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Post N° 2

Post n°2 pubblicato il 27 Agosto 2007 da segreto53
 

Non siamo esperti in interpretazione di fenomeni di comportamenti di massa, tuttavia vogliamo osservare come la capacità di percezione in situazioni sostanzialmente simili sia poi differente.

Il disastro ambientale prodotto dalla natura nel sud-est asiatico, così come quelli prodotti dall’uomo il 10 luglio del 1976 a Seveso o il 26 aprile del 1986 a Chernobyl, per ricordarne alcuni più prossimi a noi, sta provocando le stesse reazioni che ci coinvolsero nel 76 o nell’86 a tutti i livelli: personali, professionali, imprenditoriali e istituzionali. La gara di solidarietà e di partecipazione sincera al destino di tanti esseri umani e il desiderio di fare qualcosa, qualunque cosa, in questi tremendi giorni ci spinge a sperare che solo una sparuta minoranza dell’umanità presenta un cinismo e un’indifferenza atroci. Ma è proprio così? O forse è più agevole, più facile, più comodo guardare più in là, più lontano da noi.

Dopo Seveso un altro disastro ambientale è stato sancito ma sul nostro territorio casertano, nella città capoluogo: l’attività estrattiva, ci ricordano i magistrati, ha prodotto oltre ad una serie di reati (associazione a delinquere, falsità ideologica, abuso d’ufficio, truffa ai danni dello Stato, abuso edilizio, omissioni di atti d’ufficio) anche disastro ambientale, distruzione di bellezze naturali, emissione in atmosfera di sostanze inquinanti.

Dopo Seveso Caserta. Eppure le oltre 600 cave presenti in provincia, un danno economico difficilmente valutabile, una situazione ambientale che nel pianeta trova termini di paragone solamente in alcune zone minerarie del Brasile e dell’Australia non ha avuto lo stesso livello di reazione che ci si poteva aspettare, soprattutto da parte delle istituzioni e da quei decisori politici che avevano ed hanno la responsabilità di prevenire ieri e di prospettare soluzioni adeguate oggi, tali da coniugare ambiente e occupazione, qualità della vita e salvaguardia dell’ecosistema. Sembra quasi banale ma non è così. Il Consiglio Regionale, in ordine al Piano Regionale delle Attività Estrattive che si aspetta dal 1986, dopo l’Operazione Olimpo del 3 dicembre u.s. anziché dare un’immediata risposta approvando il Piano decide di rinviare un’eventuale decisione a gennaio, chiudono l’assemblea e se ne vanno in vacanza premio. Le strutture regionali (assessorato e settore cave), cui ricadono gran parte dell’onere amministrativo su tutta la vicenda casertana e che risulterà centrale aldilà dell'esito penale in corso, non solo non hanno assunto alcun provvedimento in ordine alle revoche delle autorizzazioni (peraltro sollecitate dagli ambientalisti), ma non hanno ritenuto neanche di commissariare il verminaio che è il Genio Civile di Caserta. La provincia incredibilmente sostiene che non c’entra. Il sindaco di Caserta dichiara che si dispiace e, come giunta, non assume, insieme con un suo assessore coinvolto (di cui si è chiesto le dimissioni), alcun provvedimento. Il Consiglio Comunale di Caserta, solo dopo due settimane dall’operazione Olimpo, approva un semplice ordine del giorno nel quale, eludendo le conclusioni della magistratura e le richieste della città, decide di istituire un tavolo per discutere la cosa.

Si sente un’atmosfera in città che è molto simile a quella che si respirava ai tempi di tangentopoli casertana, nel 1993. A quei tempi (sembrano passati secoli) una parte significativa della città (ma che non ha superato in voti il 32%!) si organizzava e richiedeva pulizia, onestà e rinnovamento, trascinando con sé i partiti che avevano perso qualunque credibilità e governarono Caserta con l’intento di rimarginare una ferita morale, materiale, economica e finanziaria. Da tempo i partiti hanno ripreso il primato che il nostro ordinamento gli affida, ma sono stati incapaci di realizzare quella saldatura fra la società civile e il mondo della politica. La vicenda cave così come il Macrico, dimostrano purtroppo drammaticamente quanto siano distanti le esigenze di uno sviluppo che guardi al futuro. Tali esigenze sono oggi rappresentate da quanti richiedono l'istituzione del Parco Urbano dei Monti Tifatini e chi nel Palazzo, ritiene furbescamente, invece, di proporre false soluzioni nella speranza di far passare la buriana e ricominciare da dove avevano lasciato. Altri, invece, allontanando le proprie responsabilità, sia pure di minoranza, invocano piani che, per propria natura e non per i limiti del PRAE, poco o nulla hanno a che vedere con una soluzione alla questione cave e territorio che deve venire dall’interno della città. Appare, dunque, difficile recuperare ma abbiamo il dovere (anche se no ne abbiamo voglia) nei confronti dei giovani di essere ottimisti e di guardare con fiducia al futuro ed è solo per questo che auguriamo ai decisori politici di questa città un buon anno.

Caserta, 30 dicembre 2004

Giuseppe Messina – Comitato Scientifico di Legambiente

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