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girovago

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Intervista a Saramago

Post n°15 pubblicato il 02 Maggio 2008 da fuoriii
 

Sergio Buonadonna


Dalla sua casa di Lanzarote lo scrittore Premio Nobel dice:
«L’Inferno è qui» Colui che con i suoi romanzi ci ha fatto chiedere
perché pensiamo quello che pensiamo, chi sono gli altri, chi siamo noi
stessi.

Saramago ci attende nel grande studio della Biblioteca di ventiduemila
volumi che ha donato a Lanzarote e che è frequentatissima soprattutto
dai giovani e dai bambini delle scuole che ne sono appena usciti
lasciando sui tavoli di vetro una scia di cioccolato.

Il maestro sta lavorando al computer alla sua nuova creazione
letteraria. È reduce da una brutta polmonite, ha dovuto cancellare
inviti per il mondo, ma è concentratissimo e come sempre – anche se
smagrito – elegante e ironico.

Saramago continua a guardare il mondo dal rifugio di Tias: la grande
casa bianca, A Casa, dove vive con Pilar, la figlia Violante, i
cognati, gli amati cani e la Biblioteca distante pochi metri. Tutto
immerso nel bianco e nel verde di questo villaggio che domina dall’alto
Puerto Carmen e le sue spiagge vulcaniche, nel sole e nel silenzio
appena violato dal calima, il vento dell’isola che lo tiene lontano dal
matrigno Portogallo, da cui si autoesiliò quindici anni fa.

Come è cambiata Lanzarote da allora?

«L’isola mantiene il suo incanto e i tratti di un passato rurale e
bucolico, ma il turismo l’ha cambiata molto e con l’avvento dell’euro
si sono concentrati qui molti capitali investiti nella speculazione
edilizia. Le nuove urbanizzazioni hanno avuto uno sviluppo vertiginoso
e dove c’è edilizia c’è corruzione. E le licenze rilasciate sono
davvero troppe. L’isola è mutata straordinariamente soprattutto nel
sud, a Playa Blanca, dove è stato costruito un albergo di dieci piani
assolutamente illegale, e che spero presto venga demolito. Almeno con
le lotte degli ambientalisti, della Fundación Cesar Manrique e nostre
si è ottenuto di non costruire oltre i due piani, gli alberghi e le
abitazioni mantengono le caratteristiche di sempre, e niente cartelloni
pubblicitari nella strade che creano danno al paesaggio e all’ambiente».

Cosa sta scrivendo e qual è il tema del prossimo romanzo?

«È un racconto, si chiama “Il viaggio dell’elefante”, una metafora
naturalmente dove si narra di un elefante che va da una città all’altra
e nel suo viaggio molto lavorerà l’immaginazione ma per ora non posso
dire di più. Lo finirò tra maggio e giugno, uscirà in autunno».

È vero che i suoi romanzi nascono insieme al titolo?

«Bormalmente sì perchè quando mi si presenta yb’idea per un libro ho già in testa il titolo».

E se l’editore volesse cambiarlo?

«Non lo permetterei mai, i titoli li scelgo io».

Lei ha cominciato a scrivere in età avanzata.

«In realtà ho cominciato nel 1947 quando avevo 25 anni, ma fu un
romanzo che non aveva grandissimo interesse. Poi ne avevo scritto un
altro “Claraboya”, una storia molto curiosa che non ho quasi mai
raccontato. Un amico lo aveva dato ad un editore ma non ne seppi più
nulla. Pensavo si fosse perduto».

Invece?

«Invece quando ho vinto il Nobel quell’editore mi chiamò dicendo di
averlo ritrovato rimettendo in ordine gli archivi. Quando si dice il
caso! E mi propose di pubblicarlo. Naturalmente rifiutai dicendogli:
doveva pensarci quarant’anni fa. Me lo feci restituire e lo tengo in
casa. Finché sarò vivo non sarà mai pubblicato. Se dopo la mia morte
Pilar vorrà renderlo noto come testimonianza e per dare una visione
completa della mia opera, faccia pure».

La scrittura nasce sempre su un fondo autobiografico?

«No. La vita di ognuno non riveste così grande interesse, compito
dellac finzione letteraria è aggiungere vita alla vita. Quando Tolstoj
creò la figura di Nataša, ben altro succedeva nel mondo ma è quel
personaggio ad occupare la nostra immaginazione, ed un posto che alla
vita stava mancando, come è stato prima per Don Quijote, poi per Madame
Bovary, per Josef K. di Kafka, al punto che noi non possiamo immaginare
un mondo senza Don Quijote. Se Cervantes non lo avesse scritto».

Ma anche Saramago ha scritto cose che nessun altro mai.

«Può darsi. Nella storia che sto scrivendo, per esempio, introduco idee
e dubbi per aggiungere spero nuovi elementi di conoscenza, creando uno
spazio letterario in cui tutto confluisce, la filosofia, la scienza, i
luoghi della riflessione, i modi in cui stiamo cambiando e come tutto
ciò stia attraversando l’uomo d’oggi».

Come vede lo spettacolo del mondo?

«Stranissimo. Vedo Papa Ratzinger ripristinare l’Inferno che Papa
Wojtyla aveva dichiarato non esistere. Io direi a Ratzinger che non
esiste un Inferno peggiore del mondo, ché è il vero luogo di
sofferenza, di tortura, di fame, un posto orribile. E a nome di milioni
di persone africane, asiatiche e americane che soffrono l’indicibile,
dico che lo spettacolo del mondo è esageratamente deprimente e l’Uomo è
la figura dell’orrore. Nessuno parla più della fame nel mondo. Abbiamo
pastiglie per curare ogni male ma queste medicine non arrivano in
Africa. Io ho reputazione di pessimista scettico ma francamente il
mondo non mi da motivo di essere altro. Anzi credo che se l’Universo
fosse consapevole della nostra esistenza e ricevesse un giorno la
notizia che la Terra si è spenta, ne trarrebbe sollievo. Si sarebbe
liberato da un incubo».

In «Saggio sulla lucidità» lei rivolge uno sguardo critico sulla
apatia, il consumismo, la spersonalizzazione e denuncia la
antidemocraticità della democrazia. Nel frattempo la situazione è
peggiorata?

«Sta peggiorando, l’economia precipita, la gente ha perso il controllo
della finanza, anzi ne è estromessa. Non escluderei una crisi come
quella degli anni Trenta del ‘900, ci stiamo incagliando come allora
prigionieri del dominio del petrolio e del suo prezzo fuori controllo.
Mi preoccupa che nessuno indica una via d’uscita e non è detto che una
futura prosperità debba avvenire nel segno del capitalismo».

La democrazia è irrimediabilmente malata?

«Era già moribonda prima dell’arrivo del capitalismo, da Marx in poi si
può dire che il capitalismo sia anteriore alla formazione di un’idea
democratica coerente. L’Italia sta andando al voto e probabilmente
vincerà Berlusconi. Allora mi domando come potremmo parlare di
democrazia, in Italia o in qualunque altro paese del mondo, se si torna
a premiare chi ha già dato dimostrazione della sua concezione del
potere? Non so se Veltroni ha possibilità di vincere, ma il vero
problema è se vince la democrazia e finora abbiamo visto che non è
stato così. Dentro questa democrazia malata corruzione e mafia,
delinquenza e insicurezza prosperano».

Lei ha detto che nel mondo contemporaneo la coscienza etica è morta, vive soltanto la coscienza cinica?

«Sì, certamente, è la dimostrazione massima dell’egoismo personale di
chi si preoccupa di avere più potere, più influenza e passare con
disinvoltura sopra le ragioni morali e il rispetto dei diritti umani.
Questa è la coscienza cinica. Il nostro è un tempo in cui sembrano
sparite le menti capaci di pensare e produrre grandi idee. Crescono
generazioni colme di indifferenza e di egoismo, prosperano le sette
religiose, non siamo mai stati così distanti da Dio come adesso. La
società globale è come la rappresentazione di un campionato di calcio
dove non ci sono più uomini che stanno praticando uno sport ma uomini
nemici uno all’altro, capaci anche di uccidere. La squadra avversaria è
il nemico così come lo sono il cristianesimo e l’islamismo. La rivalità
in Spagna tra il Real Madrid e il Barça è quasi infantile, e lo stesso
immagino in Italia. Tutto è grottesco, violento, irrazionale».

Chi sono gli autori che più hanno contato per lei?

«Sicuramente Cervantes e Kafka, due scrittori di importanza enorme,
nella mia vita e nella mia opera. Considero Kafka il più grande autore
del Novecento senza ignorare l’eccezionale importanza che ha avuto
Proust. Ma se noi pensiamo alle conseguenze descritte nel mondo di
Kafka ecco che ci troviamo esattamente al giorno d’oggi. Questa è la
sua grandezza».

I libri che meglio hanno rappresentato Saramago?

«I due che considero molto chiari nella loro totalità - “Saggio sulla
lucidità” e “L’intermittenza della morte” - sono questa società, gli
altri credo abbiano contribuito a farla comprendere e a rifletterci su».

E la memoria?

«È la sentinella imprescindibile della storia, il mezzo con cui il
drammaturgo tiene insieme gli uomini. Per non dimenticare Auschwitz, il
Chiapas, Sarajevo, Nagasaki, i troppi equivoci, i troppi massacri».(09
aprile 2008)


http://espresso.repubblica.it/dettaglio-local/Saramago:-l-Italia-una-democrazia-malata/2014650


 
 
 
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