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controversie di lavoro, lo stato dell'arte

Post n°14 pubblicato il 03 Luglio 2012 da avv.chireca
 

ll Disegno di Legge del Governo “recante disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita” prevede, con la modifica dell’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, la reintroduzione dell’istituto della conciliazione obbligatoria nelle controversie di lavoro, ma senza prendere in considerazione il fatto che il Legislatore, il 4 marzo 2010, con D.Lgs. nr. 28, ha disciplinato tale materia, creando Organismi e professionisti, in grado di dirimere qualsiasi tipo di controversia, e che potrebbero in alternativa alle Commissioni Provinciali di Conciliazione, svolgere un importante ruolo deflattivo e risolutivo dei conflitti, a vantaggio delle imprese e dei lavoratori. sarebbe stato più opportuno, lasciare al lavoratore la possibilità di scegliere se adire o la Commissione provinciale di conciliazione oppure un Organismo di mediazione. Infatti, l'attuale dettato prevede: "La Direzione territoriale del lavoro convoca il datore di lavoro e il lavoratore nel termine perentorio di sette giorni dalla ricezione della richiesta: l’incontro si svolge dinanzi alla Commissione provinciale di conciliazione di cui all’articolo 410 del codice di procedura civile.". La formulazione più rispondente all’evoluzione normativa, a mio modesto avviso, sarebbe stata la seguente: "La Direzione territoriale dalla ricezione della richiesta ne da comunicazione immediata al lavoratore. Dal ricevimento della comunicazione, il lavoratore ha sette giorni di tempo per convocare il datore di lavoro o dinanzi alla Commissione provinciale di conciliazione di cui all’articolo 410 del codice di procedura civile o presso un Organismo di Mediazione, accreditato presso il Ministero della giustizia e inserito nel Registro degli organismi di mediazione ai sensi dell'art. 16 del decreto legislativo 28/2010, dandone comunicazione alla Direzione territoriale. Le parti possono essere assistite dalle organizzazioni di rappresentanza cui sono iscritte o conferiscono mandato oppure da un componente della rappresentanza sindacale dei lavoratori, ovvero da un avvocato o un consulente del lavoro. La procedura di cui al presente articolo, durante la quale le parti, con la partecipazione attiva della Commissione o di un Conciliatore nominato dall'Organismo di Mediazione di cui al comma 3, procedono ad esaminare anche soluzioni alternative al recesso, si conclude entro venti giorni dal momento in cui il lavoratore ha trasmesso la convocazione per l’incontro, fatta salva l’ipotesi in cui le parti, di comune avviso, non ritengano di proseguire la discussione finalizzata al raggiungimento di un accordo. In tal caso la durata della mediazione non può aver durata superiore a quattro mesi, così come disposto ai sensi dell'art. 6 del Decreto Legislativo del 4 marzo 2010, n 28. Se fallisce il tentativo di conciliazione e, comunque, decorso il termine di cui al comma 3, il datore di lavoro può comunicare il licenziamento al lavoratore". Per quanto si attiene ai costi che l'azienda ed il lavoratore dovrebbero sostenere dinanzi all'Organismo di Mediazione si applicherà il dettato già fissato dal DM 180/2010, lasciando liberi, in definitiva, gli Organismi di Mediazione di deliberare delle tariffe ad hoc per i procedimenti legati al diritto del lavoro, a meno che il Ministro della Giustizia non ritenga di dover intervenire con un DM ad integrazione.

 
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Post n°13 pubblicato il 05 Giugno 2012 da avv.chireca

Non costituisce giustificato motivo della mancata partecipazione al tentativo di mediazione l'assunta inutilità dello stesso per essere espletato dopo la proposizione del giudizio, né la permanenza di una situazione di litigiosità, in quanto l’espletamento del tentativo obbligatorio di mediazione anche successivamente alla proposizione della controversia è espressamente contemplato dall’art. 5 d.lgs. 4 marzo 2010 n. 28, ed in considerazione altresì del fatto che la sussistenza di una situazione di litigiosità tra le parti non può di per sè sola giustificare il rifiuto di partecipare al procedimento di mediazione, giacché tale procedimento è precipuamente volto ad attenuare la litigiosità, tentando una composizione della lite basata su categorie concettuali del tutto differenti rispetto a quelle invocate in giudizio, che prescindono dalla attribuzione di torti e di ragioni, mirando al perseguimento di un armonico contemperamento dei contrapposti interessi delle parti (nel caso di specie la parte invitata aveva inviato comunicazione all'organismo in cui dichiarava di non voler accettare il tentativo di mediazione per l'impossibilità di una rinuncia anche parziale alle contrapposte ragioni delle parti “anche in ragione della acclarata ed atavica litigiosità tra le suddette”) Testo integrale: TRIBUNALE DI TERMINI IMERESE SEZIONE CIVILE IL GIUDICE ISTRUTTORE in persona del Giudice dr. Angelo Piraino nel procedimento iscritto al n. xxx dell’anno 2011 del Ruolo Generale vertente tra XXXXX CONTRO YYYYY ZZZZZZ letti gli atti; sciogliendo la riserva assunta all' udienza del 09/05/2012; · rilevato che con ordinanza del 21/12/2011 le parti sono state onerate di procedere ad un nuovo tentativo di mediazione, in considerazione della illegittimità del tentativo precedentemente espletato, determinata dalla mancata comunicazione alla parte convocata della domanda di mediazione proposta dalla parte richiedente la mediazione; · rilevato che il nuovo tentativo di mediazione ritualmente espletato ha avuto esito negativo a causa della mancata partecipazione degli odierni convenuti, attestata dal verbale di esito negativo del 16/04/2012 prodotto in atti dalla parte attrice; · rilevato che la difesa dei convenuti ha giustificato la mancata partecipazione al tentativo obbligatorio di mediazione affermandone la inutilità in ragione del fatto che tale tentativo era stato espletato dopo la proposizione del giudizio ed affermando l’impossibilità di una rinuncia anche parziale alle contrapposte ragioni delle parti “anche in ragione della acclarata ed atavica litigiosità tra le suddette” (cf. fax dell’11/04/2012 inviato all’organismo di mediazione, prodotto in giudizio dalla difesa della parte convenuta); · ritenuto che le giustificazioni addotte non possono in alcun modo ritenersi valide, in considerazione del fatto che l’espletamento del tentativo obbligatorio di mediazione anche successivamente alla proposizione della controversia è espressamente contemplato dall’art. 5 del decreto legislativo n. 28/2010, ed in considerazione altresì del fatto che la sussistenza di una situazione di litigiosita tra le parti non puo di per se sola giustificare il rifiuto di partecipare al procedimento di mediazione, giacché tale procedimento e precipuamente volto ad attenuare la litigiosità, tentando una composizione della lite basata su categorie concettuali del tutto differenti rispetto a quelle invocate in giudizio e che prescindono dalla attribuzione di torti e di ragioni, mirando al perseguimento di un armonico contemperamento dei contrapposti interessi delle parti; · rilevato che ai sensi dell’art. 8, comma 5, del d.lg.vo n. 28 del 2010, nel testo modificato dall’articolo 2, comma 35-sexies del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, va pronunciata condanna al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio nei confronti della parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5 del medesimo decreto legislativo, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo; · rilevato che la norma in questione e applicabile ratione temporis alla fattispecie presente, trattandosi di procedimento obbligatorio di mediazione svolto successivamente all’entrata in vigore del D.L. 13 agosto 2011, n. 138; · rilevato che la lettera della citata disposizione, in virtu dell’uso da parte del legislatore del tempo indicativo presente, induce a ritenere obbligatoria la pronuncia di condanna in questione ogniqualvolta la parte che non ha partecipato al procedimento non fornisca una idonea giustificazione alla propria condotta; · rilevato che l’irrogazione della sanzione pecuniaria prescinde del tutto dall’esito del giudizio e che tale irrogazione non puo, pertanto, ritenersi necessariamente subordinata alla decisione del merito della controversia; · ritenuto, pertanto, che la sanzione pecuniaria in questione ben puo essere irrogata anche in corso di causa e in un momento temporalmente antecedente rispetto alla pronuncia del provvedimento che definisce il giudizio; · rilevato che le parti hanno chiesto la fissazione dei termini di cui all'art. 186, sesto comma, c.p.c.; P.Q.M. · visto l’articolo 8, comma 5, del decreto legislativo n. 28/2010 condanna i convenuti al versamento in favore dell’Erario di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il presente giudizio in virtù della ingiustificata mancata partecipazione al procedimento obbligatorio di mediazione; · concede alle parti i seguenti termini perentori: - entro il 27/09/2012 per deposito di memorie limitate alle sole precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni gia proposte, secondo quanto previsto previste dall¡¦art. 183, sesto comma, n. 1), c.p.c.; – entro il 26/10/2012, per il deposito di memorie contenenti repliche alle domande ed eccezioni nuove o modificate dall’altra parte, per proporre le eccezioni che siano conseguenza delle domande e delle eccezioni suddette nonche per l’indicazione dei mezzi di prova e la produzione di documenti, ai sensi dell¡¦art. 183, sesto comma, n. 2), c.p.c.; – entro il 16/11/2012, per il deposito delle memorie contenenti la sola indicazione di prova contraria ai sensi dell'art. 183, sesto comma, n. 3), c.p.c.; · rinvia il processo per la pronuncia sulle richieste istruttorie riproposte dalle parti all’udienza del 26/11/2012, ore 10:00 Manda la cancelleria per la comunicazione del presente provvedimento alle parti costituite. Così deciso in Termini Imerese, in data 09/05/2012. Il Giudice Angelo Piraino

 
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la Cass. con la sent n. 27995-2009 ha stabilito in tema di mancata esecuzione dolosa di un provvto affidatario e figli.

Post n°12 pubblicato il 29 Maggio 2012 da avv.chireca

La Sesta Sezione Penale della Cassazione con la sentenza n. 27995-2009 ha stabilito che, in tema di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento giurisdizionale adottato in sede di separazione dei coniugi, il genitore affidatario ha il dovere di favorire il rapporto del figlio con l'altro genitore, a meno che sussistano contrarie indicazioni di particolare gravità, tenuto conto che entrambe le figure genitoriali sono centrali e determinanti per la crescita equilibrata del minore. Ne discende che ostacolare gli incontri tra padre e figlio, fino a recidere ogni legame con gli stessi, oltre ad avere effetti deleteri sull'equilibrio psicologico e sulla formazione della personalità del secondo, configura elusione dell'esecuzione del provvedimento giurisdizionale adottato dal giudice civile. Nella specie i giudici hanno condannato una madre (art 388 c.p.) per non essersi prodigata nella sua attività genitoriale-affidataria, scevra da ogni impulso egoistico, che agevolava a tutela della posizione del figlio minore, opponendo rifiuto, senza alcun motivo valido, che il figlio trascorresse col padre il periodo di permanenza stabilito dal giudice della separazione nella relativa sentenza. Con l'entrata in vigore della legge 8 febbraio 2006, n. 54, è stato sancito il principio della bigenitorialità, ovvero il diritto dei figli a continuare a mantenere rapporti di frequentazione con ciascun genitore. Il profilo più innovativo della nuova normativa risiede nella centralità riconosciuta al minore ed al riconoscimento della sua esigenza di continuare a mantenere invariati i contatti con i genitori. In tale ottica ha previsto la presenza contemporanea ed alternata di entrambi nella vita del figlio anche dopo la disgregazione del nucleo familiare, abbandonando la tradizionale distinzione di ruoli tra genitore che si occupa del figlio e genitore del "tempo libero". La nuova legge, come per la legge di riforma di diritto di famiglia, prima, e per quella sul divorzio, poi, ha sconvolto gli equilibri precedentemente costituiti in materia di crisi della famiglia, materializzando oltre al principio informatore di tutta la disciplina minorile (massima tutela del minore), un altro caposaldo, quello del diritto alla bigenitorialità del minore, in totale applicazione dei principi della Convenzione internazionale di New York del 20 novembre 1989 e ratificata in Italia con la legge n. 176 del 1991 e nella Convenzione europea dei diritti del fanciullo assorbita dalla nostra legislazione nel 2003. In effetti, la sentenza in questione, si configura nel reato previsto dal Cod. pen., art. 388; cod. civ., art. 155 la mancata esecuzione dolosa del provvedimento di affidamento dei figli - Ostacoli frapposti dall'altro genitore per limitare o eliminare la frequentazione tra genitore non affidatario e figli.

 
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Post n°11 pubblicato il 29 Maggio 2012 da avv.chireca

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mediazione tributarista ricorsi cartelle domiciliazione risarcimento danni infortunistica tel 3498612391

Post n°10 pubblicato il 28 Maggio 2012 da avv.chireca

a mediazione come opportunita per risolvere celermente ed economicamente conflitti domande da inviare chireca@gmail.com in alcuni casi la conclusione positiva della mediazione consente un notevole risparmio di tempo e di denaro, come nel caso di prove deboli che nel giudizio civile non aiuterebbero. allora l'intervento di un bravo mediatore, che non deve RACCOGLIERE PROVE, DEVE INDURRE LE PARTI A RECIPROCHE CONCESSIONI E FARGLI FIRMARE L'ACCORDO PONENDO FINE ALLA CONTROVERSIA.

 
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