Le Storie di Gianna

La poesia del vento e della pioggia

 

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ASPETTANDO PRIMAVERA

 

THE END OF THE EVENING

At the end of the evening, as the sun is going down
And all the wee song birds are making their last sounds
It's then I'm thinking of you; I close my eyes and see
I long for the moment, when you'll return a chroi*

 

We'll go and watch the waters, and bathe in its bright charms
As the shiny waves of blue and silver roll, I run into your arms
We'll talk all that small town talk, and secrets of the heart
With the twilight all the colours fade and we melt into the dark

 

I'm thinking of you darlin' in the mornin', noon and night
But especially in the evening when nature seems so bright
Yes, it's then I'm thinking of you in the quiet of my heart
I hold you there a moment as though we'd never part

At the end of the evening - Nightnoise

 

 

L'orso e la Rondine - parte seconda

Post n°12 pubblicato il 06 Marzo 2008 da grande_faggio
Foto di grande_faggio

Trascorsero molti inverni e la rondine ripassò sopra quelle montagne che da allora aveva sempre evitato.  Era ora in compagnia di uno splendido rondone di montagna, forte e fiero. Una forza della natura, che le dava sicurezza, calore e  tutto il tempo che voleva per giocare e per inseguire sempre nuovi sogni.

Volteggiavano, ala contro ala,  sopra agli alberi alla caccia di succulenti insetti, non solo per loro ma anche per tutti quei rondinini impazienti ed affamati che li aspettavano nel nido vicino ai bagolari della tana dell’Uomo. Che spettacolo vederli con quei piccoli beccucci aperti e che festa le facevano quando portava loro una piccola mosca. La rondine adesso era una madre raggiante e orgogliosa e, soprattutto, felice.

Quel giorno si erano spinti a cacciare insetti davvero un po’ lontano, proprio sulla antica Foresta. Il vento da nord era così piacevole e arruffava le penne con una tale dolcezza, che era un piacere veleggiare sui monti. Qualcosa di famigliare l’attrasse per un attimo. Non tanto quel valico tra i monti o quel lago appartato, era quella chioma più alta e folta che si stagliava in fondo al pendio, nella piccola valle laggiù.

Becco al vento si lanciò in una lunga picchiata fino ad infilarsi tra quei rami. E si posò. Dapprima non accadde nulla, poi le zampette cominciarono a formicolare e nelle sua testolina si riaffacciarono dei ricordi ormai sepolti. Si ricordò che capiva il linguaggio dei faggi e zitta zitta si mise all’ascolto. Percepì una nota bassa, profonda, una specie di cantilena che la faggeta ripeteva in continuo, lugubre, triste.

Disagio…cercava con gli occhi il suo compagno che era rimasto in alto a caccia di mosche e avrebbe voluto spiccare un balzo per raggiungerlo, per giocare con lui. Ma qualcosa la spinse ad abbassarsi ancora di più in quella chioma, saltellando e svolazzando agile tra quei rami.  La Foresta era immobile, l’aria pesante. Guardò in basso, tra le radici del faggio vide qualcosa. Un anello azzurro, ormai sbiadito, uguale a quello che da anni portava alla zampa, faceva appena capolino tra un tappeto di nontiscordardimé di un blu intenso.  Sbattè le ali freneticamente su quell’anello per liberarlo dalle foglie e quelle scivolarono via come una coperta scoprendo altri piccoli oggetti, che il suo cuore non potè fare a meno di riconoscere…e seppe così che il vecchio orso aveva finalmente trovato la sua Ultima Tana ai piedi di quel bellissimo faggio e che li l’aveva aspettata. Raccolse col becco quell’anello azzurro e s’involò lesta a raggiungere il compagno. Non volle rispondere alle sue domande, andò dritta verso il nido. I rondinini rimasero un po’ delusi nel vederla tornare con uno strano vermicello azzurro nel becco al posto di succulenti mosche. La rondine entrò nel nido e posò sul fondo l’anello che aveva trovato nella Foresta. Con un colpo ben assestato del becco ruppe anche quello che aveva intorno alla zampa e glielo mise di fianco.

Come per magia gli anelli si fusero insieme, riunendo finalmente quei due cuori separati da troppo tempo ma che non avevano mai smesso di cercarsi ed aspettarsi. Dove prima c’erano gli anelli adesso sul fondo del nido era apparsa una meravigliosa pietra verde, lucida, immortale.

La rondine volò via. Lontana. Gli alti pioppi del fiume giurano di averla vista finalmente piangere.

    

(le storie di Gianna 2006)

questo è l'ultimo racconto raccolto dalla Gianna prima d'essere abbattuta dall'uragano più forte della sua lunga vita. Questo Blog muore con lei. Ciao a tutti. 

Grande Faggio.

 

 

 

 

 

 

 
 
 

L'Orso e la Rondine - parte prima

Post n°11 pubblicato il 06 Marzo 2008 da grande_faggio
 

C

 

era una volta un Orso.

Un orso non più giovane, il muso chiazzato di peli candidi, che amava vagare solitario per i boschi e le valli delle sue montagne. Col tempo aveva imparato a vivere di piccole cose, annusando la vita alla base dei faggi e bevendo lunghe sorsate di acqua cristallina nei laghi che costellavano il suo territorio di caccia. Le stagioni passavano e l’orso ogni tanto si fermava a guardare in alto.

 

Sapeva di non avere ancora molto tempo davanti a sé e che avrebbe dovuto trovare un buon posto per fare l’Ultima Tana. Lo accettava come fanno tutti gli animali della Foresta, che corrono tutta la vita ma sono consapevoli della morte che può arrivare dietro il primo tronco.

L’Inverno era finito e l’orso, stiracchiandosi, era uscito dalla grotta per andare incontro al nuovo anno. Non si arrendeva. Nonostante l’età si manteneva in forma e trotterellava qua e là come quando era orsetto. Il bosco si stava vestendo di fiori che rallegravano il tappeto di foglie morte steso dall’Autunno. Qua e là chiazze di candida neve indugiavano pigre nei canali a nord, per niente intenzionate a lasciarsi tentare dal caldo abbraccio dal sole. Il vecchio orso non conosceva i nomi di quei piccoli fiori. Li aveva osservati ogni primavera, ma il richiamo del cibo era stato sempre più forte e non si era mai curato più di tanto di guardarli da vicino. Poi gli orsi, si sa, hanno un certo orgoglio e farsi vedere dalle altre creature della Foresta a guardare i fiori…beh, non era proprio da orso!

 

La primavera risvegliava il bosco e anche gli altri animali pian piano mettevano il muso fuori dalle tane, ancora un po’ assonnati ma con tanta voglia di tornare a correre. Tra poco l’aria avrebbe risuonato del canto degli uccelli che ogni anno tornavano a popolare la faggeta, e gli alberi avrebbero indossato il loro tenero abito verde.

Una giovane rondine volava veloce sospinta dal vento caldo del sud. Un lungo viaggio dall’Africa, sopra terre e mari, senza mai posarsi, col becco a nord e il cielo tra le piume. Era quasi arrivata alla fine del suo viaggio, ed era accompagnata da un tordo che non la mollava un minuto e del quale sinceramente ne aveva già fin sopra le piume. Quel compagno proprio non la capiva…Superarono l’ennesima catena di montagne e il velluto verde che le ricopriva attrasse inspiegabilmente il suo sguardo e decise di andare a dare un’occhiata. Di solito tiravano dritto verso una valle poco più a nord, dove c’era cibo in abbondanza intorno ai grandi bagolari e si poteva fare un bel nido con tanto fango del vicino fiume. Ma la curiosità ebbe il sopravvento, salutò il tordo e con una lunga planata si abbassò verso le cime degli alberi.

Una grande massa di rami grigi risaltava in fondo ad un pendio e la rondine si diresse verso quel tronco frondoso. Girando intorno, la rondine stette per un attimo ad osservare quel mondo, abituando pian piano lo sguardo all’oscurità della Foresta. Notò quasi subito quel buffo animale che si muoveva lentamente annusando ogni tanto una radice e spostando cumuli di foglie al suo passaggio. Si abbassò per osservarlo più da vicino, non aveva mai visto nulla di simile nella sua giovane vita ma sentiva che non costituiva un pericolo. Dapprima due voletti intorno, poi, stizzita per non essere riuscita ad attrarne l’attenzione, gli si posò su una spalla pelosa e con un leggero colpo di becco gli pizzicò una zampa, così, a mo’ di saluto, giusto per vedere cosa sarebbe successo. Quell’animale, che seppe poi essere un orso, la incuriosiva. Sentiva emanare da lui un profumo buono, di natura e di pace.

Il vecchio orso osservò sorpreso e incuriosito a sua volta quella rondine così sfrontata. Nella sua vita aveva visto ogni sorta di volatili. Non li conosceva tutti, ma li aveva sempre considerati con sufficienza, come qualcosa di lontano dal suo mondo di bacche e radici. Aveva si ammirato l’elegante volo della Regina dei Cieli e spesso ne sentiva il richiamo alto tra le nuvole sfilacciate dal vento, ma gli altri canti lo lasciavano tutto sommato indifferente.

Ma questa rondine era diversa…sapeva di esotico, zampettava buffa ed era tanto socievole quanto lui era scontroso. Decise di mettere da parte il suo carattere così schivo e burbero e si fermò, seduto sulle zampe, ad ascoltare la rondine.

I due si misero a parlare sommessamente e più parlavano e più scoprivano di avere cose in comune. Ben presto divennero inseparabili e appena potevano l’orso portava la rondine con se, appollaiata sulla spalla pelosa, a scoprire gli angoli più reconditi delle sue montagne. Venne l’Estate e i due correvano ovunque fosse possibile trascorrere uno spicchio di giorno e di notte insieme. L’orso insegnò alla rondine a  parlare con i faggi e la rondine in cambio diede un nome a tutti quei fiori che lui aveva sempre visto ma non conosceva. Insieme fiutavano il vento e insieme si emozionavano guardando un tramonto. La rondine era incredula, mai avrebbe pensato che un tale buffo animale, per di più maschio e vecchio, potesse avere una tale sensibilità e provare le sue stesse emozioni. L’orso la teneva vicino a sé e le raccontava delle storie, di quando era orsetto, e di quando aveva viaggiato per altre foreste. E più raccontava più si stupiva che una giovane rondine gli fosse così affine, così vicina, che provasse le sue stesse emozioni e che vibrasse all’unisono con i suoi pensieri senza dargli del matto come facevano gli altri abitanti del bosco. L’orso era affascinato da quei modi svelti, da quel guizzo d’ali sopra di lui, da quegli occhi piccoli e furbi.

E se ne innamorò.

E la rondine lo amò.

Ora, si è mai visto un amore simile? Ma la Foresta a volte è magica, e nasconde tra le fronde degli aceri e dei sorbi le sue storie più belle.

Fu una Estate folle. Ebbri di felicità la rondine e l’orso vivevano la loro storia d’amore, ridendosela dei musi stupefatti degli altri abitanti della Foresta. Un giorno l’orso intrecciò dei piccoli fiori azzurri fino a farne due anelli. Uno lo regalò alla rondine che fiera se lo mise intorno ad una zampa promettendo di portarlo per sempre con sé, e l’altro se lo mise alla propria zampa sinistra, a simboleggiare quel legame che la Foresta teneva a battesimo. Un’altra volta incise con gli unghioni affilati un pezzo di legno ricavandone fianchi di montagne e onde di lago e la rondine ne fu entusiasta. Quando erano insieme non c’erano differenze, non c’erano diversità, non c’era tempo, erano tutt’uno con la natura e a loro bastava così. L’orso certo faceva un po’ fatica a reggere il ritmo che la giovane rondine imprimeva a quella pazza vita, ma lei era paziente e lo aspettava sempre pur di condividere finalmente con qualcuno tutte quelle emozioni che aveva nel cuore. Quante volte l’orso avrebbe voluto essere una rondine…

Venne l’autunno e le cose cambiarono. La rondine cominciò a diventare irrequieta. Non era avvezza a quella stagione e sapeva che avrebbe dovuto presto partire. Ma il suo cuore non voleva lasciare il vecchio orso, ora che aveva trovato un compagno di giochi così, era dura staccarsene. Anche l’orso si accorse del disagio della rondine e capì che stava per prendere il volo. Ma anche lui non voleva separarsi da quella compagna così sensibile che gli aveva schiuso le porte del cuore e portato un po’ di luce in quell’animo burbero e schivo. Andarono insieme allora al cospetto del Grande Faggio, che da secoli regnava sulla Foresta e che tutto sapeva. Il vecchio albero li ascoltò con pazienza, la dote più bella di un albero, e si intenerì a vedere quel folle amore che i due animali volevano cosi ostinatamente difendere contro tutto e tutti. Ma la rondine non avrebbe superato l’Inverno se fosse rimasta con l’orso, anche se lui era pronto scaldarla ogni volta nelle sue tane. E così sfiorò piano con un ramo basso l’ala della rondine e per magia le lunghe e lucide penne si ricoprirono pian piano di folta pelliccia e dal becco spuntarono incisivi affilati…la rondine era adesso una paffuta e morbida marmotta, con tanto grasso sul pancino per farle superare l’Inverno e rimanere così accanto al suo orso. Soddisfatto il Grande Faggio disse allora: “L’incantesimo finirà la prossima primavera e tu, vecchio orso, dovrai lasciar nuovamente volare la rondine affinché decida del suo destino. Ora andate e vivete il ritmo della Natura.”

L’orso era talmente felice che la rondine fosse rimasta con lui e la rondine così raggiante di poter rimanere sotto quelle spoglie di marmotta, che entrambi si dimenticarono di fare quello che tutti gli animali della Foresta fanno d’Inverno. Andare in letargo e riposarsi…

Venne così la neve e la marmotta e l’orso, che non volevano perdere neanche un attimo di quella vita, zampettavano felici sulla soffice neve che tutto ricopriva. L’orso andava avanti e con le sue zampone lasciava grosse tracce dove la marmotta poteva seguirlo con facilità e poca fatica. Oppure usava i suoi potenti artigli per non scivolare sulla neve indurita dal gelo e la marmotta docile e fiduciosa lo seguiva sempre più in alto. Insieme ammiravano i cristalli di ghiaccio sugli alberi addormentati e i raggi del sole giocare con le ombre nel bosco silenzioso. A volte la marmotta si coricava sulla schiena e si lasciava scivolare felice mentre l’orso la guardava orgoglioso. Poi si ritiravano nella tana a godere del reciproco calore. L’orso scaldava la tenera marmotta attento a non farle male e lei si accoccolava tra la folta pelliccia e lo abbracciava come poteva con le sue corte zampette. E il giorno che nasceva li ritrovava li, sullo stesso letto di paglia, con il mondo chiuso fuori.   

Più la fiamma è forte e meno dura la candela. Allo stesso modo quell’amore così speciale ed impossibile tra un orso ed una rondine cominciava inesorabilmente a consumarsi. Venne nuovamente la primavera. La folta pelliccia che ricopriva la rondine iniziò a spelacchiarsi e il pelo a cadere in larghe ciocche. Sotto, le ali vibravano e volevano dispiegarsi al sole ma lei era prigioniera di quella pelle così tenace. Tante volte cercò di liberarsi ma, per quanti sforzi facesse, non riusciva a tirar fuori le sue piume e riprendere quel volo interrotto da troppo tempo. Provò allora a chiedere aiuto al suo compagno di giochi, ma l’orso era talmente preso dai suoi boschi, dalle bacche, dai fiori che adesso conosceva e dalle voci degli uccelli che la rondine pazientemente gli aveva insegnato l’Estate precedente, che non la udì. E nemmeno si ricordò di quanto aveva detto il Grande Faggio. E più la rondine chiedeva disperata di essere aiutata, di essere liberata e più l’orso sembrava indifferente alla sua piccola compagna. Pigramente se ne andava in giro a fiutare le radici dei faggi, girandosi d’ogni tanto a guardare affettuosamente la sua marmotta ma dimenticando che sotto quella pelliccia batteva un cuore di rondine. Lei passò così un’Estate terribile, tutto quel sole e quei cieli azzurri e non poter volare…sentiva crescere dentro la rabbia e lo sconforto, e quel grande amore iniziò a vacillare dentro il suo piccolo  cuoricino ferito. La rondine adesso aveva davvero paura di rimanere per sempre una marmotta e non poter più cacciare insetti nelle immensità del cielo.

L’Estate finì o meglio si stemperò in un lungo autunno caldo e la rondine era ormai esausta. In più sentiva riaffiorare l’ancestrale istinto di partire, migrare e tornare a solcare quei cieli che aveva, per amore, abbandonato l’anno prima.  Fece un ultimo tentativo di farsi ascoltare da quell’orso che ormai non le appariva più tanto speciale e finalmente lui si girò e troppo tardi si ricordò dell’incantesimo. Troppo tardi. Fu un attimo. La pelliccia ormai consumata della marmotta si lacerò con uno schianto e la rondine ne sortì finalmente libera. L’orso ancora non si rendeva ben conto di ciò che stava accadendo e cercò di allungare una zampa verso di lei, come tante volte aveva fatto in passato. La rondine era cieca di rabbia, voleva solo volare, non importava dove, non importava con chi, ma voleva solo volare. Con un balzo si liberò della zampa dell’orso e lo beccò con forza sul muso e sulle zampe, costringendolo finalmente ad aprire gli occhi. L’orso, per quanto lento, realizzò cosa stava succedendo e tentò disperatamente di riagguantare la sua vecchia compagna e più saltava goffamente nel bosco e più lei lo beccava come a vendicarsi della terribile Estate che aveva dovuto passare imprigionata in quella pelliccia di marmotta.

Infine si liberò. Volò alta sopra le piante, il cuore chiuso e il becco rivolto a sud, giurando a se stessa che mai più avrebbe giocato con una creatura del Bosco. Dapprima volò con una rondine di mare, poi intrecciò le ali con un  mite balestruccio che passava di li, e poi con altre creature alate tutte in volo verso sud, senza mai voltarsi indietro, intenzionata solo a recuperare tutto il tempo che aveva perduto in quella stupida Foresta, desiderosa solo d’incrociare il suo becco con altri della sua specie.

L’orso non poteva credere di aver perso la sua compagna. Dal petto della povera bestia eruppe un disperato ruggito di dolore che scosse tutta la faggeta e anche gli altri animali si zittirono a quel grido che nulla aveva d’orso. Annaspò, barcollò, cadde sulle pesanti zampe, incapace di reagire all’inaspettata solitudine in cui era ripiombato. La Foresta sembrava ora più scura e ostile, il cibo non aveva più sapore, il letargo, che avrebbe potuto dargli sollievo, non arrivava. Tutti i colori dell’autunno sfiorivano nel grigio e nel nero e l’orso si chiedeva come e con chi  avrebbe potuto nuovamente condividere i profumi del bosco, i cieli tersi delle montagne e il respiro del vento sul valico. La sua rondine era andata via, per sempre, e non riusciva a darsi pace per essere stato così cieco da non accorgersene prima.

Raccolse dalle sue tane in giro per i monti tutto ciò che la sua vecchia compagna gli aveva donato e se lo caricò sulle spalle curve e stanche. L’Inverno era alle porte, ma lui non aveva voglia di trovare una caverna dove passarlo.

In fondo al pendio, in una piccola valle, c’era un grosso faggio grigio con radici forti e contorte. L’orso ci arrivò e con le zampe scavò un giaciglio tra le foglie che ormai cadevano numerose. Mise intorno a sé le poche cose che si era portato e si accucciò ad aspettare la neve. Nel suo petto ardeva ancora la tenue fiammella del ricordo dei quei giorni trascorsi con la rondine in giro per valli, monti e laghi e la speranza che, prima o poi, lei sarebbe tornata perché con nessun altro animale del bosco avrebbe mai potuto vivere così in simbiosi come aveva fatto con lui. Pensava al caldo vento del sud che gliela aveva portata ed alla fredda tramontana che l’aveva rapita e i grandi occhi si inumidivano. Rifiutava di pensare che la sua giovane rondine fosse volata via e ogni volta che una ghiandaia o un fringuello frullavano tra i rami trasaliva nel terrore di rivedere la rondine magari appollaiata su altre spalle che non fossero le sue.

La neve cadeva fitta ora e lo avvolgeva come faceva la marmotta al risveglio dopo la notte trascorsa insieme nelle tane. Che ricordi, che dolcezza, che emozioni avevano condiviso, che complicità nei loro giochi…e che freddo in quella valle e che lungo fu l’Inverno quell’anno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
 
 

INFO


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Data di creazione: 11/01/2008
 

FORZA E FIEREZZA

 

NOI2

"Noi2"

Trattasi di organismo generato dalla fusione totale ed assoluta di due individui della stessa specie, di sesso diverso, di età variabile. Di abitudini prevalentemente notturne o crepuscolari, alimentato da emozioni, esperienze e sogni, si annida nei posti più impensati per sfuggire la luce. Ne sono state segnalate tracce tra tavoli da pic-nic, torri d'avvistamento, prati fioriti, cime di ofioliti, groppi di crinale, zanzaparchi pubblici e diverse ZPS. Sporadicamente presente in aree antropizzate, è stato segnalato in agriturismi toscani, alberghi modenesi, rifugi di media valle e dimore cittadine. Non sono esenti neanche gli uffici, ma solo se attinenti alla Natura. La massima concentrazione si rileva solitamente sulle automobili, con spiccata preferenza per quelle alimentate a metano. Attualmente se ne è persa ogni traccia. Chi dovesse rinvenirne è pregato di contattare grande Faggio. Grazie.

 

L'ORSO ABBANDONATO

 

IL PICCOLO GHIRO

 
 

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