La logica del dono

Suggestioni francescane dall'ottica della gratuità

 

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dono di sé

Dio non ama il dolore, la sofferenza, la morte. Dio non è un padre-padrone che per vivere richiede il sangue dei suoi figli. Dio non ama i chiodi perché non è un boia assettato di vendetta. La croce è - e chi ama intensamente lo sa - il luogo definitivo in cui si autentifica l’amore che l’A/amante ha per l’altro.


Dire che Dio assunse la croce non deve significare una magnificazione del dolore, della croce, né la sua eternizzazione. Significa solamente "quanto Dio amò i sofferenti". Egli soffre e muore insieme. Dunque non è dolorismo, né magnificazione del negativo. Significa che amare è dare la vita, non risparmiarsi nulla, offrire tutto se stesso. Ecco la croce. Vivere così significa essere più forte della morte.



E davanti al mistero del dolore e della sofferenza di millioni di uomini e di donne e della difficoltà nella lotta, ciò che conta non è chiedere a Dio di salvarci dalle onde pericolose, ma liberarci dalla paura che ci paralizza e, incorporando la logica del dono, evitare altre croci.

 

 

ULISSE, DA ITACA A ITACA.

METAFORA DEL NARCISISMO: DALL'IO ALL'IO

Ulisse, da Itaca ad Itaca

 

 

 

Confucio (V sec. aC)

 

"E molto più importante accendere una piccola candela che maledire l'oscurità". L'aforisma è di Confucio, maestro cinese. Ebbene, in un tempo come il nostro, in cui sembra che siamo sempre più immersi nel buio (sociale, politico, economico, e anche geologico) vale di più una candelina invece di mille fiammeggianti proteste contro le tenebre


 

ABRAMO, DAL NOTO ALL'IGNOTO. ESODO SENZA RITORNO

 

DAL NOTO ALL'IGNOTO, DALLA SICUREZZA DEL SISTEMA ALLA LIBERTA' ARTEFICE DEL VOLTO UMANO, CREATRICE UNICA DEL NOSTRO DESTINO. CAMMINARE A PIEDI NUDI, COME FRANCESCO, IL POVERELLO, ALIMENTANDOSI DEL PANE DI COLUI CHE E' ORIGINE E META, ALFA E OMEGA, TORMENTO E GOIA, ALTRIMENTI.......

 

 

NIETZSCHE, PROFETA DEL NICHILISMO

 

Nichilismo vuol dire che i supremi valori si svalutano, che manca la risposta al perché, che non esiste nulla di assoluto e incontrovertibile. Nichilismo vuol dire che il mondo dei valori metafisici, morali e religiosi si sono frantumati in mille pezzi. Vuol dire che dell'esere non ne rimane più nulla.

La proposta scandalizza la Chiesa, i moralisti e tutti coloro che credono ancora in una Ragione forte, fondazionistica. Ma forse, dopo i genocidi e gli olocausti del Novecento, dopo le grandi ideologie (destra e sinistra) che con i suoi "valori supremi e sacri" ci hanno fatto a pezzi e condannato alla morte una schiera infinita di donne e di uomini innocenti, il nichilismo, pur senza misconoscere i rischi, sia uno stile, un "modus vivendi" che protegge la differenza, cioè la diversità e impedisce l'omologazione.

 

E questo e già un motivo di nobiltà rispetto a tutte le logiche massificanti, siano di destra o di sinistra, cioè alla pretesa del pensiero unico, il quale considera la diversità pericolosa, ingombrante e dunque da cancellare al più presto. La singolarità del singolare è non solo un diritto inalienabile ma anche un obbligo improrrogabile.

 

Finalmente possiamo navigare in un mare infinito, aperto, senza confini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'uomo, un ponte tra due infiniti.

 

 

 

Sul volto

Il volto non ha forma, propriamente parlando, cioè va sempre oltre, sfugge. Nessun contorno lo definisce adeguatamente. Il volto non è la configurazione facciale. L’esperienza di ogni giorno ci dice che il volto non è semplicemente l’accostamento di due occhi, un naso, una bocca. Sappiamo che i tratti che lo rinchiudono in contorni non sono mai soddisfacenti, non rendono mai pienamente la presenza, il mistero.

 Perché il volto non ha forma? Perché è essenzialmente aperto, è una finestra imprevedibile che suggerisce paesaggi ignoti. Il volto, detto altrimenti, è strappo nella continuità dell’essere, mentre invece, la forma rende rigido, fermo, chiuso...

Ed ecco che l’incontro di un volto viene ad aprire il mondo, poiché è esso stesso incontro di un mondo.

 

IL NOSTRO PRECARIO EQUILIBRIO

 

 

L'uomo non è una mera parte misurabile del mondo, ma è un mondo mirabile a parte. Tutto, sempre, da riconstruire. Nella storia come cantiere, esercitando la prossimità oltre ogni confine e frontiera e nella speranza ogni giorno rinascente. Se l'uomo non mira ad essere di più, si sentirà un di-più sartreano, cioè "una passione inutile", è rischierà di non essere mai più.

 

 

 

CHE O CHI VOGLIAMO RAGGIUNGERE?

dove vogliamo arrivare?

La natura ci parla

 

Dice H. Hess: "Gli alberi sono sempre stati per me i più persuasivi predicatori. Io gli adoro quando stanno in popolazioni e famiglie, nei boschi e nei boschetti. E ancora di più li adoro quando stanno isolati. Sono come uomini solitari. Non come eremiti che se la sono svignata per qualche debolezza, ma come grandi uomini soli, come Beethoven e Nietzsche. Mirano con tutte le loro forze vitali, a un'unica cosa: realizzare la legge che in loro stessi è insita, costruire la propria forma, rappresentare se stessi. Nulla è più sacro, nulla è più esemplare di un albero bello e robusto.

 

FACEBOOK

 
 

 

 

 

Quando Rembrandt dipinge nudo il corpo della sua amata Betsabea, questa è come rivestita di gloria dalla qualità dello sguardo che il suo amante porta su di lei e che, senza cancellare il Desiderio, si traduce con la qualità della luce che gronda sulla sua pelle, sulla sua carne celebrata.

Quando è percepito a partire dal Volto, il corpo dell'altro, nella sua nudità, può essere guardato senza inverecondia, senza la pretessa di possedere. Il corpo denudato può essere onorato dallo sguardo che lo percepisce a lo accoglie come espressivo, tutto intero espressione di una presenza personale, di un mistero che si svela ma non si esaurisce nel corpo.

Esso è allora come rivestito dalla qualità di quello sguardo, rivestito di Bellezza, se si intende con questa "la forma che l'amore dà alle cose". Il Desiderio non sarà assente da un tale sguardo, poiché c'è sempre una parte di desiderio nell'esperienza della Bellezza; ma il Desiderio, da tale prospettiva e atteggiamento, non è solo "pulsione libidinale", concupiscenza, cioè appettito: è anche celebrazione, riconoscenza, omaggio, fervore.

Sguardo e atteggiamento dunque più disposti ad accogliere il corpo dell'altro che non ad appropriarselo.

 

Tu farai del mio corpo il tuo giardino più caro (E.Jabès)


Lo so, vi toccate beati così, perché la carezza trattiene, perché non svanisce quel punto che, teneri, coprite; perché in quel tocco avvertite, il permanere puro. E l'abbraccio, per voi, è una promessa quasi d'eternità, (R. M. Rilke)

Il pensiero di Rilke ci aiuta a pensare la Carezza non solamente come contatto o tentativo di appropriazione ("mettere le mani sull'altro"), ma, più profondamente, come celebrazione del corpo dell'altro, gesto che lo plasma. E' tentativo di addomesticamento e al tempo stesso esperienza che né l'altro né il suo corpo sono in mio potere o in mio possesso.

Esperienza di spossesso nella più grande delle prossimità. Il che significa che il corpo dell'altro nella sua carne, è là, sotto la mia Mano; e pur tuttavia, è sempre altro, portatore di una vita che sento vibrare in esso ma che rimane per sempre al di fuori del mio potere, inafferrabile, vale a dire alterità in-catturabile.

 

Il Bacio

 

 

Il mio respiro affiorava già l'amizia della tua ferita. E dalle labbra di nebbia discese il nostro piacere alla soglia di duna (R. Char).

 

Posare le labbra sulla pelle o sulle labbra dell'altro/a... Quello che potrebbe essere un atto di divorare (la bocca non serve in primo luogo a ingerire?) diventa invece l'espressione di una vittoria sull'appetito. Non si tratta dunque di divorare, ma piuttosto, paradosalmente, di bere, come si beve una coppa.

Non si tratta più di distruggere ma di venerare. Nel bacio la prossimità è ancora più grande che nella carezza o nell'abbraccio. Rosse e umide, le labbra sono una mucosa: la vita interna del corpo vi affiora.

Abbandonarsi al bacio vuol dire vincere la chiusura dei corpi, non accontentarsi di essere prigionieri del proprio "sacco di pelle", voler passare all'altro/a, conoscerne il gusto, avvicinarne la sostanza.

Scambi di respiri in cui il crescere del Desiderio porta al superamento dell'ordinario disgusto legato a tali contatti. Il bacio sulle labbra è un cominciamento. Sovente annuncia e avvia altri scambi.

Il bacio, spia dell'intimità che, agonicamente e ludicamente, cerca di plasmare, respirando insieme, il cuore e il corpo dell'altro/a.

 

 

La carezza e il femminile

 

 

La carezza - parlo sempre del rapporto eterosessuale - è il reciproco addomesticarsi dei due sessi: dell'uomo da parte della donna, della donna da parte dell'uomo. Ma forse si deve sottolineare che c'è una segreta parentela tra la carezza e il femminile. Non abbiamo tutti ricevuto le nostre prime carezze da una donna?


Ecco che è probabile che nella carezza, l'uomo si metta o abbia a mettersi in modo particolarissimo alla scuola del femminile. Sull'argomento, citiamo le parole di una donna, filosofa che esplora, in quanto donna, delle vie in questo senso.

"L'atto sessuale sarebbe ciò attraverso cui l'altro mi ridà forma, nascita, incarnazione. Anziché provocare la decadenza del corpo, esso partecipa alla sua rinascita. E nessun altro atto lo equivale, in questo senso. Atto massimamente divino. L'uomo fa sentire alla donna il suo corpo come luogo. No solamente il suo sesso e la sua matrice, ma il suo corpo. Egli lo situa nel suo corpo e in un macrocosmo. L'uomo, ricreando la donna dal di fuori, si riscolpisce un corpo. Si ricostruisce un corpo a partire dalla generazione del corpo dell'altra. Servendosi della sua mano, del suo sesso. Sesso non solo per il piacere, ma come strumento di alleanza, di incarnazione, di creazione" (L. Irigaray).

 

 

Luca Dell'Omo

Post n°538 pubblicato il 29 Settembre 2023 da fraeduardo
Foto di fraeduardo

Eppure mi si sveglia dentro un disamore!
un distacco una frattura
come un tonfo all'improvviso caduto
a squassare il silenzio piatto della notte.

La vita, quest'urlo disumano,
impietosa fuoriesce da ogni luogo.


Da Fiore Azzurro, poesie di Luca Dell'Omo

 
 
 

Luca Dell'Omo

Post n°537 pubblicato il 29 Settembre 2023 da fraeduardo
Foto di fraeduardo

Tu nell'idillio del tuo giorno
come la voce del vento sei volata
leggera
fino alle colline del ricordo.

Muovendo dal mare rosso del tuo cuore.


Da Fiore Azzurro, poesie di Luca Dell'Omo

 
 
 

Luca Dell'Omo

Post n°536 pubblicato il 29 Settembre 2023 da fraeduardo

Non ho mani e la voce -
colomba e vento - non coglie
i fiori del desiderio fioriti
nel giardino dell'impossibilità


Da Fiore Azzurro, poesie di Luca Dell'Omo

 
 
 

Milan Kundera La storia è leggera

Post n°535 pubblicato il 29 Settembre 2023 da fraeduardo
Foto di fraeduardo

"Quello che avviene solo una volta è come se non fosse mai accaduto. La storia è leggera al pari delle singole vite umane, insostenibilmente leggera, leggera come una piuma, come le polvere che turbina nell'aria, come qualcosa che domani non ci sarà più"

In breve, per il protagonista del romanzo L'insostenibile leggerezza dell'essere, la storia non è mai un quadro definitivo, non è altro che uno schizzo.


Da L'insostenibile leggerezza dell'essere, Adelphi, Milano, 1985, p. 228

 
 
 

L'insostenibile leggerezza dell'essere

Post n°534 pubblicato il 29 Settembre 2023 da fraeduardo

Milan Kundera, scrittore nato i Ceccoslovacchia e poi residente in Francia -deceduto poco tempo fa - è l'autore del celebre romanzo intitolato La insostenibile leggerezza dell'essere, da cui si è fatto anche un bel film. Il romanzo è una foto dei rapporti intersoggettivi e sociali sempre più "liquidi" - per dirlo con la categoria del polacco Bauman. Non c'è nulla di stabile, nemmeno le nostre voglie.

Ecco le prime battute del romanzo: "Se ogni secondo della nostra vita si ripete in un numero infinito di volte, siamo inchiodati all'eternità come Gesù Cristo alla croce. E' un'idea terribile. Nel mondo dell'eterno ritorno, su ogni gesto grava il peso di una insostenibile responsabilità. Ecco perché Nietzsche chiamava l'idea dell'eterno ritorno il fardello più pesante.

Se l'eterno ritorno è il fardello più pesante, allora le nostre vite su questo sfondo possono apparire in tutta la loro meravigliosa legggerezza.

Ma davvero la pesantezza è terribile e la leggerezza meravigliosa?

Il fardello più pesante ci opprime, ci piega, ci schiaccia al suolo. Ma nella poesia d'amore di tutti i tempi la donna desidera essere gravata dal fardello del corpo dell'uomo. Il fardello più pesante è quindi allo stesso tempo l'immagine del pià intenso compimento vitale. Quanto più il fardello è pesante, tanto più la nostra vita è vicina alla terra, tanto più è reale e autentica".

'Dunque, è la responsabilità che ci lega alla terra; è il farsi carico; l'avere una missione da compiere e portarla avanti cost quel che costi,  nonostante la tentazione della "leggerezza dell'essere" sia sempre in agguato.

Da L'insostenibile leggera dell'essere, Adelphi, Milano, 1989, p.13.

 
 
 

Luca Dell'Omo

Post n°533 pubblicato il 29 Settembre 2023 da fraeduardo
Foto di fraeduardo

Non ho voglia di vivere stasera
e non esiste
nessun luogo
che possa accogliermi.

Tra l'oleandro addormentato
e il mandorlo fiorito
inizia e finisce tutto.


Da Fiore Azzurro, poesie di Luca Dell'Omo

 
 
 

Luca Dell'Omo

Post n°532 pubblicato il 29 Settembre 2023 da fraeduardo
Foto di fraeduardo

Sento agitarsi affanni
di là la siepe
tra la terra persa
sparsa di sudore

Un ritaglio di sole
vibra malinconico
l'occhio velato

e chiede sguardi


Da Fiore Azzurro, poesie di Luca Dell'Omo

 
 
 

Luca Dell'Omo

Post n°531 pubblicato il 29 Settembre 2023 da fraeduardo
Foto di fraeduardo

Qui, sulla riva del tempo distrutto,

tra le mie dita inesorabilmente

perdute nella sabbia d’una

 

clessidra rotta.

 

Da Fiore Azzurro, poesie di Luca Dell’Omo

 
 
 

Luca Dell'Omo

Post n°530 pubblicato il 29 Settembre 2023 da fraeduardo

Non dir nulla

per non avere parola

frugate

e raccolte nelle tasche

 

e finire stupefatti

sulle labbra degli

 

imbonitori

 

Da Fiore Azzurro, poesie di Luca Dell’Omo

 
 
 

Eros in agonia

Post n°529 pubblicato il 29 Settembre 2023 da fraeduardo

Byun-Chul Han, il filosofo coreano residente in Germania, sostiene che l’amore, nel senso forte che una lunga tradizione storica gli accorda, è minacciato, forse già morto, in ogni caso è molto malato, ecco Eros è in agonia – titolo di uno dei suoi libri.

Il nemico sotto i cui colpi l’amore sta soccombendo è l’individualismo contemporaneo, la preoccupazione di rapportare ogni cosa al suo prezzo sul mercato, la dimensione interessata che organizza oggi il comportamento degli individui, l’esigenza di prestazioni, altrimenti si è rimborsato e si riconsegna l’articolo per mancanza di operatività, prestazioni

Tutto deve essere esposto alla vista, in vetrina e deve soddisfare la voglia senza freni dell'Io consumatore. 

Dunque, l'amore dura finché dura la voglia di uno dei partner, dopodiché se il mercato offre qualcosa di meglio, più aggiornato o palestrato, ecco si allunga la mano fino alla prossima offerta.

Alla crisi dell'amore però non conduce soltanto l'eccessiva offerta di altri Altri, bensì l'erosione dell'Altro, che ha luogo attualmente in ogni ambito della vita e si accompagna alla crescente trasformazione narcisistica del sé. Spia del narcisismo sono gli autoscatti che mettono in primo piano volti e denti palestrati.

Si potrebbe dire con Roland Barthes, che "io non amo l'altro, non amo che il mio desiderio, e l'altro è una pedina per soddisfarlo".  

 
 
 

Luca Dell'Omo

Post n°528 pubblicato il 28 Settembre 2023 da fraeduardo
Foto di fraeduardo

Mi punge le pupille
una stella lassù

nell'oltrecielo


Da Fiore Azzurro, poesie di Luca Dell'Omo

 
 
 

Luca Dell'Omo

Post n°527 pubblicato il 28 Settembre 2023 da fraeduardo

Dell’isola il sapore ha la foglia

e l’acqua del lago l’accoglie

 

su tutto la luce sorride

e illumina l’abisso del tuo sguardo

 

Da Fiore Azzurro, poesie di Luca dell’Omo

 
 
 

Luca Dell'Omo

Post n°526 pubblicato il 28 Settembre 2023 da fraeduardo

Mi inaridisce il cuore

pieno di senso vuoto

di naufragante amore

 

succede nell’imbuto della sera

 

Da Fiore Azzurro, poesie di Luca Dell’Omo

 
 
 

Luca Dell'Omo

Post n°525 pubblicato il 28 Settembre 2023 da fraeduardo


Mattino limpido

mi dai tormento

la luce aguzza

che fiera porti

montagna ed alberi

prodiga partorisce:

e ovunque semina

fiori di strazio


Da Fiore Azzurro, poesie di Luca Dell’Omo

 
 
 

Luca Dell'Omo

Post n°524 pubblicato il 28 Settembre 2023 da fraeduardo

Aspetteremo le rose fiorire

lungo muri assonati di cortili

immaginando l’estate un deserto

da guardare con mani silenziose

 

Da Fiore Azzurro, poesie di Luca dell’Omo

 
 
 

Post N° 523

Post n°523 pubblicato il 28 Settembre 2023 da fraeduardo
Foto di fraeduardo

Girovago assopito intorno

l’eternità di questa

sera ladra di tempo

 

 

Da Fiore Azzurro, poesie di Luca dell’Omo

 
 
 

Da Fiore azzurro

Post n°522 pubblicato il 28 Settembre 2023 da fraeduardo
Foto di fraeduardo

Intabarrato

In un fiore

azzurro

 

attendo

si levi

l’aurora

 

della Bellezza.

 

Da Fiore Azzurro, poesie di Luca Dell’Omo

 
 
 

Emmanuel Lévinas L'eros e l'Altro

Post n°521 pubblicato il 28 Settembre 2023 da fraeduardo

Per il filosofo e talmudista Emmanuel Lévinas, lituano, nazionalizzato francese, “L’Eros è appunto una relazione con l’Altro, che si collocata al di là della prestazione e del potere”. Quest’affermazione significa che l’impossibilità-di-potere è costitutiva per l’esperienza erotica. Scrive L évinas: “E’ l’alterità ciò che l’altro ha in sé  come essenza. Ed è per questo  che abbiamo cercato questa alterità nella relazione assolutamente original e  dell’Eros, relazione che è impossibile tradurre in termini di potere”. In breve, solo attraverso l’impossibilità-di-potere, l’Altro può manifestarsi perché se si potesse possedere, afferrare e conoscere l’Altro, esso non sarebbe l’Altro. Possedere, conoscere afferrare sono sinonimi di potere.

L'esperienza amorosa è dunque ordita di impotenza, prezzo da pagare per una piena rivelazione dell'Atro.

 
 
 

Franz Kafka Che libri leggere?

Post n°520 pubblicato il 28 Settembre 2023 da fraeduardo

In risposta a una lettera del suo amico Oscar Pollak il quale domandava “che libri leggere”, Kafka, lo scrittore ebreo praghese, rispondeva:

"Caro amico, rispondendo alla tua domanda su che libri leggere, dico che dobbiamo leggere libri che feriscano la coscienza in tal modo diventa più sensibile a ogni morso. Dobbiamo leggere soltanto libri che mordano e pungono. Ci deve svegliare con un pugno sul cranio, altrimenti a che serve leggerlo?

I libri che rendono felici, volendo potrei scrivergli noi. Dobbiamo leggere libri che agiscano su di noi come una disgrazia che ci fano molto male; deve essere la scure per il mare giaciato dentro di noi”.

Moralina per noi: non perdere tempo leggendo tante stupidaggine sentimentalistiche e romanticoide che sono in giro dappertutto.

 
 
 

Laikòs

Post n°519 pubblicato il 27 Settembre 2023 da fraeduardo

Il sacro è la sostanza del bene  e del male. Oltre che il principio.

Laico – laikòs, in greco –significa bensì profano e quindi “non consacrato” . La parola “profanum” vuol dire essere di fronte al sacro come colui che si dispone ad ascoltare il messaggio, libero certamente di accoglierlo o di rifiutarlo, ma consapevole che l’orientamento della sua azione venga proprio di lì.

In altri termini, laico non è chi rivendica la sua indifferenza alla religione, ma proprio al contrario chi prende la religione sul serio, riconoscendo che i contenuti essenziali con cui è chiamato a fare i conti, insomma, le ragioni per cui si vive, e che la vita ignora, vengono proprio della religione.

Il tratto che caratterizza il laico è la libertà di spirito – precisamente la libertà che lo porta a fare suoi o a respingere quei contenuti essenziali.

Scetticismo, agnosticismo, fideismo hanno poco a che fare con la laicità autentica
Riflessione di Sergio Givone, Quanto è vero Dio. Perché non possiamo fare a meno della religione. Solferino, Milano, 2018

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: fraeduardo
Data di creazione: 07/11/2009
 

ASCOLTIAMO LA SAGGEZZA

Un giorno la Saggezza si avvicinò all'uomo e disse: "Tu non puoi scherzare con l'Animale che dimora dentro di te, senza diventare come lui. Tu non puoi scherzare con la Menzogna, senza perdere il diritto alla Verità. Tu non puoi scherzare con la Crudeltà, senza pervertire ciò che ti fa essere umano, cioè la Tenerezza. Se vuoi vedere pulito il tuo giardino, non puoi lasciare spazio alle erbacce".

L'uomo se ne andò pensando: "La Saggezza è molto astuta, lavora continuamente all'inganno di noi stessi. Non dobbiamo prenderla troppo sul serio".

 

 


 

FEELINGS

 

Il regista Ingmar Bergman, all'inizio del suo film Scene da un matrimonio, pone come didascalia quest'espressione: "Analfabeti in amore". A quest'analfabetismo oggi si deve aggiungere lo scetticismo e il primato della logica del "usa e getta" che fa dell'altro uno strumento in funzione della realizzazione dell'io. Tali ingredienti sono alla base della carenza endemica della gioia di essere e dello slancio vitale di una epoca veramente paradossale. Tanto confortevole e tanto sconfortata; tanto frenetica quanto ermetica

L'amore è invece un mettersi nella pelle dell'altro. E' amorevolezza, come amare l'altro non a modo mio, ma a modo suo, cioè a misura dei suoi bisogni anche se non espressi. Afferma Dante nella terza Cantina: "Già non attendere'io la tua dimanda/s'io mi intuassi, come tu t'inmii" (Par, 9, 80-81). E ciò significa che l'essere umano ha la capacità esodale, cioè la capacità di uscire da sé e andare verso l'altro, la capacità di intuarsi, di essere presente nel tu, ma paradossalmente, senza mai invadere o possedere.


Finiamo dicendo che "amare è donare l'essere" e il dono non si identifica con il regalo. E' l'offerta dell'essere, diversa dall'offerta dell'avere. Affermava A. Einstein: "Il problema impellente di oggi non è quello dell'energia atomica, ma quello del cuore umano". Si tratta dell'amore che è sì sentimento, ma è anche, e fondamentalmente, volontà di promozione dell'altro.

 

STEMMA E FIRMA DI SAN FRANCESCO

Le due lingue originali della Bibbia - l'ebraico e il greco - hanno in comune una lettera dell'alfabeto, il Tau. Questa lettera occupa un posto importante nella vita e nel comportamento di san Francesco: questi non solo ne fa uso frequente, ma manifesta per tale segno un vero affetto, addiritura una devozione.

"Con tale sigillo - dice il suo biografo Tommaso da Celano - Francesco firmava le sue lettere, tutte le volte che per necessità o per spirito di carità, spediva qualche suo scritto".


Con esso - scrive san Bonaventura - Francesco dava inizio alle sue azioni". Ebbene, io, Fra Eduardo, frate periferico e peccatore, raccolgo l'eredità del mio fratello Francesco e al solito posto della foto del Blog (batezzato "gratitudine") inserisco il Tau dando pure inizio all'azione che, ovviamente, si muove o percorre il sentiero della riflessione.

Pensare è un atto etico - diceva E. Lévinas - ma per un francescano non è soltanto un atto etico, è, anzitutto, ringraziare perché consapevole della gratuità che ci avvolge e ci nutre senza posa.

Le nostre riflessioni, senza grandi pretese, ma non per questo senza un certo "rigore teoretico", faranno leva sulla logica del dono, logica che Francesco, sulla scia dell'Amante, ci ha lasciato come la sua lezione più bella.

 

AVERE E POSSEDERE

L'equazione freudiana di denaro=feci è una critica implicita al funzionamento della società borghese e alla sua mania di possesso. Il denaro, come simbolo di possesso, significa per Freud che la persona ossessivamente preoccupata dall'avere e dal possedere è nevrotica e ha un carattere preadulto. E se la maggioranza delle componenti di una società sono intaccate da questo male, allora ci troviamo di fronte ad una società malata.

Certo che l'ermeneutica freudiana si può mettere in discussione, ma  è ovvio che la società occidentale è succube della patologia dell'avere. Sono ciò che ho; più ho dunque più sono. Il primato del quantitativo a detrimento del qualitativo. Ecco l'equazione: Avere=Essere. Ma tale logica è umanizzante?

Merita di essere meditata la descrizione che Albert Camus, scrittore e filosofo franco-argerino, dava di se stesso: "Io non so possedere. Di quel che ho, e che mi viene offerto senza che io l'abbia cercato, non posso conservare nulla. Sono avaro di quella libertà che sparisce non appena comincia l'eccesso dei beni" .

 

USA - J (G)ET-TA

 

 

 

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BENEDIRE LA MATERIA

 

Francesco, configurato dalla logica del dono, incarna una nuova pietas, cioè dal divino verso l'umano. Dunque, non "fuga mundi", come invece era lo stile di vita (e di pensiero) dei monaci del tempo e di una chiesa di stampo più greco-manichea che cristica. Sguardo rivolto verso il mondo, promozione della civitas terrena sotto il segno dell'armonia con il divino e della sintonia con l'umano è la logica con cui Francesco umanizza il suo volto e ricupera un mondo bello, innocente, sbiadito o demonizzato dalla teologia e dalla spiritualità del suo tempo. Si tratta di comunione e partecipazione quindi assenza di alienazione, né verticale né orizzontale. Francesco è pure per noi, uomini postmoderni, una nuova pietas. Sa accogliere e promuovere la terra senza dimenticare il cielo e viceversa, cioè accogliere e benedire la materia senza accantonare o misconoscere lo spirito.  Ecco la domanda: Non è il desiderio dell'uomo d'oggi di celebrare il relativo senza perdere di vista l'assoluto? Non è il suo anelito dare spazio all'Assoluto e fruire pure del contingente? In breve, trovare Dio senza perdere il mondo? 

 

PROSSIMITÀ: DARE SENZA NULLA CHIEDERE IN CAMBIO

 

L'alternativa per uscire dalla logica di Prometeo, di Sisifo e di Narciso, fino ad oggi paradigmi antropologici della cultura occidentale, è assumere la logica della gratitudine cioè la logica della mano aperta, della prossimità senza confini.

Prossimo non è l'uomo della nostra fede, né della stessa razza, né della stessa famiglia: è ogni uomo fin dal momento in cui io mi avvicino a lui, poco importa la sua ideologia o la sua confesione religiosa, la sua etnia o la sua biografia.

 

AMORE VUOL DIRE ESSERE

Amore, una sorte di rottura di sé perché l'altro lo attraversi

SONO PERCHE' AMO; SONO NELLA MISURA IN CUI AMO

Sono ciò che amo

Non cogito ergo sum ma, piuttosto, diligo ergo sum. L'atto di amore è la più salda certezza dell'uomo, il cogito esistenziale irrefutabile: Io amo, quindi l'essere è, e la vita vale (la pena di essere vissuta).

 

J-P. Saretre, il filosofo francese esistenzialista, libero dall'acussa di romanticismo, afferma: "La mia esistenza è, perché chiamata. Mentre prima di essere amati, eravamo inquieti per questa protuberanza ingiustificata, ingiustificabile, che era la nostra esistenza, mentre ci sentivamo "di tropp" ora sentiamo che questa esistenza è ripresa e voluta nei suoi minimi particolari da una libertà assoluta che essa condiziona nello stesso tempo - e che è proprio non vogliamo con la nostra libertà. E' questo il fondo della gioia d'amore, quando esiste: sentirci giustificati d'esistere".

L'amore: incontro di due salive? E. Michael Cioran

 

 

PELLEGRINA O FUGGITIVA? NOMADE O TURISTA?

isolamento

 

Accogliere e proteggere?

O

Possedere e soffocare?

 

 

 

 

 

Ma che abbiamo noi tutti, poveri umani

da volerci stringere gli uni contro

gli altri? (A. Cohen)

 

 

 


 

HA LA VITA UMANA UN SENSO? SI O NO?

 

Forse la tragedia dell'uomo moderno è dovuta al fatto che egli ha dimenticato di domandarsi: chi è l'uomo? L'incapacità di trovare la propria identità, di sapere che cosa è l'autentica esistenza umana, lo spinge ad assumere una falsa identità, a fingere di essere ciò che è incapace di essere o a non riuscire ad accettare ciò che si trova alla vera radice del suo essere.

L'uomo

nella sua angoscia

è un messaggero

che ha dimenticato

il messaggio" (J. A. Heschel).

 

Il Diogene contemporaneo, come il saggio greco, è in affanosa ricerca dell'uomo. E invece dell'uomo trova le sue maschere vuote: etichette e funzioni, misure e classificazioni. E il titolare di queste qualità è ridotto all'inconsistenza interiore. Non sa donde viene né dove va. Senza imbocco e senza sbocco. Cioè senza senso. Il Diogene contemporaneo si ritrova con la lampada perfezionata (razionalità scientifico-tecnologica), ma con l'oggetto della sua ricerca desintegrato.

 

L'UOMO NON È SISIFO

Sisifo

L'uomo del primo secolo si preocupava della morte e della immortalità; l'uomo del sedicesimo secolo si preoccupava della colpa e del castigo; l'uomo del ventesimo secolo è turbato dalla minaccia di mancanza di significato. Il paradigma antropologico sembra essere Sisifo, colui che è condannato a vivere l'eterno ritorno dell'identico.

Ha davvero ragione A. Camus quando scorge il simbolo dell'umanità nella figura di Sisifo, che si ostina a rotolare il sasso in su verso la vetta del monte, per poi doverlo vedere sempre sistematicamente franare di nuovo verso il basso? Possiamo davvero pensare Sisifo felice?

 

L'UOMO NON È PROMETEO

 

 

Prometeo è l'altro paradigma antropologico che ha segnato la cultura occidentale. Egli guarda con pietà gli uomini perché erano nudi, scalzi, scoperti e inermi, in balia della necessità e dell'indigenza. Ecco che ruba il fuoco agli dei, metafora della razionalità scientifico-tecnologica con cui oggi l'uomo domina il mondo.

E così che l'uomo è riuscito, come gli altri animali, a far fronte ai problemi della "sopravvienza". Ma la domanda si impone: come risolvere i problemi della "convivenza"?

 

L'UOMO NON È NARCISO: AUTOREFERENCIALE

 

Narciso, il giovane del mito greco, colui che disprezzando l'altro/a (Ninfa Eco) rivolge il suo sguardo soltanto verso se stesso, sembra essere oggi il paradigma antropologico vincente.

L'io è l'ombelico del mondo, l'altro soltanto apendice. Ci porta verso un volto umano tale atteggiamento e antropologia?

 

CHI È L'UOMO?

 

 

L'uomo non è Sisifo, condannato all'eterno ritorno dell'identico; non è Prometeo, colui che deve essere in eterna lotta contro gli dei; non è nemmeno Narciso, colui che non considera l'altro alla sua altezza ed ecco che lo lascia da parte.

L'uomo è la gioia del sì nella gratuità quotidiana perché, nonostante la dramaticità dell'esistenza, è consapevole o intuisce che la vita è un dono e che c'è un oltre e un Altro, patria definitiva.

 

SULL'ASCOLTO

 

Uno degli aspetti sconcertanti di questo mondo odierno è che non ci si ascolta a vicenda. Se siete malato o anche morente, nessuno vi ascolta. Se siete spaventato o sgomentato o sperduto o privo di tutto, o solo, o infelice, nessuno vi ascolta realmente. Nessuno ha tempo di ascoltarvi, neppure quelli che vi amano e che sarebbero pronti a morire per voi" (T. Caldwell)

 

ANCORA SULL'ASCOLTO E LA CHIACCHIERA

1

Ascoltare è soltanto possibile se nell'uomo c'è il silenzio, giacché ascoltare e tacere sono correlativi. Nessuno presta più ascolto a colui che parla perché ciascuno aspetta soltanto di scaricarsi delle parole che ha ammucchiate, di buttarle fuori della bocca: è una semplice funzione animale (M. Picard).

2

Senza l'ascolto, radicale apertura reciproca, non sussiste alcun legame umano. L'esser legati gli uni agli altri significa sempre, insieme, sapersi ascoltare (H. G. Gadamer)

 

3

Chi chiacchiera non si preoccupa di comunicare, ma solo d'infilare parole, che non dicono niente. Non persuade, né convince; stanca, infastidisce. Non lo ascoltiamo, né, in fondo, a lui interessa l'essere ascoltato" (M. F. Siacca)

 

4

Non abbiamo che guardarci in giro nel mondo che ci circonda per vedere in quale terribile misura il silenzio sia scomparso e scompaia sempre di più; quanto sopravvento abbiano le chiacchiere e come sempre più aumenti il ruomore. Di fuori e, prima dentro; giacché lo stato interiore anche di quelli che taccciono è spesso tutto'altro che silenzioso; è piuttosto una interiore produzione di parole, che solo causalmente non esce fuori (R. Guardini).

 

STOP! IN THE NAME OF LOVE

 

 

 

La Possessività è il culmine di una pulsione onnipervasiva che distrugge qualsiasi cosa al suo passaggio. E' come un virus folgorante, e prolifera come il germe della follia. Al'inizio assume l'aspetto di una sorta di manovra d'accerchiamento di routine, quindi inoffensiva. Poi si trasforma in una specie di "reticolato militare", per divenire infine una "tecnica di perquisizione costante del territorio dell'altro". (M. Chebel, Il libro delle seduzioni).

 
 

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