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Fletcher CXIII

Post n°112 pubblicato il 26 Gennaio 2017 da marlow17








Jakob Percace osservava il padre, celato dietro i macchinari che lo mantenevano vivo, anche se incosciente. Senza accorgersene si avvicinava di centimetro in centimetro a quelle palpebre chiuse e a quel corpo inerte. Fu a quel punto che un brivido lo attraversò come un fulmine dalla punta dei capelli fino all'estremità delle scarpe. Le palpebre si erano sollevate e le iridi azzurre di Benjamin Van Hujiten lo osservavano con una fermezza e un odio che non conosceva pari sulla Terra. Percace fece per alzarsi, terrorizzato, poi tornò a sistemarsi sulla pesante sedia e uno strano sorriso di sfida affiorò alle sue labbra: "Sei tornato dall'inferno, babbo?" Sibilò attraverso la chiostra dei denti bianchissimi. Ma non ricevette risposta a causa della maschera per l'ossigeno che imprigionava la bocca del vecchio. Solo i suoi occhi non si staccavano dalle pupille di Jakob e non vagavano per la stanza. All'improvviso lo psichiatra si accorse che non riusciva più a staccarle dal contatto con il padre. Prese a tremare e a sudare abbondantemente. Il suo blazer marrone si inzuppò d'acqua e un tremito lo colse poco sopra le labbra, trasmettendosi a tutta la faccia. Capiva che stava succedendo. Quel maledetto sguardo lo stava soggiogando ancora, come sempre e sentì forte la tentazione di urlare simile un dannato. Ma non fece nulla tranne alzarsi e cominciare a togliere le attrezzature dal corpo di Van Huijten. Non fu una cosa complicata. Nelle ultime ore la situazione del vecchio era notevolmente migliorata e molti supporti erano stati allontanati. Quando suo padre fu finalmente sbarazzato di tutto l'armamentario d'urgenza Percace tornò a sedersi e a fissare le iridi affilate come falce del degente. Era successo: il potere ipnotico di Van Huijten lo aveva sovrastato. Anni di prevenzione e isolamento non erano serviti a nulla. Adesso, lui il grande medico era semplicemente un burattino fra le dita di suo padre. "Portami da vestirmi." gli disse con le prime parole. Jakob afferrò i jeans stinti, la maglietta e le scarpe e le mise sul giaciglio del padre. "Dammi una mano a indossarli." Pronunciò distintamente. Per Jakob quello era il risveglio di un morto, il ritorno di uno zombi, la vendetta della mummia. Lui era rigido come un baccalà e il Percace sciolto, disinvolto, sicuro e spietato era solo un ricordo. Con movimenti irregolari aiutò il padre a coprirsi e a liberarsi della divisa da ricoverato. Poi, d'improvviso, senza nulla che lo lasciasse prevedere, Van Huijten afferrò suo figlio e lo baciò sulla guancia. Una lacrima scorse dalle ciglia della vittima e andò a disperdersi sul pavimento. "Ti senti bene?" "Mai sentito meglio." "Cosa vuoi fare? Non possiamo uscire. è assurdo, ti braccheranno subito." Implorò Jakob. Il vecchio lo prese per entrambe le mani e tornò a fissarlo come se stesse affondando in un pozzo. Percace tremò incontrollabilmente e piegò la testa da un lato, arrendendosi. "Noi usciremo da questa stanza e passeggeremo tranquilli lungo il corridoio, penseremo dopo al da farsi. Ora debbo solo muovere un po' le gambe." "Ma stavi morendo!" "E chi l'ha detto? La mia anima cura il mio corpo, la mia ambizione lenisce i dolori e il mio futuro pavimenta la strada su cui mi seguiranno migliaia di uomini. Hai provato in tutti i modi, vero, a rendermi inoffensivo? Il gingillo personale dei seguaci, il Resort con Ganopulos, Beatrice impazzita che vaga sui prati...Ma dovevi aspettarti, Jakob, che il tuo tempo non è ancora giunto e forse non giungerà mai. Io sono il Demiurgo, Io sono l'Anticristo ed è mio preciso dovere sussurrare nell'orecchio agli uomini che il loro viaggio verso il Compimento sta per cominciare. Percace era ridotto alle dimensioni di un pugno, la sua protervia annientata. Si accingeva a fare da spalla alla missione del padre, senza più una volontà, totalmente soggiogato.








(Continua)










 
 
 
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