Mondo Parallelo

Tutta quella città, non si riusciva a vederne la fine. Ma dove era poi, e, c’era davvero la fine? E, si potrebbe vedere davvero, la fine? Era tutto molto bello su quella scaletta, e io ero grande, e mi alzavo per apparire ancora più grande, e non avevo dubbi, che poi sarei sceso, perché quella scaletta che finiva nel cielo sopra le nubi, coi suoi scalini interminabili, non era un problema, solo che bisognava stare attenti a non cadere e bisognava avere pazienza perché i gradini sembravano non avere mai fine. Non è quello che vidi che mi fermò, da sopra la cima di quelle nuvole bianche, col sole che mi bruciava il viso, è quello che non vidi. Certo, quello che non vidi! Di sotto, in tutta quella sterminata città, c'era tutto tranne la fine! Ma perché? Ero io che non riuscivo a vedere? Ero in un punto sbagliato del cielo, oppure, sì, non esisteva la fine? C'era tutto. Ma non c'era una fine. Quello che non vidi è dove finiva tutto quello: la fine del mondo. Se penso a un pianoforte, ecco, i tasti iniziano no? I tasti finiscono! Sono 88 e su questo nessuno può darmi torto e negarlo. Non sono infiniti loro. E penso che io, invece, con la mia ombra che adesso mi si staglia davanti, sono infinito, io che suono una tastiera di piano, e sono qui al culmine di questa scaletta sul tetto del cielo. E dentro di me, premendo su quegli 88 tasti, la musica che posso fare è infinita. Questo a me piace. In questo posso anche rinascere, magari rivivere, vivere di immensità, e di azzurro, e di rosso, i colori che vedo qui, seduto a suonare sula pedana d’una nuvola rosa, dopo l’ultimo gradino di questa scala al cielo appoggiata. E poi penso che, se io salissi ad occhi chiusi, di nuovo, su questa scaletta e davanti a me si srotolasse una tastiera di milioni di tasti, proprio così, che non finiscono mai, quella tastiera... è infinita! Ma, se quella tastiera è infinita, allora su quella tastiera non c'è musica che posso suonare! Oppure sono seduto sul seggiolino sbagliato, ecco. E questo è il pianoforte su cui suona la mia anima, l'altro me stesso che è dentro di me! Caspita, mi chiedo: “Ma, non vedevi le strade?”. Sì, soltanto le strade, non ti sei accorto che ce n'erano a migliaia?”. E chissà come fanno gli altri laggiù a sceglierne una, se io da qui non sono capace di orientarmi, e poi, come fanno a scegliere una donna, una casa, una terra bagnata dal mare, un paesaggio da guardare, un modo di morire, come fanno? Tutto quel mondo che ti si attacca addosso e nemmeno sai dove finisce e quanto ce n'è! Ho quasi paura di finire in mille pezzi solo a pensare a questa enormità! Solo a pensarla, soltanto a respirarla, a viverla! Io sono nato in quella città laggiù sotto le nubi e anche qui il mondo passa. Suono nella mia mente, la mia felicità su una tastiera che non è infinita.  Io ho imparato a vivere in questo modo. La terra, da qui in alto, sul gradino di questa scaletta che s’innalza nel cielo, è una nave troppo grande eppure troppo piccola per me. È come una donna troppo bella, un viaggio troppo lungo, un profumo troppo forte, una musica che non so suonare. Non scenderò dal mio sogno. Al massimo, posso scendere dalla mia fantasia. Frammenti di cielo scivolano nell'abisso della anima nel tascapane del tempo. Ali di poesia s'infrangono sulle leggere note di un giorno come questo, uno come tanti, nella mia città infinita. Una cascata di danza soffoca le mie parole strappando i sensi mentre asciugo una lacrima con una corda spezzata. E’ la mia commozione per averla rubata al cielo lassù nella musica dolce che lui adesso... m’ha ispirata. (D. Boodman)

Giov@nni