Creato da variazionegoldberg il 28/01/2008
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Vaticano e omosessuali

Post n°59 pubblicato il 02 Dicembre 2008 da variazionegoldberg

Ma è vero o è un'invenzione giornalistica? mi sono domandato quando ho letto che il Vaticano non ha aderito alla proposta francese all'ONU di depenalizzare l'omosessualità. Depenalizzare significa che l'omosessualità non rappresenta più un reato punibile con una sanzione penale (in senso tecnico, può continuare ad essere considerata un illecito e ad essere sanzionata con sanzioni amministrative, ad esempio la "multa").
Che l'omosessualità costituisca un reato vuol dire che viene sanzionata in maniera molto più pesante (reclusione, a volte addirittura la pena di morte).
Mi sembra che il Vaticano voglia schierarsi dalla parte di una enorme ingiustizia, percepita come tale direi dalla totalità del mondo democratico, per paura di una conseguenza del tutto teorica, e senza dubbio non così strettamente conseguente all'approvazione della proposta francese all'ONU (fare in modo che l'omosessualità non sia considerata un reato è cosa ben diversa dall'ammettere le unioni omosessuali, e non si vede quale legame logico unisca le due situazioni).
E' comprensibile che il Vaticano voglia difendere le frontiere della propria dottrina, ma a costo di ammettere il carcere o addirittura la morte a causa dell'orientamento sessuale mi pare, come minimo, una posizione delirante; o una posizione che denuncia che la "difesa del fortino" ormai è molto più importante dell'affermazione di valori che non sono affatto diversi da quelli che dovrebbe affermare la stessa Chiesa cattolica.

 
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Il karma del Gorilla

Post n°58 pubblicato il 12 Novembre 2008 da variazionegoldberg

L'ho divorato, come tutti i noir di Sandrone Dazieri; mi pare che questo sia l'ultimo della serie del Gorilla, e devo dire che si sente. Sarà che i caratteri del personaggio spesso sono talmente prepotenti nell'economica della narrazione, tratteggiati con il contorno nero come in certi quadri di Rouault, da diventare ormai scontati alla quarta o alla quinta avventura; sarà che la "soggettiva", la narrazione in prima persona, stringe il fuoco sul protagonista che è anche il narratore. E' un Gorilla quasi di maniera, quello che rincorre una persona ed una storia intessute di rapporti e sentimenti radicati nel passato movimentista. Anzi, i due Gorilla sono sempre troppo funzionali allo sviluppo della storia; mi domandavo, mentre leggevo: ma possibile che non appaia mai il Gorilla sbagliato nel momento sbagliato?
La linea del racconto, poi, per alcuni tratti è abbastanza confusa, tanto confusa da non consentire (almeno a me, probabilmente non sono riuscito a coglierlo) di comprendere cosa ci facessero i servizi segreti, se non in quanto collegati con una vicenda che appare, a dir poco, collaterale, ma che avrà un peso del tutto sproporzionato, eccessivo, nella vicenda.
Il folto sottobosco di collaboratori, fiancheggiatori, personaggi che emergono dal passato è forse un po' troppo folto, quasi da fumetto: quando c'è bisogno di un'informazione particolare, di un servizio di un certo tipo, appare il personaggio che serve.
Il finale è imprevedibile, tanto imprevedibile da apparire una forzatura: e l'imprevedibilità, ma anche la forzatura, sono date dal fatto che il collegamento fra il colpevole e l'indizio è assolutamente tenue e sfuggente, oltre al fatto che sfuggono i "moventi".
Insomma, come sempre godibile, ma aspetto il prossimo.

 
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La tenerezza dei lupi

Post n°57 pubblicato il 02 Novembre 2008 da variazionegoldberg

Bisognerebbe chiedere a Stef Penney il perchè di questo titolo: i lupi non c'entrano nulla, se non per una presenza costante ma discreta, per nulla invadente, lungo tutti i faticosi viaggi a piedi dei protagonisti; o per un attributo che viene assegnato a una dei personaggi.
E' un romanzo che ha del noir tradizionale lo schema fondamentale: viene commesso un delitto in una comunità del Canada, poco dopo il 1850. Poche famiglie, la caccia e la cattura di animali da pelliccia come fondamentale occupazione, una Compagnia che organizza e gestisce tutte le attività, compresa quella giudiziaria.
Scompare un giovane, che abitava vicino alla vittima e ne era amico, e ovviamente viene sospettato.
Le sue tracce, insieme a quelle di un altro misterioso personaggio, conducono verso un isolatissimo villaggio, al quale il giovane giunge stremato.
Verrà seguito prima da uomini della Compagnia, che dovevano indagare sull'omicidio, quindi dalla madre accompagnata da un mezzosangue sospettato di essere l'omicida.
In realtà, è un romanzo che non ha il passo e il ritmo del noir, piuttosto ricorda il primo Cormack McCarthy, quello di Oltre il confine o cavalli selvaggi; a volte ha il passo regolare ma per nulla urgente dei lunghi tragitti invernali dei cacciatori di pelli, che tracciano le vie lungo le quali anche i protagonisti si avventurano.
Sul paesaggio completamente bianco di neve i personaggi disegnano con pochi tratti i loro caratteri. Bisogna dire che le donne appaiono davvero ben costruire, sfaccettate, sfumate, tonali, mentre gli uomini sono di materia un po' più grossolana.
Una di loro è la voce che si alterna in soggettiva alla narrazione in terza persona, fornendo una prospettiva personale, a volte intima, alla vicenda.
Particolare è l'uso del presente: tutti i protagonisti agiscono in una serie di fotogrammi che si susseguono, e appunto questa modalità narrativa fa già pensare ad una sceneggiatura, anche se non serve a rendere più "urgente", immediata e partecipata la vicenda.
Non mi stupirei se ne facessero un film, come ormai accade molto frequentemente.
Non ho capito, senz'altro per un mio limite, la funzione di una vicenda che viene collocata un po' sullo sfondo, ma poi diventa prepotentemente attuale verso la fine, anche se rimane del tutto collaterale rispetto alla narrazione e, almeno all'inizio, pareva avere la sola funzione di introdurre un personaggio e magari dare una coloritura di mistero a quella monotona, piccola comunità.
In questo ambiente rarefatto, di poche persone, pochi colori oltre al bianco della neve, risalta la capacità di cogliere il gesto, la sfumatura di quanto non viene detto fra i personaggi, più che quanto viene espresso nelle conversazioni.
Diciamo infine che poteva magari accorciarlo di un centocinquanta pagine (ne è 450) e nessuno si sarebbe lamentato.
Ha vinto un importante premio letterario, come viene ricordato dall'immancabile fascetta che sadicamente strappo appena fuori dalla libreria.

 
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Passioni tristi

Post n°56 pubblicato il 19 Ottobre 2008 da variazionegoldberg

Ho letto un rapido libretto interessante: "L'epoca delle passioni tristi", di Benasayag e Schmit, due psichiatri francesi che nel titolo riprendono un frase di Spinoza.
Le passioni tristi sono quelle utili, le scelte che procedono da una valutazione di quello che ci potrà difendere da un futuro minaccioso.
Non è il momento di cambiare radicalmente prospettiva ? Fin dal liceo ho sostenuto la necessità di assecondare le passioni, contro la concezione chimica dell'uomo e della cultura che si è affermata nelle nostre scuole (un 30 % di italiano, 25 % di matematica, e poi via via le percentuali della storia, della geografia...). Beh, certo mi avrebbe fatto comodo, eliminare quel po' di matematica che mi era costata un mese abbondante di lavoro in fabbrica e le lezioni private, quando ero distrutto per avere sollevato e spostato quantità di lavandini, bidet e water delle marche più prestigiose. E poi magari avrei ridotto anche il greco, di cui mi piaceva quasi tutto, eccetto le faticose versioni (rimandato anche lì, per un anno, e vai con la movimentazione merci....).
In fondo, sostenevo e sostengo ancora, l'uomo e la sua cultura sono una casa con tantissime porte, è sufficiente sceglierne una ed entrare, per iniziare a costruire un percorso che assecondi la curiosità, l'interesse, la passione.
Cosa possiamo avere da perdere, a questo punto, nel modificare le prospettive culturali di chi a scuola ci va ancora ?
Che scegliere sempre l'utile non sia dilettevole, è evidente; ma può diventare anche pericoloso e minaccioso, più ancora di quel futuro da cui tentiamo di difenderci, quando costituisce il criterio con cui ci avviciniamo alle persone e alla vita: pericolo e minaccia di allontanarci dall'umano, considerando secondo i costi e benefici le persone e le scelte di vita, inondando di passioni, invece, proprio gli oggetti che dovrebbero essere valutati secondo la loro utilità.
Insomma: ciascuno scelga le materie da seguire, perchè se si parte dalla ceramica si arriva, volendo, a Picasso; se si parte dal cinema si arriva alla fotografia, alla musica, al teatro. Non dobbiamo essere felici ? E le passioni non rappresentano una buona dose di felicità, quando sono veramente tali ?
Quasi quasi lo scrivo alla Gelmini.....che sia il momento buono ?

 
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Guccini

Post n°55 pubblicato il 11 Ottobre 2008 da variazionegoldberg

Ieri sera sono andato a vedere l'ennesimo concerto di Guccini al palazzetto. Non mi aspettavo tanta gente. Ci siamo seduti nelle gradinate laterali, fredde da colite. Dopo qualche canzone l'amica che era con me ha cominciato a dimenarsi e a ballare. Confesso di essermi sentito in imbarazzo: era l'unica che si alzava in piedi e si agitava in quel modo, ed è saltata fuori la mia propensione ad evitare qualsiasi occasione di esibizione, ad assuere il colore e le strisce della tapezzeria pur di passare inosservato. Insomma, come l'amico di Napoli a militare, pensavo fra me "terra 'nghiotteme". Ero rigido come un baccalà. Circumnavigata Dio è morto, superato il vecchio e il bambino (ballava anche lì.....), siamo arrivati all'apotelosi de la locomotiva. Io, entusiasta, battevo ritmicamente la punta del piede sinistro, attento a non fare troppo rumore per non disturbare. Terminato il concerto mi dice che quello era nulla, avrei dovuto vederla con Biagio Antonacci...BIAGIO ANTONACCI!!!!!!????? Immagino....un po' come la lap dance con sottofondo di Claudio Villa..... O le Oba Oba che ballano al ritmo dei madrigali....

E poi non stupiamoci, se capita di leggere sul giornale che al Regio, durante un quartetto per archi di Haydin, quelli della platea si sono messi a pogare......

 
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Razzismo e stupidità

Post n°54 pubblicato il 03 Ottobre 2008 da variazionegoldberg

Difficile dire dove finisca l'uno e inizi l'altra. Probabilmente il primo non esisterebbe se non fosse rinforzato da una decisiva dose della seconda. Quello che è successo a Parma, la mia città, e che tutti i giornali hanno riportato è riconducibile ad entrambi i fenomeni, ma ancora di più ad una visione generale della convivenza civile (sempre che di convivenza si tratti).

Mi pare evidente che sulla sicurezza sia in atto una disputa ben più articolata e profonda di quanto sia possibile comprendere dalla narrazione dei singoli episodi, di volta in volta, di violenza, intolleranza, razzismo e criminalità. Nelle dinamiche di potere "esserci" vuole dire contare e pesare; vuol dire influire nelle decisioni. Allora a livello ministeriale è logico che la Difesa rivendichi una presenza "nelle strade", in mezzo alla gente, perchè altrimenti le Forze Armate non ci sarebbero, o meglio, avrebbero un impiego talmente limitato (le cosiddette missioni all'estero) da divenire irrilevanti per la politica interna.

Dall'altra parte, gli Interni rivendicano la titolarità delle funzioni in materia di sicurezza, oltre che ovviamente un ruolo di coordinamento dei poveri militari messi a guardia di non si sa che cosa (tra l'altro, mica li mandano allo Zen o a Scampia o a qualche Tor intorno a Roma.....stanno a guardia in pratica di nulla, di "obiettivi" che non sono tali o sono già sufficientemente sorvegliati).

In questa confusione, le Polizie Municipali ambiscono ormai da anni, almeno per una parte, a diventare vere e proprie polizie locali, armate e con funzioni di ordine pubblico


Cosa è successo a Parma ? Si sussurra, dall'interno del Comune e della Polizia Municipale, che siano stati assunti da qualche tempo soggetti "esaltati", che (si dice) pensano di far parte delle forze speciali e ritengono si debba "fare pulizia".
Dall'altra parte, sorprendono dichiarazioni di assessori che ritengono che contro quelli che eccedono e sbagliano non si possa fare quasi nulla (cavilli, solo procedimenti disciplinari e non il licenziamento....come se il procedimento disciplinare non potesse condurre, nei casi più gravi, proprio al licenziamento).
Qualcuno potrebbe sospettare che un manipolo di esaltati, strettamente legati all'indirizzo politico (pare si tratti di personale a tempo determinato, che o "riga dritto" o se ne sta a casa), abbiano costituito ormai un nucleo di pretoriani al servizio di una concezione di ordine pubblico, che prevede come normale l'uso della violenza.
La cosa più sconcertante è la reazione della gente: non si può più parlare di diritti con nessuno, ti guardano male se dici che anche il pusher aveva il diritto di non essere picchiato. Pare che i cittadini siano stanchi di distinguere, di discutere: purchè ci sia qualcuno che finalmente dica, come il grande babbo che sono stati prima il fascismo e poi la balena bianca, non preoccupatevi ci penso io.
 
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Finalmente il riposo

Post n°53 pubblicato il 28 Giugno 2008 da variazionegoldberg

Con quaranta gradi all’ombra, dimenticati gli acquazzoni delle ultime settimane, mi precipito in stazione lasciando a metà un paio di questioni non di secondaria importanza: perdo l’intercity per una volta puntuale, becco al volo l’interregionale per Bologna.
Scendo al volo mi faccio inghiottire dal sottopassaggio e riemergo mentre l’eurostar per Roma sta chiudendo le porte: blocco col metatarso la chiusura di uno sportello, infilo la borsa del computer e faccio leva con il trolley. Non mi curo dei frammenti di ossa, pelle e unghie che rimangono sul marciapiede della stazione e cerco il mio posto, sudato davvero, sull’eurostar.
Niente tritapalle, per favore, prego fra me e me: metto la valigia sul portapacchi e mi siedo.
Dopo due minuti quello di fianco a me verso il finestrino deve uscire. Con le mani aperte da palmipede trattengo ipod, due libri, un quotidiano e il portatile, mi alzo e lo lascio uscire.
Mi risiedo, ma dopo mezzo capitolo del libro il vicino ritorna: mi rialzo e lo lascio passare.
Trascorrono dieci minuti e di nuovo si alza: o soffre di prostata e deve pisciare ogni cinque minuti, o è morso dall’inquietudine e dal male di vivere (in realtà sembra unodddderoma che vuole andare a fare due chiacchiere col suo amico nell’altro scompartimento).
Insomma, arrivo a Roma, dove mi attende lei: agriturismo, aspettaci, arriviamo.
Scopro, dopo i primi chilometri di raccordo intasato, che andiamo in Toscana; ma che bello, certo, non è vicinissimo.
Insomma, me ne torno verso casa per circa trecento chilometri.
Ma ne vale la pena, il posto è bellissimo, i gestori ospitali, tanto che appena posate le valigie ce ne andiamo a mangiare: la cena è come il primo allenamento di preparazione atletica dopo la pausa estiva. Non si riesce mai a veder la fine, e dopo gli assaggi delle varie pizze (solo mezza, solo mezza…..) penso di simulare un attacco di colite o un attacco cardiaco. Va beh, il tempo di trangugiare un caffè corretto alla sambuca (ma ti vuoi accontentare di quello? No di certo, lo seguono due o tre limoncini, e un grappino… e bevi questa che è più morbida….) e l’attacco di colite mi viene davvero. Mi maledico per avere evocato la colite mentre rannicchiato attorno alle mie budella in fiamme, a piccoli passettini per non scuotere troppo, riguadagno la camera e il confortevole bagno. Sarà stata l’aria condizionata, ma insomma, dopo un po’ sto meglio.
Vado a salutare e insieme a lei ce ne andiamo in camera.
Siccome non mi faccio mancare nulla percepisco l’aritmica presenza di qualche fibrillazione, ma non ci faccio caso.
Crollo in un sonno senza sogni, ma domani è un altro giorno.
Nel mattino azzurro e ancora fresco facciamo colazione: abbondante anzichenò, ma senza esagerare.
Poi ci attendono circa trenta chilometri di statali, provinciali, vicinali di uso pubblico e vere e proprie carraie, per raggiungere una bellissima caletta: raggiungere, per modo di dire.
Il parcheggio, manco a dirlo senza un albero, dista circa due chilometri dalla spiaggia. Ci incamminiamo insieme a questa specie di teoria di dannati che si dirigono all’Acheronte, spalle basse, sole cocente, sentiero a saliscendi. Famigliole con ombrellone, sdraio, frigobar e bambini; anziani con la canottiera bianca (lui) e il vestito a fiori (lei). Seguendo la lunga coda variopinta di sfollati finalmente giungiamo al termine del bosco e alla spiaggia, mani due spugne, fronte perlata, lingua appiccicata al palato. C’è un camion adibito a punto di ristoro, imploriamo qualche goccia d’acqua come il ricco Epulone, estraggono due bottiglie di naturale da una botola che probabilmente è collegata direttamente con il polo nord: strappo con i denti la linguetta di plastica, addento il tappo e lo svito, ma un attimo prima di trangugiare il litro odo il lontano urlo delle budella: fermati fermati, un’altra colite no!
Io non soffro affatto di colite, ma la cacarella in agriturismo, con il bagno a disposizione, è un conto: è ben diverso isolarsi in qualche anfratto in mezzo al bosco, stare all’erta per vedere che non arrivi nessuno, nettare il tutto con una certa approssimazione e magari con l’ausilio di qualche vegetale sufficientemente ampio e morbido.
Non volevo rischiare insomma.
Stendiamo i teli e mi butto a capofitto nella lettura. Pochi minuti e si comincia: dai vieni a fare un bagno? No vai tu, ti raggiungo…Ma dai, vieni in acqua che non resisto al sole….Guarda non me la sento ora, ti raggiungo fra poco….insomma però potresti anche fare un bagno insieme a me…..hai ragione cara, ma non me la sento, ti raggiungo poi, va bene?
Questa conversazione si riproduce pressoché sempre nella stessa maniera ogni mezz’oretta, salvo quando il bagno lo faccio davvero.
Dopo qualche ora, verso le quattro del pomeriggio, decidiamo di andare. Mi sposto appena dalla posizione nella quale sembravo scolpito e sale l’ululato di un tricheco: le spalle sono viola, chiazzate di decorative macchioline bianche in bassorilievo, la pancia striata di rosso, la schiena uniformemente fucsia.
Ho dimenticato che non è più il sole di una volta, e anche la mia pelle, per quanto spessa e olivastra, pare soffrire di più di un tempo.
Percorsi i due chilometri di trekking in mezzo al bosco arriviamo all’auto, che ormai ha raggiunto la temperatura di fusione. Indossando due tute d’amianto da vulcanologo entriamo nell’abitacolo: l’aria rappresenta la più realistica simulazione della venefica atmosfera di venere.
Ci accodiamo ad altre auto che attraverso carraia, vicinale d’uso pubblico e provinciale vogliono arrivare alla statale.
Non mi interessa il paesaggio, l’unica cosa che cerco con lo sguardo è una croce verde lampeggiante, ovunque essa sia: per fortuna capitiamo proprio addosso a una farmacia e mi rifornisco di pomate emollienti, sali minerali, spruzzi termali.
Lenito il dolore con una prognosi di quaranta giorni, ci prepariamo ad uscire a cena in un grazioso paesino medievale (uno dei mille) a poca distanza dall’agriturismo.
La piazzetta accogliente, proprio di fronte alla cattedrale, ci consiglia di sederci. Rimaniamo seduti per un’ora e mezza e riusciamo a mangiare tortelli alla maremmana sui quali i NAS avrebbero nutrito qualche riserva.
Una passeggiata, un gelato e poi di nuovo verso l’agriturismo.
Chiedo l’intervento dei vigili del fuoco che, con la massima cautela e con l’utilizzo di argani e scale, mi calano sul letto: per tutta la notte l’unico movimento, limitato, è quello della cassa toracica che si alza e si abbassa impercettibilmente. Cerco di scacciare le zanzare con la forza del pensiero, un pensiero-zampirone.
Al mattino sto un po’ meglio: le poche ore di sonno e gli unguenti di cui era cosparso il mio corpo mi danno sollievo.
Facciamo colazione e…..via in piscina! Per la verità ho insistito io per rimanere almeno al mattino (dovevo finire di leggere il libro). Mi sono rifugiato sotto un ampio ombrellone e sono sprofondato nella lettura. Dopo qualche minuto odo una voce: dai vieni a fare un bagno? No vai tu, ti raggiungo…Ma dai, vieni in acqua che non resisto al sole….Guarda non me la sento ora, ti raggiungo fra poco….insomma però potresti anche fare un bagno insieme a me…..hai ragione cara, ma non me la sento, ti raggiungo poi, va bene? Verso l’una e mezza siamo partiti per tornare a Roma, circa trecento di chilometri di asfalto e aria smerigliata dall’afa.
E io che pensavo che il riposo fosse Villa Borghese, un libro, un cine alla sera, ‘na pizza…..

 
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Uomini che odiano le donne

Post n°52 pubblicato il 25 Giugno 2008 da variazionegoldberg

Non è una constatazione, né la presentazione di una catalogo ragionato di misogini convinti, bensì un romanzo di Stig Larsson.
Un giornalista economico che scopa molto, ma (non so perchè ho usato il "ma"...) che si è fatto fregare su uno scoop da un noto finanziere senza scrupoli, viene ingaggiato dal patriarca di una grande e variegata famiglia di industriali, un po' in decadenza, per risolvere il mistero della scomparsa, avvenuta circa quarant'anni prima, della giovane nipote prediletta. Incontrerà una giovane traumatizzata dalle doti eccezionali, con la quale farà il lavoro, e incontrerà vicende e misteri ben più inquietanti di quello che sembrava essere un "semplice" omicidio.
E' il primo romanzo di una trilogia: con altre "logie" condivide la mole (sono quasi settecento pagine).
Mi sono domandato perchè gli svedesi si tagliano una palla piuttosto che scendere al di sotto delle cinquecento pagine, o giù di lì (Henning Mankell ha lo stesso "vizio").
Comunque: inizio un po' problematico, fatica ad entrare nel vivo della vicenda, non proprio imprevedibile la conclusione, ma senza dubbio abile la costruzione e i tempi (anche se sicuramente molto tradizionali: nessuno si aspetti qualcosa di innovativo). Personaggi interessanti ed emozionanti, in qualche momento, se non fosse per quella dose di "piacioneria" che a me ha sempre un po' irritato (difficile non trovarla nei noir, però).
Interessante anche il contesto, una vicenda tragica inserita nel mondo dell'industria e della finanza, in un contesto rurale del nord della Svezia, con acqua, terra e ghiacci quando occorrono.
Divertente e avvincente, aggiunge forse poco al noir, ma perchè, c'è bisogno sempre di qualcosa di impegnato, innovativo e sorprendente? A volte vale la pena di leggere ed apprezzare anche un buon prodotto, senza dover sempre paragonarlo a guerra e pace....
La cosa che mi irrita più di tutto sono le fascette che cingono per i fianchi, in questo caso da "rezdora", il libro: siccome è un prodotto deve lavare più bianco del bianco, allora via con "ha venduto un milione di copie in uzbekistan", da questo libro è stato tratto il film ("il", quello che tutti non possono non conoscere......) del regista pondragorski rimskiii korsakov, e via con gli annunci senzazionali. Ancora più irritanti le quarte di copertine che riportano i giudizi di autorevoli critici: dovremmo avere un Carver ogni quattro raccolte di racconti stampate, e un nuovo Joyce almeno una decina di volte l'anno.
Mi ricordano tanto quello "Jean Gabin da giovane" dell'Albertone.......

 
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Se il buon giorno si vede dal mattino....

Post n°51 pubblicato il 15 Giugno 2008 da variazionegoldberg

Sicuramente il nuovo governo si è dato subito da fare per mantenere quanto aveva promesso in campagna elettorale (nonostante ciò, lo hanno votato...).
L'attivismo dei vari ministri, di cui va loro riconosciuto il merito, solo raramente supera la soglia del ridicolo, o della più incredibile incompetenza, se proprio non si vuole pensare ad altri motivi.
Ben oltre la soglia si colloca il provvedimento per inviare 2.500 soldati nelle strade a pattugliare: cosa, nessuno lo ha capito; forse La Russa pensa che sia necessario finalmente portare un po' d'ordine nelle varie Baghdad e Mogadiscio che costellano la nazione. Certamente 2500 soldati sparsi sul territorio nazionale cambieranno decisamente la percezione del pericolo: la gente finalmente si sentirà protetta molto più dai soldati, che di ordine pubblico non si sono mai occupati, che dai carabinieri, polizia e guardia di finanza, che insieme sono circa 700.000.
Il senso dell'operazione sta solo nella mente di La Russa: sicuramente non nella possibilità di raggiungere qualche obiettivo concreto.
Si possono fare due ipotesi, secondo me (purtroppo entrambe possono essere vere contemporaneamente....): una chiara operazione di facciata, dello stesso tipo di quelle che sta ponendo in essere il governo, che non serve a nulla se non a dire "stiamo facendo qualcosa di concreto"; oppure (ma anche) la legittimazione delle forze armate come tutore dell'ordine pubblico, competenza che è stata affidata sempre ad altri soggetti con l'eccezione di situazioni di effettiva "guerra interna". Qui si parla di esercito che pattuglia le strade in una situazione di disagio ma non di guerra. Non vi è dubbio che in questo governo vi siano soggetti che vorrebbero "militarizzare" la vita civile, esercitando un controllo sul territorio anche in competizione con polizia, carabinieri, guardia di finanza, polizie municipali e ronde padane.
La forza del precedente è ciò che consente di affermare domani una prassi che rischia di diventare un elemento costante della nostra vita quotidiana (è già stato fatto, per quale motivo non renderlo normale?).
Qualcuno domani potrebbe avere voglia di usare l'esercito anche per mantenere l'ordine pubblico, avendo ben presente che si tratta di un organismo gerarchicamente ordinato alle dipendenze dirette del Ministro della Difesa e del Governo, un po' meno della nazione.

 
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Clandestinità

Post n°50 pubblicato il 21 Maggio 2008 da variazionegoldberg

Come inizio non è male: il reato di immigrazione clandestina. Questo sì, che può spaventare le torme di disperati provenienti dal Darfur o dalla Somalia. Naturalmente il nostro Governo prenderà tutte le iniziative affinchè il Sudan, la Somalia e svariati altri Paesi africani diffondano fra i cittadini la temibile iniziativa dell'Italia. Rischiano addirittura una condanna a sei mesi di carcere, che per coloro che fuggono dalla guerra e dalla fame sono davvero una prospettiva preoccupante (sempre che lo sappiano, che rischiano sei mesi).

Mi pare che si vada nella direzione che tutti ci attendevamo: pugno duro contro i clandestini. Poi, bisognerà pure processarli, questi clandestini (almeno questo imporrebbe il nostro ordinamento), e allora per ogni clandestino che sbarca sulle nostre coste bisognerà fare un processo penale. Bisognerà anche convincere la Polizia, che già ora prova forti sentimenti di gratificazione assistendo alla pressochè immediata liberazione degli autori di reati "minori" (ma non troppo) arrestati il giorno prima dagli agenti, che la lotta ai clandestini in quanto tali può risolvere tantissimi problemi di tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico. Bisognerebbe convincerli che coloro che vengono accompagnati al di là delle frontiere nazionali non possano tornare, una settimana dopo, con documenti e identità vergini, fabbricate in Macedonia o in Bosnia, e che nessuno è in grado di controllare.

Mi pare che l'equivalenza clandestino- reato serva solo a perdere di vista  i comportamenti davvero criminosi, posti in essere anche dai clandestini. Come al solito siamo di fronte ad una misura veramente "bipartisan": dimostrare di fare qualcosa di eclatante che non risolve nulla, anzi pone ulteriori problemi, piuttosto che tentare di risolvere i problemi stessi.

Ci sono senza dubbio delle misure da prendere che fanno riferimento alla materia dell'ordine pubblico: rapidità dei processi, certezza della pena, controllo del territorio. Per fare questo ci vogliono anche le risorse economiche.

Poi, io sono convinto che le esigenze di sicurezza in buona parte sarebbero soddisfatte se la nostra vita diventasse più sicura: saremmo allora più disponibili a parlare degli stranieri non in termini (solo) di sicurezza.

 
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Il governo ombra

Post n°49 pubblicato il 08 Maggio 2008 da variazionegoldberg

Senz'altro non ho capito io, probabilmente mi sono davvero perduto qualche passaggio, ma mi domando: a che cavolo serve il governo ombra? Forse a far ridere le forze politiche del governo (ahimè) vero.
Cos'è, qualcosa del tipo "materia e antimateria"? Che cosa deve fare 'sto cavolo di governo ombra, una specie di gioco virtuale, un Paese web governato dal PD, che però è solo sul web? E' un governo dell'aldilà?
Non mi pare che le passate e ormai remote esperienze di governi ombra abbiano mai portato a qualcosa, non dico di positivo, ma nemmeno di minimamente concreto (e cosa pretendiamo, erano o no ombra?). Serve a dire al governo "noi avremmo fatto così"? Il nostro governo ombra ha emanato un decreto legge ombra per abolire la ici ombra e voi invece non l'avete saputo fare?
Già così lo trovo demenziale.
Ma ancora più demenziale trovo il fatto che ci trastulliamo a giochicchiare con le correnti e i ministeri ombra.... stiamo a pensare alle correnti ombra, che sono tenute presenti nella composizione del governo ombra (dichiarazione del simulacro di D'Alema che, attraverso una medium di fiducia, ha mosso un tavolino a Trastevere, alla presenza del suo stato maggiore ombra che s'era divorato una coda alla vaccinara ben poco ombra...).
Fa una certa impressione pensare che ministro degli Esteri ombra sia l'ombra di un Fassino ombra.....
Insomma, ho l'impressione che in un momento come questo stiamo ancora giocando, e peggio ancora, ho l'impressione che un'intera generazione di classe dirigente del PD (l'unica generazione di classe dirigente, purtroppo) ci stia conducendo inesorabilmente verso un'opposizione ombra, che un giorno potrà solo governare il Paese ombra in cui rischiamo di trasformarci.

 
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Sindacato

Post n°48 pubblicato il 05 Maggio 2008 da variazionegoldberg

Innescata da una discussione sul sindacato sviluppata in un interessante blog, ho deciso di soddisfare la mia curiosità per la casta sindacale, pronto a trovare conferme e nuovi sconfortanti dati come è successo con la lettura del primo libro sulla casta.
Questo libro invece condisce dati di fatto davvero impressionanti con una serie tale di imprecisioni e manifeste ingnoranze che .... mi ha fatto incazzare. Sì, perchè d'accordo cavalcare l'ondata della casta; d'accordo stigmatizzare profitti e comportamenti tutt'altro che etici (la casta è ciò che tende a riprodurre sè stessa, non a curare gli interessi per la tutela dei quali è sorta); ma l'autore ci mette del suo, proponendo riflessioni e considerazioni davvero di un dilettantismo e di un'ignoranza inattesi. Ad esempio, più volte l'autore si domanda come mai la Corte dei Conti non intervenga nella verifica della corretta gestione dei proventi del sindacato (semplicemente, non può, trattandosi di soggetto privato e non pubblico); come mai non viene attuato un controllo da parte dello stato sul sindacato, che è un'associazione non riconosciuta (è facile capire perchè la libertà di associazione mal tollera un controllo esterno, e questo vale per l'associazione scacchistica, per il dopolavoro e per il sindacato); come mai lo stato paga i caf anche per le dichiarazioni dei redditi che non prevedono il pagamento di alcuna imposta (perchè, chi non paga nulla non deve fare la dichiarazione dei redditi?).
Insomma, mi pare che l'autore si ponga tante domande che, se solo fosse minimamente più informato o avesse studiato un po' di più, troverebbero da sè una risposta. E comunque mi pare guidato dall'esigenza di rendere "scandaloso" anche quello che tutto sommato non lo è.
Purtroppo il ritratto del sindacato è senza dubbio fondato su dati obiettivi e, spesso, anche riscontrabili in pratica.
E' che quando un libro è fatto male anche le moltissime considerazioni condivisibili perdono di valore (senza che lo perda il loro riscontro obiettivo, peraltro).
L'altra cosa che non mi è proprio piaciuta è il ricorrere continuamente alla citazione di autorevolissimi studiosi, che però hanno posizioni personali rispettabilissime, ma del tutto parziali e opinabili (ad esempio, è chiaro che quando Ichino si riferisce alla burocrazia che non lavora prende in considerazione un certo tipo di amministrazioni- soprattutto i ministeri- mentre potrebbe affermare cose almeno parzialmente diverse delle amministrazioni locali o delle aziende sanitarie).
Insomma, un libro che fa girare i coglioni per più di un motivo, sia per il contenuto (davvero inquietante), sia per le considerazioni fuori squadra dell'autore.

 
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Milena Agus

Post n°47 pubblicato il 04 Maggio 2008 da variazionegoldberg

Stamattina ho letto il secondo romanzo di Milena Agus, "Mal di pietre".
Di solito evito con la massima attenzione i romanzi che in quarta di copertina riportano "saga famigliare", o qualcosa del genere. Sarà perchè la quarta di copertina del romanzo non dice nulla di ciò, l'ho comprato e l'ho letto.
E' una saga famigliare, ma non è greve, non è costituita da una sequenza di disgrazie, non è lunga almeno quattrocento pagine ed è scritta direi benissimo. Difficile dire se la scrittura dell'autrice sia "personale", ma senza dubbio è scritta in italiano (e già questo è un ottimo risultato), utilizza solo occasionalmente, e mai a caso, un registro colloquiale o "basso", che ormai è diventato la regola, allo stesso modo in cui utilizza espressioni di lingua sarda particolarmente efficaci.
La mole suggerisce che si tratti più di un lungo racconto che di un romanzo, o di un romanzo breve: sono centoventi pagine, nelle quali l'autrice fa le scelte giuste, se raccontare è l'arte di scegliere, in una vicenda, le cose da dire, i gesti da riprodurre, le frasi da riportare, i personaggi di cui occuparsi, i fatti; e se ogni elemento riportato deve essere, come credo, in qualche misura significativo.
Leggerò anche il romanzo successivo, di cui non ricordo il titolo.

 
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Genitori, ovvero la catastrofe generazionale

Post n°44 pubblicato il 01 Maggio 2008 da variazionegoldberg

Temo che i nostri ragazzi crescano come smidollati, o anche peggio, per l'opera diffusa e determinata di genitori che non sanno davvero cosa vuol dire educare. Credo che un sentimento fondamentale (non saprei chiamarlo altrimenti, perchè è ben di più di una scelta consapevole, è un modo di vedere le cose) sia quello della responsabilità, che i ragazzi sono educati non solo a trascurare, ma addirittura a rifiutare come qualcosa di estraneo. E' chiaro che prima di essere estraneo al loro mondo lo è stato a quello dei loro genitori.
Insomma, è sempre colpa dell'arbitro, o di chi deve vigilare, o comunque di qualcun'altro (non ricorda qualcosa di "istituzionale", questo atteggiamento????).
Due piccolissimi esempi degli ultimi giorni. Un ragazzo di famiglia molto "altolocata" (o che si ritiene tale), dopo reiterate risse verbali e qualche spintone con diversi compagni di classe, un giorno tira il cancellino addosso a un altro ragazzo; questi reagisce verbalmente, peraltro con misura e senza usare toni arroganti o parole fuori luogo, il nostro eroe gli si avventa contro e gli assesta due pugni in faccia, prima di essere fermato dai compagni.
L'aggressore viene punito con l'imposizione di lavori "socialmente utili" per un mese, ma si rifiuta, dopo averli concordati, di svolgerli, irridendo anzi i professori che dovevano sorvegliare la sua condotta. Allora viene sospeso.
Cosa fanno i genitori? Lo puniscono? Tentano di trovare un modo per modificare il suo comportamento?
Neanche per idea: fanno ricorso al TAR....
Altra vicenda: il ragazzo imbratta i muri dei bagni con due compagni di classe. Scritte davvero molto pesanti sui professori e sulla scuola. Ammette di avere scritto lui alcune frasi, vengono convocati i genitori ai quali viene spiegata la situazione, quindi il ragazzo viene sospeso per un giorno.
Contro la sanzione i genitori fanno ricorso ad un organo amministrativo, e se quello respingerà l'istanza faranno ricorso al TAR, per supposti vizi procedurali, deducendo anche che il ragazzo ha subito un grave trauma e che ha ora problemi psicologici....
Cosa si può fare per salvare i figli dai genitori? Come possiamo pensare di far crescere figli responsabili se l'atteggiamento è sempre quello di "schivare la responsabilità" e garantirsi l'impunità?
Sono esattamente gli stessi problemi che troviamo nella generazione "di comando" (devo dire un po' meno nella mia, che non comanda proprio nulla, ed anzi, è pochissimo rappresentata nella classe politica): inesistente senso di responsabilità che esige almeno l'osservanza di due precetti, chi sbaglia paga e "se sono ineccepibile posso dare la colpa a qualcun'altro, altrimenti no"; fortissimo senso della impunità, per cui si vuole sfuggire con ogni mezzo alla sanzione, anche se viene riconosciuto che è meritata.
Forse, insieme ai programmi elettorali (uguali), si sarebbe dovuto parlare un po' di queste cose per le quali nessuna parte politica spende una sola parola. Ma si tratta di civiltà, non di politica....

 
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