al momento in cui la rana finì per cuocere e morire senza mai essersi tirata fuori dalla pentola. Immersa di colpo in una pentola d’acqua a cinquanta gradi, la stessa rana sarebbe schizzata fuori con un salto da record olimpico. Così, ciò di cui non ci si cura, ciò che viene lasciato all’abbandono deperisce, declina, si degrada, sia che si tratti d’un corpo, di un giardino, dell’organizzazione sociale, di un paese. Così abbrutita da un eccesso di stimoli sensoriali, la nostra coscienza si addormenta; satura di informazioni inutili la memoria si ottunde; privati di parametri non abbiamo più punti di riferimento stabili; asfissiati dal consumismo e dal superfluo i nostri ideali avvizziscono e muoiono. E… senza accorgercene, siamo cotti, l’acqua sta diventando pericolosamente… calda.
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Non vorrei essere un altro, un corpo diverso e altri pensieri un’intimità sconosciuta da non credere, né vorrei essere te, amica cara che mi stai leggendo, seppur conoscessi i tuoi pensieri ma non mi è dato di sapere il segreto che ti fa donna. Non vorrei essere diverso senza gli errori che ho commesso perché non potrei essere quello che sono. Non vorrei essere quell’uomo seduto sul ponte che guarda l’acqua bionda che scorre senza età o non quella pelle o quegli occhi perduti sui gabbiani che giocano il cibo. Vorrei essere un giocoliere che gira sulla giostra dei secoli e vive una vita che non sa, in una pelle che infeltrisce come un cappotto antico. Vorrei tornare da lontano dopo secoli di sogni; vorrei essere nella mia stanza a riposare, la tastiera del pianoforte tra le mani. Vorrei potermi appisolare senza fatica alcuna, in un attimo soltanto nella poltrona ove sempre siedo a meditare, coi capelli non troppo canuti dopo tutti quei secoli, tutte quelle persone, tutti quei sogni, tutti quei posti che non mi sono appartenuti.
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Si rannicchiarono dietro la porta doppia: due bambini con i cappotti a brandelli troppo piccoli per loro. "Ha dei giornali vecchi, signore?". Ero indaffarato, volevo rispondere di no, finché guardai i loro piedi: sandaletti leggeri, inzuppati dal nevischio. "Entrate e vi farò una tazza di cioccolata calda, ne ho giusto voglia per scaldarmi un poco la gola”. Non vi fu conversazione. I sandali fradici lasciarono impronte sulla piastra del caminetto. Servii loro cioccolata e pane tostato con marmellata per fortificarli contro il freddo esterno. Quindi tornai in cucina e ripresi i miei calcoli di cemento armato. Il silenzio nel soggiorno mi sorprese. Guardai dentro, la bambina teneva in mano la tazza vuota e la osservava. Il maschietto mi disse con voce incerta: "Signore, lei è ricco?". "Se sono ricco? Misericordia, no!". Guardai le consunte foderine del divano: non ho mai avuto voglia di cambiarle, pigrizia, certo, e poi la micia me le rovinerebbe subito se fossero nuove. Scuse, ma forse no, fatto sta che non ci avevo mai pensato, sì, non me lo sono mai chiesto, e poi non me ne importava poi tanto. La bambina rimise la tazza sul suo piattino con cura. "Le sue tazze sono intonate ai piattini" aveva osservato la bambina, con una voce vecchia, con una fame che non veniva dallo stomaco. Quindi se ne andarono, tenendo i pacchi dei giornali contro il vento, non avevano detto grazie, non ne avevano bisogno. Avevano fatto molto di più. Tazze e piattini di ceramica azzurra, non valevano poi tanto. Ma erano intonati. Diedi un'occhiata alle patate se erano cotte per farmi da contorno e mescolai il sugo per la pasta che stava bollendo allegra. Patate e sugo di pomodoro con basilico e peperoncino, un tetto sopra alla testa, un caminetto acceso, i crocchetti nel piattino per la micia. Anche queste cose erano intonate. Allontanai le sedie dal fuoco e misi in ordine il soggiorno. Le impronte fangose dei sandaletti erano ancora umide sul caminetto. Le lasciai lì: volevo che restassero lì, caso mai mi dimenticassi di nuovo… quanto sono ricco. |
Fuori il grido del freddo tra gli alberi, un respiro affannato di creature nella notte senza luna; battono insistentemente in lontananza strani rumori, solitudini attese di speranze aspettando un’alba che sembra non giungere mai, e forte soffia il vento, nidi sprangati, foglie scosse dai rami. Il gelo ha invaso le stanze del sole che senza calore più non sa riscaldare. E forte stringo nel cuore l'ultimo pensiero che ho per potermene andare sotto le stelle a sognare, mentre steccati trattengono gelide sensazioni e lontane canzoni scaldano labirinti dove mi perdo; deserto di sogni in cui le attese giacciono come sospese. Fisso gli occhi di chi incontro lungo la via, e, leggendo dentro il suo cuore, mi accorgo che reclama amore certo nella ricerca di un dolce tepore che vivrà col passare delle ore. Ed io mi stringerò a una foglia ingiallita per farla tornare ancor verde. Scaldandola al sole di aprile, nelle mie mani posata, guardando il volto velato della gente che incontro senza pensare, al color di quegli occhi; sono sicuro che per loro un'alba di sole sorgerà, un'alba di sogno, in un cielo più azzurro. Non importa, come, non so quando, ma andremo lontano dove il calore abbraccerà i desideri di tutti perché dentro di noi ritorni quel sentimento comune per continuare a camminare insieme. Abbracciati tutti lasceremo impronte sulla terra nuda, bagnata di odio; stringerò la mano piagata con la forza di non lasciarla, custodendo per sempre un calore che, al pari del mio, trasmette ogni cuore. Così, senza raccogliere perle di pianto sulle nostre ciglia ormai chiuse, nei giardini del vento cadute.
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Bolle di suoni ricamano l'invisibile tela della notte. "Dov'è andata?", mi chiedo, quasi di colpo l’avessi perduta in un cielo infinito. “Magari è nascosta”, ribatte qualcuno mentre un goccio di caldo miele viene assaggiato dalla morbida mollica della mia mente. La lancetta dei secondi finge di nascondersi, e silenziosamente il mio sorriso s'incammina tra radure di paesaggi distanti. Uno spicchio di luce riflette la scia di un treno che fuma lacrime di cielo. I ragni tra le loro tele smettono di tessere i vestiti strappati al presente. Rimbocco le coperte del raffreddato pensiero e con un dito leggero, prima che s’addormenti, offro un'ultima carezza alla sua pelle rinsecchita dai fumi di mille ricordi, e li lascio lì, per vederli ondeggiare, come panni stesi ad asciugare al vento nei giorni di sole.
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INFO
L'IGNORANZA E' MENO ODIOSA DELLA PRESUNZIONE
NON FARE DEL BENE SE NON ACCETTI L'INGRATITUDINE
CI VUOLE TUTTA UNA VITA PER IMPARARE A VIVERE
LA FELICITA' E' FATTA DI POCHI ISTANTI
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INCONTRIAMO IL DESTINO SULLA VIA PER EVITARLO
L'amicizia: gli amici ti aiutano, i conoscenti ti salutano!
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A VOLTE UN PO' DI SOLITUDINE CI FA STARE BENE
Chissà perchè certe donne e certi uomini non cambiano mai! Com'è squallida l'umanità, e io ne faccio parte!
RONDINI (DAL CD "TIME OFF" DI G.M.)
Volano, come rondini volano
poi nel cielo scompaiono
i miei sogni così.
Tornano come rondini tornano
anche se non vorrei...
I miei sogni così.
Chi non ama ricordi non ha...
sempre solo restare dovrà...
Una vita vissuta così...
non vorrei...non vorrei.
Meglio ridere e piangere se...
se l’amore ora viene ora va...
fa soffrire, ma è meglio così:
solo non sarai...no mai!
I ricordi verranno da te
come gocce di pioggia...
cadranno giù...
dai tuoi occhi dal cuore e poi tu,
sognerai... Di tornar tra le braccia di chi... se ne andò..
senza dirti nemmeno perché...
Sognerai... Di fermare quel bacio... così,
che hai rubato alle labbra di chi...mai t’amò... mai t’amò.
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Alcuni si ricordano dell'educazione
solo quando la pretendono dagli altri
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FELICITÀ
Non parlate della vostra felicità a chi è meno felice di voi.
La felicità è come la febbre poichè tutti ci sono intorno per farcela passare.
SCENDI! (A SONG BY GIOV@NNI)
TURBOLENZE D'ONDE
Senza il tuo consenso nessuno potrà mai farti sentire inferiore.
POLVERE DI STELLE SULLE MANI
Io sono più importante dei miei problemi.
COME SPIGHE DI GRANO
Il falso amico è come l'ombra che ci segue finché dura il sole
Inviato da: virgola_df
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Inviato da: menegi53
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il 08/01/2019 alle 14:46
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